CAP. SECONDO
FINALMENTE LIBERO
L'incidente
FINALMENTE LIBERO
L'incidente
Postilla del sig alter ego.
E' universalmente risaputo che qualsiasi umano, costretto a vivere in cattività in un posto chiuso, si lasci andare all'euforia appena fuori all'aria aperta. "Ah, finalmente libero", dirà l'umano, "ora si che si ricomincia a ragionare" e incomincerà a mettere in atto i suoi propositi a lungo maturati.
Ed è ciò che fa il nostro benemerito caz appena fuori dal portone che, stranamente, è aperto.
Devo specificare che il cosiddetto condomino, all'esterno, ha più la forma di un carcere che di una casa. Esso è circondato da un muro alto due metri che include, oltre al condominio, anche un giardino dove gli "ospiti" possono "rilassarsi" passeggiando o starsene comodamente parcheggiati sulle panchine al sole o sotto gli alberi di cui abbonda. Ed è la, in quel giardino, che il nostro tranquillo amico riflette costantemente sulla sua situazione e sul come superarla. E sono dette riflessioni a fargli maturare i suoi propositi che trova più che legittimi. Egli non ha mai capito come e perché sia finito al condominio. Sul chi l'abbia mandato è da tempo il centro delle sue riflessioni.
Indistinti saluti dal vostro ego.
Bene, ora che quel cazzone di ego ha finalmente finito di scrivere la sua misera postilla, posso ricominciare con le mie sublimi avventure da essere libero.
Dunque, appena chiusomi il portone alle spalle, mi guardo attorno allo scopo di controllare il territorio. "Bene, nessuno in vista", penso. Mi fiondo in direzione del centro che dista due isolati. Data l'ora, i negozi sono ancora perlopiù chiusi e la gente sui marciapiedi poca. In compenso il traffico abbonda; cosa che mi fa arrabbiare - forse perché non ho ancora capito la necessità degli umani di utilizzare un mezzo così dannoso. Comunque sia, mi muovo leggero - come una foglia d'autunno che scende lentamente verso terra sperando di non arrivarci mai -, con andatura andante ma non troppo, verso la libertà.
A un centinaio di metri dal primo incrocio con semaforo avvisto una vecchietta che cerca di attraversare la strada sulle zebre col rosso. Cazzo, penso e mi chiedo, sta a vedere che la signora intende porre fine ai suoi giorni? Aumento il passo, corro, poi... di colpo mi arresto. Già, mi chiedo, perché mai dovrei intervenire? chi sono io per influenzare la decisione di un essere umano nelle sue piene facoltà mentali? Ognuno è libero, no!
Mi fiondo di nuovo lungo la via. Supero il semaforo con la vecchietta ancora intenta ad attraversare. Dopo un centinaio di metri una frenata stridula mi arresta. Mi giro. Il corpo della vecchia disteso sull'asfalto in un'improbabile posizione, una macchina di traverso, un giovane al volante con le mani tra i capelli sembra pianga. In quei pochi secondi un capannello di persone si è formato sul luogo. In lontananza le sirene. Qualcuno ha già chiamato i soccorsi, penso. Bene, in fondo ciò che conta è la libertà.
Voltando le spalle al tutto, un bel respiro profondo per allontanare le tossine da corpo e mente, mi ri-fiondo lungo la via.
Bado un po' a tutto, e tutte. Niente e nessuna sfugge al segugio che è in me. Ad esempio, la fioraia all'angolo della prima traversa. Uno schianto di donna con ogni attributo al suo posto e una simpatia contagiosa che esprime senza malignità, anzi... Non solo, la sua esuberanza caratteriale è inversamente proporzionale a quella fisica. Con lei chiunque, dal più giovane al più anziano, può passare dieci minuti (i dieci minuti sono indicativi) senza problemi parlando liberamente che anzi, più si è diretti nelle parole più la fioraia risponde a tono creando un'atmosfera piacevole senza peraltro cadere nell'ambiguità. Ed è dalla fioraia che mi fermo.