Come mi pare

02 agosto 2022 ore 11:20 segnala


… quando mi ritrovo a variare il mio modo di scrivere facendo sì che esca dai rigidi e vecchi schemi e ne modello il testo fino a renderlo paradossale, al limite della morale, e in alcuni casi arrivando addirittura a fottermene bellamente della sintassi, m'accorgo talvolta di suscitare qualche perplessità in coloro che mi leggono e che ovviamente non mi comprendono; ma di una cosa sono certo: sconvolgere gli equilibri, stravolgere il senso delle parole, far diventare la pagina un manicomio di voci inchiostrate, sbarazzarsi della maiuscole, reinventarsi la punteggiatura, ritengo sia doveroso per ogni essere senziente che voglia scrivere e abbia la capacità di farlo… in fondo è proprio questo il bello della scrittura: fare il cazzo che ti pare senza dover rendere conto a nessuno.
M. Nolde
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Streghe, volpi, e cacciatori

01 agosto 2022 ore 15:21 segnala
Streghe, volpi, e cacciatori
(dall'immagine al testo)

… tra le braccia il marchio della distruzione, dello scempio della ragione, del gusto sadico, dell'insensato godimento che si prova a infliggere dolore e morte… Si era d'autunno, indossavamo ampie e fulgide vesti di diverso colore, ma i capelli li avevamo arruffati: nessuno avevamo da far innamorare, e nemmeno portavamo con noi alcuna risata, alcun sorriso a noi tanto caro… Siamo arrivate fin qui a piedi nudi, calpestando il limo e la viscida bava di lumaca, per rivolgervi queste parole; queste parole sono per voi, ridicoli cuori di ghiaccio: in tre ora vi stiamo guardando, cieche di furia. La nostra è una cerimonia al nero d'anatra, al chiaror di stelle, di stelle senza voce, lontane, ebbene sì: finora impotenti; ma i nostri sono occhi di donne, di signore in rosa ma anche di diavoli sgomenti in cerca di quell'età dell'oro che è morta e non farà più ritorno; i nostri sono sguardi che chiedono pietà per l'anima di queste bestiole, ma che sono anche pronte a puntarvi il dito contro e scatenare su di voi la nostra ira impetuosa. Riponete le mazze, fate cessare il fragore dei fucili per la campagna, ponete fine al riso sgraziato dei curiosi, dei molluschi che v'accompagnano, zittite l'abbaiare dei segugi, fate placare il fiutare dei bassotti. Non lo vedete ciò che gocciola dalle foglie, tutto questo sangue che sa di dolore? Tutt'intorno i cespugli d'agrifoglio testimoniano il pianto bruciato, il fango è orribilmente marchiato da suole di stivali che corrono dietro alla preda. Ascoltate l'aria! essa risuona di grida ardenti di furia, di sibilare di pallottole. Guardate il bosco mentre sussulta, inorridisce, e vomita tutto il proprio disgusto, mentre una cappa grigia cala su di noi, una cortina di spietata disumanità.
M.N.
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Fumo

31 luglio 2022 ore 10:35 segnala
… mentre spiumiamo di questioni ovali nuvole di fumo dolciastro si avviluppano una con l'altra, fluttuano, s'irradiano, s'inclinano. figurine lievi salgono fino al soffitto come uccelli argentei; crollano i pennacchi devastati, i gesti sono quelli di un peccato consumato, rimangono nella penombra frammenti di piaceri che ancora mordono e si aggrappano, trafelati, impastoiati.
un linguaggio istantaneo sotto una lente colossale.
M.N.
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… mentre spiumiamo di questioni ovali nuvole di fumo dolciastro si avviluppano una con l'altra, fluttuano, s'irradiano, s'inclinano. figurine lievi salgono fino al soffitto come uccelli argentei; crollano i pennacchi devastati, i gesti sono quelli di un peccato consumato, rimangono nella penombra...
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31/07/2022 10:35:47
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Uno dei tanti finali possibili

30 luglio 2022 ore 09:05 segnala
UNO DEI TANTI FINALI POSSIBILI
di Marcus L. Nolde


