Ottavia è la città della rete.
Anziché concentrare una enorme pressione
su una ristretta superficie da costruirsi
con materiali sempre più resistenti,
l’ingegneria di Ottavia
si basa sulla distribuzione delle forze.
La città della rete è come una ragnatela.
Non è superba perché non sfida il cielo,
semmai cade,
come l’acqua nelle cascate.
Ottavia capovolge ogni nostra convinzione,
mandando a gambe all’aria secoli di architettura.
Le sue fondamenta sono in alto:
funi tese tra le sommità delle pareti
di un crepaccio alle quali si allacciano
corde, catene, passerelle.

La vita si sviluppa in armonia
con la struttura e con gli spazi,
perché il rispetto del bilanciamento dei carichi
è essenziale. Ogni intersezione, ogni nodo della
rete vibra all’unisono, rendendo i cittadini di
Ottavia fortemente connessi gli uni agli altri.
Ognuno percepisce fisicamente la propria dipendenza
dall’ultimo degli abitanti e questo crea responsabilità
e suggella un patto di aiuto e di sostegno reciproco.

Ad Ottavia,
tutti sanno di vivere in condizioni di equilibrio precario.
Nessuno si sente onnipotente né crede davvero di potersi
appoggiare indefinitamente sulle spalle degli altri.
Gli abusivismi edilizi non vengono condonati, perché
farebbero crollare l’intera struttura. La viabilità è
fluida, perché tra un luogo di partenza e la sua destinazione
ci sono tanti percorsi quanti sono i possibili viaggiatori.
I servizi sono distribuiti e non è possibile che alcune zone
si sviluppino più di altre, pena il cedimento di tiranti
e legacci.
La democrazia è la sola forma di sopravvivenza possibile,
perché l’ultimo degli emarginati ha il potere di far cedere
l’intero sistema.
Anziché concentrare una enorme pressione
su una ristretta superficie da costruirsi
con materiali sempre più resistenti,
l’ingegneria di Ottavia
si basa sulla distribuzione delle forze.
La città della rete è come una ragnatela.
Non è superba perché non sfida il cielo,
semmai cade,
come l’acqua nelle cascate.
Ottavia capovolge ogni nostra convinzione,
mandando a gambe all’aria secoli di architettura.
Le sue fondamenta sono in alto:
funi tese tra le sommità delle pareti
di un crepaccio alle quali si allacciano
corde, catene, passerelle.

La vita si sviluppa in armonia
con la struttura e con gli spazi,
perché il rispetto del bilanciamento dei carichi
è essenziale. Ogni intersezione, ogni nodo della
rete vibra all’unisono, rendendo i cittadini di
Ottavia fortemente connessi gli uni agli altri.
Ognuno percepisce fisicamente la propria dipendenza
dall’ultimo degli abitanti e questo crea responsabilità
e suggella un patto di aiuto e di sostegno reciproco.

Ad Ottavia,
tutti sanno di vivere in condizioni di equilibrio precario.
Nessuno si sente onnipotente né crede davvero di potersi
appoggiare indefinitamente sulle spalle degli altri.
Gli abusivismi edilizi non vengono condonati, perché
farebbero crollare l’intera struttura. La viabilità è
fluida, perché tra un luogo di partenza e la sua destinazione
ci sono tanti percorsi quanti sono i possibili viaggiatori.
I servizi sono distribuiti e non è possibile che alcune zone
si sviluppino più di altre, pena il cedimento di tiranti
e legacci.
La democrazia è la sola forma di sopravvivenza possibile,
perché l’ultimo degli emarginati ha il potere di far cedere
l’intero sistema.

