CamelLight.20
30 marzo 2012 ore 21:05
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E si è aperta una ferita grande quanto il tratto di una biro.
Ho sentito raccontare storie sputate a soldi sugli autoparlanti di una società che "sembra" più sorda che interessata.
Mi sono sentita pienamente disgustata.
Per cui ho deciso di sbattere e sono andata contro chi mi aveva cullato fra braccia sicure di un futuro incerto.
E mi sono sentita violentata nel pensiero di un ideale.
Mi sono semplicemente resa conto di quanto la gente sia sorda. Viviamo nel bel mezzo del rumore, nella lotta continua dei migliori ideali, costituzioni, articoli, aforismi. Sguazziamo nella raccolta di figurine fatte di rispetto e tanta stima.
Tutti blablabla. Quando arriva il momento, crolla tutto.
La derisione di chi lascia che il tuo pensiero non li sfiori nemmeno è di gran lunga più elevata di chi ti ride in faccia dandoti dello stronzo.
Per quanto mi sia sempre adoperata ad ascoltare più persone possibile, sulle questioni più varie, anche quelle in cui ero ignorante, anche nei casi in cui non capivo nulla, difficilmente ho avuto modo di COMUNICARE.
E il problema sostanziale che più mi ha solleticato i nervi ad irritarsi fino a tremare è che mi è sempre stato chiesto un PARERE sulla questione.
Parere che fondamentalmente è sempre stato scartato da lunghi rettilinei di parole. Non una sosta, non un rallentamento.
Nei casi più fastidiosi la situazione presentata partiva attraverso l'input di una notizia di mia conoscenza, un modo per scambiarsi informazioni, pareri e conoscenze di un ambito generale, per arricchirmi del sapore altrui e per arricchire del mio sapore le orecchie di chi fino a quel momento aveva ascoltato solo la sua voce. Cosciente della mia preparazione sulla materia remavo per ottenere il miglior scambio di sentenze tra due ragionamenti abbastanza maturi per sviluppare un argomento. E più attendevo che il semaforo diventasse verde per intraprendere anche la mia considerazione, più capivo cha la via era una sola e terminava sempre con le conclusioni "cosi logiche" di quella persona con cui avevo intrapreso l'ardua strada del dialogo.
Dialogo.
Scambio.
Comunicazione.
Espressione.
Conoscenza.
Apprendimento.
Ignoranza.
Una scaletta mica da poco.
Sono sette note che tutti passiamo e ripassiamo più e più volte.
Ma se nel mondo si blatera di coesione, condivisione, collaborazione, costituzione, e di RISPETTO, come mai la comunicazione sta diventando un giocattolo vecchio da lasciare in soffitta?
Ho notato infatti, sempre più spesso che non c'è comunicazione. E senza comunicazione non c'è scambio. Ci sono solo una serie di monologhi. Anzi, pardon, soliloqui.
(La differenza è sostanziale).
E nel punto in cui il bel discorsetto personale si ritrova con la faccia spiaccicata addosso ad un diverso parere, a diverse esperienze, a diversi ragionamenti tutto il castello svanisce in un silenzio storto.
"E adesso?".
Adesso si va solo a capo e si ricomincia. Magari aumentando un pò il tono di voce il tuo pensiero riuscirà a far tentennare l'altro dandogli le ragioni per lasciarti parlare.
"Però, chissà che ha detto...mah...non sarà stato niente di importante".
Del resto cosa c'è di meglio nel farsi una domanda a cui solo tu riesci a dare le risposte "giuste" da sentire?
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CamelLight.20
13 marzo 2012 ore 17:32
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Giorno 13.
Trovo ancora pacchetti vuoti gironzolare in qualche borsa, nascosti nelle tasche più interne per evitare che vengano visti e dimenticati lì insieme a qualche centesimo di poco valore. Come se non fossero niente.
Restano li, abbandonati, sullo stesso livello di quei fazzoletti stropicciati golosi di lacrime fino al singhiozzo convulso di chi ha vomitato qualcosa di sè senza controllo.
Li trovo, e li apro. Un pò come quelli che vanno ad aprire il frigorifero seppur non stiano pensando minimamente a farlo.