Ambientazione: festa di piazza, in un paesino che sarebbe meglio radere al suolo per intero; tutto intorno solo nutrie e montarozzi di letame fumante che grondano liquame, il posto da dove chiunque abbia un poco di cervello dovrebbe scappare... Non perdo altro tempo, e inizio con la pessima narrazione:
Musica scadente, di una tristezza mortificante: organetto, fisarmonica e mandolino, ad opera di un terzetto che da almeno venti minuti sta frantumando i coglioni al protagonista di questo disgraziatissimo racconto, che poi sarei io, l'autore.
Sul palco (quantunque chiamarlo tale sia una parola grossa! infatti l'hanno messo insieme con un discreto numero di cassette di frutta, e vi hanno posato sopra delle assi da ponteggio) v'è una coppia di saltimbanchi: due idioti con tanto di patentino da idioti. Il loro proposito è di far ridere; poveri noi! Uno è in piedi, avvicina le labbra al collo di una bottiglia di spumante e beve, o fa finta di bere, e lo fa anche male!... Finalmente termina la sua penosa pantomima e guarda il pubblico, soddisfatto. Solleva la bottiglia, la pone in bella mostra, la porta ancora più in alto, la agita; mah?!
Il suo compagno, l'altro mentecatto, è a terra, sdraiato su un fianco; che cazzo ci faccia in quella posizione non saprei proprio dire! ma andiamo avanti...
Il tizio che ho vicino mi rivolge la parola sebbene io non gliene abbia dato motivo; non è forse chiaro a costui che dal mio fare non sono uno che ama il chiacchiericcio? ho forse dato l'impressione di essere il tipo di persona cui si può dare confidenza?... Non molla, si avvicina ancora di più, persino mi sorride! che sfacciato! Lui, come se me ne fregasse qualcosa, mi dice:
È una parodia! È la parodia di un vincitore di un Gran Premio di automobilismo!
È una parodia di merda! ecco quello che è! controbatto all'istante.
Finalmente l'uomo comprende che non è aria e si allontana; sono contento, contento di essermelo levato dai coglioni!... Mi sforzo, poco in verità, a pensare quale possa essere il titolo di tale squallida rappresentazione, prima possibilità: Il pelo di Babilonia, seconda possibilità: Cranio canino, terza: Triplice follia stronza... credo che non sia nessuno di questi tre; forse più avanti mi informerò se ce ne sarà il tempo, anche se la cosa, a dirla tutta, non è che mi interessi molto.
Davanti a me vi è una signora con in testa un gran cappello con tanto di piume, è bassa, pienotta, indossa un vestitino leggero; mi viene voglia di toccarle una chiappa, pare soda... La signora con in testa il gran cappello con tanto di piume (sempre quelle) si volta nella mia direzione e mi dice:
Sono davvero divertenti!
Non ci vedo più dallo sdegno e le do una manata sul culo.
Porco! Villano! mi fa quella; è evidente che non ha gradito, e si allontana... e anche questa me la sono levata dai coglioni, e fanno due!
È arrivato il momento di agire: mi faccio largo tra la folla, un paio di gomitate, pesto anche i piedi a qualcuno; lamentele!... Finalmente arrivo fin sotto il palco. Ci siamo! mi dico, ora inizia il bello! ora ci sarà da divertirsi! Estraggo la mia pistola e, BANG! sparo a quello che è in piedi e che tiene la bottiglia in mano; il rumore è stato forte; tutti si sono spaventati, molti si sono gettati a terra; alcuni ora strisciano come vermi tentando di allontanarsi in cerca della salvezza, qualcuno, più coraggioso degli altri, si alza in piedi e fugge.
Il saltimbanco molla la presa e la bottiglia cade a terra, SCRASH! esplode in cento pezzi, cento frammenti di vetro che sul tavolato del palchetto galleggiano tra la schiuma! Il guitto è bianco in volto, paralizzato; lentamente si rianima, si guarda la mano, non quella che reggeva la bottiglia, l'altra, quella che ha messo davanti quando stavo per sparare, di certo con l'intenzione di parare il colpo; ah, che idiota! La allontana, la avvicina, la guarda ancora, la mostra al pubblico, ma il pubblico non guarda perché è ancora con la faccia a terra. La sua mano ha un buco nel mezzo, si vede attraverso; ah che spettacolo! ah la mia che splendida mira!
Mormorio; qualcuno del pubblico si alza in piedi.
CAZZO FATE? STRONZI! dico ad alta voce, poi sparo un altro colpo, BANG! e, SCRANK! mando in frantumi una vetrina che è sull'altro lato della piazzetta.
Tutti sono di nuovo a terra.
Così ci siamo! continuo con voce più pacata, È così che si fa, bravi bambini!
Qualcuno singhiozza; un altro bestemmia; un altro ancora prega; non ci vedo più per la rabbia:
ZITTI! porca di quella puttana! non vedete che qui c'è qualcuno che sta lavorando?
Bene! ora sono tutti in silenzio, un religioso silenzio.
Musica! ordino al trio; e quelli si guardano stupiti... Alzo la pistola, dito sul grilletto, e la punto loro contro; adesso per fortuna hanno capito, e iniziano a suonare.
Più allegro! voglio sentire qualcosa di più allegro, porca troia! li incito, Non la rottura di coglioni che avete suonato fino ad adesso!
Eseguono; ora il ritmo è più veloce, la musichetta che dovrebbe essere frizzantina è, invece, sempre più angosciosa. Sbagliano le note, ogni quattro ne mancano tre, un gran casino! è chiaro che hanno paura che svuoti loro addosso l'intero caricatore; l'idea, in verità, mi viene, ma mi trattengo.
Giunge in piazza a sirene spiegate una volante della polizia; qualcuno deve avere telefonato e averli avvertiti; ne scendono in quattro, armati fino ai denti.
Getti la pistola! mi dice uno che pare essere il capo; mi fa piacere che mi abbia dato del lei e non del tu, almeno è una persona educata!
Mi volto verso di loro e domando:
Che volete?
Getti la pistola! ripete quello; è chiaro che sebbene sia una personcina a modo, di fantasia non deve averne molta!... Io non ci penso nemmeno di gettare la pistola sul lastricato di questa piazza schifosa sporca di sputi e tappezzata di cicche di sigarette, la mia pistola nuova! e la infilo alla cintura dei calzoni, stando bene attento a non tirare il grilletto e spararmi nei coglioni.
I poliziotti si avvicinano…
In ginocchio! A terra! mi ordinano; bene! almeno hanno cambiato frase!
Ma manco per il cazzo! rispondo, Non sono venuto qui per questo.
In ginocchio! A terra!
