
scritto da Odirke, prima pubblicazione 10 aprile 2013 ore 23:19
Non sempre è mare. A volte, anzi spesso, sono costretto a dover seguire le mie “signore” anche dalla terraferma. Mio malgrado, e non mi dispiace. Quando si riesce a pianificare, a organizzare. Non quando, come questa volta, il tutto ha avuto il contorno del surreale.
A chi me lo chiede e non è del mestiere mi è difficile spiegare la professione, anzi le professioni che esercito. Mia figlia di 16 anni non lo ha ancora capito. Per i suoi compagni di classe sono un dottore. E’ più facile. Non servono molte spiegazioni.
Nel “viaggio” mi sono ritrovato a chiederlo anche a me stesso.
13 marzo 2013
09.20 - La nostra compagnia possiede tre navi. Amo chiamarle Pinta, Nina e Santa Maria. Sono imbarcato sull’ammiraglia della nostra “piccola” flotta, la Santa Maria. A Venezia, in porto. Domani si salpa destinazione Sicilia. Le operazioni procedono senza particolari problemi.
18.00 – Arriva la chiamata. La Nina ha avuto un intoppo, invece. E’ ad Augusta, ha caricato e doveva dirigersi a Malta per un allibo. L’allibo è l’operazione in cui due navi si affiancano per travasarsi il carico da una all’altra. I ritardi per il maltempo hanno bloccato la nave ricevitrice in Algeria. La Total, padrona del carico, decide quindi di dirottare la Nina verso Laverà, Marsiglia, Francia. Se ormeggerà laggiù o qualsiasi porto estero dell’Europa continentale è passibile di PSC da parte delle Autorità locali. Il Port State Control è la visita ispettiva più temuta. L’Armatore vuole che io sia presente. Previsto arrivo (ETA, estimated time of arrival) della Nina in Francia è il 15 AM. Devo sbarcare e ripartire per Livorno. Da li dirigermi a Laverà. Alle 20.50 parto. Arrivo alle 23.55 (350 km).
14 marzo 2013
08.00 – Parto per la Francia.
09.00 – Sono all’altezza di La Spezia. Squilla il telefono. Contrordine. La Nina è ferma alla cappa dalle parti di Marzamemi. Il mare in tempesta forza 9 le impedisce di proseguire. Torno a Livorno (200 km – totale 550 km). E attendo il miglioramento delle condizioni meteo.
15 marzo 2013
10.00 – La Total decide di cambiare. Dà una nuova destinazione alla Nina. Zona A.R.A. per ordini. ARA è l’acronimo che indica la zona di mare di fronte ad Amsterdam – Rotterdam – Anversa. I tre porti insieme sviluppano un traffico mercantile immenso. ETA della Nina ad ARA, che nel frattempo è ripartita, il 22 PM. Passare le Colonne d’Ercole comporta anche l’imbarco di tre membri di equipaggio in più, come previsto dalle nostre bizzarre normative. Il mio collega deve trovare le persone, avvisarle, e organizzare loro il viaggio per raggiungere la nave.
18.00 – Parto per il trentino. Posso stare qualche giorno insieme ai miei figli ed allo stesso tempo avvicinarmi alla destinazione. (400 km. – totale 950 km.)
16 marzo 2013
12.00 – Altro cambiamento. Forse il proprietario del carico ha trovato una nave per fare allibo a Gibilterra. ETA della nave alla Rocca, 19 PM. Devo riorganizzarmi il viaggio.
17 marzo 2013
13.00 – Sulla Nina ci sono problemi tecnici legati al maltempo. Di due motori ne funziona uno. Il Direttore di Macchina non riesce a risolvere. Ha bisogno di assistenza.
16.45 – Parto dal Trentino, e ritorno a Livorno. Il tecnico di assistenza è li. (400 km. – totale 1350 km.)
