De brevitate vitae II

19 maggio 2021 ore 18:24 segnala
Ognuno brucia la sua vita e soffre per il desiderio del futuro, per il disgusto del presente.

Ma chi sfrutta per sé ogni ora, chi gestisce tutti i giorni come una vita, non desidera il domani né lo teme. Non c'è ora che possa apportare una nuova specie di piacere.

Tutto è già noto, tutto goduto a sazietà.

Del resto la sorte disponga come vorrà: la vita è già al sicuro.

Le si può aggiungere, non togliere, e aggiungere come del cibo a uno già sazio e pieno, che non ne ha più la voglia ma ancora la capienza.

Non c'è dunque motivo di credere che uno sia vissuto a lungo perché ha i capelli bianchi o le rughe: non è vissuto a lungo, ma è stato al mondo a lungo.

Come credere che ha molto navigato chi la tempesta ha sorpreso all'uscita del porto menandolo qua e là in un turbine di venti opposti e facendolo girare in tondo entro lo stesso spazio.

Non ha navigato molto, ma è stato sballottato molto.


- Lucio Anneo Seneca


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Ognuno brucia la sua vita e soffre per il desiderio del futuro, per il disgusto del presente. Ma chi sfrutta per sé ogni ora, chi gestisce tutti i giorni come una vita, non desidera il domani né lo teme. Non c'è ora che possa apportare una nuova specie di piacere. Tutto è già noto, tutto goduto...
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De brevitate vitae

12 aprile 2021 ore 20:25 segnala
"Prova a fare un po' di conti sul tuo passato.

Calcola quanto del tuo tempo ti hanno sottratto creditori, amanti, superiori e collaboratori, quanto le liti in famiglia e le punizioni dei servi, quanto gli impegni mondani andando in giro per la città.
Aggiungi le malattie che ti sei procurato da solo e il tempo rimasto inutilizzato, e ti accorgerai di avere molti meno anni di quanti ne conti di solito.

Cerca di ricordare quando sei stato fermo nei tuoi propositi; quante giornate sono trascorse proprio come avevi stabilito; quando sei stato padrone di te stesso, e il tuo volto è rimasto impassibile e il tuo animo intrepido; cosa hai realizzato in una vita così lunga e quanto della tua vita ti è stato sottratto dagli altri senza che te ne rendessi conto di quel che perdevi, e il tempo che ti hanno portato via l'inutile dolore, la sciocca allegria, un'avidità insaziabile, il frivolo conversare...

Vedrai quanto poco, in definitiva, ti sia rimasto del tuo; allora capirai che muori prematuramente.

Quale ne è dunque la causa?

È che vivete come se doveste vivere per sempre, non vi ricordate della vostra precarietà; non osservate quanto tempo è già trascorso, lo sciupate come se ne aveste in abbondanza, mentre invece proprio quella giornata che state dedicando a qualcuno o a un affare qualsiasi, potrebbe essere l'ultima.

Temete tutto come mortali, ma desiderate tutto come immortali".


- Lucio Anneo Seneca


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"Prova a fare un po' di conti sul tuo passato. Calcola quanto del tuo tempo ti hanno sottratto creditori, amanti, superiori e collaboratori, quanto le liti in famiglia e le punizioni dei servi, quanto gli impegni mondani andando in giro per la città. Aggiungi le malattie che ti sei procurato da...
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Anatomia di una gabbia qualunque

