Ricordo perfettamente quando iniziai a fare ciò che sto per raccontarvi: era l'estate di parecchi anni fa, forse in quarta o in quinta elementare.
Frequentavo il centro ricreativo estivo dell'oratorio, dove tanti bambini della mia età passavano il tempo a giocare e a divertirsi. Io no, non giocavo con loro. Me ne stavo in disparte, a osservare oppure a nascordermi dallo sguardo degli altri. Tornato a casa, tutto lo stress e il senso di estraneamento accumulato andava sfogato, dovevo scappare con la mente da quella triste realtà.
E così feci: iniziai ad immaginarmi qualcun altro, essere un bambino coraggioso, ammirato ed accettato da tutti i suoi coetanei. Mischiando vicende reali, cartoni animati, volti noti e sconosciuti, ideavo la mia realtà personale, che esisteva solo nella mia mente. Fantasticavo l'approvazione e il rispetto degli altri bambini, le attenzioni delle bambine o la fama nel mondo intero.
Ora, a tanti anni di distanza, devo ammettere che queste fantasie non mi hanno mai abbandonato. Continuo a fantasticare ad occhi aperti, ore e ore passate nel silenzio della mia stanza e nella confusione della mia mente a sognare vicende improbabili. Ovviamente le fantasie sono cambiate con me, dall'infanzia all'adolescenza si sono evolute per adattarsi alle diverse circostanze di vita in cui mi sono trovato. Ma, in fondo, il vuoto che vogliono colmare è lo stesso.
È diventata una compulsione, una necessità della mente per superare una quotidianità umiliante e deprimente. A volte inizio dicendomi che è solo per 10 minuti, o mezz'ora; ma poi, dopo un'ora, due ore, non riesco a fermarmi e continuo imperterrito a creare. Anche quando lo stomaco reclama cibo, quando le palpebre pretendono il riposo. Ma la mente non concede tregua.
È la mia droga, un bisogno da soddisfare sempre e comunque. Spreco inutile di energie, abitudine stupida e imbarazzante. Fonte di serenità e di pace. Motivo di commiserazione e delusione. Abile strategia per tirare avanti.
Sono tante le cose che si possono dire e pensare in merito a queste fantasie, forse nessuna più giusta delle altre. Continuerò a farne per tutta la vita? Un giorno il vuoto che cercano di colmare sarà colmato?
Da un anonimo socialfobico.
Fantasie, compulsione, la droga della mia esistenza.
06 marzo 2012 ore 22:24 segnala03488a1a-e00f-459f-a36e-3180b8f5e32d
Ricordo perfettamente quando iniziai a fare ciò che sto per raccontarvi: era l'estate di parecchi anni fa, forse in quarta o in quinta elementare.
Frequentavo il centro ricreativo estivo dell'oratorio, dove tanti bambini della mia età passavano il tempo a giocare e a divertirsi. Io no, non...

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06/03/2012 22:24:14
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Oggi, come l'anno scorso, come due anni fa, come sempre
05 dicembre 2011 ore 20:28 segnala
Cosa fare quando hai un dubbio a lezione e vuoi chiarirlo per essere più sicuro? Oppure quando hai un'intuizione e vorresti rispondere a tono ad una domanda insidiosa? Che fai? Rispondi, no?
Ma non per tutti è così semplice. Alcuni la chiamerebbero semplicemente timidezza, altri paura, ma pochi sanno che è una delle manifestazione di una vera e propria fobia: la fobia sociale. Essere socialfobico non significa niente di per sé, c'è chi teme di trovarsi in luoghi affollati, chi pensa di non essere all'altezza degli altri, chi ha paura di essere criticato mentre mangia o mentre fa il gesto naturalissimo di apporre una firma. Paure irrazionali, che sai di non dover temere ma che ti paralizzano quando devi affrontarle. E in quei momenti che pensi di non valere nulla, che non meriti amicizia, amore, affetto. Ti isoli, non vuoi parlare con nessuno; vorresti solo sparire. Invidi gli altri che non hanno di questi pensieri e allo stesso tempo li condanni per la tua solitudine e la loro indifferenza.
Mi è successo oggi, come l'anno scorso, come due anni fa. Questa è la vita di un socialfobico; questa è la mia quotidianità.
Ma non per tutti è così semplice. Alcuni la chiamerebbero semplicemente timidezza, altri paura, ma pochi sanno che è una delle manifestazione di una vera e propria fobia: la fobia sociale. Essere socialfobico non significa niente di per sé, c'è chi teme di trovarsi in luoghi affollati, chi pensa di non essere all'altezza degli altri, chi ha paura di essere criticato mentre mangia o mentre fa il gesto naturalissimo di apporre una firma. Paure irrazionali, che sai di non dover temere ma che ti paralizzano quando devi affrontarle. E in quei momenti che pensi di non valere nulla, che non meriti amicizia, amore, affetto. Ti isoli, non vuoi parlare con nessuno; vorresti solo sparire. Invidi gli altri che non hanno di questi pensieri e allo stesso tempo li condanni per la tua solitudine e la loro indifferenza.
Mi è successo oggi, come l'anno scorso, come due anni fa. Questa è la vita di un socialfobico; questa è la mia quotidianità.
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Cosa fare quando hai un dubbio a lezione e vuoi chiarirlo per essere più sicuro? Oppure quando hai un'intuizione e vorresti rispondere a tono ad una domanda insidiosa? Che fai? Rispondi, no?
Ma non...

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05/12/2011 20:28:16
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Scrive dal: | 05/12/2011 |
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