18 marzo 2013
05.00 - Parto di nuovo in macchina insieme al tecnico verso Gibilterra. Per via della strumentazione che porta con sè, non possiamo prendere alcun volo. Ho prenotato un albergo a Murcia che spero di raggiungere non troppo tardi, per fare tappa. Il tempo è pessimo. Acqua, nebbia, neve in Liguria. Un caffè a Ventimiglia. Il pieno lo faccio dopo il confine, costa di meno. Vedo scorrere Marsiglia, Tolone, Montpellier e Perpignan. In Francia non mi fermo. Non mi è mai piaciuto farlo, escluso Marsiglia. Cibo pessimo e mancanza di gentilezza mi spingono verso i Pirenei. Poi La Jonquera, subito dopo il confine spagnolo. Quando viaggio da solo odio andare al ristorante, ma ho un ospite. Non posso costringerlo ai panini degli autogrill. Conosco già La Jonquera e so che preparano una buona paella. Si riparte.
18.00 – Il mio collega mi avvisa che i quattro membri di equipaggio sono arrivati a Malaga, e da li l’agenzia li porterà a Gibilterra, in albergo. Li invidio. Barcellona, Valencia, ed infine Murcia scorrono veloci indicate dai cartelli autostradali. Finalmente in albergo, sono le 20.15. (1635 km – totale 2985 km.).
19 marzo 2013
08.00 – Si riprende il viaggio. Attraversiamo l’Andalusia che ai miei occhi pare sempre avvolta da un alone magico.. ne rimango sempre incantato. Una bufera di neve che non ti aspetti.
Guadix.. con le sue case ricavate nella roccia, ed i ricordi di bambino che riaffiorano. Granada. Il percorso autostradale non mi permette di scorgere l’Alhambra, magnifica testimonianza di arte moresca che tengo nel cuore. La Sierra Nevada. La telefonata di auguri dei miei figli. Già. Sono papà.
11.00 – Arriva la telefonata da Livorno. La Nina si fermerà a Gibilterra solo il tempo di fare rifornimento ed imbarcare il personale. Dopo proseguirà per il Nord Europa. Non riesco a trattenere un’imprecazione. Non vorrei essere nei panni di chi ha gestito il carico alla Total. Non riescono a venderlo. La Nina sta costando al colosso francese 13.000 euro al giorno dal 12 marzo. L’Armatore è pagato e non ha interesse, in questi tempi di crisi, ad accelerare le cose. E attende. Così come attendo io nell’incertezza sul cosa fare. Decidiamo comunque ormai di proseguire. Il tecnico, nonostante i tempi ristretti, qualcosa potrà fare.
13.15 – Gibilterra.
La Nina è arriverà tra due ore. Ma deve attendere a 12 miglia. Non potrà entrare in porto fino a quando non sarà pronta la bettolina del rifornimento, rendendo così impossibile salire a bordo subito. Attendiamo il rappresentante dell’Agenzia in quella strada che diventa pista di atterraggio per lo striminzito aeroporto locale. Ci scorta fino all’albergo nella zona orientale della Rocca, dove sono alloggiati i marittimi che dovranno imbarcare. Non possiamo fare a meno di notare i macachi che, evidentemente ormai padroni del posto, saltano sulle macchine parcheggiate.
15.00 – Incontriamo il personale che dovrà imbarcare, annoiatissimo, nella hall dell’albergo. Il pranzo, seppur buono, non vale le sterline spese. Amara sorpresa: i cellulari aziendali sono andati in tilt, compreso quello della nave. Rimane il satellitare della Nina. E per me il telefono dell’albergo. Per passare il tempo riesco ad usufruire del wi-fi gratuito dell’albergo collegando pc e I-Pad. In emergenza posso sempre mandare una mail. L’attesa è snervante. Passano le ore e l’agenzia ogni tanto mi informa sugli sviluppi. Mi dice che devo avere pazienza. Da un momento all’altro potrebbe esserci l’ok per l’imbarco. Ed intanto il tempo peggiora. Non ceno e non faccio cenare nessuno per timore che ci chiamino. Telefono in Compagnia dal telefono della hall. 1 minuto di conversazione è costato 7 sterline. Mi riprometto di non farlo più. Ma almeno mi danno una buona notizia. Il Direttore di Macchina è riuscito a sistemare il problema tecnico. Giriamo l’albergo come anime in pena.
