
Quanto erano belli quegli occhi!
Glielo aveva detto appena aveva visto la sua foto "Sono una meravigliosa trappola" e lei, in quella trappola, ci si era buttata a capofitto.
"No", aveva risposto lui con un sorriso ancor più micidiale "poi ci si abitua".
Non ci si abitua mai all'incanto, alla bellezza profonda.
E lui era il tutto, il quotidiano, lo straordinario. Con un velo che soffocava il suo cuore e stordiva la sua mente.
Mentre erano abbracciati, appoggiati alla parete, lui l'aveva fatta entrare nella sua vita, raccontandosi fino in fondo.
Per lei era stato naturale baciarlo lieve sul collo e premersi contro il suo torace magro, schiacciandolo col suo corpo al muro. Poi aveva chiuso gli occhi, poggiato la testa sulla sua spalla e la mano si era infilata, quasi con timore, sotto la maglietta ad assaporare quella pelle tanto desiderata, scivolando lungo i fianchi per impararne ogni millimetro. Le dita si erano spinte nei jeans e lui aveva cominciato a carezzarle la nuca e la schiena.
Continuava a parlare sfiorandola coi polpastrelli. Riusciva a trasmetterle tutto il suo calore con quei tocchi così dannatamente sensuali e naturali.
Lei cominciò ad ansimare, le gambe molli, e si aggrappò forte a lui. Tutto il corpo assetato dei suoi baci. Avvolta, travolta, sfinita da un orgasmo totale che le aveva risucchiato le viscere, tanto era stato lento e prolungato.
Lui l'aveva spinta dolcemente sul letto senza smettere di accarezzarla, e lì avvinghiati, lei si era abbandonata. Senza remore, senza vergogna. Un fluire continuo di piacere aveva sfinito il suo corpo.
Completamente sua, per fermare tempo e malinconie.
Come veleno dolcissimo le era entrato nell'anima e aveva bruciato le sue smanie tossiche. L'aveva portata all'estasi col solo tocco delle mani. Tutto il calore che lui aveva dentro lo aveva donato a lei.
"Hai freddo?" Le aveva chiesto ansimando e stringendo le sue mani. "Non sono riuscita a scaldarti".
"Non è colpa tua. È la finestra. L'ho dimenticata aperta", ma lei sapeva che non era così.
Le aveva regalato tutto di se stesso. Anima, ricordi, dolore per un abbandono non meritato. Tutte le sue ferite e la sua voglia di continuare a vivere.
E ora il corpo di lei ardeva.
Quando il sole del pomeriggio si era fatto spazio tra le nuvole lui in un sussurro le aveva detto:
"Il vento si è calmato. Andiamo sulla spiaggia".
Lei sarebbe voluta rimanere tra le sue braccia fino a sera, ma quegli occhi spezzafiato non riusciva a dire no.
"Sei mai stata su una moto?"
"Ho paura della velocità", sapeva che il loro tempo stava per finire.
"Con me non devi" e gli occhi di lui si riempirono di luce.
Scesero in strada e lui si fermò davanti ad un mostro con due ruote. Aprì il bauletto e tirò fuori due caschi. Le infilò il più piccolo sulla testa, allacciandolo con attenzione. "Monta su!"
Lei lo guardò, mentre tutto attorno scompariva e il vento cercava uno spazio per continuare a giocare coi suoi capelli ora protetti dal casco.
"È la mia prima volta"
"Ti piacerà".
La aiutò a salire.
"Mettiti al posto di guida e poi scivola piano dietro", le diceva con tono pacato mostrandole i movimenti da fare.
"Non aver paura. Stringiti a me e asseconda i movimenti del mio corpo".
Deciso montò in sella e partì. Dolcemente, per accelerare pian piano.
Lei si strinse forte a quell'uomo che le aveva fatto capire cosa significa amare e disse nel vento:
"È come fare l'amore".
E. V.