
Tra due giorni, per la prima volta nella mia vita, sarei potuto andare a votare con entusiasmo, convinto di compiere un gesto utile e importante per il paese. Dico "sarei", perchè non potrò essere presente fisicamente in Italia, quindi il mio voto sarà solamente virtuale. Ma poco conta. Quello che conta è che per la prima volta nella mia vita scorgo candidati in cui si possa riporre una fiducia piena e solida, che ho imparato a conoscere in questi mesi, perchè ho avuto modo di sentirli parlare, di leggere i loro scritti, di analizzare il loro comportamento, di giudicare il loro operato, di verificare la loro coerenza. Tutto questo grazie ad internet, perchè in televisione la loro visibilità è pressochè nulla.
Per la prima volta nella mia vita non mi vergogno di dire chiari i nomi di coloro che voterei se solo potessi essere fisicamente presente al seggio della mia circoscrizione. Sono Sonia Alfano, Luigi De Magistris e Carlo Vulpio, in rigoroso ordine alfabetico. Nessuno di loro appartiene a formazioni politiche.
Tutti e tre sono candidati come indipendenti nelle liste dell'Italia dei Valori. Ma poco conta. Li avrei votati anche se li avesse candidati qualunque altro partito. Purtroppo però, chiunque altro si è guardato bene dal proporre loro una candidatura e questo spiega già di per sè molto bene la situazione politica italiana.
Il più noto dei tre è Luigi De Magistris, se non altro perchè è a lui che, erroneamente, è attribuita la colpa della caduta dell'ultimo traballante governo Prodi. Ho già scritto molto su di lui in altri post e non mi voglio ripetere. La sua vicenda ha dell'incredibile, ma in realtà segue esattamente i binari banali di una normale storia italiana, in cui il magistrato che osa ficcare il naso in faccende troppo delicate e che va a toccare i piani più alti e ineffabili delle Istituzioni, viene dapprima delegittimato, poi calunniato, poi accusato, poi costretto a difendersi in un tribunale, poi umiliato e infine sollevato dal proprio incarico. E' piena l'Italia di queste storie torbide. Solo che una volta le Istituzioni si lavavano le mani lasciando che la manovalanza mafiosa facesse i loro interessi ammazzando i magistrati scomodi. Più scomodi per le Istituzioni che per la mafia. Ora, siccome l'opinione pubblica italiana è morta, o completamente manipolata dalle menzogne di un'informazione pilotata, non hanno nemmeno più bisogno di sporcarsi le mani e procedono alla luce del sole contando nell'inerzia assoluta di un popolo completamente all'oscuro di ciò che avviene nei piani elevati del potere.
De Magistris, come va ripetendo ad ogni conferenza a cui è invitato a parlare e come aveva accertato la procura di Salerno guidata da Apicella (per questo radiato dalla magistratura), aveva scoperto grazie a tre diversi filoni di indagine, Why not, Toghe Lucane e Poseidon, l'esistenza di una nuova P2, ovvero di una rete criminale con sede in Calabria, a cui appartengono, senza distinzione, imprenditori, politici, giudici, magistrati, forze di polizia, servizi segreti, guardia di finanzia e affiliati alla massoneria. Un'associazione a delinquere che gestisce appalti, che pilota processi, che indirizza finanziamenti, che controlla bacini di voti nella più completa illegalità, a braccetto con la 'Ndrangheta. Nella rete di De Magistris sono caduti pezzi grossi, procuratori generali, ministri, governatori. Per questo, una dopo l'altra, gli sono state avocate tutte e tre le indagini, proprio sul più bello, prima cioè di poter chiedere il rinvio a giudizio degli imputati. Gli sono state letteralmente strappate di mano le carte su cui lavorava e sono state messe nelle mani di coloro sui quali stava indagando. E' stato trasferito a Roma e gli è stato assegnato un incarico insignificante al Tribunale del Riesame. E' stato diffamato sui giornali di regime. E' stato insultato da tutto l'arco politico italiano. E infine è stato pure indagato e costretto a difendersi in tribunale.
