
...voglio la mia città
come ai tempi
del vagabondo filosofo.
la piazza grande
con un lampione centrale
e un uomo che nel vino
la saggezza trovava
e follie allegre gli faceva
fare la notte.
allora il vagabondo
con i suoi numerosi cani
andava avanti e indietro
tesseva la città
e, ne era il padrone.
una grande filosofia
colava dalle sue vecchie labbra
e ti parlava della lotta antica
tra scienza e natura:
- per ipotesi, talvolta azzardava
che la scienza vinceva la natura,
poi guardava i suoi cani,
fedeli compagni nella miseria
e che un’ancestrale magia
legava a Lui con forza inconsueta
e non il tozzo di pane che elargiva loro –
e il filosofo dei poveri concludeva
che niente la scienza poteva fare
contro le spinte della natura.
i cani sono rimasti fuori
dalla porta quando una notte il vino
uccise l’amato padrone.
il sigaro non spento bene,
dalla sua mano malferma
aprì la strada al fuoco
e il suo giaciglio
come una pira sacra,
bruciò il filosofo dei poveri.