Una tavola di pace è l'insieme dei gusti, degli ingredienti, dei colori e delle tradizioni, è l'incontro dolce di impasti che discendono dalla Siria, dall'Egitto, dalla Palestina, dal Libano e dalla Sicilia. Li abbiamo messi insieme, in un vassoio fatto di storia, ne abbiamo scoperto i sapori, tutti diversi e magnificamente squisiti. Fidatevi, potrebbe essere così anche tra persone e popoli, se solo volessero incontrarsi e chiacchierare tra un dolce, un piatto e una bevanda. Perché i popoli non sono i governi o i soldati. I popoli sono fornai, cuochi, meccanici, postini, operai, sarti, muratori, artigiani, scrittori, giullari, architetti, pittori, imbianchini, ecc. I popoli sono pasticceri. I popoli non dovrebbero né vorrebbero assaggiare sangue e violenza, ma vivere, sedersi a tavola e mangiare insieme, magari poi ballare, insegnare l'un l'altro il ballo tipico, suonare la musica della propria tradizione. L'umanità è vita e dovrebbe essere festa e scoperta reciproca. Avremmo gradito volentieri anche un dolce israeliano, di un israeliano che ripudia la guerra, che si oppone al suo governo (e ce ne sono tanti).

Perché noi vorremmo sederci a tavola, vorremmo che a Gaza ci si potesse sedere a tavola, chiacchierare, mangiare, commentare i fatti quotidiani della vita. Senza il terrore di una telefonata che ti avvisa che devi andare via subito perché ti stanno per bombardare la casa. Vorremmo che anche in Italia ci fossero ovunque tavoli pieni di gente di ogni etnia, provenienza, storia, colore, Tutti insieme. Senegalesi, tunisini, siciliani, lombardi, egiziani, palestinesi, isrealiani, rumeni, ghanesi, rom, romani, napoletani, altoatesini, piemontesi, calabresi, sardi, marocchini, algerini, eritrei, etiopi, somali, veneti, romagnoli, lucani, ivoriani, pugliesi, siriani, libanesi, ecc. Tutti insieme a ridere, chiacchierare, raccontarsi, mangiare ciascuno la specialità tipica offerta dall'altro. Vorremmo una quotidianità vera, essenziale, pacifica. Senza muri di cemento, ma pieni di ricotta, datteri, panna, sesamo, pistacchio. Vorremmo la pace, dentro una tavola imbandita per tutti. Vorremmo la pace, fuori da quella tavola, mentre si passeggia insieme sentendo ancora il sapore di una contaminazione incantevole. E digerendo al meglio ogni delizia. Guardando in alto un cielo terso pieno di stelle e privo di bombe.