
Il lavoro negli anni difficili della contestazione sessantottina non fu assolutamente facile. Iniziarono a far casino soprattutto gli studenti figli della Borghesia. La conseguenza di questo portò ad aggregazioni con i dipendenti dell'Industria e a scioperi selvaggi. Gli studenti si dividevano tra rossi e neri mentre operai e dipendenti si dividevano tra coloro che scioperavano ed i crumiri.
Era tempo dei comizi dove ci scapparono anche morti, mentre ai cortei di scioperanti venivamo inseguiti dalle camionette della celere con tanto di sirene e tirando spesso lacrimogeni per disperderci.
Nelle fabbriche gli uomini soprattutto facevano picchettaggi ai cancelli, e noi ragazze o scioperavamo o se decidevamo di entrare al lavoro dovevamo passare in mezzo ai picchetti e ci beccavamo tante toccate di culo senza considerare certi epiteti non ripetibili.
Senza considerare il proprietario che, affacciato alla finestra insieme ad altri dirigenti urlavano i cognomi di alcuni di noi minacciando i licenziamenti al rientro. Qualcuno si faceva intimorire e cercava di entrare, altri se ne fregavano altamente.
Ma fu questo l'unico modo per ottenere ciò che chiedevamo da tanto tempo, nonostante a quel tempo ed ancora oggi qualcuno sostenga che con i moti del '68 rovinammo l'Italia.
Questo sopra giusto un accenno alla storia di quel tempo per spiegare cosa volevamo noi lavoratori, gli studenti contestavano altro, cioè la politica di quel tempo, faceva figo essere figli di famiglie ricche contestando le ricchezze vestendosi di rosso. Ed erano scontri con i neri.
Ma io voglio parlare di come venivamo trattati noi dipendenti ed i perchè contestavamo: Volevamo solo i nostri diritti oltre a fare ciò che pretendevano i padroni.
Racconto di me ma nello stesso tempo la storia di tutti quelli che hanno vissuto certi periodi.
Ero una ragazzina quando venni assunta nel 1962 in una grande industria farmaceutica Pisana. A quel tempo non c'erano troppi problemi nel trovare un lavoro. Oggi di quell'Industria è rimasto solo un importante polo di ricerca dove lavorano circa 500 dipendenti, mentre tutta la produzione venne acquistata tanto tempo fa dalla Menarini di Firenze, dipendenti compresi, per chi volle spostarsi, io non c'ero già più.
Torniamo a me ed alle condizioni di lavoro. Il primo giorno mi presentai al cancello e mi mandarono all'Ufficio del personale. Il dirigente mi accompagnò dal direttore di produzione, entrai nel suo ufficio dando il buongiorno, non alzò nemmeno la testa almeno per qualche minuto ed io in piedi davanti alla scrivania aspettavo che si accorgesse di me. Alla fine si alzò in piedi, mi squadrò dalla testa ai piedi dicendomi: Dove pensavi di andare ad una sfilata di moda? Avevo un vestitino verde bosco a palloncino che arrivava al ginocchio ed un paio di scarpe con il tacco che mi facevano anche male ai piedi. Ricordo diventai rossa come un peperone non sapendo cosa rispondere. Vieni dietro a me mi disse. Iniziò a camminare veloce in un lungo corridoio, lui sarà stato alto quasi due metri, il camice che indossava svolazzava qua e là ed io dietro di lui con i miei tacchi non ce la facevo a stargli dietro a quello stronzo di Fiorentino, si perchè era fiorentino. Alla fine bussò ad una porta e la aprì senza nemmeno attendere risposta, all'interno c'era una donna con un camice blu e un paio di occhiali da vista spessi come fondi di bicchiere. Intanto lui uscì e lei mi disse di spogliarmi. Mi fece indossare un camice bianco lungo fino alle caviglie, un paio di calze bianche di cotone, un paio di scarpe da tennis sempre bianche ed una cuffia in testa, poi alcune avvertenze, dalla cuffia non deve spuntare nemmeno un capello, le tasche del camice devono sempre essere vuote escluso un fazzoletto se ne hai bisogno, guai merende di nessun genere, niente trucco, giorno per giorno deve essere mantenuto tutto pulito, se ti macchi porti a casa lavi per il giorno dopo. Quando fui pronta lei richiamo il direttore che mi portò in una stanza dove vi erano altre due ragazze vestite come me, una faceva