
Cosa dice lui
“Per me la donna ti deve curare”
Cosa capisce lei
“Mi piacciono le donne premurose”
Ipotesi di traduzione
“Non alzerò mai un dito in casa, mai, neanche sotto tortura”
Contesto
Una conversazione fra due che si piacciono.
Etimologia
A seconda dei punti di vista, Figlio unico di Francesco Baccini può essere vista come la pietra tombale sul femminismo italiano o come la rappresentazione plastica di una vittoria parziale. Il figlio unico di madre vedova con sorella a carico (laddove “figlio unico” rappresenta l’unicità del maschio agli occhi della genitrice) canticchia e suona la melodica nella strofa ma esplode in tutta la brutalità del suo essere solo nel ritornello:
Tu
che mi hai detto sì
tu non sai con chi
stai parlando
tu
vuoi vivere con me
ma non sai che io
sto cercando
una che non parli, che cucini,
che mi stiri le camicie e mi lavi anche i calzini…
Il figlio unico, viziato alla morte dalle femmine di casa (una delle due segretamente lo odia per questo, e un giorno gli darà fuoco alla melodica), si dichiara come essere pericoloso alla ricerca di una sordomuta che gli faccia da serva gratis. Nel suo monologo interno, il figlio unico guarda la compagna e prende atto della loro sostanziale estraneità: la donna che gli ha detto sì non ha idea di chi sia l’uomo che vuole mettersi in casa. E nello specifico non sa che metterselo in casa significa accollarsene per intero la cura. Il figlio unico, tuttavia, sa che la donna che ha davanti non accetterebbe una simile soluzione a priori: ergo, con la massima furbizia, egli le ha tenuto celato questo lato della sua personalità.
Avanti veloce ai giorni nostri, oltre vent’anni dopo il caveat di Figlio unico alle sventate che dovessero accasarsi con maschi viziati, e siamo al secondo riflusso: confusi e spaventati dal progresso, maschi e femmine cercano rifugio nella retorica dei ruoli antichi, così riposanti e così saldamente agganciati all’immagine dei matrimoni eterni di un tempo. I nostri nonni, sospirano in coro, facendo finta di non sapere quanta infelicità ci fosse dietro le foto in bianco e nero con i vestiti belli.
Fatti tutti i conti, l’ideale del maschio per cui la donna ti deve curare è questo: lavorano tutti e due, però lei si occupa anche della casa, cucina, pulisce, lava, stira, intrattiene e gli fornisce un comodo rifugio al suo rientro dal lavoro. La mamma lo faceva, dopotutto: la sua idea di amore è quella. L’equivoco si crea perché la compagna scambia quel “curare” per un’indicazione di premura emotiva, di chioccismo sopra la media alla quale moltissime si aggrappano come indicazione di femminilità.
No, no, non avete capito: questo è uno che non vuole fare una mazza in casa, niente, nada, nothing. Neanche le cose tradizionalmente “da maschi”, e sarebbe da aggiungere: grazieadio, visto che quando ci prova rompe tutto. L’uomo che in quanto uomo non cura ma si fa curare (purtroppo non da uno bravo) non è un taglialegna canadese: ha le manine delicate, deve essere accudito in tutto.
“La donna che ti deve curare” è la donna del figlio unico: una che non parli, che cucini, che mi stiri le camicie e mi lavi anche i calzini. Vuoi stare con un figlio unico? Testa bassa e vai di mocio, sorella. Oppure, se riesci a farlo in tempo, scappa dandogli fuoco alla melodica.