IL VENTO SCRIVE

20 marzo 2012 ore 09:05 segnala
di Gabriele d'Annunzio



Su la docile sabbia il vento scrive
con le penne dell'ala; e in sua favella
parlano i segni per le bianche rive.

Ma, quando il sol declina, d'ogni nota
ombra lene si crea, d'ogni ondicella,
quasi di ciglia su soave gota.

E par che nell'immenso arido viso
della pioggia s'immilli il tuo sorriso.
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di Gabriele d'Annunzio « immagine » Su la docile sabbia il vento scrive con le penne dell'ala; e in sua favella parlano i segni per le bianche rive. Ma, quando il sol declina, d'ogni nota ombra lene si crea, d'ogni ondicella, quasi di ciglia su soave gota. E par che nell'immenso arido...
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IL DIO DELL'ORO

27 febbraio 2012 ore 20:04 segnala
di Mario Rapisardi



Ecco il sir dei mercati, il dio dell'oro,
Che al par sui troni e sugli altari ha regno;
Ecco il nume dei numi, a cui dà l'oro
Beltà, forza, saper, destrezza, ingegno.

Se d'onore gli parli, ei parla d'oro;
Se di patria, di riso ei ti fa segno;
Tu spargi il sangue e quel dei figli, ei l'oro
Serba, che libertà lo muove a sdegno.

E poi che tregua a sua lurida rogna
Mercate croci e ciondoli non danno,
Genealogici illustri alberi sogna.

Questo, o plebe, è colui che sul tuo danno
Traffica e ingrassa de la tua vergogna;
Questo, o plebe codarda, il tuo tiranno.
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di Mario Rapisardi « immagine » Ecco il sir dei mercati, il dio dell'oro, Che al par sui troni e sugli altari ha regno; Ecco il nume dei numi, a cui dà l'oro Beltà, forza, saper, destrezza, ingegno. Se d'onore gli parli, ei parla d'oro; Se di patria, di riso ei ti fa segno; Tu spargi il sangue...
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ANGELO DELLA FAMIGLIA

15 febbraio 2012 ore 12:23 segnala
di Evelina Cattermole



E’ GIORNATA di visite: ella ha corso
Più di quattr’ore per salotti e sale,
Spigliata, allegra; e tra un sorriso e un sorso
Di thè, de’l mondo intero ha detto male.

Caro soggetto d’ogni suo discorso
Un’ onta, un tradimento coniugale,
Un lucro infame: ogni parola un morso,
Ogni si dice un perfido pugnale.

Or dietro lei calunnie, ira, disprezzo,
E chi lo sa? forse un delitto; ed ella
Torna serena a la famiglia in mezzo;

Canticchiando si spoglia; indi, la sera,
Di pie congreghe, di virtù favella,
Mentre insegna a’suoi bimbi una preghiera.
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di Evelina Cattermole « immagine » E’ GIORNATA di visite: ella ha corso Più di quattr’ore per salotti e sale, Spigliata, allegra; e tra un sorriso e un sorso Di thè, de’l mondo intero ha detto male. Caro soggetto d’ogni suo discorso Un’ onta, un tradimento coniugale, Un lucro infame: ogni...
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LA DIFFERENZA

17 gennaio 2012 ore 22:50 segnala
di Guido Gozzano



Penso e ripenso: - Che mai pensa l’oca
gracidante alla riva del canale?
Pare felice! Al vespero invernale
protende il collo, giubilando roca.

Salta starnazza si rituffa gioca:
né certo sogna d’essere mortale
né certo sogna il prossimo Natale
né l’armi corruscanti della cuoca.

- O pàpera, mia candida sorella,
tu insegni che la Morte non esiste:
solo si muore da che s’è pensato.

Ma tu non pensi. La tua sorte è bella!
Ché l’esser cucinato non è triste,
triste è il pensare d’esser cucinato.
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di Guido Gozzano « immagine » Penso e ripenso: - Che mai pensa l’oca gracidante alla riva del canale? Pare felice! Al vespero invernale protende il collo, giubilando roca. Salta starnazza si rituffa gioca: né certo sogna d’essere mortale né certo sogna il prossimo Natale né l’armi...
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LA SPIGOLATRICE DI SAPRI

10 gennaio 2012 ore 20:59 segnala
di Luigi Mercantini



Eran trecento: eran giovani e forti:
E son morti!

Me ne andava al mattino a spigolare
Quando ho visto una barca in mezzo al mare:
Era una barca che andava a vapore,
E issava una bandiera tricolore.
All’isola di Ponza si è fermata,
È stata un poco, e poi s’è ritornata;
S’è ritornata, e qui è venuta a terra;
Sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra.

Eran trecento: eran giovani e forti:
E son morti!

Sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra,
Ma s’inchinaron per baciar la terra:
Ad uno ad uno li guardai nel viso;
Tutti aveano una lagrima ed un sorriso:
Li disser ladri usciti dalle tane,
Ma non portaron via nemmeno un pane;
E li sentii mandare un solo grido:
— Siam venuti a morir pel nostro lido!—

Eran trecento: eran giovani e forti:
E son morti!