Ancora?! dico io, Ma allora non ci siamo capiti… sto per far loro notare quanto il loro vocabolario sia limitato ma non faccio in tempo ad aprire bocca: in tre mi sono addosso e mi gettano a terra, mentre il quarto mi tiene sotto tiro.
Manette!
Mi sollevano senza grazia; sono un po' brutali; uno mi toglie la pistola.
Ehi, stai attento! gli dico, È nuova nuova!
Mi cacciano a viva forza dentro la volante, ci avviamo; il viaggio è di mio gusto: a tutta velocità e a sirene spiegate. In un battibaleno giungiamo al posto di polizia. Mi hanno fatto accomodare (proprio così hanno detto) in una cella di sicurezza; il posto in fondo è accogliente! ho visto di peggio!
Attendo, e intanto mi dico che qualcosa succederà...
Non si fa vivo nessuno per una buona mezzora, devono essere tutti in pausa caffè, immagino.
Finalmente la porta si apre ed entra una giovane ragazza in gonna e giacchetta.
E chi sarà mai? mi chiedo io, Però con una così ci farei volentieri un giro.
Perché ha sparato a quell'uomo? mi chiede la giovinotta senza nemmeno prima salutare; un po' di cortesia e di buona educazione non guasterebbe, e che cazzo! penso io.
Perché ha sparato al saltimbanco? ripete.
Mi rendo conto, ahimè! che anche questa, seppur graziosa fanciulla, ha il vocabolario limitato, o forse è soltanto non in vena di fare conversazione.
Allora? lei m'incalza.
È semplice! le rispondo, L'ho fatto perché avevo bisogno di uno spunto, di ispirazione.
Spunto per cosa? Quale ispirazione?
Per scrivere una storia, e che caspita! È mai possibile che tutti quanti voi siate così ottusi?! Ora le spiego: ho trovato una bellissima immagine che raffigurava una mano con un buco nel mezzo; purtroppo non si vedeva dall'altra parte, ma sotto la pelle vi era qualcosa che somigliava a un foglio di carta, allora mi sono detto perché non sparare a qualcuno così da fargli un bel buco nel palmo della mano e poi vedere che cosa succede in seguito, così da poter scrivere una storia, una bella storia; ed ecco il risultato: questa è la storia cui io e lei stiamo prendendo parte.
È questa sarebbe la storia? mi domanda la fichetta, Vuole dirmi che io e lei in questo momento stiamo facendo parte della storia?
Mia cara signorina poliziotta, per scrivere ci vuole il sangue, non basta tenere la penna in mano, quella è sufficiente per scrivere le stronzate che si leggono oggi.
E per curiosità, quale sarebbe la storia?
Ma allora non ha capito; io ho sparato a quel tizio perché volevo incontrarla, perché dovevo incontrarla!
In effetti, non c'ho capito una mazza.
Lasci stare! è una storia lunga e per certi versi anche triste; l'importante è che ci siamo incontrati e che ora ci conosciamo, appare lampante!
Bene! dice lei, apparendo soddisfatta, L'inizio di questo suo racconto abbiamo capito com'è: c'è lei che vede un disegno e ne trae ispirazione, e per avere un maggiore riscontro visivo decide di sparare a un povero disgraziato che sta recitando su un palco.
Ci tengo a precisare che non era un granché come attore!
Questo non ha importanza.
Ha importanza, eccome! se lasciassimo sempre fare non so dove andremmo a finire!
Come vuole lei! E la storia come continua?
Ma è chiaro, lampante! Che noi due ci innamoriamo, ci sposiamo, e abbiamo tanti bambini; una tranquilla e lunga vita insieme! Ah, ci tengo a precisare che ho un affare in mezzo alle gambe che è un pennello, roba da leccarsi i baffi, anche se è meglio che le donne i baffi non li abbiano!
Lei, con aria di mezzo disgusto non dà troppo peso alla mia recente rivelazione e dice:
Non credo proprio che le cose andranno così, pennello o non pennello! Lo scenario mi appare alquanto improbabile; ma mi dica, per curiosità, e se al mio posto fosse venuto a interrogarla un mio collega uomo?
Sarebbe stato lo stesso, rispondo, La storia sarebbe andata avanti con lui, figli esclusi, ovviamente! Ci saremmo cacciati la lingua in bocca, toccati un poco nelle parti intime, roba da froci, insomma! poi quello avrebbe aperto la porta e saremmo scappati insieme, tenendoci per mano, entrambi con le minchie dure; non crede che questo sia possibile?
Non credo proprio!
Non crede che io abbia la minchia dura? e perché allora non si avvicina? su! venga! non sia timida. Tasti! Tasti!
Il gonfiore sotto la patta dei miei calzoni si è fatto imponente, oserei dire preoccupante, sebbene non ci sia nulla da temere… La giovane donna è attratta irresistibilmente da me, mi si avvicina, iniziamo a baciarci teneramente… Io, sebbene le manette mi impediscano di manovrare a dovere, le tocco delicatamente il seno, roba piccola purtroppo! avrei preferito ritrovarmi a tastare qualcosa di più morbido e abbondante… Mugola di piacere, le sollevo la gonna. La poliziotta con un rapido movimento mi toglie le manette; ora la posso abbracciare, stringere, le nostre lingue si incontrano di nuovo, le passo una mano dietro e le abbasso le mutandine; sono rosa, avrei immaginato un altro colore! Si siede sul tavolo, allarga le gambe, è chiaro che vuole che io mi dia da fare! procedo... ma questo è solo uno dei tanti finali possibili, quello che ha scelto quella testa di carciofo dell'autore; altri ve ne potrebbero essere: potrei appiccare un bell'incendio all'interno del posto di polizia; lingue di fuoco che avvolgono le pareti, fumo, caldo soffocante, tutti che urlano, che corrono, che cercano di mettersi in salvo, un gran casino, insomma, e io che approfitto del trambusto per darmi alla fuga, beffando i poliziotti; ah che ridere! ah che bella scena! Oppure la potrei gettare sul drammatico: impiccarmi alle sbarre della cella in cui mi hanno rinchiuso, non che la cosa mi garbi molto, ma un suicidio è sempre un bel finale a effetto, su questo non ci piove!... E se invece a qualcuno venisse la bella idea di rinchiudermi in un manicomio? anche se sarebbe meglio chiamarlo centro di salute mentale, detto così pare molto più grazioso! forse incontrerei persone interessanti: un Giulio Cesare, un Napoleone; avrei la compagnia di tanti altri rincoglioniti come me; gli infermieri mi bombarderebbero di tranquillanti che giorno dopo giorno arriverebbero a fottermi il cervello in maniera definitiva… mettetela come vi pare; io mi sono rotto il cazzo di questo racconto; il finale sceglietelo voi!

