Ti si allargano i polmoni e lasci penetrare lentamente l'odore rassicurante e persistente dell'erba che sa di verde e di corse spensierate a piedi nudi, col sole che ti scalda la pelle.
L'aveva fatto.
Aveva seguito il consiglio di Flavio: aveva acceso la radio, chiuso gli occhi, si era stesa sul prato e aveva rilassato il corpo (oggi il dolore le schiacciava i polmoni). Era sprofondata dentro se stessa.
Si era, così, ritrovata a correre tra gli alberi di un bosco fitto, gridando di gioia. Inseguita dalla sua risata, col sole che, sinuoso, disegnava sentieri sulla pelle delle sue braccia nude. L'erba frusciante intorno ai piedi - quasi a volerle trattenere i passi veloci.
Ne sentiva la morbidezza e l'odore umido di corteccia e resina.
Leggera, finalmente felice, fino a quando due braccia sicure le avevano cinto i fianchi, trasformando le risate in grido di sorpresa. Lui l'aveva raggiunta e il suo ridere aveva abbracciato le sue spalle ed era divenuto respiro dolce che le accarezzava il collo.
La strinse più forte e le poggiò il mento sulla testa senza dire nulla, coi battiti che si alternavano - intrecciandosi impazziti - e il bosco che li nascondeva al resto del mondo.
Solo loro due.
Senza tempo, senza più distanze da colmare.
Riaprì gli occhi; la sua canzone preferita sfumava, il sogno anche.
Il dolore le sembrò più leggero, il cuore meno affaticato.
Avrebbe dovuto ringraziare Flavio. Con un bacio ed una sigaretta forse, anche se gli ripeteva in continuazione di smettere.
Ma ora ne aveva bisogno anche lei: l'avrebbero condivisa.
Come i sorrisi, le parole, la malinconia.
E. V.