25 marzo 2021 ore 21:14 segnala
Ti scrivo da una storia non vera, di sicuro non originale, strascicata a un certo punto proprio quando doveva volare, lasciata sospesa, perché nel vuoto di un sentimento si riesce a creare la bolla per nutrire il sé. È una storia senza tempo perché di tutti i tempi, senza pace perché i conflitti portano altri conflitti, fino a forgiare le identità. È una storia con figuranti, attori, ballerini, i saltimbanchi di Picasso arenati tra cielo e sabbia, lo spettacolo della provvidenza di Bene, quando tra trilli di campanelle e un carillon un po’ inquieto - canzone che ti entra in testa -, “c’era una volta un re, no ragazzi, avete sbagliato”. Non c’era un re, neanche una regina, c’era uno spettacolo di avanguardia, due sedie sul palco, una fila di spettatori e una metacognizione di anime in pena. Su quelle sedie si alternavano bauli di speranze disattese, intermittenze da topi di Skinner, a un certo punto è sembrata una gabbia, dove qualcuno apriva e chiudeva la finestrella di aria, datemi 21 giorni di pace, 21 come una primavera. E in quello spazio illogico, incomprensibile, per il diritto stesso di una parola da spiegare, il confine tra il credere di far bene all’altro e l’egoismo era lama tagliente e sottile.

Ti scrivo da una storia vera, stavolta. Non è lo stesso originale, ma ricorda a tutti che ogni legame è un cerchio che si apre, che ognuno ha la sua scena e non si può uscire dalla propria. Su quel palcoscenico disegniamo tanti cerchi, dovrebbero essere i luoghi del sorriso, della cura, delle emozioni, del senso di vita, e qui permettiamo alle persone che vogliamo di entrare. I cerchi si possono chiudere, alcuni abbiamo il dovere di lasciarli scorrere dietro le quinte. Ci ricorderemo di loro, ne conserveremo l’energia, ma pensaci, non ne ricorderemo la pelle e l’odore.

Ti scrivo per questo, dovevi chiuderlo tu quel cerchio, nessuna controfigura di vita doveva portarmi in quel posto a disegnare una figura perfetta per far centrare gli eventi. Ti avrei detto, come ho detto, resta nel tuo passato, non lasciar andar via se serve a nutrirti ancora, perché non ho da averti né da perderti: sono libera di fronte alla me stessa consapevole nel mondo, al te che non si trova nel mondo e a chi condivide la scena vagando come un’ombra senza meta che appare e scompare eppure resta. Volevo dirti proprio questo, la sera è un po’ fredda e mi ricorda lo zucchero filato: non si fa del male stando nella vita degli altri, ma non chiudendo i cerchi. Sono solo punti visti dall’alto, persino minuscoli, a volte concentrici se ci infili dolori. Sono la chiave però, essenziale, per dire non sono nella tua vita, non ci sarò, ma di te mi posso fidare.


- Olga Tamburini


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Ti scrivo da una storia non vera, di sicuro non originale, strascicata a un certo punto proprio quando doveva volare, lasciata sospesa, perché nel vuoto di un sentimento si riesce a creare la bolla per nutrire il sé. È una storia senza tempo perché di tutti i tempi, senza pace perché i conflitti...
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Donne al Quadrato

14 ottobre 2020 ore 10:26 segnala
"Se non avessi un domani, che cosa faresti oggi?

Fumerei la pipa. Mi ubriacherei di vino rosso e di speranza.
"Vivrei cosciente della meravigliosa certezza delle trasformazioni. Dell'inizio inevitabile. E della necessaria fine.
Del sereno mistero che delimita lo spazio tra le tenere domande della Vita, e la definitiva risposta della Morte".

Pianterei un albero. Perché i figli del Domani possano ripararsi alla sua ombra, e tra le sue radici, stringendo tra le mani un libro di Gibran.
Farei il bagno in una fontana..."Marcello come here". Dormirei sotto le stelle. Mangerei chili di cioccolato bianco. Canterei a squarciagola quella vecchia canzone che fa: "Show must go on". E suonerebbe paradossale. E appunto per questo mi piacerebbe.

Parlerei con un mendicante e scoprirei che la Vita è breve e fragile, ma la dignità ed il coraggio le conferiscono una vitalità che ci aiuta a sopportare i suoi inganni e le sventure.

Abbandonerei i progetti di vendetta. Brucerei l'inventario delle perdite, senza rinunciare però al godurioso "giro dei vaffanculo".

