
Pubblicato per la prima volta in internet il 21 agosto 2009
C'era una volta, in quel certo villaggio, un signore che era stato incaricato dal sindaco di fare la guardia per le strade e lui, tutte le notti, col caldo o con il freddo, se ne andava in giro a vegliare sulla tranquillità degli abitanti. Girava per vicoli e strade, guardava i portoni delle case per assicurarsi che fossero chiusi,si avvicinava alle imposte illuminate per sentire se ci fossero litigate o rumori sospetti, andava di qua e di là per ore e ore e ore. Faceva questo lavoro da anni e aveva visto cose strane e cose brutte, e perfino cose che pensava sarebbe stato saggio non raccontare a nessuno ma, conscio del proprio lavoro, continuava imperterrito tutte le notti a fare le sue ronde. Conosceva bene i colori del tramonto, ne aveva visti migliaia e sempre lo commuoveva assistere alla discesa del sole oltre l'orizzonte e il sorgere nel cielo terso e ancora blu delle prime stelle della sera. Così come attendeva con piacere, spesso con ansia, il sorgere dell'alba quando il freddo pungente nell'aria lasciava il posto ai profumi dell'erba che iniziava a dissolvere la rugiada. Purtroppo però vivere di notte gli aveva cambiato completamente i ritmi e quando rientrava a casa per gettarsi sul letto faceva sempre più fatica a prendere sonno. I raggi che filtravano dalle imposte lo disturbavano, i rumori delle persone che andavano al lavoro lo tenevano in uno stato di veglia continua; stava sempre sul chi vive e il suo sonno non era più profondo come in gioventù. La stanchezza era diventata la sua compagna abituale, mangiava poco e svogliatamente, quel che trovava in casa o quel che comprava alla locanda prima di rientrare, a volte solo un boccale di latte con certi panini morbidi e dolci da inzupparci dentro, a volte invece la sera, prima di prendere servizio, ordinava grandi piatti di zuppa o magari dello stufato. Amava quei grossi bocconi di montone stufati nel sugo con le patate cotte nel burro, anche se poi si sentiva appesantito e la voglia di girare per le strade se ne andava. Da parecchio tempo aveva cominciato a prendere strane abitudini, tralasciava spesso le zone più periferiche, quelle che costeggiavano il Bosco Buio perché sentiva rumori, voci inafferrabili, sommessi borbottii, vaghi sussurri, talvolta molto vicini a lui, che lo facevano girare di scatto solo per vedere che oltre la sua ombra gettata dai lampioni sul selciato non c'era nulla. Talvolta invece, gli sembrava di vedere cose dove non avrebbero dovuto esserci, ombre furtive che si muovevano rapide agli angoli della sua visuale e arrivava alla fine del suo turno angosciato e stanchissimo. Sapeva bene, perché anche lui amava andare ai raduni nella locanda col narratore e starlo ad ascoltare, quante cose esistessero al di là della normalità e tutte le immagini del Popolo Segreto gli ronzavano fastidiose nella mente quando faceva le ronde notturne. Anche per questo teneva sempre la mano sul calcio della pistola e con l'altra a volte accarezzava la reliquia di San Giuda che portava al collo, sotto la divisa, incerto su quale fare più affidamento in caso di pericolo... e venne una notte, che era più stanco e stravolto del solito, in cui attraversò il viale centrale senza neanche guardare i portoni ai lati ma con gli occhi fissi in fondo, dove finivano le case, dove il buio si addensava, dove i bagliori gialli dei lampioni non giungevano. Qualcosa lo attirava laggiù, era certo che nel buio ci fosse qualcosa che si stesse muovendo. All'inizio pensò a qualche animale uscito dalla foresta, un lupo forse e strinse più forte il calcio della pistola ma quando arrivò al punto in cui la luce diffusa dal villaggio iniziava a perdersi nella oscurità distinse chiaramente che qualcosa c'era e non era una buona cosa. Era una forma vagamente umana, quel che si muoveva là dentro, distinse un corpetto consunto di cuoio e degli alti stivali e poi, in alto, il berretto rosso del peggiore folletto del Borden, un essere talmente malvagio da aver dato quel colore al suo copricapo a forza di intingerlo nel sangue delle sue vittime. Berretto Rosso avanzava lentamente brandendo un ascia dal lungo manico e dalla lama scura e, preso dal panico, la guardia estrasse l'arma e gli sparò contro facendogli volare dalle mani l'ascia. Ma il folletto estrasse un coltello e gli si gettò addosso, finirono entrambi in terra avvinghiati tentando di sopraffarsi l'un l'altro quando la guardia estrasse il ciondolo che portava al collo e schiacciò la reliquia sulla faccia del folletto che gettò un urlo e svanì in uno sbuffo di fumo acre e denso. La guardia si rialzò tremante, si recò alla locanda che era sempre aperta per bere un bicchiere di gin e darsi forza poi andò da Padre O'Malley a raccontare tutto. Il padre lo ascoltò in silenzio, lasciò che sfogasse tutti gli anni di stanchezza e di paure che portava dentro il cuore e poi lo benedì per cacciare da lui ogni residuo del male che aveva incontrato. Da allora la guardia visse più tranquillo perchè, accettando il consiglio di padre O'Malley, tutte le mattine si recava in canonica dove il sacerdote gli aveva preparato un letto vicino alla piccola statua di San Giuda e lì, finalmente, nel buio, nel silenzio e con l'odore dell'incenso che gli accarezzava la mente, dormiva trovando la sua piccola pace quotidiana.