Coscienza e lotta di classe nel nuovo millennio
10 marzo 2008 ore 12:42 segnala
Oramai anche gli intellettuali e facoltosi della sinistra faticano ad accettare una società odierna ancora fondata su classi sociali differenti.
Di conseguenza, gli insegnamenti tramandati dalle precedenti generazioni, a partire dal mio tanto amato Marx, sono oramai prossimi alla semplice analisi storica perché, nell’attuale evoluzione della società, è fuori luogo ricollegarsi ad ideologie che supportino la “lotta di classe” come movimento in difesa delle fasce sociali più deboli.
Possiamo indubbiamente costatare che l’evoluzione del capitalismo ha dato a tutta la popolazione (o almeno alla stragrande maggioranza) degli strumenti, dei comfort, che tutto sommato apparentemente parificano il livello sociale medio. Anche i metalmeccanici, categoria meno pagata nel mondo del lavoro d’oggi in Italia, hanno la possibilità di sopravvivere magari in un monolocale, riducendo le spese al minimo, ma sempre con un bel televisore con il quale credere che vada tutto a meraviglia.
La potenza mediatica della televisione unita all’apparente benessere affievolisce quella appartenenza ad una categoria sociale nel suo significato più romantico.
La lotta di classe non può esistere se prima non vi è un senso di appartenenza di classe. Nella società attuale manca nei lavoratori un senso di appartenenza alla rispettiva categoria, dettato dalla mancanza di una classe politica e sindacale in grado di unire il movimento dei lavoratori. Se il sindacato viene meno al suo ruolo di avanguardia, di conseguenza anche i lavoratori faticheranno a trovare la propria identità di classe.
Per un momento le mie convinzioni ideologiche e politiche possono anche essere accantonate per analizzare il piano sociale, quello evidente e alla portata di tutti: la differenza economica fra coloro che arrivano a fatica a fine del mese e coloro che possono permettersi tre case, due macchine e sperperi di qualsiasi natura.
La disuguaglianza sociale è specialmente negli ultimi anni aumentata. Si sorreggono economicamente le imprese, mentre i contratti collettivi nazionali di categoria sono ritoccati sulla soglia dell’elemosina.
Il capitalismo è riuscito a non far morire di fame la propria popolazione. Al contrario ha reso succubi gli stessi cittadini, schiavi del nuovo millennio. Alla Tyssen si muore per 800 euro al mese con diverse ore di straordinario. All’ortomercato di via Mecenate a Milano si lavora in nero per 3 euro orari, nei cantieri edili le condizioni lavorative diventano spesso disumane, in particolar modo se sei cittadino straniero e quindi più facilmente ricattabile.
Però tutto rimane fermo, non esiste più la lotta per la difesa dei propri diritti. Il precariato ha ucciso anche le ultime possibili forme di autodifesa dei lavoratori e i sindacati appoggiando la concertazione hanno venduto l’anima degli stessi lavoratori.
Il movimento ha bisogno di piantare nuove fondamenta per arrivare in un secondo momento alla lotta di classe nel suo significato più nobile. Quello rivolto al lavoro sicuro e garantito e con salari dignitosi per il lavoratore e per la propria famiglia, quello rivolto alla dignitosità dell’individuo e alla parificazione sociale.
La politica erroneamente cerca di diminuire le tasse statali nelle buste paga dei lavoratori senza neanche ipotizzare una redistribuzione del reddito sociale che premetterebbe vantaggi sia ai lavoratori sia alle imprese.
Viviamo in una società speculativa, dove ognuno guarda i propri interessi economici. Prima di una rivoluzione fisica è necessaria una controtendenza culturale che ne prepari le basi.
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Oramai anche gli intellettuali e facoltosi della sinistra faticano ad accettare una società odierna ancora fondata su classi sociali differenti.
Di conseguenza, gli insegnamenti tramandati dalle precedenti generazioni, a partire dal mio tanto amato Marx, sono oramai prossimi alla semplice...
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10/03/2008 12:42:59
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Commenti
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sytry82 11 marzo 2008 ore 17:50
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sytry82 13 aprile 2008 ore 18:13
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