Il sistema partito nella società postdemocratica
05 febbraio 2008 ore 11:35 segnala
Se vogliamo capire il ruolo dei partiti nella nostra società e quali alternative possono ancora dare alle future generazioni, dobbiamo inevitabilmente partire con un lavoro sintetico che tratti la sua evoluzione, ed analitico nei suoi contenuti ideologici e sociali.
Non mi addentrerò nell’analisi del significato di partito nelle altre epoche storiche, perché tali similitudini potrebbero diventare del tutto soggettive e con forzature spesso controproducenti per le numerose problematiche da affrontare. Riconosco la valenza storica delle democrazie assembleari delle polis greche, nella Roma repubblicana, nei Comuni medievali con lo scontro fra guelfi e ghibellini ma, attualmente, dobbiamo sforzarci di analizzare le forme di partito moderno che, per diversi aspetti, hanno rivoluzionato anche le stesse abitudini dell’uomo d’oggi.
Il partito moderno sorge contemporaneamente alla liberal-democrazia e trova il suo apice funzionale a metà dello scorso secolo. In pratica nell’arco di soli cinquant’anni di storia i partiti sono passati da un ruolo fondamentale per la società ad essere quasi del tutto ignorati dalle nuove generazioni.
Ma quali sono le cause di questo declino? Perché i partiti non sono più le avanguardie delle varie ideologie politiche?
Di analisi che possono portare ad una risposta sensata e giustificabile ce ne sono molte. Comunemente oramai il crollo del sistema partito moderno, almeno in Italia, è attribuito a Tangentopoli e alla crisi di valori della stessa politica. Vari partiti che hanno preferito lavorare per i propri interessi rispetto a quelli della collettività. La storia la conosciamo e non vale la pena ripeterla.
Questa analisi del crollo dei partiti dev’essere comunque presa con le pinze. Oserei dire che Tangentopoli rappresenta solo l’ultimo passo di un sistema partitico oramai saturo per mancanza di rinnovamento ideologico e culturale, emblematicamente segnato da ben quarant’anni di Democrazia Cristiana.
Il declino dei partiti è comunque iniziato almeno un ventennio prima, quando il loro stesso ruolo (in particolar modo per i partiti di massa) è stato sostituito dal sistema mediatico-informatico. I partiti negl’anni ’50 avevano forza sociale, erano strumenti di acculturazione e socializzazione. Avevano spinta propulsiva, comportando di conseguenza aggregazione ed interesse da parte della popolazione. Tale forza oramai è pressoché svanita e la colpa a livello europeo è da attribuire ai partiti di stampo socialista. Questo perché i socialisti in Europa sono stati il primo moderno partito di massa (per la loro struttura) fondato sul miglioramento globale della qualità di vita dei propri votanti. Il raggiungimento di una relativa sicurezza sociale “dalla culla alla tomba” comporta un affievolimento della stessa appartenenza al partito. Questo perché l’evoluzione della società capitalista ha radicato dei valori basati sul raggiungimento massimo che i ceti inferiori potevano ambire in un contesto partitico e politico.
Tale processo di “capitalismo assistenziale” ha portato nel bene e nel male alla moderna valutazione mediatica degli stessi partiti. Ha aperto le porte a quella democrazia rappresentativa costituita da una classe politica dirigente che ottiene consensi popolari sull’immagine e non sui contenuti ideologici. Esempio del tutto attuale sono le primarie americane: che differenze programmatiche vi sono fra la Clinton e Obama? Non sono un attento studioso della situazione politica statunitense, però le fonti che trattano l’argomento (i telegiornali in primis) pongono la questione come semplice duello d’immagine.
In Italia il sistema partito trasformato in immagine è evidente con Forza Italia, che è diventato in pochissimi anni il primo partito italiano grazie alla potenza mediatica (le televisioni) di Berlusconi. Infatti l’ex-premier è riuscito a vincere più che a livello politico a livello mediatico già nel 1994, quando nel dibattito sul conflitto d’interessi è riuscito a farsi garantire (dalla stessa sinistra) che le televisioni non sarebbero state toccate.
Berlusconi in Italia e Perot negli Stati Uniti sono stati i primi grandi innovatori della politica “pubblicitaria”, aprendo le porte al sistema moderno del ruolo della stessa politica. Il partito come azienda, capace di creare una macchina sociale basata sul consumo inevitabile di prodotti forzatamente venduti. È il caso delle televisioni di Berlusconi: inizialmente l’azienda Fininvest gestiva semplicemente un servizio privato rivolto a tutti i cittadini. Dato che questo servizio incominciava ad avere un forte potenziale (ovvero i telespettatori) Berlusconi ha avuto la lungimirante e redditizia idea di trasformare tale potere mediatico in potere politico, far nascere un partito e ottenere senza stravolgimenti ideologici ed epocali un netto consenso popolare. Vi ricordate le campagne pubblicitarie sui tre canali berlusconiani nel 1994? Io ero poco più che bambino è già mi angosciavano…
Il demerito dei partiti, e ripeto, in primis quelli socialisti, è non aver avuto forza e innovazione per continuare ad avere una valenza sociale. I partiti di massa sono sorti per convogliare il voto di massa, determinato dal progressivo allargamento del suffragio, diventato, col termine enfatico, “universale”. Diritto che col passare degli anni è esercitato in misura sempre minore in tutte le democrazie rappresentative. Quindi i partiti hanno un ruolo più marginale proprio perché gli elettori si astengono maggiormente col passare degli anni. Processo contorto ma accuratamente studiato dalle liberl-democrazie che hanno costruito una società di apparente benessere basata su livelli standard di vita.
Questa mancanza di valori rinnovativi nella politica fa nascere movimenti partitici in alcuni casi anche pericolosi. Mi riferisco al partito della Lega Nord che ha sfondato nei primi anni ’90 con affermazioni in stile “La Lega ce l’ha duro” o “Roma ladrona”, slogan che cavalcavano il malcontento della popolazione dopo gl’anni di Tangentopoli, utilizzando come mezzo la controcultura e la controinformazione. Del resto, dopo la scomparsa (finalmente!) della Dc, la situazione dei partiti conservatori non è andata migliorando, anzi la situazione è ulteriormente degenerata con la nascita dei vari partiti centristi di stampo democristiano (dall’Udc alla Margherita) che sono nati forzatamente e non naturalmente.
I partiti se vorranno sopravvivere dovranno riappropriarsi del loro ruolo sociale, essere propostivi e avere quegli strumenti di socializzazione che portino i cittadini a ritornare a discutere e interessarsi della politica.
Ringrazio chiunque abbia letto l'intero articolo (che non è stato scritto appositamente per un post di una chat...) però mi interessava proporvelo ugualmente....
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Se vogliamo capire il ruolo dei partiti nella nostra società e quali alternative possono ancora dare alle future generazioni, dobbiamo inevitabilmente partire con un lavoro sintetico che tratti la sua evoluzione, ed analitico nei suoi contenuti ideologici e sociali.
Non mi addentrerò nell’analisi...
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05/02/2008 11:35:59
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sytry82 06 febbraio 2008 ore 14:54
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