Non era possibile determinare la sua età. Il viso era appena rugoso, gli occhi profondi del colore del mare. I folti capelli, nero corvino, erano ricci e arruffati. Gli abiti che portava sembravano essere appartenuti a persone vissute molti lustri prima, tanto erano vecchi e lisi: i pantaloni (un tempo forse neri, ma ormai grigi), di almeno due taglie più grandi, erano legati in vita da una cordicella, per impedire che cadessero. La camicia felpata a quadrettoni aveva un colore indefinito, oscillante tra il mattone e l’ocra, i gomiti consumati e a tratti trasparenti. Ai piedi, scarpe logore, che portava senza calzini.
Un tempo non era quella persona lì: viveva in una bella casa, con una splendida moglie, due figli, e lavorava come affermato dirigente. E poi … la sua gelosia ossessiva, peggio di un Otello, distrusse il suo rapporto e la sua famiglia, facendolo cadere in una profonda depressione, che poté vincere solo fuggendo. Da tutto, da tutti, da ogni cosa. Per rifugiarsi nel suo purgatorio personale …
Camminava con un incedere fiero, a testa alta, senza dimostrare alcuna vergogna per il suo aspetto. Teneva in una tasca una borsa di tela ocra, di quelle utilizzate per la spesa. Si muoveva a passo veloce verso una discarica abusiva che si trovava appena fuori dal centro abitato, come spesso accade alla periferia delle grandi metropoli, nelle zone più degradate.

Lì era possibile individuare un cumulo di oggetti impilati a mo’ di montagnola, dei più vari: vecchi elettrodomestici, televisori, scatole e scatoloni, pile di libri e riviste, abiti, stracci, macerie di ogni tipo, una vecchia vasca da bagno, pezzi di ingranaggi, una scala arrugginita …
Si diresse con molta decisione verso quella montagna che per lui rappresentava una valida fonte di ricchezza. Lo sapeva, le persone si liberano di molte cose anche quando queste sono ancora funzionali e funzionanti, per il solo gusto di rinnovare l’ambiente, o anche solo per cambiare il colore delle cose che non soddisfano più.
Riuscì a trovare, in mezzo a quella miniera inesauribile, un vecchio papiro egiziano, contenente una serie di incomprensibili geroglifici, e il disegno del dio Anubi; un libro sgualcito, con la sovra copertina lucida, nera, molto consumata, il cui titolo si riusciva ad intuire: ” I tre moschettieri”, e si vedeva il disegno con i quattro moschettieri (il quarto è D’Artagnan, lo sanno tutti!). Mise il suo bottino, con grande soddisfazione, nella borsa di tela, e si incamminò verso il parco, dove c’era la casetta dell’acqua, nei pressi della quale aveva insediato la sua dimora.
Arrivato alla panchina davanti alla costruzione, sistemò gli oggetti contenuti nella borsa all’interno di un carrello dove teneva le sue cose, si sedette e aprì la confezione di gorgonzola scaduto, recuperato tra i rifiuti di un supermercato a pochi isolati dalla sua “casa” , e qualche pezzo di finocchio, un po’ marcio, ma che togliendo le foglie esterne rivelava un cuore ancora fresco e tenero, e mangiò con voracità la sua lauta cena, soddisfatto del bottino della sua incursione.
Infine, dopo aver tirato su il tessuto del pantalone della sua gamba destra, si massaggiò con dolcezza il ginocchio con un unguento (balsamo di tigre, forse?) che aveva raccolto qualche giorno prima vicino alla farmacia: l’umidità, talvolta, gli procurava qualche dolorino, ma sapeva come farlo passare.

Gli bastava poco, a Giacu, perché non gli mancasse nulla.
Cle
Questo post nasce da un gioco di scrittura praticato tra amici ed è un post "a tema" su elementi dati, suggeriti a turno dai vari partecipanti e pubblicati ogni 15 giorni sul blog del profilo Ilpassaparole (per questo scritto, le parole – suggerite da thya - erano: Geroglifici - D'Artagnan – Gorgonzola – Purgatorio – Otello – Unguento). Sullo stesso blog potrete trovare, nei commenti, i link ai racconti degli altri partecipanti. E... siete invitati a partecipare anche voi!!!
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