La faccia di un maiale

30 luglio 2022 ore 08:58 segnala
LA FACCIA DI UN MAIALE
di Marcus L. Nolde


È la vigilia di capodanno; schifo! e sono le otto di sera.
Non ho fame, ma so che più tardi mi verrà; è così che funzionano le cose! pertanto entrerò in un bar, berrò birra e m'ingozzerò con patatine ammuffite, tanto per dire che anch'io so apprezzare la vita mondana! che sono anch'io uno che ama le frivolezze! Purtroppo non c'è molta scelta, i locali sono quasi tutti chiusi, tre su quattro sono inchiodati, con le serrande mestamente abbassate! Eh, certo, tutti sono nelle loro case a prepararsi per il grande evento, 10, 9, 8... 3, 2, 1, auguri! Ma che cazzo avrete da festeggiare? mi chiedo... Baci e abbracci, di nuovo auguri, tanti auguri! Ah, che gioia! solo all'idea mi viene da vomitare! A ogni buon conto, mi dispiace dirvelo, e così distruggere così i vostri merdosi sogni di gloria, ma nell'anno nuovo rimarrete gli stronzi di sempre, fatti e finiti! È inutile che speriate in qualcosa di diverso, rassegnatevi! tanto non uscirete dalle vostre chiaviche! continuerete a vivere la vostra misera esistenza così come avete sempre fatto, in ombra, sbavando, tra immondizie e frattaglie!
Scende nevischio misto ad acqua, poco, in verità, appena uno sputo! L'aria è fredda, tagliente, i marciapiedi sono ricoperti di un sottile strato di fanghiglia, si scivola anche un poco; meglio fare attenzione!
Da un colatoio che fa bella mostra di sé sull'alzata del marciapiede, si affaccia un ratto in cerca di cibo; questi sono tempi duri anche per i sorci! Il topastro ha puntato un piccione spiaccicato sull'asfalto; uh, che ricco banchetto!… Mi vede, s'impaurisce, mi scarta, e rientra subito nel suo confortevole buco, aspetterà che io sia passato, e poi si darà da fare; immagino che andrà così.
Una sirena risuona in lontananza; che annuncerà il triste suono cantilenante? pompieri, polizia, o forse un'ambulanza? Che si tratti di qualcuno che stia per tirare gli ultimi? forse uno che è ruzzolato giù dalle scale, o che, distrattamente, s'è sparato nei coglioni?… Odo un rumore di mortaretti; qualcuno ha deciso di farli esplodere anzitempo, idiota! Spero che gli scoppino in mano, glielo auguro di tutto cuore! Proseguo…
Finalmente m'imbatto in un'insegna! scritta bianca su sfondo azzurro; è un bar! Mi avvicino. Sbircio attraverso il vetro della porta; lo spettacolo all'interno è desolante, non c'è proprio da spassarsela! di meglio non potevo sperare, questo già lo sapevo. Mi faccio forza ed entro.
È un unico stanzone male illuminato, sei tavolini in tutto, e due avventori. Uno è appoggiato al banco, mi dà la schiena, e pare che si stia facendo gli affari suoi; l'altro, più avanti negli anni, è seduto in un angolo, con la testaccia unta appoggiata alla parete, e dorme, probabilmente rincoglionito dal vino: c'è un bicchiere vuoto davanti a lui, appoggiato sul piano del tavolo.
Mi avvicino al bancone; il tizio che c'è dietro mi chiede che cosa voglio, nel frattempo ho cambiato idea, non mi va più la birra, meglio qualcosa che mi metta calore in corpo, e gli rispondo con fare di uno che ha girato il mondo, che gradirei una grappa, e specifico che sarebbe meglio se fosse di moscato, mi piace morbida! Quello mi risponde che ne ha solo una, e che non è di moscato; sfiga! mi rassegno, e dico che andrà bene comunque, che sono uno che si accontenta. Lui mi versa il liquore in un bicchiere che è meglio non guardare in controluce. Bevo, non faccio lo schizzinoso, porto il vetro alle labbra, piego la testa all'indietro e tiro giù d'un fiato il contenuto.
Il tizio appoggiato al banco si volta verso di me e mi guarda; anch'io lo guardo, ha una faccia tonda, da luna piena, il naso largo, spiaccicato all'insù, le narici tondeggianti, il suo muso è quello di un maiale. Questo tizio ha la faccia di un maiale! mi dico.
Ehi, tu, che cazzo hai da guardare? mi fa lui.
Dici a me? gli domando.
Proprio a te, testa di cazzo! precisa.
Capisco che il villano ha intenzione di attaccar briga, è uno che cerca rogne. Non gli do retta e mi rivolgo al barista per chiedergli se ha delle patatine; la sua desolante risposta è che le ha finite… Ma non c'è davvero un cazzo in questo bar! a parte la squisita e raffinata clientela! e mi metto a ridacchiare tra me all'idea della squisita e raffinata clientela.
Ehi, tu, che cazzo hai da ridere? insiste il tizio dal muso porcino, il quale nel frattempo ha alzato il culo dal suo seggiolino e sta venendo verso di me… Non è molto alto, ma pare ben piantato, ormai m'è arrivato a tiro, mi fronteggia. Il barista comprende che tra un attimo voleranno i pugni, e per rimettere le cose a posto prende da sotto il banco una spranga di ferro, è un bell'attrezzo lucido di una settantina di centimetri, sulla punta è tagliato per traverso e termina a spatola, pare tagliente. Allunga il braccio e pone la barra tra noi due, per dividerci, ma di sicuro anche per farci capire che, se fosse il caso, non si risparmierà a usarla sulle nostre zucche... Vi è un momento di stallo, poi il barista si rivolge a quell'altro e gli dice:
Per te è arrivato il momento di andartene fuori dai coglioni; ne ho le palle piene dei tuoi casini!
Quello grugnisce, la sua faccia mi ricorda sempre più quella di un maiale, ma capisce il messaggio, forse è capitato che già in passato il barista gli abbia fatto assaggiare la spranga.
Fuori! ripete il barista.
Almeno prima fammi andare a pisciare! replica l'altro.
Piscerai fuori, per strada! Aria!
Il suino antropomorfo mi guarda per un'ultima volta, ruota leggermente il grugno e sputa per terra, poi si allontana e sparisce oltre la porta d'ingresso.
Il barista ripone la spranga sotto il bancone e, in tono tutt'altro che garbato, mi dice di lasciar passare un paio di minuti perché quello si allontani, e poi di andarmene anch'io; è evidente che non vuole disordini nei dintorni del suo locale!
Da una porta sul fondo si affaccia una figura, non riesco a distinguerla bene, ma mi pare sia una donna… Il barista alza la testa, fa un cenno, poi si muove, e mi ripete:
Due minuti e poi fuori di qui!
Io bofonchio qualcosa, tanto per fargli intendere di aver capito.
Lui si allontana, raggiunge la porta sul fondo e sparisce alla mia vista.
Mi alzo dallo sgabello, decido di non aspettare il paio di minuti prescritti e di andarmene subito, ma prima di levare i tacchi allungo la mano e afferro la spranga che il barista ha lasciato incustodita. Guadagno l'uscita.
Vedo a una trentina di metri di distanza il tizio che aveva tanta voglia di litigare, lo seguo… Lui non si accorge che gli sto dietro. Lo vedo infilarsi in un vicolo; procedo…
Sull'angolo del fabbricato v'è un grande negozio di alimentari, tre vetrine addirittura! Mi fermo ad ammirare quella che è al centro, che è stata addobbata con cura in occasione delle feste. In bella mostra c'è un grande vassoio di metallo dalla forma tondeggiante e, posto sopra, un maialino da latte arrostito; il lattonzolo mi ricorda il tizio che ora è dietro l'angolo, le fattezze identiche, è probabile che siano parenti!
Avanzo ancora di qualche passo fino all'angolo, guardo nella via, lo vedo rivolto al muro intento a fare acqua… Mi avvicino; lui ancora una volta non si accorge di me, del mio arrivo… Poiché sono di animo nobile attendo che abbia finito, poi gli dico:
Ehi, tu, con quella faccia da maiale...
Quello si volta e, senza che nemmeno abbia il tempo di riconoscermi, gli assesto una sprangata in piena fronte. S'irrigidisce, inarca la schiena come se gli avessero da dietro cacciato tra le costole la lama di un coltello, poi si affloscia, piega le gambe e finisce lungo disteso a terra.
Mi abbasso per controllare; il tizio è morto, è bastato un unico colpo ben assestato per farla finita; ah, ogni giorno che passa divento sempre più bravo!… Appena me ne sarò andato, il ratto uscirà dal suo nascondiglio e affonderà i denti nelle carni mollicce di questo imbecille; uh, quanto ci sarà da mangiare! uh che bel banchetto! Potrebbe invitare anche i suoi amici, in fondo è periodo di festa anche per i ratti!
A pochi metri c'è una portina di legno; mi avvicino… Usando il lato in cui è più sottile, infilo la spranga tra la porta e lo stipite all'altezza della serratura e faccio forza; la barra è un eccellente piede di porco; ah quanti maiali questa sera!… La porta cede, si apre… Che cosa ci sarà qua dentro? non resta che avanzare e scoprirlo… È il retro del negozio che vende alimentari.
Mi affaccio nel locale principale, c'è di tutto, banco dei salumi, scatolame, frutta, verdura… All'improvviso il colpo di genio! torno all'esterno, afferro faccia di maiale e lo trascino dentro, chiudo la porta alle mie spalle, non voglio correre il rischio che passi qualcuno, che la trovi aperta ed entri a disturbarmi mentre sto lavorando.
La luce all'interno del negozio è scarsa, è quella che arriva dalla strada, ma mi permette di cercare il materiale che mi serve… corda non ne trovo, ripiego su alcuni i cavi elettrici che recupero da una cassetta della manutenzione. Sfilo i vestiti a faccia di maiale e lo lascio nudo come una trota. Vado alla vetrina centrale, rimuovo il maialino e il resto della merce in esposizione, e vi pongo sopra il corpo senza vita di faccia di maiale. Con il cavo elettrico gli lego le caviglie, poi le ginocchia, infine i polsi e i gomiti; ecco, ora è perfetto! non resta che metterlo in posizione, in modo che il suo roseo e gelatinoso fianco sinistro sia ben visibile dalla strada. Lo modello, gli faccio assumere una graziosa posa accucciata, le punte dei piedi rivolte verso l'esterno, le ginocchia all'altezza dello sterno e i gomiti che gli spingono contro, il suo mento poggia sulle mani; mannaggia, così non va bene! perché la mia composizione sia perfetta gli devo alzare la testa! Prendo una latta di passato di pomodoro e gliela caccio sotto il mento in modo che così tenga la fronte sollevata; pare stabile, e nell'esatta posizione del suo collega, il maialino da latte che prima di lui faceva bella mostra in questa vetrina per la gioia dei clienti… Ancora una cosa, il tocco dell'artista... Sono soddisfatto ed esco dal negozio.
Dal vicolo volto l'angolo e raggiungo la via principale; ammiro la mia opera, mi soffermo a guardare i particolari, la mela in bocca, rosso fuoco, fa venire appetito, peccato che non sia cotta, ma non ce n'è stato il tempo! e inoltre quella grossa carota arancione che gli ho infilato nel culo mette allegria, è proprio natalizia, non c'è che dire!
Mi allontano ragionando che potrei avere un grande futuro come vetrinista… Inizia a nevicare.