Ha deciso di smettere di fare il magistrato. Non avrebbe più avuto molto senso, infatti. Ha deciso di portare la sua sete di legalità in Europa al servizio dell'Italia. Lui che ha per anni indagato sui finanziamenti milionari piovuti dalle casse di Bruxelles e spariti magicamente nei buchi neri delle amministrazioni a gestione mafiosa del sud Italia, non potrà che rappresentare un baluardo contro il perpetrarsi di questi sprechi sapientemente voluti e incentivati, che ungono l'associazione Mafia S.P.A. Sono tre le cose che non mi fanno dubitare sulla bontà di un voto dato a Luigi De Magistris. Uno: l'attacco virulento nei suoi confronti portato avanti dal Giornale, a firma di Filippo Facci, nel tentativo di dipingerlo come un povero imbecille incapace. Due: l'enorme fiducia e l'affetto quasi violento che nutre nei suoi confronti Salvatore Borsellino, che rivede in lui la tenacia e la fermezza morale del fratello, morto diciassette anni fa in via D'Amelio. Tre: la sua promessa, nel caso venga eletto, di battersi con ogni forza per arrivare a gettare luce sulla verità delle stragi di Stato del 1992.
Carlo Vulpio è un noto giornalista d'inchiesta. Troppo libero per poter scrivere sui giornali di oggi. Infatti poco tempo fa è stato cacciato dal Corriere della Sera da quel direttore tanto libero e moderatamente antiberlusconiano di Paolo Mieli, oggi sostituito da Ferruccio De Bortoli. Il motivo: aver raccontato un po' troppo di ciò che compariva nel decreto di sequestro degli incartamenti dell'indagine Why Not deciso dalla procura di Salerno. Un vero e proprio dossier di più di mille pagine in cui emergeva uno spaccato impressionante della rete di potere criminale operante in Calabria. E in cui comparivano anche dei nomi, cosa assolutamente censurabile. Vulpio, che aveva seguito fin dai primordi le varie fasi dell'indagine, costituiva una fonte troppo specifica e attendibile e non fosse mai che potesse con i suoi reportage avvalorare le tesi di De Magistris e mettere nei guai il Corriere citando nomi un po' troppo scomodi. "Mastellone" e "Rutellone", tanto per farne due.
E' inutile dire quanto bisogno si abbia oggi di un qualunque sprazzo di informazione. Vulpio, con il curriculum che ha, cacciato dalla stampa italiana, potrà infondere una ventata di freschezza e libertà, utilizzando il palcoscenico europeo: un voto, credo, speso bene.
Sonia Alfano è la figlia del giornalista Beppe Alfano, assassinato la notte dell'8 gennaio 1993 a Barcellona Pozzo di Gotto. Rappresenta uno dei paladini dell'antimafia, quella vera, che lotta nelle strade e nelle piazze, che si espone e che grida in ogni istante la propria sete di verità. Il suo urlo di giustizia in relazione al delitto che ha colpito suo padre e per cui non si sono mai scoperti i veri mandanti, si è poco a poco esteso ad abbracciare tutti coloro che vogliono avere dallo Stato una risposta concreta per quanto riguarda la lotta alla mafia e l'impegno alla ricerca della verità su troppe stragi dagli autori ignoti. Sonia Alfano è la Presidente dell'Associazione Familiari Vittime della Mafia e come tale porta avanti una battaglia quotidiana e appassionata, mettendoci la faccia e denunciando tutto ciò che puzza di marcio senza fare sconti e senza fermarsi di fronte a nessuno. E' una persona semplice, una mamma come tante che ha deciso di dedicare la propria vita ad un impegno alto e nobile. Saperla al Parlamento Europeo a prendere decisioni che riguardano da vicino il nostro paese mi dà un briciolo di speranza.
Queste sono le mie tre preferenze. Scriverei i loro nomi senza indugio alcuno. Quei tre assieme in Europa sono come un virus. Di quelli capaci di contagiarti e di scardinare dall'interno il sistema. E' il primo passo, ma non si può fallire. Questo voto è un'occasione. Più importante di quanto sembri. L'astensionismo non paga più. Non ci sono più alibi. Questa volta una scelta possibile c'è. Non è questione di destra, di sinistra, di comunisti, di fascisti, di berlusconiani e antiberlusconiani.
E' una questione di persone, che, credo, meritano la nostra fiducia e che possono davvero mettere un sassolino di moralità nell'ingranaggio poderoso del potere.
da Verrà un giorno.blogspot
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