Con gli occhi azzurri e coi capelli d’oro
Un giovin camminava innanzi a loro;
Mi feci ardita, e presol per la mano,
Gli chiesi: —Dove vai, bel capitano?
Guardommi, e mi rispose: —O mia sorella,
Vado a morir per la mia Patria bella!—
Io mi sentii tremare tutto il core,
Nè potei dirgli: —V’aiuti il Signore!—

Eran trecento: eran giovani e forti:
E son morti!

Quel giorno mi scordai di spigolare,
E dietro a loro mi misi ad andare:
Due volte si scontrar con li gendarmi,
e l’una e l’altra li spogliar dell’armi:
Ma quando fûr della Certosa ai muri,
S’udirono a suonar trombe e tamburi;
E tra il fumo e gli spari e le scintille
Piombaron loro addosso più di mille.

Eran trecento: eran giovani e forti:
E son morti!

Eran trecento, e non voller fuggire;
Parean tremila e vollero morire:
Ma vollero morir col ferro in mano,
E innanzi ad essi correa sangue il piano.
Finchè pugnar vid’io, per lor pregai;
Ma un tratto venni men, né più guardai...
Io non vedeva più fra mezzo a loro
Quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro!...

Eran trecento: eran giovani e forti:
E son morti!
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di Luigi Mercantini « immagine » Eran trecento: eran giovani e forti: E son morti! Me ne andava al mattino a spigolare Quando ho visto una barca in mezzo al mare: Era una barca che andava a vapore, E issava una bandiera tricolore. All’isola di Ponza si è fermata, È stata un poco, e poi s’è...
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SOPRA IL QUADERNETTO D'UN BIMBO

04 gennaio 2012 ore 20:05 segnala
di Edmondo de Amicis



Ecco i quaderni sporchi dei bambini,
Tutti logori fogli accartocciati,
Chiazze d’inchiostro, calcoli sbagliati,
Buchi, macchie di pappa e burattini;

E nel bel mezzo azzurri cerchiolini
Fatti dal pianto, e scarabocchi ai lati.
E qua e colà foglietti lacerati
Per fare alle pallette coi vicini.

Tale è la vita, o bamboli, in succinto;
Conti sbagliati, lacrime frequenti,
E burattini ad ogni piè sospinto;

E ogni giorno una pagina si strappa,
E sotto ai più magnanimi ardimenti
C’è sempre un po’ la macchia de la pappa.
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di Edmondo de Amicis « immagine » Ecco i quaderni sporchi dei bambini, Tutti logori fogli accartocciati, Chiazze d’inchiostro, calcoli sbagliati, Buchi, macchie di pappa e burattini; E nel bel mezzo azzurri cerchiolini Fatti dal pianto, e scarabocchi ai lati. E qua e colà foglietti...
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I RE MAGI

30 dicembre 2011 ore 11:48 segnala
di Gabriele d'Annunzio



Una luce vermiglia
risplende nella pia

notte e si spande via
per miglia e miglia e miglia.

O nova meraviglia!
O fiore di Maria!
Passa la melodia
e la terra s’ingiglia.

Cantano tra il fischiare
del vento per le forre,
i biondi angeli in coro;
ed ecco Baldassarre
Gaspare e Melchiorre,
con mirra, incenso ed oro.
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di Gabriele d'Annunzio « immagine » Una luce vermiglia risplende nella pia notte e si spande via per miglia e miglia e miglia. O nova meraviglia! O fiore di Maria! Passa la melodia e la terra s’ingiglia. Cantano tra il fischiare del vento per le forre, i biondi angeli in coro; ed ecco...
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NATALE DI GUERRA

22 dicembre 2011 ore 00:55 segnala
di Trilussa



Ammalappena che s'è fatto giorno
la prima luce è entrata ne la stalla
e er Bambinello s'è guardato intorno.
- Che freddo, mamma mia! Chi m'aripara?
Che freddo, mamma mia! Chi m'ariscalla?

- Fijo, la legna è diventata rara
e costa troppo cara pè compralla...
- E l'asinello mio dov'è finito?
- Trasporta la mitraja
sur campo de battaja: è requisito.
- Er bove? - Pure quello...
fu mannato ar macello.

- Ma li Re Maggi arriveno? - È impossibbile
perché nun c'è la stella che li guida;
la stella nun vò uscì: poco se fida
pè paura de quarche diriggibbile... -

Er Bambinello ha chiesto: - Indove stanno
tutti li campagnoli che l'antr'anno
portaveno la robba ne la grotta?
Nun c'è neppuro un sacco de polenta,
nemmanco una frocella de ricotta...