Gesto spontaneo, abituale, nervoso. Boh. Li apro.
Poi li richiudo, e li lascio li.
C'è sempre troppo poco tempo per fermarsi a buttar via qualcosa. E poi non sono mai stata una di quelle che buttano via. Tengo tutto. Anche il foglietto scarabocchiato su cui ho segnato qualcosa di importante che poi alla fine non è successo.
La cosa che più mi manca è che in quei momenti mi fermavo.
Nel momento in cui l'accendino si avvicinava alla sigaretta mi fermavo.
Rimaneva il fumo da guardare mentre scivolava nell'aria, con quel movimento sinuoso ed elegante, rimaneva lo sfondo da cercare, prendendosi il proprio tempo.
Come se si fosse in posa sulla copertina di un libro. Seduta a guardare il cielo indicato da quel rigagnolo di fumo che saliva. Li mi fermavo e creavo.
La mia storia, i miei testi. Creavo le conversazioni, le situazioni. Era un pò come dipingere un quadro.
Mi manca quello. Non il gesto.
Mettere la sigaretta in bocca è un gesto che rimandano all'allattamento.
Una cosa che dà la morte inquadrata in quel cullare primordiale di vita. Una cosa che mi ha sempre inorridito e stupito.
Dicono che si fumi per ribellione, per appartenenza, per socializzazione, per stupidità o per moda. Minimo comume multiplo è quel maledettissimo "essere visti grandi". E alla fine siamo tutti inculati perchè in realtà stiamo inconsciamente desiderando la mamma.
Strana la vita.
Fondamentalmente credo di aver capito una cosa.
Più che desiderio di mamma, di coccola, di "presenza".
Ho bisogno di me. La cura sono io.
Perchè finalmente in quel dipinto non ci saranno solo conversazioni o parole scritte, ma anche una fotografia di quella me che ogni tanto dimenticavo in mezzo ai fazzoletti stropicciati e dentro qualche pacchetto quasi vuoto.
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Giorno 13.
Trovo ancora pacchetti vuoti gironzolare in qualche borsa, nascosti nelle tasche più interne per evitare che vengano visti e dimenticati lì insieme a qualche centesimo di poco valore. Come se non fossero niente.
Restano li, abbandonati, sullo stesso livello di quei fazzoletti...
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13/03/2012 17:32:43
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CamelLight.20
02 marzo 2012 ore 02:26
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Mi chiedo di cosa è fatta questa catena.
Passiamo la maggior parte del nostro tempo a cercare di capire perchè un muro non è caduto durante il bombardamento quotidiano della nostra vita.
Invece di aggrapparci al fatto che rimane ben saldo a terra, restiamo perplessi dinnanzi alla sua forza.
Siamo deboli. Ci disarmiamo cosi tanto da spingerci da soli per cadere.
Forse un pò di polvere fa bene.
Io resto sveglia. La notte, il giorno, sempre. Con le occhiaie che pesano, e le palpebre che vogliono chiudersi e sognare. No. Ho voglia di quel soffitto bianco ancora e ancora.
Voglio sbatterci ogni pensiero possibile ed esaurire tutto prima di potermi addormentare.
Tutto, perchè se ci lascio i pensieri dentro, poi mi ritrovo ad aver paura di sognare.
E la cosa, è successa per davvero.
Siamo pronti a ricominciare ogni giorno scendendo dal letto, e non vediamo l'ora di tornare in quel letto ripromettendoci di restarci di più.
Cosa ci spinge ad alzarci? Cosa?
Mi chiedo se sia un'illusione o una pazzia. Mi chiedo se sia la paura.
Io devo correre. Voglio la velocità. Quando ho paura premo forte l'acceleratore e mi lascio violentare dall'adrenalina. Finchè la razionalità del mio pensiero non mi frena e mi dice che devo rallentare, finchè non mi ritrovo col cuore in gola per una curva fatta con un pò troppo rischio.
Ma la strada è sgombra. Non c'è mai nessuno quando lo faccio...
"se non è davvero solo".