23.00 – Finalmente. Arriva un pullmino che ci prende e ci porta in darsena. Tira un vento terribile e la pioggia battente fa il resto in una serata da tregenda. Ma il peggio viene dopo. Per arrivare a bordo dobbiamo salire su una barchetta a motore di 5 metri. La traversata dalla banchina alla nave dura 20 minuti. Mare, vento e pioggia investono il guscio di noce con violenza. Io non riesco a stare seduto. Nessuno di noi ce la fà. Ci aggrappiamo con forza ai corrimano cercando di assecondare i salti delle onde. L’equipaggio della barca invece chiacchera, fuma e gioca con il cellulare nemmeno fosse una scampagnata domenicale. Parlano una lingua che è un miscuglio imbastardito di spagnolo ed inglese. Incomprensibile.
23.30 – Siamo sotto la Nina. Altissima perchè è carica solo a metà. Dall’altro lato c’è la bettolina che sta procedendo per il rifornimento, e quindi il Comandante della nostra nave non può nemmeno farci ridosso. Deve stare fermo all’ancora. Noto che è pericolosamente vicina alla riva. E la biscaglina è li che attende. La barca fa una fatica immane ad avvicinarsi, rolla e beccheggia paurosamente. Nessuno ha il coraggio di salire. La coperta della barchetta è di lamiera. Scivolosissima con la pioggia. Il tecnico che ha viaggiato con me è terrorizzato. Mi faccio coraggio, esco allo scoperto e vado sulla prua. Agisco d’istinto e salto sulla scala di corda nell’istante in cui sono più vicino. Ce la faccio a salire. Dopo di me prendono coraggio anche gli altri marittimi. Uno ad uno, riescono a prendere al volo la biscaglina e salire. Ma il tecnico no. Lui non è di mare, e si vede. Ci prova. Salta. Ma non afferra la scala. Cade pesantemente di nuovo sulla barca e se non fosse per i marinai di Gibraltar cadrebbe in mare. Al buio e con quel tempo sarebbe stata una tragedia. Ci rinuncia. Oltretutto il problema era stato risolto, lui non serviva più. Le sue imprecazioni in romanesco me le ricorderò a lungo. I bagagli degli imbarcanti vengono tirati a bordo della Nina con una sagola. Ora deve scendere il 1°Uff.le sbarcante. Ha finito il suo turno di 5 mesi ed il sostituto è appena salito. Non vede l’ora di tornare a casa. Scende la scala piano piano. Di sotto i “barcaroli” gli fanno coraggio e gli chiedono di seguire le loro istruzioni. Si lancia. Ma nel momento e modo sbagliato. Un piede rimane schiacciato tra la lancia e la nave. E cade di schiena pesantemente sulla barchetta. Il grido di dolore è forte. Ma anche lui, fortunatamente, non finisce in mare. Zoppica ma riesce a camminare. Dalla barca mi dicono che non sarebbero più tornati quella notte e che quindi se volevo scendere avrei dovuto farlo con loro. La Nina sarebbe ripartita alle 3 di notte. Non potevo rimanere. Avrei voluto posticipare il tutto al giorno dopo, magari con tempo migliore. Ma non era possibile. La nave non era autorizzata a restare nelle acque di Gibilterra, finito il rifornimento. Riesco a consegnare documenti importanti al Comandante della Nina e ad abbracciarlo, promettendogli che sarei tornato. Suo padre era stato il mio superiore in passato. Lui invece era stato un mio Ufficiale, non molto tempo fà. Daniele. Un bravo ragazzo. Sbarco dalla Nina al volo lanciandomi letteralmente tra le braccia dell’equipaggio della barchetta. Si torna a terra. Il 1°Uff.le non ne vuole sapere di andare all’ospedale. Domani ha il volo prenotato per ritornare in Patria. Si farà visitare li. Non posso impedirglielo. Ritorniamo al punto di partenza. In albergo, a Gibilterra. Sono le 01.00. Il mio cellulare è ancora fuori servizio.
