
Fabio chiuse la comunicazione, in realtà non la chiuse, attese solo il rumore sordo
che il cellulare fa quando l'altro utente chiude, resto a guardare lo schermo poi
si mosse verso l'auto.
Non ci voleva molto per raggiungere il luogo deciso, così in pochi minuti parcheggiò.
Si affretto a raccogliere gli oggetti dal sedile del passeggero, indossò gli occhiali
mise il cellulare nella tasca del cappotto e gli auricolari nelle orecchie, bastò toccare lo schermo e partì quella canzone, allungo il passo attraversando una via laterale e si ritrovò tra la folla del Sabato pomeriggio, in giornate troppo corte per non essere malinconici.
Lei era ferma d'avanti ad una vetrina, guardava ma in realtà vedeva se stessa riflessa sul vetro, aveva l'aria triste di chi aspetta, qualcuno distratto la urtava ma non ci faceva caso, i suoi occhi erano tristi, di quella tristezza che sa di essere rassegnazione, per ora aspettava.
Fabio mando quella canzone ancora, colonna sonora di una storia come altre mille, ma queste era la loro, è nulla contava quanto quelle parole, poi la vide di spalle,
un lungo cappotto rosso e tachi che portavano il suo sedere fino in paradiso, le guardò di nuovo il culo vergognandosene ma sorridendo, abbasso un attimo la testa e cancellò tutta la gente, era tutto già deciso poi la raggiunse, mille persone sparirono in un solo colpo, le prese il braccio, costringendola a voltarsi, sollevò gli occhiali sulla fronte e piazzo gli occhi nei suoi, erano risti, staccò uno degli auricolari e lo porse a lei, la strinse ed iniziarono a danzare.
Via Condotti era un formicaio di gente in un Sabato pomeriggio freddo e buio,
la gente si scansava, sorrideva, qualcuno fotografava quei due che danzavano stretti.
Poi li ingoiò.