Non farsi neanche una piccola domanda sulla vita e nel senso che noi abbiamo di essa significa solamente non concederci neanche una sola possibilità di comprendere, almeno nelle linee essenziali e marginali il nostro "essere esistiti".
Non può esistere un'unica risposta se non sappiamo e non vogliamo almeno porci la domanda.
Generalmente, questo tipo di domanda, le cosiddette "grandi domande" sull'esistenza vengono sempre fuori in presenza di un dolore, di una malattia, della consapevolezza o della notizia di una morte imminente e quasi mai in presenza di uno stato di serenità, di felicità; anzi, in questi casi, abbiamo quasi orrore al solo poter pensare a quel tipo di domande, come se quelle domande potessero infrangere quell'incantesimo.
Sappiamo che siamo nati e sappiamo che moriremo e che in questo spazio temporale viviamo costruendoci un percorso: per alcuni consapevolmente, per altri no. Quindi la prima cosa da fare è chiedersi: "cosa ho fatto per perseguire i miei obiettivi e cosa ho fatto per concretizzarli?" Già questo tipo di domanda ci porta a compiere dei passi ciclopici verso l'accettazione di una, inevitabile fine. Più abbiamo coscienza del nostro percorso, più ne siamo stati protagonisti, più accettiamo, dignitosamente un termine.
Un altro grande tema da affrontare lungo il nostro percorso è "L'ALTRO" e "L'ALTRO PER NOI". E' ormai consolidata la definizione che siamo "animali sociali", la vita di ognuno di noi non avrebbe scopo senza la presenza degli altri, ed anche se viviamo in un'epoca dove c'è la corsa all'individualismo, al "rimamnere, in pace da soli" e quindi verso una involuzione culturale, il concetto dell'"ALTRO" viene sempre più prepotentemente fuori e spesso profondamente analizzato.
Analizzare, con sernità questi due aspetti della nostra vita: la concretizzazione degli obiettivi della vita e cosa sono stati gli "ALTRI" per noi e noi per gli "ALTRI"; bhè, già questo ci dovrebbe portare ad un'asssuefazione quasi serena della fine biblicamente annunciata e dovrebbe indurci all'accettazione, conseguenziale, di una naturale eutanasia.
Ma che belle parole, vero? Magari fosse così. Non ricordo dove lessi o chi disse che a ciascuno di noi occorrerebbero tre vite: una per sbagliare, una per comprendere gli errori fatti e l'altra per viverla senza errori. Magari.... Quindi, alla fine, tutti i discorsi filosfici del c.... vanno a cadere di fronte a quel grande "mostro" che, spesso, ci salva dai "casini" più impensati: il conte... "istinto di conservazione".
Chiedete ad un vecchio ultracentenario se è pronto e sereno ad accettare la fine dei suoi giorni. Vi risponderà: "Ragazzo mio...."chi non vorrebbe vivere per sempre?"
E a quella risposta mi ricordo le parole di una grande song che, anche dopo anni che l'ascolto, mi fa vibrare i perimetri più remoti della mia povera anima, ora arricchita e ora dilaniata dalle esperienze vissute sulla mia pelle, che hanno caratterizzato la mia stessa vita e...a farmi giungere fin qui.

Non c'è tempo e non c'è posto per nessuno di noi. Cos'è quella cosa che costruisce i nostri sogni, però ci sfugge? Non c'è neanche una possibilità per noi. È già tutto deciso per noi. Questo mondo ha solo un dolce momento, tenuto da parte per noi.
Chi vuole vivere per sempre? Chi osa amare per sempre quando l'amore deve morire?
Ma tocca le mie lacrime con le tue labbra, tocca il mio mondo con la punta delle tue dita e noi potremo avere noi per sempre e potremo amare per sempre. Per sempre...è il nostro oggi!
L'ultima cosa che sento di dover aggiungere è un brevissimo post costruito qualche tempo fa....a proposito della vita, dice questo....