20 marzo 2013
02.00 – Preferisco allontanarmi da Gibilterra. Lascio il 1° Uff.le nello stesso albergo che ha ospitato i colleghi. A lui ci penserà l’Agenzia d’ora in poi. Dopo “La Linea” mi fermo con il tecnico, ancora scioccato, al primo bar che troviamo aperto nonostante l’ora. Ci siamo ricordati improvvisamente di non aver cenato. Le facce poco raccomandabili del locale non ci notano nemmeno. Una signora anziana, fasciata di fuseaux leopardato da cui si intravede la protuberanza di quello che sembra un pannolino per incontinenti è l’unica ad osservarci. La casa offre solo hamburger e patatine fritte, ma per noi è come se fosse un pranzo al Ritz.
02.30 – Algeciras. Albergo. Non riesco a prendere sonno. Guardo il sito “marine traffic” e vedo che la Nina è partita. Ha la prua diretta in atlantico. (40 km. – totale 3025 km.)
07.00 – Il cellulare ha ripreso a funzionare. Suona. E’ Daniele. Mi informa che dopo il mio sbarco ha dovuto spostare il suo ancoraggio perchè le condizioni meteo peggiorate lo stavano facendo finire sulla spiaggia. Ma ora è tutto a posto. Destinazione ARA. ETA 25 PM. Ho il tempo di riportare a Livorno il tecnico.
09.40 – Comincia il viaggio di ritorno. La stessa strada. Stessi posti. Stessa magia. Mi chiedo sempre come faccia la Spagna a far pagare il gasolio 1,40 €. Da noi 1,70€. Trenta centesimi sono tanti.
21.10 – Arriviamo di nuovo a La Jonquera. Cena consumata in fretta, e poi a dormire. (1290 km. – totale 4315 km.)
21 marzo 2013
08.00 – Si riparte. Stessa strada dell’andata. A ritroso. Avviso il tecnico che probabilmente verremo fermati dai doganieri spagnoli o francesi. Mi succede tutte le volte, e ci vuole solo pazienza. Il passaggio del confine è tranquillo, invece. Anche il transito dalla prima barriera di pedaggio in territorio francese, dove di solito mi fermano. Sono convinto che ormai il viaggio proseguirà tranquillo fino in Italia.
10.00 - All’altezza di Montpellier invece veniamo affiancati da due autopattuglie. Douane. Maledizione, un’altra volta. Mi fanno accostare sulla corsia di emergenza. E ricomincia la solita tiritera. I doganieri sono sei. Ci fanno scendere e stare a 10 metri dalla macchina. Avviso il mio compagno di viaggio di non avvicinarsi al mezzo se dovesse suonare il cellulare. Il ricordo della pistola puntata contro per averlo fatto, due anni prima, è ancora vivo. Ci chiedono se parliamo francese. Alla nostra risposta negativa non fanno nemmeno uno sforzo di comunicare in inglese. Arroganza. Come sempre. Dopo aver ispezionato minuziosamente la mia peugeot, fanno venire il cane anti-droga. Lo fanno salire e chiudono le portiere. Con rabbia vedo le sue zampe infangate saltellare sui sedili, ma non dico una parola. Vedo transitare sull’autostrada furgoni di nord-africani stracolmi all’inverosimile fin sopra il bagagliaio che ci guardano e sorridono. Già, ma gli italiani siamo noi. Dopo 20 minuti ci fanno ripartire. Senza nemmeno un grazie.
17.15 – Arrivo a Livorno. Lascio e saluto il tecnico alla sua azienda. Credo non dimenticherà tanto presto questa avventura. Io non mi sento stanco. Vado in Compagnia dove mi aspettano per il resoconto di quanto è successo. (905 km. – totale 5220 km.)