Direi alle persone che amo che le amo. Direi alle persone che odio che le odio. Chiederei ad un amico: "Come stai?", e ne ascolterei davvero la risposta.

Saprei che la paura smarrisce la coscienza. E ci rende vigliacchi.
Scaverei tra le mie tasche, e tra quelle pieghe troverei il coraggio di dirti: "Tengo stretta l'idea di Te, pur sapendo che appartieni ad altre mani. Perdonami se puoi".


Farei l'Amore. Ancora. Ancora. E ancora.



- Antonia Storace


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"Se non avessi un domani, che cosa faresti oggi? Fumerei la pipa. Mi ubriacherei di vino rosso e di speranza. "Vivrei cosciente della meravigliosa certezza delle trasformazioni. Dell'inizio inevitabile. E della necessaria fine. Del sereno mistero che delimita lo spazio tra le tenere domande della...
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Happiness is a butterfly

28 settembre 2020 ore 22:12 segnala
Do you want me or do you not?
I heard one thing, now I'm hearing another
Dropped a pin to my parking spot
The bar was hot, it's 2 am, it feels like summer

Happiness is a butterfly
Try to catch it like every night
It escapes from my hands into moonlight
Every day is a lullaby
I hum it on the phone like every night
And sing it for my babies on the tour life
Ah ah

If he's a serial killer, then what's the worst
That could happen to a girl who's already hurt?

I'm already hurt
If he's as bad as they say, then I guess I'm cursed
Looking into his eyes, I think he's already hurt
He's already hurt

I said, "Don't be a jerk, don't call me a taxi"
Sitting in your sweatshirt, crying in the backseat
Ooh
I just wanna dance with you
Hollywood and Vine, Black Rabbit in the alley
I just wanna hold you tight down the avenue
I just wanna dance with you
I just wanna dance with you

Baby, I just wanna dance (dance)
With you (dance)
Baby, I just wanna dance (dance)
With you

Left the canyon, drove to the club
I was one thing, now I'm being another
Go down to Sunset in the truck
I'll pick you up if you're in town on the corner
Ah ah

Happiness is a butterfly
We should catch it while dancing
I lose myself in the music, baby
Every day is a lullaby
Try to catch it like lightning
I sing it into my music, I'm crazy

If he's a serial killer, then what's the worst
That could happen to a girl who's already hurt?
I'm already hurt
If he's as bad as they say, then I guess I'm cursed
Looking into his eyes, I think he's already hurt

He's already

I said, "don't be a jerk, don't call me a taxi"
Sitting in your sweatshirt, crying in the backseat
Ooh
I just wanna dance with you
Hollywood and Vine, Black Rabbit in the alley
I just wanna hold you tight down the avenue
I just wanna dance with you
I just wanna dance with you
Baby, I just wanna dance (dance)
With you (dance)

Baby, I just wanna dance (dance)
With you

- Lana Del Rey




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Do you want me or do you not? I heard one thing, now I'm hearing another Dropped a pin to my parking spot The bar was hot, it's 2 am, it feels like summer Happiness is a butterfly Try to catch it like every night It escapes from my hands into moonlight Every day is a lullaby I hum it on the phone...
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Kafka e la bambola viaggiatrice

24 aprile 2020 ore 19:34 segnala
A 40 anni Franz Kafka, mai sposato e senza figli, passeggiava per il parco di Berlino quando incontrò una bambina che piangeva perché aveva perso la sua bambola preferita.

Lei e Kafka cercarono la bambola senza successo.

Kafka le disse di incontrarlo lì il giorno dopo e loro sarebbero tornati a cercarla.

Il giorno dopo, quando non avevano ancora trovato la bambola, Kafka diede alla bambina una lettera "scritta" dalla bambola che diceva: "Per favore non piangere. Ho fatto un viaggio per vedere il mondo. Ti scriverò delle mie avventure".

Così iniziò una storia che proseguì fino alla fine della vita di Kafka.