E' sempre sgombra. A volte suono il clacson perchè sto aspettando qualcuno, per dire "ehi, sono qui, scendi che devi correre un pò con me!".
A volte resto solo parcheggiata li, a guardare la luce che viene dalla finestra, ad aspettare che la tendina si sposti e che quel viso spunti a sillabarmi un "arrivo" silenzioso come il vuoto che c'è adesso.
Non ho neanche voglia della musica.
Ho la nausea da giorni, e sentirla mi renderebbe ancora più difficile il respiro.
Non mi resta che qualcosa da buttar fuori. Qualcosa di mio, qualcosa che non si alzerà con me domani mattina, perchè lo lascerò sul cuscino, ad aspettarmi, ad impregnarlo per bene col suo gusto di mare.
Ho sparso pezzi di me ovunque. Minuscole fotografie di un elettrocardiogramma da rivedere. Eppure la mattina continuo ad alzarmi. A fare quel passo.
Mi chiedo se sia una malattia o solo la cura.
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Mi chiedo di cosa è fatta questa catena.
Passiamo la maggior parte del nostro tempo a cercare di capire perchè un muro non è caduto durante il bombardamento quotidiano della nostra vita.
Invece di aggrapparci al fatto che rimane ben saldo a terra, restiamo perplessi dinnanzi alla sua forza.
Siamo...
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02/03/2012 02:26:31
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CamelLight.20
13 febbraio 2012 ore 01:48
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Stasera sono andata in Svezia. Ero alla guida di una moto. Volavo veloce tra le strade, in mezzo alle macchine. Senza paura. La paura è un'altra cosa. Non puoi temere quello che non sai. E non puoi temere qualcosa se già l'hai provato. Superato una volta, si lascia scorrere sulla pelle come l'acqua della doccia.
Avevo la vita bucata da piercing e da crampi di silenzio. E cicatrici che sanguinavano ovunque senza lasciare la minima traccia al mio passaggio.
Ero l'ombra fra qualche graffito, nascosta nell'angolo di un vicolo buio, aspettando.
Ho saltato a piedi pari la parte della violenza. L'ho sempre odiata. Mi rimane nello stomaco per ore prima di lasciarmi in pace.
Ho attutito gli urli, i pianti, il dolore. Ho lasciato andare le immagini più crude.
La violenza non fa per me. Che sia per vendetta, per giustizia o per sadico cinismo. Non l'ho mai sentita scorrere sulla mia pelle come l'ago di un tatuatore inesperto. Fortunatamente. Ma non riesco neppure ad immaginarla. Neppure a vederne la finzione.
Non premerò mai il tasto skip, semplicemente la farò passare a basso volume. Per non sentire il male.
Ho guardato l'odore acre di una sigaretta annebbiarmi la vista. Rendere tutto meno visibile per qualche minuto. Cambiare gli odori, il gusto in bocca. E ogni volta che vedo il mozzicone consumarsi come il tempo perso sotto un vento gelido per fumare, mi chiedo che gusto abbia davvero una sigaretta.
Non sa di buono, non lascia un effetto gradevole, non fa passare niente. Niente, se non il tempo.
Poi ritorna quel gusto amaro in bocca.
La moto correva. Troppo. Ho rallentato. Mi sono chiesta perchè la gente tende ad andare veloce, a correre. Persino col pensiero. Quante volte ho sognato di essere grande, e quando sono diventata grande c'era ancora da crescere. Devo ancora diventare grande. E devo ancora decidere.
I piccoli di scorpione rimangono sulla groppa della mamma finchè non raggiungono un'età matura. Allora se ne vanno, a fare la loro vita. A prendere in groppa qualcun altro. Ad aspettare con calma che il tempo passi e che anche quelli se ne vadano a farsi la loro vita. Se alcuni piccoli rimangono sulla groppa anche a maturità passata, muoiono.
Quella groppa è tutto. E' il rapporto più umano e solidale che hanno. Al di là delle eccezioni delle colonie etc. Quella groppa è la loro fotografia sul comodino.
Non so cosa si prova a scendere. Ma probabilmente scenderanno con una macchina fotografica: è il momento di mettere la foto sul comodino di qualcuno.