- Fijo, li campagnoli stanno in guerra,
tutti ar campo e combatteno. La mano
che seminava er grano
e che serviva pè vangà la terra
adesso viè addoprata unicamente per ammazzà la gente...
Guarda, laggiù, li lampi
de li bombardamenti!
Li senti, Dio ce scampi,
li quattrocentoventi
che spaccheno li campi? -

Ner dì così la Madre der Signore
s'è stretta er Fijo ar core
e s'è asciugata l'occhi cò le fasce.
Una lagrima amara pè chi nasce,
una lagrima dòrce pè chi more.
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di Trilussa « immagine » Ammalappena che s'è fatto giorno la prima luce è entrata ne la stalla e er Bambinello s'è guardato intorno. - Che freddo, mamma mia! Chi m'aripara? Che freddo, mamma mia! Chi m'ariscalla? - Fijo, la legna è diventata rara e costa troppo cara pè compralla... - E...
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SAN MARTINO

11 dicembre 2011 ore 19:39 segnala
di Giosuè Carducci



La nebbia agli irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar;

Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de’ tini
Va l’aspro odor de i vini
L’anime a rallegrar.

Gira su’ ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l’uscio a rimirar

Tra le rossastre nubi
Stormi d’uccelli neri,
Com’ esuli pensieri,
Nel vespero migrar.
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di Giosuè Carducci « immagine » La nebbia agli irti colli Piovigginando sale, E sotto il maestrale Urla e biancheggia il mar; Ma per le vie del borgo Dal ribollir de’ tini Va l’aspro odor de i vini L’anime a rallegrar. Gira su’ ceppi accesi Lo spiedo scoppiettando: Sta il cacciator...
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DAGLI ATRI MUSCOSI, DAI FORI CADENTI

06 dicembre 2011 ore 09:04 segnala
di Alessandro Manzoni, dal primo coro dell'Adelchi



Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti,
Dai boschi, dall’arse fucine stridenti,
Dai solchi bagnati di servo sudor,
Un volgo disperso repente si desta;
Intende l’orecchio, solleva la testa
Percosso da novo crescente romor.
Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti,
Qual raggio di sole da nuvoli folti,
Traluce de’ padri la fiera virtù:
Ne’ guardi, ne’ volti, confuso ed incerto
Si mesce e discorda lo spregio sofferto
Col misero orgoglio d’un tempo che fu.
S’aduna voglioso, si sperde tremante,
Per torti sentieri, con passo vagante,
Fra tema e desire, s’avanza e ristà;
E adocchia e rimira scorata e confusa
De’ crudi signori la turba diffusa,
Che fugge dai brandi, che sosta non ha.
Ansanti li vede, quai trepide fere,
Irsuti per tema le fulve criniere,
Le note latebre del covo cercar;
E quivi, deposta l’usata minaccia,
Le donne superbe, con pallida faccia,
I figli pensosi pensose guatar.

E sopra i fuggenti, con avido brando,
Quai cani disciolti, correndo, frugando,
Da ritta, da manca, guerrieri venir:
Li vede, e rapito d’ignoto contento,
Con l’agile speme precorre l’evento,
E sogna la fine del duro servir.
Udite! Quei forti che tengono il campo,
Che ai vostri tiranni precludon lo scampo,
Son giunti da lunge, per aspri sentier:
Sospeser le gioie dei prandi festosi,
Assursero in fretta dai blandi riposi,
Chiamati repente da squillo guerrier.
Lasciar nelle sale del tetto natio
Le donne accorate, tornanti all’addio,
A preghi e consigli che il pianto troncò:
Han carca la fronte de’ pesti cimieri,
Han poste le selle sui bruni corsieri,
Volaron sul ponte che cupo sonò.
A torme, di terra passarono in terra,
Cantando giulive canzoni di guerra,
Ma i dolci castelli pensando nel cor:
Per valli petrose, per balzi dirotti,
Vegliaron nell’arme le gelide notti,
Membrando i fidati colloqui d’amor.
Gli oscuri perigli di stanze incresciose,
Per greppi senz’orma le corse affannose,
Il rigido impero, le fami durâr;

Si vider le lance calate sui petti,
A canto agli scudi, rasente agli elmetti,
Udiron le frecce fischiando volar.
E il premio sperato, promesso a quei forti,
Sarebbe, o delusi, rivolger le sorti,
D’un volgo straniero por fine al dolor?
Tornate alle vostre superbe ruine,
All’opere imbelli dell’arse officine,
Ai solchi bagnati di servo sudor.
Il forte si mesce col vinto nemico,
Col novo signore rimane l’antico;
L’un popolo e l’altro sul collo vi sta.
Dividono i servi, dividon gli armenti;
Si posano insieme sui campi cruenti
D’un volgo disperso che nome non ha.
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di Alessandro Manzoni, dal primo coro dell'Adelchi « immagine » Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti, Dai boschi, dall’arse fucine stridenti, Dai solchi bagnati di servo sudor, Un volgo disperso repente si desta; Intende l’orecchio, solleva la testa Percosso da novo crescente romor. Dai guardi...
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