© Tutti i diritti riservati

Che splendida festa! - racconto

30 luglio 2022 ore 08:44 segnala
Al cortese lettore: in quanto ai contenuti proposti e al linguaggio adoperato vi è l'eventualità che ciò che segue possa provocare disappunto o arrecare imbarazzo in quegli animi sensibili che sono solitamente avvezzi a indossare costumi puritani, pertanto se fate parte di questa timorata categoria o non avete l'età che si conviene per leggere di simili e grottesche indecenze vi consiglio di chiudere la pagina e dedicarvi senza indugio o ripensamenti ad altro, di certo per voi di maggior gratificazione.
M. N.

CHE SPLENDIDA FESTA!
di Marcus L. Nolde



… sono in strada, mi sento gonfio, pieno d'aria, come se da un momento all'altro dovessi staccarmi da terra e spiccare il volo. sono in marcia, pieno di benzina. ciao, saluto il mondo; e il mondo se ne fotte di me. abbraccerei l'intera umanità per quanto mi fa schifo, la bloccherei in una stretta mortale e poi le direi: fanculo a te, fanculo al mondo! d'ora in avanti sono cazzi vostri, cazzi artistici, alla Salvador Dalì, alla Ernst, alla Yves Tanguy, e molti altri ancora. siamo d'accordo, io farò a meno di voi, voi farete a meno di me, stringiamoci in quest'ultimo ridicolo amplesso, e poi, ognuno per la propria strada, e fanculo pure al surrealismo!… sto passeggiando senza pensieri, come un pollo; me la spasso. incontro un tizio, è una conoscenza superficiale, non è uno che frequento di solito, ci sarà un motivo ma in questo momento non mi viene in mente. lui, senza nemmeno prima salutare; il maleducato! mi domanda: Nolde che fai?… i cazzi miei, gli rispondo… hai da fare?… sì, non vedi quanto sono impegnato?… uh, non sembra. perché non vieni con me; c'è una festa, c'è da bere, c'è anche da mangiare… la pappa non m'interessa, ma se c'è da bere, vengo; ci casca bene! a fagiolo! non sarà mica roba di beneficenza?… no, tranquillo! non c'è da cacciare il grano, tutto gratis!… bene! allora, andiamo!… arriviamo alla festa. siamo in casa di un tizio, uno che non conosco. fa caldo qui dentro. tanta gente, tante ragazze, qualcuna discreta. molti, glielo si vede stampato sulle loro facce da culo, sono solo delle nullità, dei numeri zero, non mi pare di distinguere nessuno che sia di qualche interesse! continuano ad arrivare a frotte; grande partecipazione! baci, abbracci, strette di mano, si sfregano pure i nasi, 'sti cazzoni! gesticolamenti, mimica di povere maschere, finzione! tutta gente che deve prenderlo nel culo almeno un migliaio di volte prima di comprendere qualcosa. nella sala grande tutte le sedie sono occupate; mi tocca stare in piedi. al mio fianco mi ritrovo una biondina succosa, un bel pezzo di fichetta niente male! attacca discorso, dice di conoscermi; io non l'ho mai vista prima, ma le dico che è possibile, che forse, mah, solo che al momento non ricordo, io non sono uno che ha buona memoria, e questo è anche vero, ma almeno per le fiche ho buona memoria, mai dimentico un culo, un bel paio di tette e tantomeno una sorca. lei mi dice di avere letto uno dei miei romanzi… strano! dico io, non li legge nessuno i miei romanzi; scrivere è come mettere in fila le pulci, non serve a un cazzo!… bel pensiero questo! penso, è un pensiero azzurro, uno di quelli che hanno del miracoloso, devo tenerlo buono e usarlo in qualche mio altro racconto… la fica bionda mi chiede che cosa sto scrivendo in questo momento… niente, le dico, mi vedi forse scrivere in questo momento?… lei ride, pensa che io abbia fatto una battuta, invece quello che ho detto è solo una stronzata. le comunico che sono a secco di liquido e che devo procurarmi altro da bere. faccio il brillante e le chiedo se mi vuole fare compagnia. lei accetta, ma io so già che tra un attimo arriverà la fregatura, e infatti, puntuale come una cartella delle tasse, arriva… sai, mi dice lei, anch'io scrivo!… eccola che è arrivata! vorrei dirle: mi dispiace per te, ma mi trattengo… quella continua: scrivo romanzi erotici… eccone un'altra! non sapete combinare due parole in croce, e scrivete romanzi erotici, ma perché, ma chi ve lo fa fare? date retta a me, scopate, invece di scrivere di scopate altrui! tutti che si credono tanti Henry Miller e Guillaume Apollinaire, ma non siete nemmeno degni di baciargli il culo a Miller o ad Apollinaire!… la manzetta insiste: mi piacerebbe farti leggere qualcosa di mio… perché no? le rispondo, dopo di dirò dove inviarmi i tuoi scritti… dopo cosa? mi domanda lei… dopo! le ripeto, ora beviamo, poi si vedrà… lei ride, è ovvio che non ha capito un cazzo, ma questo già lo sapevo, vediamo se capisce il resto… vieni, le dico, troviamo un posto più tranquillo! così mi puoi parlare dei tuoi romanzi… lei mi precisa che non scrive romanzi ma solo racconti, e che fino ad adesso ne ha scritti solo tre, ma che due li deve ancora finire… più la sento parlare e più mi dico: minchia, che strazio totale!… siamo in un'altra zona della casa, abbiamo trovato un luogo appartato, siamo seduti su un divanetto. io giocherello con i bottoni della sua camicetta e intanto bevo; lei non la smette di parlare, un vero supplizio! provo a baciarla; lei ride ma si sottrae, non posso darle torto: devo avere il fiato da far venire i riccioli, di tipo alcolico ma forse anche di putrefazione! faccio finta d'interessarmi a quello che dice; mi tocca se voglio inzuppare il biscotto, ormai lo so, c'è sempre un prezzo da pagare! lei mi parla del suo ultimo racconto, quello che non ha ancora finito di scrivere, in cui la protagonista s'infila un cetriolo nella fica… perché un cetriolo, le chiedo, non sarebbe stato meglio una zucchina?… lei mi domanda il perché… e ora che cazzo le dico? nemmeno io so perché me ne sono uscito con una puttanata simile! cetriolo! zucchina! che differenza vuoi che faccia? è sempre una simil-nerchia! decido di controbattere con eleganza, improvviso, faccio notare il genere dei due sostantivi, zucchina femminile, cetriolo maschile, e le consiglio di usare il cetriolo in un suo prossimo racconto, in cui il protagonista o uno dei personaggi di sesso maschile si caccia a fondo un cetriolo, appunto! su per il culo. lei mi guarda perplessa, poi s'illumina e mi dice che ho ragione, corrispondenza di genere, e altre cazzate simili! e per sottolineare l'entusiasmo che le ha provocato tale rivelazione si avvicina e mi dà un bacio sulla guancia… sulla guancia? penso io, minimo mi devi suonare il piffero per il prezioso suggerimento che ti ho dato!… lei continua a parlare; io oramai non l'ascolto più e comincio a ravanarmi la minchia. se ne accorge e mi chiede che faccio. le dico, in tutta sincerità, che mi sto ravanando la minchia, io non sono uno che racconta bugie. lei scivola col culo su divanetto, arretra, scandalizzata. faccio l'ultimo tentativo, o la va o la spacca! faccio per abbassarmi la cerniera dei calzoni per tirarlo fuori; non è durissimo ma può fare la sua porca figura. lei sbianca, poi avvampa… non hai mai visto un cazzo? le dico… lei si alza di scatto e se ne va. ho avuto appena il tempo di fare prendere aria al mio uccello, ma senza fargli spiccare il volo; peccato! se non una ricca flautata, almeno una sega avrebbe potuto farmela! penso io… guardo il mio Jack, così chiamo il mio cazzo, e gli dico che per questa sera non è cosa, sarà per un'altra volta, che mi dispiace, ma di tenersi sempre pronto, e ritiro il vecchio Jack nelle mutande. mi alzo dal cimicioso divano e faccio ritorno nella sala grande, dove sono tutti gli altri. non vedo la fichetta bionda, non c'è più, è sparita. sarà andata a piangere dalla mamma, sarà andata a dirle: ah, mamma, mammina, stavo parlando con uno scrittore dei miei racconti e quello sul più bello ha tirato fuori il cazzo e ha preteso che glielo succhiassi… la mamma che le risponde: figlia mia, gli uomini sono tutti dei porci, gli scrittori, poi, non parliamone!… la mamma potrebbe anche avere ragione, penso, però io sono uno che non tollera le imprecisioni, io non le ho detto di succhiarmi il cazzo, avrei voluto, sì, ma non me ne ha lasciato il tempo, e alla fine ho solo pensato che sarebbe stata cosa gradita se mi avesse fatto almeno una sega; così almeno c'è scritto qualche riga più in alto!… abbandono il divanetto e ritorno in sala. mi avvicino a un capannello; pare che sia in corso un'accanita discussione. chissà di cosa stanno parlando? sentiamo! parlano dei recenti accadimenti, di cui io ovviamente non so un cazzo: non guardo la televisione e me ne sbatto le balle di quello che succede nel mondo. mi pare di capire che ci sia stata una manifestazione a favore o contro qualcosa, non è ben chiaro! e che durante questa manifestazione la polizia abbia caricato i manifestanti, mandandone tre o quattro all'ospedale. ascolto ancora, e ancora non capisco quello che dicono. a un tratto un paio di loro mi notano; qualche stronzo deve aver fatto circolare la voce che sono uno che scrive, forse un intellettuale; ma intellettuale di che? non diciamo cazzate!