Sai papà, non so se davvero tu sei mio padre e se davvero ti preme quella mia educazione, quella voglia di farmi diventare “uomo vero” . Certo è che io non te l’ho mai chiesto ma, nonostante tutto ciò io non riesco proprio ad odiarti, anzi ad ogni calcio in bocca, ad ogni pugno che mi gonfia per giorni un occhio, io sento…di volerti ancora tanto bene.
Oh quante notti passate sveglio perché non potevo neanche, nel letto, rigirarmi, dal dolore e quante volte in quelle notti ho pianto e pregato sperando in un po’ d’amore piangendo di quello che tu negavi a me. E quei lunghi pomeriggi che passavo, da solo, in compagnia di quel boia della tua cintura dei pantaloni lisa e vecchia che sembrava ancor più brutta perché ancora sporca del sangue rappreso dalle ferite che impietosa mi provocava.
Quante lacrime interminabili e quante urla sorde che mi imponevi perché i vicini non dovevano sentir nulla né accorgersi di quell’odore acre che era nell’aria, si papà, quello della tua ferocia. No papà, stai tranquillo, quelle non erano lacrime di orrore e di dolore. Erano lacrime di una preghiera, la stessa, unica, sommessa, che ogni notte, mentre tu inconsapevole di tutto, dormivi e riposavi, io rivolgevo ad un Dio, implorandolo di girarsi anche un po’ da me o se proprio non ne aveva voglia o tempo, che mi faceva almeno volare in paradiso, ma neanche quello vero ma, almeno in quello dei bimbi “educati poco”.
Don Alfredo, il parroco della chiesa vicino casa, ci ha insegnato che per andare in Paradiso uno deve essere puro ed io, invece, non lo sono, perché ho raccontato un sacco di bugie al mio maestro che mi chiedeva spesso il perché
di quelle brutte ferite e quelle bruciature sulle mie braccia piccole e magre, si quelle che tu provocavi spegnendo le cicche delle tue sigarette sulla mia nuda tenera carne. Ma io raccontavo mille bugie e trovavo mille scuse dicendo che, per giocare, cadevo spesso dappertutto. Vedi, caro papà, hai ragione tu, sono un “fottuto bugiardo” neanche in Paradiso posso andare.
Allora c’è una sola soluzione per far finire questa dura “educazione”. Tu continua pure a picchiarmi, a darmi calci sulla bocca mentre rantolo per terra e pugni in testa mentre mi proteggo con le braccia. Mi spiace solo se col mio sangue “lurido” ti sporco. Continua pure….tanto io non sento più dolore e quasi riesco anche a vedere i tuoi occhi rossi dalla rabbia mentre piano me ne vado. Sto andando pà…non ci vedremo mai più. Hai finito di “educarmi” Io vado via per sempre. Ecco , pà, sto per andare. Ti vedo in quel tuo studiolo umido e buio. Dai, su non piangere. Solo adesso ti sei accorto che tra breve, io non ci sarò più. Vuoi abbracciarmi…darmi un primo ed ultimo bacio…stringermi per la prima volta a te. Forse ho scoperto che anche tu mi vuoi almeno un po’ di bene e con l’ultimo mio saluto ti dico, con tutto il mio cuore: “Perdonami papà se ti lascio solo e perdonami anche se, nel mio viaggio, incontrerò gente che mi educherà di meno ma saprà…. amarmi di più!

Eppure mi piacerebbe trovare un senso....un senso a tutto ciò...Chissà?