22 marzo 2013
09.00 – Sono pronto per tornare in Trentino. Ho promesso a mia figlia di assistere al suo saggio di danza, l’indomani. Da li sarei ripartito per il Nord Europa, per tornare a bordo della Nina. Chiamo il 1°Uff.le sbarcato a Gibilterra per sapere come sta. Mi racconta che ha il piede fratturato in tre punti. Mi sento in colpa, ma mi rincuora dicendomi che mai e poi mai avrebbe rinunciato a sbarcare. E che ora era insieme alla sua famiglia. Non gli importava nient’altro.
09.30 – La Total cambia ancora le carte in tavola. Vuole fermare la Nina a Donges, in Francia, sulla Loira. ETA previsto 23 PM. Domani. Di conseguenza cambia il mio programma. Non so come dovrò dire a Michelle che non ci sarò al suo saggio. Ennesima assenza di cui mi sento mortificato.
13.00 - Mi caricano la macchina di materiale che dovrà servire al Direttore per meglio sistemare il problema tecnico avuto nei giorni scorsi. Arriva anche la moglie di Daniele, che abita a Livorno. Mi porta quattro enormi pacchi pieni di leccornie pasquali, con la preghiera di consegnarli al marito ed all’equipaggio. Non me la sento di rifiutare. Ma per fare posto nel bagagliaio, devo mettere le mie borse e valigie sul sedile posteriore.
16.55 – Riparto. Mi fermerò quando sarò stanco, devo cercare di fare più strada possibile. Alla radio sento il discorso di Napolitano che conferisce l’incarico a Gargamella. Penso che in Italia le cose non cambieranno mai.
22.30 – Sono al traforo del Frejus. Non ci ero mai passato in vita mia. L’idea di transitare in un tunnel così lungo non mi entusiasma. Al casello mi chiedono se voglio il biglietto andata e ritorno. “sola andata, grazie”. 41,40€. Eh ?? Ribadisco al casellante che lo voglio di sola andata. “Si signore, è il prezzo di sola andata” mi risponde scocciato. Non profferisco parola e riavvio la macchina. Nei miei appunti mentali scrivo in grassetto che il passaggio del Frejus, il primo, sarà anche l’ultimo.
23.45 – Sono stanco. Confido sulle autostrade francesi e nella presenza dei suoi innumerevoli alberghi. Un segno di civiltà. Lo trovo all’altezza di Saint Etienne. WiFi gratis e parcheggio custodito. Perfetto. (690 km- totale 5910 km.).
23 marzo 2013
09.00 – Riparto per dirigermi a nord. Il messaggio da Livorno arriva quasi nello stesso istante. Non sarà più Donges la destinazione, ma Le Havre. Il balletto continua. Per me cambia poco. Ho solo più tempo a disposizione. L’ETA della Nina è 24 AM. Mi fermo per riflettere. Non ho la connessione, quindi chiamo mio figlio. Gli chiedo di prenotarmi un albergo nella città francese, tramite Booking.Com. E’ un sito davvero fatto bene e lo uso spesso. Fa davvero presto, dopo pochi minuti mi manda l’indirizzo con un sms. Scorrendo la cartina stradale mi salta sotto gli occhi un nome. Ile St. Michel. Perché no ? E’ sempre stato uno dei miei sogni nel cassetto vederla. Avrei deviato di poco il viaggio e di tempo ne avevo. Il percorso mi fa passare dalla periferia di Parigi. I caselli “gare de peage” si susseguono senza sosta, quasi irritanti. L’autostrada termina e la Normandia mi distrae con la sua semplicità ed un paesaggio incantevole. Noto anche gli innumerevoli cimiteri americani, simbolo di un’epoca che ha segnato la nostra storia.
Ad una delle innumerevoli rotonde mi ferma una pattuglia di gendarmi. Ancora, penso. Come al solito parlano solo la lingua locale. E pretendono che io capisca. Uno di loro mi fa vedere sul suo cellulare una cifra: 146. Da quello che riesco a capire mi accusano di avere viaggiato a quella velocità. Assurdo. Sono sicuro di essere stato attento ai limiti. Che era quasi sempre di 70, max 90. Mai ho raggiunto quell’andatura assurda. Contesto. Senza cambiare atteggiamento mi spiega che o pago 90 euro o mi ritira patente e libretto. Guardo il gendarme con un sorriso e parlo italiano. Mi escono di bocca solo offese a lui, ai suoi colleghi, ed alle precedenti 9 generazioni. Mi dice di non capire ma io continuo con il sorriso. Pago. La ricevuta la butto dal finestrino dopo la prima curva.
