
Del libro di Kieerkegaard intitolato "Aut aut", che lessi decenni fa, mi è rimasto un concetto: se apri una porta automaticamente ne escludi altre, e non si può tornare indietro, tutte le scelte e le possibilità successive dipenderanno dalla scelta fatta.
Qualche settimana fa mi capitò di leggere un riassunto liberamente tratto dal racconto "La porta nel muro" di H. G. Wells. Qui si tratta di una porta che appare e scompare, una porta oltrepassata solo una volta, che conduce ad un giardino di felicità:
"...tutto era diverso, profondamente diverso..provavo come la sensazione di essere tornato a casa, un'impressione di giustizia appagata, qualcosa che mi riportava alla mente circostanze felici stranamente dimenticate...;
eppure ogni volta che si rese visibile dopo la prima, le circostanze erano tali , gli impegni così inderogabili, da non permetterne l'accesso.
La seconda volta che vide la porta il protagonista stava andando al funerale del proprio padre , quella successiva stava parlando con un politico che sarebbe potuto essere molto utile per la sua carriera... Perché si è trovato davanti a scelte così difficili? Non ho una risposta. Forse si trattò di prove per sapere se fosse stato in grado di abbandonare ciò che sembrava più giusto e necessario per addentrarsi in qualcosa di simile ad un sogno. Ma perché?
Ho pensato di condividere questo racconto perché, da quando lo ho letto, il pensiero del protagonista, che conclude dicendo che spera e sospira che gli si presenti ancora nella vita la possibilità di attraversare quella porta, non mi ha più lasciato. Ormai è diventato importante per me darmi una risposta.
La risposta è arrivata da un post di facebook che aveva anche una bellissima foto che non ho pensato di salvare, ma ricordo le parole: la porta non è mai esistita, la porta è dentro di te.
La foto è mia, ma non la porta. Se dovesse ledere i diritti di qualcuno, la toglierò immediatamente.