Durante i loro incontri Kafka leggeva le lettere della bambola accuratamente scritte con avventure e conversazioni che la bambina trovava adorabili.
Infine, Kafka le riportò la bambola (ne comprò una) che era tornata a Berlino.
"Non assomiglia affatto alla mia bambola", disse la bambina.

Kafka le consegnò un'altra lettera in cui la bambola scriveva: "I miei viaggi mi hanno cambiata."

La bambina abbracciò la nuova bambola e la portò tutta felice a casa.
Un anno dopo Kafka morì.

Molti anni dopo, la bambina oramai adulta trovò una letterina dentro la bambola. Nella minuscola lettera firmata da Kafka c‘era scritto: "Tutto ciò che ami probabilmente andrà perduto, ma alla fine l'amore tornerà in un altro modo".


- Jordi Sierra i Fabra


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A 40 anni Franz Kafka, mai sposato e senza figli, passeggiava per il parco di Berlino quando incontrò una bambina che piangeva perché aveva perso la sua bambola preferita. Lei e Kafka cercarono la bambola senza successo. Kafka le disse di incontrarlo lì il giorno dopo e loro sarebbero tornati a...
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IN THE TIME OF PANDEMIC

20 marzo 2020 ore 20:47 segnala
And the people stayed home. And read books, and listened, and rested, and exercised, and made art, and played games, and learned new ways of being, and were still.
And listened more deeply.
Some meditated, some prayed, some danced.
Some met their shadows.
And the people began to think differently.

And the people healed.
And, in the absence of people living in ignorant, dangerous, mindless, and heartless ways, the earth began to heal.

And when the danger passed, and the people joined together again, they grieved their losses, and made new choices, and dreamed new images, and created new ways to live and heal the earth fully, as they had been healed.


- Kitty O’Meara

per sfatare il mito della stesura nel periodo della peste dell'800 https://the-daily-round.com/about-kitty-omeara/


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And the people stayed home. And read books, and listened, and rested, and exercised, and made art, and played games, and learned new ways of being, and were still. And listened more deeply. Some meditated, some prayed, some danced. Some met their shadows. And the people began to think...
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L'amore ai tempi dei social

14 marzo 2020 ore 21:50 segnala
Cerchi…tocchi…cancelli…scatti…cancelli…

Swipe left…

A sinistra, resta sospesa quella sorpresa di nuova voglia incagliata in maglie di “cotte”.

TU, sotto tutto quel trucco sei in trappola per troppi.

Swpe right…

A destra, TU – WOW- a sinistra

Sembra sempre ombra quella bella pelle sulle spalle.

A destra, con tutto il vuoto che il tuo volto vuol rivolto verso il fuoco e riverso dentro il poco che ora vedo.

TU e il tuo ego modellato da modella mozzafiato che ha scambiato l’esser bella per lavoro e soluzione “non sarà solo illusione” dice quella tua espressione.

TU e tutto quell’inferno dentro agli occhi.

Quel che ti manca è quello che non hai, che avevi, hai perso, preso e presto avrai, che speri un giorno arrivi e che ti tocchi.

TU che giochi in questo tempo senza tempo a dare tutto ora e che sia eterno.

Adesso fermati, con me, e pensa a quanto sia migliore l’impararsi rispetto al bello che non resta più di un soffio, capirsi e accettarsi son case che non crollano ai crudi colpi di darsi colpe, ma restano e resistono nel rispetto.

Per questo resto fermo e non ti metto né a destra né a sinistra di un giudizio, ma esercito il diritto di esser me con tutti i mali che m’han reso più o meno il pieno e vuoto suono che ora senti.


- Simone Savogin



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Cerchi…tocchi…cancelli…scatti…cancelli… Swipe left… A sinistra, resta sospesa quella sorpresa di nuova voglia incagliata in maglie di “cotte”. TU, sotto tutto quel trucco sei in trappola per troppi. Swpe right… A destra, TU – WOW- a sinistra Sembra sempre ombra quella bella pelle sulle...
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Perché non fai un figlio?