La moto si ferma.
Nel film invece riparte. Sempre più veloce, sempre più lontano.
Ma stavolta io scendo dalla groppa, e la lascio andare.
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CamelLight.20
20 novembre 2011 ore 19:21
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Mi piace la nebbia. Ha un sapore buono.
E’ come se le nuvole avessero deciso di scendere tutto ad un tratto per farci sentire un po’ di cielo. Mi piace correrci incontro, perdermi dentro quel tunnel velato. Un enorme lenzuolo che si stende fra me e il mondo. Ha il sapore di un sogno.
Ha l’odore del silenzio. Quello che si appoggia con calma sulla tua pelle. Senza brividi, né scossoni. Quello che si adagia e ti veste. Un’enorme sordina contro tutto il resto.
Ho perso il fumo di una sigaretta fumata male con il colore del cielo. Come se quello stesso fumo fosse un pezzo di cielo. Come se il mio respiro fosse un altro. E si compone un puzzle pieno di muto rispetto.
Una giornata piena di silenzio. Con la nebbia che abbracciava il cuore di chi aspettava. Con il cuore che si infreddoliva senza tremare. Piano piano.
Mi piace sentirmi tra l’ignoto. Nell’invisibile abbraccio di qualcosa che non mi lascia vedere più in là del mio naso e la velocità diventa la mia unica arma contro il mondo . Ho corso per entrare in mezzo e per correre di più. E per sentirmi un po’ più viva scappando da quel silenzio che si faceva sempre più forte e che amavo e odiavo sempre di più. E quando qualche goccia mi ha toccato la pelle non sapevo se era pioggia o se erano lacrime. Se fosse il cielo o se fossi io o se fossimo entrambi.
Non so se avete mai provato la sensazione di esservi persi e di non sentirvi soli. Come se una coperta vi rendesse invulnerabili e abbassasse il volume di tutto quello che poteva esserci là fuori. Non so se vi siete mai sentiti soli nell’attesa che dalla nebbia compaia qualcosa. E mentre il cuore ti urla che non accadrà nulla tu ci credi, ma non sposti l’occhio da quell’angolo velato. Una speranza difficile da sopportare.
Ho guardato la nebbia scivolare sui finestrini della mia macchina, lasciando alle spalle un muro. Un passato che potrò solo rivedere appannato da un’intimità cosi lontana e profonda.
Un passato che rimane fermo negli specchietti retrovisori, mentre tutto il mondo va avanti. Mentre la mia velocità divora pezzetti di cielo davanti a me.
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27 ottobre 2011 ore 01:34
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Irritabile. Irritata. Irritante.
Sono di quei giorni in cui tutto il mondo sembra un inutile filo sconnesso che tento di aggiustare e che in ogni mio tentativo si annoda complicandomi la vita.
Ecco. Complicata.
Una persona mi ha detto di scrivere su un foglio le mie qualità. Al momento il foglio l'ho riempito con due scarabocchi.
Non c'è una parola sotto. Nemmeno una.
Neanche l'ombra di una possibile qualità.
Mi sento tremare dalla testa ai piedi di una rabbia fin troppo calma e fin troppo esplosiva. Fingo, inutilmente, di stare tranquilla, essere serena, per qualsiasi cosa. Ma alla fine esplodo e divento cattiva. Cattiva come una persona che da angelo diventa un diavolo accusatore. Un dito puntato e un dito medio che si danno la mano contro qualsiasi cosa si pari davanti ai miei occhi.
Vorrei una carezza, uno di quegli sguardi che ti abbracciano urlando che va tutto bene. Convincendo anche il tuo sangue che scorre nel modo giusto, che ogni molecola di ossigeno è un respiro per qualcosa di nuovo.
Vorrei una soluzione. Un punto. Una virgola, un qualcosa che mi aiuti a continuare un discorso. Ad andare a capo, ma non per finire, bensì per ricominciare.
Vorrei solo qualcosa che tenga caldo.
C'è un posto freddo qua dentro, che ogni tanto apre la porta e fa raggelare tutto. E mi vengono i brividi a pensare che una briciola del mio cuore riesce a togliere calore a tutto ciò che tocco con lo sguardo.