… mi chiedono che cosa ne penso. ci ragiono un attimo, poi dico che non è il caso, che la mia opinione non conta; ma quelli insistono, vogliono sapere come la penso… e va bene! mi dico, ve la siete cercata! e, con il nobile proposito d'infilare una cazzata dietro l'altra, inizio a farneticare: le viscere paiono toccate dal fuoco, quelle supplicano una morte splendente, che dire?… mi produco in una grande pausa a effetto, poi continuo: meglio l'innocenza dei direttori che i disastri del paesaggio! darsela subito a gambe prima di soffocare. confessare sì, ma non davanti alla polizia… è evidente che non hanno capito un cazzo di quello che ho detto; vorrei ben vedere, non c'ho capito un cazzo nemmeno io!… e uno dei deficienti mi chiede: ma allora tu stai dalla parte della polizia!… ovvio! rispondo io… ma allora tu sei un fascista!… io non so se sono un fascista. io sono solo uno che seppellisce le capre nei cimiteri… ma che cazzo significa? mi domanda… non gli rispondo e continuo a sciorinar minchiate: alla gente non basta dar da bere le lacrime, la carne brucia, lo scotennatore ha fatto la scuola d'arte, ma ora, commosso, passa le notti sotto i ponti… mi diverto a guardare le loro facce allibite. voglio dar loro l'ultimo colpo, quello di grazia, e proseguo: è semplice scrivere se sei poco più di un pitecantropo fallito! la carta è una parola vergognosa, un ufficio dei pensieri. a mezzogiorno sei avvelenato, e la sera abracadabra! spalancate gli occhi e rimanete immobili, poveri stronzi! il significato di domenica lo si afferra a denti stretti, le architetture sono voluminose, pàgano, il telegrafo tintinna, non bastano i vostri vestiti da cerimonia, dalle facce mi sembrate dei lugubri analfabeti, insomma, dei poveri coglioni… il mio uditorio comincia ad agitarsi: ma che cazzo stai dicendo? mi chiede uno… ma come ti permetti? mi fa un altro… io mi metto a ridere, mi trema persino il buco del culo dal ridere… uno di loro, quello che pare più incazzato degli altri, mi si fa vicino, minaccioso, e mi dice: ritira subito quello che hai detto!… io gli dico di ripetermi quello che ho detto perché già non lo ricordo più, la mia non è una buona memoria, ma che difficilmente dimenticherò una faccia da stronzo come la sua. quello mi spintona; io arretro. mi spintona ancora… qui ci scappa una scazzottata! mi dico, bene! ci voleva! tanto per rallegrare la serata!… arriva il padrone di casa, si mette in mezzo, cerca di far sbollire gli animi, ma il mio animo non è in bollore, non me ne frega un cazzo di quello che succede, e tanto meno di questo povero pirla che ho davanti; sono soltanto uno che se c'è da menar le mani non si tira indietro. altri intervengono, ci separano. non so perché quando sta per iniziare una bella scazzottata c'è sempre qualcuno che si mette di traverso a guastare il divertimento! quell'altro non mi può più raggiungere è trattenuto dai suoi amici. che imbecilli i suoi amici! è proprio vero che la gente non capisce un cazzo, potrebbero volarmi addosso tutti quanti insieme e gonfiarmi come un canotto, ma non lo fanno, non sono pratici, è tutta gente che abbaia ma non morde. quello continua a insultarmi a distanza, io non mi muovo, il mio volto è di linoleum! alla fine i suoi compagnucci lo portano via per farlo calmare, credo. sento che qualcuno gli dice: vieni! scendiamo in strada! andiamo a prenderci una boccata d'aria, oppure a fumarci una sigaretta! ecco finalmente una cosa intelligente l'ho sentita! ora mi fumerò una sigaretta anch'io, bell'idea! mi volto e mi rivolgo a un tizio che è rimasto alle mie spalle per tutto il tempo della discussione, e gli chiedo se ha una sigaretta da offrirmi. quello risponde di sì, ancora con l'animo eccitato per lo spettacolo che ha avuto modo di ammirare, e mi chiede: ma perché i toni i sono così scaldati? io gli rispondo che non so, forse per qualcosa che ho detto, ma che ora non ricordo, io sono uno che ha poca memoria, ma che non dimentico mai chi mi offre una sigaretta. quello tutto soddisfatto mi fa accendere, e io me ne vado a fumare su un terrazzino. guardo di sotto e vedo il gruppuscolo di stronzi che è arrivato in strada. il tizio, l'imbecille che voleva le mie scuse è ancora agitato; gli altri si prodigano ancora con grande impegno per farlo quietare. mi sporgo, e vedo che sulla ringhiera del terrazzo dell'appartamento a fianco vi sono dei portavasi in ferro, ovviamente con dei vasi sistemati al loro interno; eh, certo, altrimenti che portavasi sarebbero! mi sporgo, afferro un vasetto tra i più piccoli, e vi riesco con una mano sola. guardo di sotto, calcolo la distanza, la traiettoria, considero la forza; poca, in verità! che devo imprimere per raggiungere il bersaglio, e poi lancio il piccolo vaso in direzione del gruppetto di dementi. non sono mai stato un gran lanciatore, ma sono sicuro che in quest'occasione una mano benevola guiderà il mio tiro. dopo aver fatto, rientro senza indugio in casa, senza guardare se il colpo sia andato a segno oppure no. mi siedo su un ampio divano che trovo per miracolo del tutto libero. la fichetta bionda mi raggiunge, deve averci ripensato. si siede di fianco a me, riattacca a parlare; io bevo e faccio finta di ascoltare le stronzate che dice. alla fine lei mi chiede se posso mettere una buona parola per lei presso la casa editrice con cui pubblico. io le dico che con l'editore sono culo e camicia, lui il culo e io la camicia, e lei si mette a ridere sguaiatamente. su un tovagliolo di carta le scrivo il mio indirizzo, e le dico di mandarmi quello che ha scritto, tanto per fare una prima valutazione dei suoi racconti. lei è tutta entusiasta, all'improvviso rientra in sala uno dei dementi, il suo viso è alterato. in mano ha il vasetto che ho gettato di sotto… cazzo! penso io, stai a vedere che quelli si sono accorti di me un attimo prima che lo lanciassi e, non solo lo hanno evitato, ma sono anche riusciti a prenderlo al volo! che presa! porca di quella puttana!… quello mi indica con il dito e mi dice: sei stato tu a lanciare il vaso; ti abbiamo visto… io gli dico che si sbaglia, che, come può ben vedere, quando sulla loro testa piovevano carciofi, io ero seduto su questo comodo divano, intento a conversare con questa biondina che ora non fa più tanto la preziosa e che forse ha una mezza idea di assaggiare il mio pellicano. poi mi rivolgo alla biondina: che cosa ne dici se ce ne andiamo? possiamo continuare a parlare di scrittura, di filosofia, di politica o meglio ancora non parlare per niente e lasciare che io te lo schiaffi in culo! quest'ultima frase la penso soltanto e non gliela dico! lei ride. accetta il mio gentile invito e ci alziamo. attraversiamo la sala a braccetto; tutti ci guardano, molti pensano che sia stato io a lanciare il vaso, hanno ragione, ma non lo dicono, preferiscono rimanere in silenzio. quell'altro non demorde, e di nuovo mi accusa: tu! sei stato tu a lanciare il vaso; ti abbiamo visto, e dopo aver fatto questa importante affermazione, mi scaglia il vaso contro, solo che come lanciatore non vale un cazzo; meglio come ricevitore! e colpisce in piena faccia la biondina. la biondina si irrigidisce, guaisce, si porta le mani al volto e infine stramazza a terra… ma porca di quella puttana! dico io, per una volta che trovo una che forse me la dà!… vedo rosso per la rabbia, e mi avvento contro quello che ha lanciato il vaso. anche altri hanno la mia stessa idea e ne nasce un parapiglia, tutti contro tutti, un puttanaio mai visto: calci, pugni, morsi, strizzate di coglioni, ah che fantastica bolgia! purtroppo, mentre sono a terra e sto cercando di rialzarmi, mi arriva un calcio in testa. per un attimo mi appare una fantastica luce abbagliante, sono in pieno momento mistico, meglio che se mi fossi fatto un acido! poi il buio… quando mi risveglio mi ritrovo lungo disteso su un lettino, è una specie di barella; i soffitti sono altissimi, luci al neon, un gran movimento, voci, schiamazzi. mi si avvicina un tizio, è tutto vestito di bianco, forse è il papa, ma forse non è lui. mi domanda qualcosa che non riesco a comprendere, forse come sto, che cos'è successo, come ho fatto, e altre puttanate del genere. io mi faccio forza, punto un gomito e mi sollevo su un fianco, e riesco solo a dire: ah, che splendida festa!