23 gennaio 2020 ore 11:13 segnala
Non sono madre e non è insita in me l’indole materna. Non è per mancanza di emotività, cattiveria o giovinezza ma perché è qualcosa che, semplicemente, non sento.

Tuttavia sebbene non abbia figli ho una visione piuttosto chiara in merito alla genitorialità.

So che nel ventunesimo secolo, nel 98% dei casi, di fronte ad un figlio in arrivo la diceria “è capitato” non è altro che un alibi zoppo per non ammettere la propria superficialità e respingere un bel bagaglio di responsabilità.
So che un figlio non si fa nella vile e vana speranza di salvare un rapporto di coppia liso, ormai agli sgoccioli.
So che un figlio non si fa con l’intento di imporgli un determinato orientamento sessuale, religioso o politico e so che laddove fossero proprio queste le intenzioni forse più che un figlio dovreste valutare l’idea di un automa.
So che un figlio ha bisogno di vedere i propri genitori sereni, che siano insieme oppure no.
So che non si fa “perché tanto poi ci sono i miei che lo tengono”. Non si fa per poi usarlo come ripicca nei confronti di un/una ex compagno/a. Non si fa per poi accusarlo della propria infelicità e insoddisfazione e per sfogare la propria frustrazione.
So che quando si decide di avere un figlio quest'ultimo deve diventare LA priorità.
So che non è e mai sarà un oggetto di nostra proprietà.
So che per farlo bisogna essere capaci di incitarlo ad inseguire la sua felicità, sempre, anche se è diversa dal nostro concetto di felicità.

Bisogna insegnargli tanto e nel contempo essere disposti ad imparare anche di più.

So che un figlio è un impegno morale, fisico ed economico che finché non è autosufficiente ha il diritto di dipendere dai propri genitori senza sentirsi secondo a niente e nessuno, senza sentirsi un impedimento, senza farsi carico dei sensi di colpa che chi l’ha messo al mondo non è stato in grado di accollarsi.
So che tante volte, nel vedere certe dinamiche, l’unica cosa che mi verrebbe da chiedere è “ma perché hai fatto un figlio?” ma resto in silenzio.

E nel silenzio penso a quante di quelle volte invece di sentenziare su chi di figli non ne vuole e provare a convincerli del contrario sarebbe più onesto stringergli la mano e dire “fai bene, perché un figlio non è uno scherzo”.


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Non sono madre e non è insita in me l’indole materna. Non è per mancanza di emotività, cattiveria o giovinezza ma perché è qualcosa che, semplicemente, non sento. Tuttavia sebbene non abbia figli ho una visione piuttosto chiara in merito alla genitorialità. So che nel ventunesimo secolo, nel 98%...
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Vorrei sapere quando ti ho perso

21 gennaio 2020 ore 10:10 segnala
Vorrei sapere quando ti ho perso
in quale data in che momento
forse quel martedì ch’ero triste
o un mese prima d’averti visto
forse quella domenica pomeriggio
ch’ero allegra e parlavo troppo di me
forse in una data remota
inesplicabile e ignota
come il tre marzo del millenovecentotré.

Vorrei sapere dove ti ho perso
in che punto preciso della città
forse davanti ad un semaforo
forse in un bar o in una stanza
forse dentro ad un sorriso
forse lungo una lacrima
che colava giù per una guancia
forse tra le aureole gialle dei lampadari
sospese nella nebbia dei viali.

Vorrei sapere perché ti ho perso
il motivo la necessità dell’errore
forse perché non c’è tempo
o perché c’è stato l’inverno
e adesso viene la primavera
ma con tanto poco sole
tra i muri d’acciaio e cemento
che tremano per il rumore
delle macchine, delle fabbriche, degli ascensori.

Ma non voglio sapere che ti ho perso
che ti ho perso e dove e quando e perché.

- Joyce Salvadori Lussu