E' come "quando tiri e sai che la coperta è corta".
Rileggo la mia vita giorno per giorno. Rileggo le mie qualità, le mie quantità. Rileggo tutte le storie che ho scritto e che sono legate a me come una seconda pelle.
E tremo comunque.
Non ha senso.
Si sono aperte un sacco di porte. Ma da dove è venuto il vento?
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Irritabile. Irritata. Irritante.
Sono di quei giorni in cui tutto il mondo sembra un inutile filo sconnesso che tento di aggiustare e che in ogni mio tentativo si annoda complicandomi la vita.
Ecco. Complicata.
Una persona mi ha detto di scrivere su un foglio le mie qualità. Al momento il foglio...
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27/10/2011 01:34:04
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14 ottobre 2011 ore 01:11
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I giorni che non passano si fermano come mattoni qua dentro. Devono passarne 17, più o meno. 17 giorni per riprendere a respirare. Sto in apnea da un pò per evitare di respirare i fiatoni sul collo che mi rabbrividiscono l'orgoglio.
Avrei voluto esserci anche io, lo ammetto. Gelosa o invidiosa o quello che vuoi, ma avrei voluto essere fra quei nomi. Ma non ci sono. E chissà se ci sarò.
17 giorni che non passano. 17. 17 poi, il mio numero non dico preferito, ma di cui mi fido. 17.
Con il silenzio che sala si fa più dura. Silenzio, silenzio.
Spero di non guardare horror in questo periodo. Sarebbe dura. E' già dura toccare il letto e cercare di dormire mentre mille cose appaiono nella mia testa. Figurati poi se vado a pensare a qualche mostro sotto il letto.
17 giorni, e poi mi sono ripromessa che riprenderò con calma le fila della mia vita. Con un pò meno silenzio, e un pò più di sole.
Non mi resta che contare. Stavolta fino a 0. Sperando quel giorno di essermi già dimenticata che ci sono stati giorni che non avevo voglia di vedere.
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CamelLight.20
10 ottobre 2011 ore 01:21
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E mi guardo quel quadro stasera, perchè se lo merita.
Pensavo a com'è bello quando mi passi la mano sui capelli per spettinarmi senza forse sapere quanto tempo ho impiegato per renderli decenti per te davanti ad uno stupido specchio. Penso che forse non lo immagini neanche. Penso che forse non riuscirò mai a rendermi cosi bella come mi ci rendi tu. Ed è bello quando mi stropicci la maglietta per prendermi il fianco e stringermi forte anche solo con una mano. Perchè è come se mi abbracciassi tutta. Mi ci accoccolo dentro quella mano, al caldo, al sicuro.
E poi è bello dirti "sdraiati che ti riposi" e ritrovarti ancor prima di finire la frase già mezzo sognante sulle mie gambe. E cercare di respirare appena per muovermi il meno possibile per non disturbarti. Ma sai che è impossibile. Sono troppo iperattiva per stare ferma.
E le lotte per pizzicarti senza farmi pizzicare, o per toccarti e romperti le scatole. Mi sento cosi piccola vicino a te. Con le smorfie, gli scherzi, i baci veloci per mandare via gli sguardi offesi. Siamo come due bambini. Ci rincorriamo per scappare l'uno dall'altro ma se non ci prendessimo staremmo male. E le sfide ad ogni cosa. Competitivi al massimo, come se non potessimo condividere lo stesso podio. Ma moriremmo entrambi per lasciare la soddisfazione della vittoria all'altro, e vederne il sorriso, e gli occhi lucidi dall'emozione.
E faremmo una smorfia di finta offesa per non dare la soddisfazione di dire "sei stato bravo", ma poi probabilmente arriverebbe quella carezza strana che scompiglia i capelli, e che fa passare tutto. E' una di quelle carezze che asciugano ogni cosa. Una di quelle che ricordano quelle della mamma da bambini.
E quei baci leggeri sulla mano. E quelle carezze sulle pieghe dei tuoi vestiti. Per tastare che ci sei. Per immaginare la tua pelle, e accarezzarne i brividi.