News:
nella riserva naturale di Tawakoni, in Texas, nell’agosto 2007
gli entomologi hanno scoperto una ragnatela enorme, estesa per
oltre 180 metri. E’ stata tessuta dai ragni della famiglia
Tetragnathidae, in collaborazione con altre 10 specie diverse.
Al suo interno, una sterminata quantità di insetti ha trovato
la morte, confermando così che la collaborazione è una strategia
vincente anche per i meno socievoli degli animali. Dopo la prima
scoperta, altre tele giganti sono state trovate in Florida,
in Canada, in Ohio e perfino in Italia.
I ragni sono avanti,
ma noi gli stiamo dietro.
Il World Wide Web è la tela più estesa del mondo.
Nel 2000 era percorsa da 361 milioni di persone.
Al 30 giugno di quest’anno sono diventate già 2 miliardi,
con una crescita del 445%.
Stiamo costruendo una ragnatela di proporzioni mostruose.
Ognuno intessa la sua.
Quelle più piccole si allacceranno alle più grandi,
mentre altre andranno a rinforzare le strutture portanti
ed altre ancora lanceranno nuove propaggini nel vuoto,
allontanando ulteriormente le estreme periferie
dal punto di origine.
La superficie totale sta per coprire ogni pensiero
e presto sarà così fitta da catturare nelle sue maglie
ogni informazione di una certa rilevanza, che sarà
avviluppata in un bozzolo, digerita e trasmessa in ogni
direzione grazie alle vibrazioni che l’impatto produce
sulla tela.
Più l’informazione è grossa e pesante, più i nodi della rete
risuoneranno in maniera decisa ed energica.
nella riserva naturale di Tawakoni, in Texas, nell’agosto 2007
gli entomologi hanno scoperto una ragnatela enorme, estesa per
oltre 180 metri. E’ stata tessuta dai ragni della famiglia
Tetragnathidae, in collaborazione con altre 10 specie diverse.
Al suo interno, una sterminata quantità di insetti ha trovato
la morte, confermando così che la collaborazione è una strategia
vincente anche per i meno socievoli degli animali. Dopo la prima
scoperta, altre tele giganti sono state trovate in Florida,
in Canada, in Ohio e perfino in Italia.
I ragni sono avanti,
ma noi gli stiamo dietro.
Il World Wide Web è la tela più estesa del mondo.
Nel 2000 era percorsa da 361 milioni di persone.
Al 30 giugno di quest’anno sono diventate già 2 miliardi,
con una crescita del 445%.
Stiamo costruendo una ragnatela di proporzioni mostruose.
Ognuno intessa la sua.
Quelle più piccole si allacceranno alle più grandi,
mentre altre andranno a rinforzare le strutture portanti
ed altre ancora lanceranno nuove propaggini nel vuoto,
allontanando ulteriormente le estreme periferie
dal punto di origine.
La superficie totale sta per coprire ogni pensiero
e presto sarà così fitta da catturare nelle sue maglie
ogni informazione di una certa rilevanza, che sarà
avviluppata in un bozzolo, digerita e trasmessa in ogni
direzione grazie alle vibrazioni che l’impatto produce
sulla tela.
Più l’informazione è grossa e pesante, più i nodi della rete
risuoneranno in maniera decisa ed energica.
Tra Le città invisibili di Calvino, Ottavia è quella che fa parte della serie delle città sottili e tale si presenta nella sua conformazione urbanistica. È una città-ragnatela, la sua evidenza visionaria è fortissima. È un’immagine-cosa, un concetto, un’allegoria. Astratta e aerea, Ottavia è costruita al di sotto di una ragnatela, sua base. Una ragnatela fatta di traversine di legno e maglie di canapa, che è passaggio e sostegno per gli abitanti. In Ottavia in gioco non c’è solo la concezione dello spazio, ma anche la funzionalizzazione di questo e una diversa percezione del tempo. La città è edificata in sospensione tra due precipizi, fatta di corde, teleferiche e case a sacco. La ragnatela qui rappresenta relazione, leggerezza, intreccio.
Ottavia è una città dialettica, la cui base può essere resistente come l’acciaio e allo stesso tempo una filigrana fragile. È una città precaria che vive questa condizione nella sua essenza, nell’accettazione della subalternità, senza chiudersi in soffocanti strutture ma lasciando la possibilità di respirare e di imparare a cadere “stando attenti a non mettere i piedi negli intervalli”. Si sviluppa alternandosi tra pieni e vuoti, tra la concretezza del burrone e l’incertezza della distanza da questo, è una città sospesa, allegoria della leggerezza e della accettazione della vanità proprio perché dichiarata. “Sospesa sull’abisso la vita degli abitanti d’Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge.”
La rete struttura la città e allo stesso tempo non è una gabbia, “serve da passaggio e da sostegno“, Ottavia è l’allegoria della città che insegna ai suoi abitanti a vivere, offrendo loro la necessità e non il superfluo. Il suo sviluppo verso il basso la rende oltremodo avanguardistica; insegna ai propri cittadini a usare un diverso punto di vista, un’ottica rovesciata. Insegna a guardare capovolto per trovare l’invisibile, quello che manca alle città reali, quello che, alle volte, le rende invivibili.
Ottavia è una città dialettica, la cui base può essere resistente come l’acciaio e allo stesso tempo una filigrana fragile. È una città precaria che vive questa condizione nella sua essenza, nell’accettazione della subalternità, senza chiudersi in soffocanti strutture ma lasciando la possibilità di respirare e di imparare a cadere “stando attenti a non mettere i piedi negli intervalli”. Si sviluppa alternandosi tra pieni e vuoti, tra la concretezza del burrone e l’incertezza della distanza da questo, è una città sospesa, allegoria della leggerezza e della accettazione della vanità proprio perché dichiarata. “Sospesa sull’abisso la vita degli abitanti d’Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge.”
La rete struttura la città e allo stesso tempo non è una gabbia, “serve da passaggio e da sostegno“, Ottavia è l’allegoria della città che insegna ai suoi abitanti a vivere, offrendo loro la necessità e non il superfluo. Il suo sviluppo verso il basso la rende oltremodo avanguardistica; insegna ai propri cittadini a usare un diverso punto di vista, un’ottica rovesciata. Insegna a guardare capovolto per trovare l’invisibile, quello che manca alle città reali, quello che, alle volte, le rende invivibili.