Coiffeur.

16 luglio 2022 ore 15:08 segnala
Nelle lingue straniere non sono molto imparato, ma me la cavo!

Accaduto poco fa alla cassa di un minimarket. Tutto vero!
In realtà l'episodio è avvenuto ieri pomeriggio, ma quando sono rientrato a casa e mi sono messo al PC a scrivere questa breve testimonianza di vita vissuta, mi sono ritrovato, tanto per cambiare! senza connessione. Ripristinati ora i collegamenti con il mondo esterno, posso finalmente condividerlo con voi su questa spettabile piattaforma.
Ma andiamo ai fatti:
… stavo riponendo la spesa nei sacchetti quando un tizio, che era entrato con altre tre signore in veste di accompagnatore e non doveva fare la spesa, decide di uscire. Non avendo nulla da pagare logicamente passa oltre e, con il chiaro intento di fare sfoggio di una certa padronanza nella lingua d'oltralpe, a voce alta, chiara e ben udibile da tutti, informa la cassiera del suo stato, dicendole: "Non ho nulla da pagare. M'hanno trascinato qui soltanto perché io ho la macchina; oggi sono soltanto il loro COIFFEUR".
Eh, niente; il risultato è stato che mi sono accasciato sulla cassa e non sono riuscito a smettere di ridere per i successivi cinque minuti. Parzialmente ripresomi ho cercato di procedere con l'imbustamento e il pagamento, anche perché si era formata una discreta fila, ma a causa delle lacrime che mi scendevano ho sbagliato a digitare per ben due volte il PIN della carta di credito; fortuna che alla terza sono riuscito a centrare i tasti giusti, altrimenti me l'avrebbero bloccata.
Non avesse fatto così caldo e non avessi avuto fretta mi sarei volentieri fermato ad aspettare l'uscita delle tre signore per capire se lo chauffeur avrebbe dato loro un passaggio in auto o oppure fatto uno shampoo, un taglio, o una messa in piega.
Per oggi credo che sia tutto.
Alla prossima.
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Nelle lingue straniere non sono molto imparato, ma me la cavo! Accaduto poco fa alla cassa di un minimarket. Tutto vero! In realtà l'episodio è avvenuto ieri pomeriggio, ma quando sono rientrato a casa e mi sono messo al PC a scrivere questa breve testimonianza di vita vissuta, mi sono ritrovato,...
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16/07/2022 15:08:04
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Dall'immagine al racconto