E com'è bello guardarti di nascosto, velocemente, perché poi so che ti imbarazza. E disegnare il tuo profilo nella mia mente per poi dargli luce e colore. Un quadro che non smetterò mai di dipingere.
E quante volte avrei voluto evitare quei silenzi. Che paura che mi fanno. E quante volte avrei sbattuto la testa contro quel muro per fare un pò di rumore, ma so che sarebbe diventato subito un colpo sul tuo petto. Non permetteresti mai che mi faccia del male. Ti ho fatto vomitare rabbia, mentre avrei voluto dirti che io non ero lei, ti ho fatto piangere sogni, mentre avrei voluto dirti che sarebbe andato tutto bene. E nelle notti in cui stavi sveglio a rigirarti avrei voluto stare li a guardare quel soffitto con te, a disegnarti stelle e galassie fra i nei della mia pelle. Non sempre ci sono riuscita. Ma il tuo dito non ha smesso mai neanche per un momento di scorrere sulle imperfezioni della mia vita per creare nuovi disegni, unendo i puntini, semplicemente unendo tutti i puntini.
Ci sarà sempre un posto che tengo caldo per te. Ci sarà sempre un puntino da unire. Ma adesso sdraiati qui che riposi. Che io ti faccio fare le corse perchè sono troppo viziata a volte, troppo complicata spesso, troppo imperfetta sempre. E già ti vedo rannicchiato con la testa sulle mie gambe, e una mano che mi stringe il ginocchio. E la coperta alzarsi ed abbassarsi come un'onda del mare al ritmo del tuo respiro lento. E la tua mano che mi stringe il ginocchio ogni tanto. No non vado via, io resto qui. E rivedrò quel quadro mentre ti accarezzerò i capelli, che tanto ormai sono già spettinati. Chissà se anche tu impieghi tanto tempo per farli fatti bene per me. E chissà se anche tu poi ti ritrovi a preferirli spettinati da me piuttosto che pettinati da chiunque altro.
"Mi chiedi come abbia fatto ad innamorarmi di te: io, invece, mi domando come avrei potuto evitarlo."
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E mi guardo quel quadro stasera, perchè se lo merita.
Pensavo a com'è bello quando mi passi la mano sui capelli per spettinarmi senza forse sapere quanto tempo ho impiegato per renderli decenti per...
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08 ottobre 2011 ore 14:07
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Quando nasci accanto a chi fa storia è difficile camminare. Ti sbilancia. E' come se il sussurro di chi la ricolma di lodi ti sbilanciasse.
Da quando sono nata sento le stesse frasi "Lei ha davvero un gran cuore". Ma cosa vuol dire?
Loro la conoscono per quello che fa, per quello che riempie nella vita degli altri, quando tutti levano le mani lei ne mette due per tappare il buco da cui tenta di fuggire la vita di qualcuno.
Ma non la conoscono per quello che è dentro. Per la fatica, la stanchezza, per il nervoso. Non la conoscono quando nelle sere d'estate dopo una mattinata di lavoro e pomeriggi ad aiutare altri si stendeva sul divano affaticata, bevendo qualcosa di zuccherato per tirarsi un pò su. Non la conoscono quando nelle giornate piene di telefonate di chi ha solo bisogno di un favore di 5 minuti lei deve rinunciare a qualcosa di già programmato, e le esclamazioni di nervoso, e gli sguardi tristi.
Ho sempre pensato che fosse "idiota". Si. Esiste anche il contrario. Esiste il no. Ma non arrivava mai.
E lei aspettava, nei suoi momenti in cui qualcuno sicuramente avrebbe teso la mano per coprire un buco che si era formato, lei aspettava. Invano. Non arrivava mai.
Le rare telefonate che faceva per 5 minuti di bisogno si facevano sempre più sussurrate, sempre più intime. E agli altri era cosi facile dire no.
"No, non posso." - "No guarda, mi dispiace oggi sono già impegnata".
Due lettere.
Enne. O.
Impossibile.
Ma ancora più impossibile il fatto che gli altri sapessero pronunciarla cosi bene, cosi spontaneamente.