15.00 – Arrivo alla meta agognata, però con mio rammarico mi vedo costretto a parcheggiare parecchio distante dall’isola. Penso ai bagagli in bella vista sul sedile. E se… ? Ma la tentazione è troppo forte. A passo veloce mi incammino. Eccola. E’ stupenda.
Un sogno realizzato. Mi avvicino ma non salgo sull’isola. La fotografo e mando l’immagine a chi amo. Il mio pensiero è però fisso sulla macchina ed al suo contenuto. Pazienza. Mi riprometto di ritornarci un giorno. Riparto.
20.00 – Mi chiama Daniele. Non riesce a trattenere le risate. Non si fermerà nemmeno a Le Havre. Continuerà per ARA. ETA 25 AM. Cristo.
20.30 – Arrivo a Le Havre, transitando dal maestoso “Pont de Normandie” lanciato sulla Senna. Ormai avevo prenotato. Proseguirò il viaggio domani. ( 1070 km. – totale 6980 km.)
24 marzo 2013
10.30 – Me la prendo con calma. Ho tempo. Decido di evitare le autostrade e proseguirò per Anversa su strade normali, stanco di pedaggi e curioso di vedere questi luoghi. Prima passo dal centro di questa città portuale. Non mi piace. E’ fredda.
12.00 – Attraversando un bel paesino, Yerville, al semaforo vedo passare sulle strisce molta gente con una piantina in mano. Sembra che provengano dalla Chiesa poco più avanti. Già. La Domenica delle Palme. Trovo un parcheggio e mi dirigo verso il luogo di culto. Vorrei prendere una palma per poi portarla ai miei figli. Nel bancone allestito all’esterno della Chiesa però non ce ne sono più. Una signora, forse leggendo la mia delusione, se ne sfila una parte dal mazzo che teneva in mano e me lo porge con un sorriso. Riesco solo a dire un timido merci. Lei mi dice qualcosa che non capisco. Mi saluta e va via. Le palme qui sono diverse dalle nostre. Ma la forza che mi danno dentro è la stessa. Prima di rimontare in macchina non resisto alla tentazione di comprare una baguette chilometrica. E’ buonissima.
17.20 – Arrivo ad Anversa. Il passaggio dalla Francia al Belgio per me è stata una liberazione. Mi trovo molto meglio in queste terre. L’albergo lo avevo prenotato la sera prima. Ho solo bisogno di rilassarmi. Mi stendo sul letto e mi addormento. (480 km. – totale 7460 km.).
19.00 – Sto ancora dormendo quando squilla il cellulare. E’ l’Armatore. Mi avvisa della possibilità che la Nina sia destinata ad Immingham, con eventuale ETA 25 sera. Inghilterra. Mi sveglio di colpo. Accendo il pc e comincio a pianificare il viaggio ed a documentarmi. Da Anversa al porto inglese ci sono 700 km. Bene. Calcolando anche il passaggio della Manica circa 8 ore di viaggio. Escludo il tunnel, opto per il traghetto più economico e dove mi troverò a mio agio. Nessun pedaggio in terra inglese a parte 2 sterline in un breve tratto. Guida a sinistra. Dovrò stare attento. Assoluto divieto di fumare alla guida. Dovrò calcolare qualche sosta in più per il mio vizio irrinunciabile. Annoto l’indirizzo di un paio di alberghi a Hull, vicino alla eventuale destinazione. Sono assorto nel raccogliere informazioni quando chiama anche il Comandante della Nina. Ha bisogno di pubblicazioni nautiche più dettagliate. Poco male, poco distante c’è Rotterdam. L’anno scorso ci andai per la “Pinta”, conosco il negozio. Non perderò troppo tempo.