qualcosa ad un bancone, l'altra stava aprendo la pancia di una cavia. Mi guardo intorno e di cavie con le pance aperte con dentro dei tubicini di plastica ve ne erano parecchie. Ecco mi disse lui, ti affido a loro che ti insegneranno come fare questo lavoro. Diventai di nuovo rossa ma questa volta per la rabbia. Mi voltai di scatto verso di lui e gli dissi: io questo lavoro mi rifiuto di farlo e qui non ci sto. Sapevo bene di rischiare il posto di lavoro ma non me ne fregava nulla. Lui mi guardò come volesse fulminarmi e poi di nuovo: vieni dietro a me e mi riportò all'ufficio del personale spiegando , anzi più giusto dire che iniziò ad inveire contro di me che mi ero rifiutata di fare un determinato lavoro. Vabbè me ne ritornerò a casa. Ma gli andò male perchè ero stata assunta direttamente dal padrone dell'azienda che aveva contatti di lavoro con mio padre. Così decisero di mandarmi in un ambiente diverso, un ambiente sterile dove avrei dovuto fare altro. E ancora dietro a quel fiorentino fin quando arrivammo in altra stanza dove mi fecero ancora spogliare vestendomi con una tuta, un cappuccio, stivali di stoffa, un paio di occhiali, il tutto naturalmente sterilizzato. Al momento mi sembrava di affogare poi pian piano visto il lavoro a cui venivo assegnata non era poi così male, c'erano altre ragazze vestite come me che mi insegnarono quello che avrei dovuto fare.
E da qui poi iniziarono i problemi, turni massacranti anche di 12 ore, il sabato si lavorava fino alle 14.00, spesso dovevamo fare le notti ma non in compagnia, quando ci toccava eravamo da sole così come tante domeniche. Se ti trovavano la cuffia fuori posto o qualche capello fuori erano multe, se avevi una tasca gonfia qualcuno ti guardava cosa avevi dentro, se era merenda, multa. Qualche volta sempre a turno dovevamo andare a pulire i bagni degli impiegati, e questo quasi sempre di domenica quando non c'era nessuno.
Quando andavamo a mensa noi operaie dovevamo stare in coda sempre dietro agli impiegati, sto parlando di circa 300 persone eh? Non di una ventina, quindi quando suonava la sirena del rientro qualcuna di noi non ce la faceva nemmeno a finire di mangiare. Tra operai uomini e donne c'era la differenza di stipendio anche se facevamo i soliti lavori.
Ecco questa era la nostra vita fino a quando non arrivarono i moti del '68. Dopo scioperi selvaggi, dopo sospensioni, dopo alcuni licenziamenti, alla fine riuscimmo ad ottenere i nostri diritti. 8 ore al giorno, sabato festa, niente più lavoro di domenica né le notti, straordinari solo quando erano veramente essenziali e ben pagati. Alla mensa mangiava chi arrivava prima, non c'erano più distinzioni tra operai e impiegati, ci truccavamo, quando non eravamo in ambiente sterile non portavamo più nemmeno le cuffie. A metà mattina ci davano 15 minuti per fare merenda e uscire nel piazzale. Gli stipendi si erano eguagliati tra uomini e donne, niente licenziamenti se non per motivi gravi. Le donne avevano il pieno diritto di fare figli e restare a casa per tutto il periodo che volevano perchè oltre ai mesi di maternità erano previsti per chi lo desiderava mesi di permesso anche se non retribuiti.
Per quanto mi riguarda ho sempre aderito agli scioperi, ho sempre cercato di far valere le mie ragioni pur discutendo con i vari capi reparto o ufficio si perchè entrai come operaia ma quando mi licenziai per motivi gravi di famiglia ero, insieme ad altre due ragazze segretaria di Direzione.
Fu davvero un peccato lasciare un lavoro che mi piaceva ma non potei farne a meno. Ed insieme alla liquidazione che mi spettava di diritto, ebbi una regalìa di 10 milioni. Correva l'anno 1983.
Ora tutti i diritti che ottenemmo a quel tempo con sacrifici, lotte etccc.. sono andati persi, le fabbriche chiudono, si spostano altrove, licenziano......
ma davvero tutto quello che succede oggi è stata colpa nostra, dei sessantottini?????? se qualcuno lo pensa mi spieghi il perchè per favore. Colpa nostra o dei politicanti di merda che si sono succeduti da allora?
NO SIAMO STATI NOI ... F.C. A TUTTI