Per lei era giusto rimandare. Cosa le dava?
Io lo so.
Le dava quel senso di potenza, di grandezza. Vedere chi poi tesseva le sue lodi la faceva sentire un eroe. Ed essere un eroe è un sogno che più o meno tutti per un certo momento della vita hanno. Ma gli eroi pagano, dentro di loro. Pagano il fatto che sono eroi per gli altri, mentre per sè stessi non si sentiranno mai qualcosa che abbia più valore di un tappo di sughero.
E cosi si dimenticano di una cosa, il tappo di sughero galleggia. Non affonda.
Ha superato mille cose, è riuscita ad alzarsi ogni mattina. Eppure non smetterà mai di aver paura di dire no.
"Hai imparato a stare nella vita degli altri senza sapere come cazzo ci si infila nella tua.". Si è proprio questo.
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Quando nasci accanto a chi fa storia è difficile camminare. Ti sbilancia. E' come se il sussurro di chi la ricolma di lodi ti sbilanciasse.
Da quando sono nata sento le stesse frasi "Lei ha davvero...
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CamelLight.20
08 ottobre 2011 ore 12:47
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_Sono quella che si sporca sempre le mani d'inchiostro anche dopo aver scritto una sola parola.
_Sono quella che cammina tenendo la testa all'altezza dell'orizzonte, non esiste nè cielo, nè asfalto. Sono quella che adora fermarsi ogni tanto a guardarsi in giro, che ama fotografare con gli occhi le scene più importanti. Sono quella che si perde a guardare le stelle, resterei li tutta la notte.
_Mi piace annusare, sentire le persone attraverso il loro odore, la loro essenza. Mi piace il profumo dell'erba appena tagliata, del sapone, dei panni appena lavati. Mi piace l'odore del pane e l'aroma del caffè, mi piace abbracciare una tazza di thè caldo con le mani, come fanno nei film.
_Mi piacciono i maglioni larghi e le magliette aderenti, mi piace tenere le spalle scoperte ma mi vergogno del mio corpo. Vorrei indossare le camicie del mio uomo, oppure i maglioni, e restare in mutande.
_Adoro i dolci e il salato, i baci e le lacrime, mi piace sentire la pienezza di un abbraccio. Mi piace toccare, sentire, tastare. Mi perdo ogni volta a provare a sentire la consistenza dell'acqua. Mi piace stare in apnea per poi fare dell'ossigeno un regalo ai miei polmoni. Mi piace girare in calzini, anche fuori, mi piacciono i berretti calcati fin quasi al naso, mi piacciono le sciarpe e odio i guanti. Mi piace il momento che precede il temporale, e poi prendere tutta la pioggia che c'è. Mi piacciono le schiene, le adoro.
_Mi piace fumare una sigaretta e guardare il fumo che si disperde. Mi piace ascoltare la musica, mi piace sapere che non ho gusti come col gelato. Mi piace innamorarmi ogni giorno di me stessa, ma trovare sempre qualche motivo per odiarmi di più.
_Mi piacciono i fogli bianchi, le penne, i quaderni. Mi piace vedere l'inchiostro che scende sulla punta della biro per trasformarsi in lettere, parole, scarabocchi. Mi piacciono le bolle di sapone, i puzzle, i solitari e fare feste a sorpresa. _Adoro le storie d'amore dei cartoni animati, ma che mi commuovo guardandole non lo dirò mai a nessuno.Vorrei essere un supereroe ma sarei sinceramente stressata. Voglio andare via, fare un viaggio lungo quanto voglio. Mi piace quando mi ricordano le cose, e mi piace quando le ricordo io agli altri. Mi piace ridere spontaneamente, e far ridere gli altri, ma ho bisogno di piangere ogni tanto. Mi piace stare bene e adoro stare male per poi ristare bene.
_Mi piace scrivere, ma non penso lo farò ancora per molto.
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_Sono quella che cammina tenendo la testa all'altezza dell'orizzonte, non esiste nè cielo, nè asfalto. Sono quella che adora fermarsi ogni tanto a guardarsi in giro, che ama fotografare con gli occhi...
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08/10/2011 12:47:59
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