25 marzo 2013
10.00 – Parto per Rotterdam. Non mi accorgo nemmeno del passaggio dal confine belga a quello olandese. Parlano la stessa lingua, i cartelli stradali sembrano tutti uguali.
11.00 – Sto acquistando ciò che serve a Daniele, squilla il cellulare. Immingham bocciata. Meglio così. La nave arriverà nel pomeriggio e si fermerà, finalmente, all’ancora davanti ad Ostenda e Zeebrugge.
13.00 – Sono di ritorno ad Anversa. Non mi rimane che fare il turista, in attesa di novità. (200 km. – totale 7660 km.).
26 marzo 2013
11.00 – Ancora nessuna notizia. Il freddo è ancora più pungente che in Francia. La temperatura è di 0°. Ed è un bene per la cioccolata di Daniele che custodisco in macchina. Devo cambiare albergo. La mia stanza era già prenotata da tempo e non ce ne sono altre disponibili. Poco male. Mi dirigo a Bruges. E’ molto più bella e meno caotica di Anversa.
12.15 – Arrivo nella città fiamminga. Mi sistemo in albergo. E torno a fare il turista. Che mi resta da fare ? (120 km. – totale 7780 km.)
27 marzo 2013
12.00 – Silenzio dalla Total. L’attesa ed il pensiero dell’avvicinarsi della Pasqua mi rende inquieto. Non voglio saltare anche questo appuntamento con i miei figli. Continuo a vagabondare per la città. Camminare mi fa bene.
Mi reco anche a Zeebrugge per i ricordi piacevoli che mi legano a questo posto. La sosta della Vespucci.. Sophie.. mi sono ancora nel cuore. Cerco di vedere la Nina ancorata proprio qui fuori, ma è troppo lontana.
28 marzo 2013
01.00 – Lo squillo del telefono mi fa spaventare. E’ Daniele. Finalmente. E’ stato deciso di far scaricare la nave ad Anversa. Prenderà il Pilota alle sette questa mattina, e nel pomeriggio sarà ormeggiata, dopo il passaggio sulla Schelda e dalle chiuse. Sosta prevista 24 ore.
07.50 – Mi riporto ad Anversa. Devo solo aspettare l’ormeggio. (120 km. – totale 7900 km.)
10.00 – Decido di fare un’ultima passeggiata. E soprattutto di ringraziare chi ha ascoltato le mie preghiere.
14.00 – Attendo davanti alla banchina di attracco della Nina. E’ curioso vedere davanti a me la centrale nucleare, ed alle mie spalle un mulino a vento antico. Il porto di Anversa è immenso. Ponti mobili, pale eoliche, raffinerie, depositi, industrie. Ringrazio anche il mio navigatore per non avermi mai abbandonato.
16.00 – A bordo. Finalmente. Consegno i materiali e, soprattutto, i dolci. Almeno la Pasqua, per chi rimarrà, non sarà così amara.
18.00 – Inizia a nevicare. Ma non è la sola brutta notizia. La discarica sarà velocissima. La nave ripartirà alle 3 di notte. Non le 24 ore che volevamo. Il PSC non avrà luogo. Una missione compiuta a metà, quindi. Da li la Nina infatti tornerà in Italia. Ed io pure. Seppur via terra.
24.00 – Sbarco. Non ha senso rimanere ormai. Torno all’albergo del mio primo arrivo qui, sperando di trovare una stanza. Sono fortunato.
29 marzo 2013
11.30 – Prima di ripartire mi accerto che la “Nina” sia effettivamente in mare aperto per il rientro in Mediterraneo. Così è. Colonia.. Stoccarda… Innsbruck.. Trentino… Sono le 21.30. Il viaggio sicuramente più folle che abbia mai fatto è finito. (1070 km. – totale 8970 km.)
E ora ? C’è la “Pinta”. In Nord Europa anche lei, oggi.
Forse avrò altro da raccontare.
Sicuramente non ho capito cos’è il mio mestiere.
Semper Fidelis