12 luglio 2022 ore 16:39 segnala
Vi chiedo la cortesia di trarre suggerimento da questa bizzarra e per certi versi alquanto inquietante immagine, poiché per me sarebbe cosa gradita sapere quali emozioni vi suscita e se, dopo averla bene osservata, avervi ragionato un pochino, fatto un misero sforzo, vi sia modo che la vostra fantasia si traduca in qualcosa che possa aprirsi a un racconto… Per la cronaca: io lo sto già scrivendo; a dire il vero ne sono già arrivato alla fine! Ovviamente non vi dirò al momento in quale modo l'ho svolto ma mi farebbe piacere confrontarmi con voi e valutare ovvie e doverose differenze d'interpretazione.
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Vi chiedo la cortesia di trarre suggerimento da questa bizzarra e per certi versi alquanto inquietante immagine, poiché per me sarebbe cosa gradita sapere quali emozioni vi suscita e se, dopo averla bene osservata, avervi ragionato un pochino, fatto un misero sforzo, vi sia modo che la vostra...
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12/07/2022 16:39:22
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IL DOPPIO NASO

05 luglio 2022 ore 08:43 segnala
IL DOPPIO NASO
di Marcus L. Nolde

… potete anche non crederci ma io ho due nasi, non uno ma due, uno di fianco all'altro; me li trascino dietro da quando sono nato, ormai è storia antica, dolorosa e interminabile.
Quando vado a passeggio per le strade cittadine ho mille occhi puntati su di me; tutti mi guardano con stupore. A volte capita che qualcuno mi fermi e mi chieda come sia avere due nasi. Io non rispondo, dico che ho una fretta del diavolo e che non mi posso trattenere a parlare: una commissione urgente, anzi, due, come i miei nasi.
A voler essere precisi tale doppia protuberanza è molto simile a quella dei cani di razza Catalburun; so che questo nome non l'avete mai sentito, è inconsueto incontrare uno di questi cani.
A me ne sarebbe bastato uno, ma la natura me ne ha dati due, che ci posso fare? è andata così. Per ironia della sorte il mio olfatto è men che mediocre, a dirla tutta non sento quasi gli odori; e questo a volte è un bene quando si passa rasente certi cantoni.
Quando sono di profilo non si nota granché, ma di fronte chiunque non può fare a meno di accorgersene. I più educati volgono lo sguardo altrove, altri mi fissano increduli per alcuni secondi poi capiscono di risultare indiscreti e si voltano da un'altra parte con fare indifferente, ma ci sono anche gli impertinenti, quelli che vogliono vedere da vicino, che fissano, scrutano, e non possono fare a meno di commentare.
Una volta capitò d'imbattermi in un tizio che mi fece proprio perdere le staffe: non la smetteva di fissarmi; avesse avuto una lente d'ingrandimento l'avrebbe usata per meglio distinguere i particolari. Non la finiva più di lanciare apprezzamenti a sproposito, ridacchiare, fare battute sul mio naso, o meglio: sui miei due nasi.
Quando mi domandò se volessi andare con lui per la campagna a fargli da cane da tartufi mi s'infiammò il cervello e vidi rosso; senza pensarci due volte feci scattare il braccio e gli assestai un manrovescio tale da farlo cadere all'indietro, schiena a terra… vi fu un momento di stallo, poi quell'insolente sollevò il capo e mi guardò incredulo, ma non fissava più il centro della mia faccia, bensì i miei pugni chiusi, minacciosi, e pronti a sferrare un attacco. Quando cercò di sollevarsi e rimettersi in piedi io avanzai con l'intenzione di finire la partita con un gancio risolutivo. Lui lo intuì e per farsi scudo sollevò l'avambraccio, ruotò il polso e rivolse verso di me il palmo della sua mano a dita divaricate.
Solo in quel momento mi accorsi che aveva sette dita.



Senza titolo (Doppio naso), 1975 - Enrico Baj
Matita grafite su carta, 69,3 x 49 cm.

LA GRANDE RUOTA

05 luglio 2022 ore 07:50 segnala
LA GRANDE RUOTA
di Marcus L. Nolde

… mille luci accese sebbene sia pieno giorno, schiamazzi, applausi, qui è tutto un grande parco divertimenti. ma quale divertimento?! salgono sulla ruota mica per ammirare il panorama, no! ci salgono per lanciare scaracchi di sotto, in testa alla gente; che burloni! ma oggi, nella prima corsa, anche se è bene precisare che la ruota non corre ma gira su se stessa, nella prima corsa, dicevo, quando a un certo punto la ruota si è fermata, un tizio mai visto prima si è alzato in piedi all'interno del suo carrello, ha allargato le braccia e si è messo ad abbaiare: uauhf, uauhf, faceva… chissà cosa voleva dire? io non comprendo il linguaggio canino… poi ha iniziato a sporgersi e: uauhf, uauhf, di nuovo ad abbaiare. infine ha spiccato un balzo, un bel balzo, roba da atleti! meglio chiarire che questa ruota non è molto alta, una trentina di metri o poco più, ma è come gettarsi dal decimo piano di un palazzo, roba mica da ridere! la discesa dell'aspirante suicida (nota: aspirante perché mentre cadeva non era ancora morto; ovvio. fine nota.) lo devo riconoscere è stata molto composta, le braccia lungo il corpo, è sceso a piombo, leggermente inclinato, il busto piegato solo di un poco all'indietro. è atterrato di piedi, insaccandosi. una volta schiantatosi a terra si poteva ammirare il suo sterno al posto delle ginocchia; ah, che spettacolo! se fosse riuscito a rimettersi in piedi sarebbe stato alto 50 centimetri. credo sia morto sul colpo, almeno spero per lui, io ero lontano, e non mi sono avvicinato subito, prima mi sono acceso una sigaretta, sullo sfondo la grande ruota mi faceva da aureola, un santo! e poi, dovevo ancora finire di truccarmi. oggi la giornata è iniziata così; che ci volete fare!