OTTAVIA
"Se volete credermi, bene. Ora dirò come è fatta Ottavia, città ragnatela. C'è un precipizio in mezzo a due montagne scoscese: la città è sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e passerelle. Si cammina sulle traversine di legno, attenti a non mettere il piede negli intervalli, o ci si aggrappa alle maglie di canapa. Sotto non c'è niente per centinaia e centinaia di metri: qualche nuvola scorre; s'intravede più in basso il fondo del burrone.
Questa è la base della città: una rete che serve da passaggio e da sostegno. Tutto il resto, invece d'elevarsi sopra, sta appeso sotto: scale di corda, amache, case fatte a sacco, attaccapanni, terrazzi come navicelle, montacarichi, docce, trapezi e anelli per i giochi, teleferiche, lampadari, vasi con fogliame pendulo.
Sospesa sull'abisso, la vita degli abitanti d'Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge."
Italo Calvino - Le città invisibili
Questa è la base della città: una rete che serve da passaggio e da sostegno. Tutto il resto, invece d'elevarsi sopra, sta appeso sotto: scale di corda, amache, case fatte a sacco, attaccapanni, terrazzi come navicelle, montacarichi, docce, trapezi e anelli per i giochi, teleferiche, lampadari, vasi con fogliame pendulo.
Sospesa sull'abisso, la vita degli abitanti d'Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge."
Italo Calvino - Le città invisibili

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PENSIERO
Invece, appollaiati fin sopra la bocca del vulcano, sugli argini dei fiumi, su declivi franosi, gli abitanti di qua pensano che il cemento armato fissi la città alla terra, come una patella allo scoglio, come una zecca al quadrupede peloso.
La loro vita è più incerta che in altre città. Ma non lo sanno, perchè non sanno che più di tanto la rete non regge.
La loro vita è più incerta che in altre città. Ma non lo sanno, perchè non sanno che più di tanto la rete non regge.
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Disegni tratti dalle migliaia di raffigurazioni che ne sono state fatte; ognuno, immagina Ottavia a "suo modo". Io immagino Ottavia come una Venezia sospesa, collegata da ponti di funi e corde, e legno, che collegano la città.
D'altra parte Venezia, togliendo l'acqua che le scorre attorno, è di per sè stessa
una città sospesa...
D'altra parte Venezia, togliendo l'acqua che le scorre attorno, è di per sè stessa
una città sospesa...

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