Hector & Aleida: L'incontro

31 marzo 2014 ore 14:36 segnala

Greco il naso, greco il profilo, greco di nascita, il suo nome Hector. Capelli neri corvini, alto, slanciato, due occhi neri come il carbone e profondi come il gran canyon. Quegli occhi adesso la stavano guardando, la stavano soppesando, la stavano spogliando.
Aleida, la ragazza cubana, si sentiva fremere fin dentro le viscere.
Quella sera era andata a ballare come ogni sabato nella balera vicino casa. C'erano i soliti ragazzi locali che conosceva bene e poi c'era lui. L'attrazione era stata fatale. Hector nel suo stentato spagnolo l'aveva invitata a ballare e adesso, stretta fra le sue braccia, lo stava ammirando mentre l'orchestrina suonava Only You, un famoso disco dei Platters.
Non erano state necessarie le parole, erano bastati solo gli sguardi e si erano innamorati.
Hector era in vacanza a Cuba e sarebbe ripartito di lì a due settimane, ma lei lo sentiva che non sarebbe stata l'avventura di una notte, sapeva che quel bel ragazzo avrebbe condiviso con lei il resto della vita.
Le due settimane volarono come tutte le cose belle ed Hector ripartì con una promessa: le avrebbe mandato i soldi per farla venire in Grecia appena lei avrebbe avuto il passaporto e suo zio, un prete ortodosso di nome Thimoteos, li avrebbe sposati nella più bella chiesa di Atene.
Non fu facile e non fu veloce ottenere il visto sul passaporto, ma alla fine Aleida l'ottenne e partì per Atene.
All'aeroporto c'era ad attenderla Hector. Rivederlo fu per lei come ricominciare a vivere. Le fece da Cicerone portandola a vedere tutte le bellezze turistiche di Atene. Visitarono le incantevoli isole disseminate lungo la costa e quando dopo tre settimane tornarono ad Atene trovarono tutti i documenti per il matrimonio pronti grazie all'interessamento dello zio Thimoteos.
Il giorno del suo matrimonio Aleida era raggiante nel suo abito da sposa. Stava finendo gli ultimi preparativi quando giunse la notizia come un fulmine a ciel sereno.
Hector si era svegliato di mattina di buon umore, era finalmente arrivato il giorno del suo matrimonio, si lavò accuratamente, si rasò, si vestì e uscì per andare in chiesa dove avrebbe aspettato l'arrivo della sposa. Salì sulla sua macchina e si avviò all'appuntamento con la felicità dentro il cuore. Durante il tragitto gli venne voglia di fumare, prese dal cruscotto un pacchetto di Marlboro rosse, le sue preferite, e tentò di tirarne fuori una, ma il pacchetto gli scivolò fra le mani cadendo sul pavimento. Si chinò a raccoglierlo e quell'attimo di distrazione gli fu fatale. Udì un colpo contro il vetro e vide un'ombra volare via. Istintivamente frenò , sterzò, la macchina cappottò diverse volte prima di finire oltre il guardrail giù nella scarpata.
Si risvegliò in ospedale. Il primo volto che vide fu quello di Aleida. Gli occhi di lei rigati di lacrime. Le sorrise come per rassicurarla. Era stato solo uno stupido incidente ma era vivo e appena guarito si sarebbero uniti in matrimonio.
Ma perché Aleida continuava a piangere e perché tutti gli altri parenti che erano lì nella stanza sembravano di una tristezza fuori luogo. Ok aveva avuto un incidente stradale proprio il giorno del suo matrimonio, ma non era mica morto, le nozze erano solo rimandate. Bastava aspettare solo che si rimettese in piedi. Ma di cosa stavano parlando i dottori? Era stata necessaria l'amputazione degli arti inferiori? Chi aveva dato l'autorizzazione? Suo padre? Perché? Era l'unico modo per salvargli la vita? Quale vita? Era forse vita quella di passare il resto dei suoi giorni costretto su una sedia a rotelle? A dovere usare un pappagallo per dovere fare i suoi bisogni? A non potere più disporre della propria libertà di spostamenti? A dovere dipendere sempre da qualcun altro?
E Aleida cosa avrebbe fatto Aleida?
1)Lo avrebbe sposato lo stesso ora che lui era diventato un mezzo uomo?
2)E lui avrebbe accettato di sposare Aleida col sospetto che lei lo avrebbe fatto per pietà e non per amore?
3)O l' amore di lei non avrebbe retto alla terribile realtà e sarebbe ripartita per Cuba lasciandolo solo con le sue angoscie?

Lo saprete fra quindici giorni e sarete voi a decidere il seguito della storia. Mandatemi una mail privata con la vostra scelta. La più votata sarà la scelta di Aleida.
Non mettete nulla nei commenti che possa fare capire quale sarà la vostra scelta, altrimenti sapreste in anticipo come finirà la storia. Nella prossima puntata sarà mia cura rendere note le vostre scelte che influenzeranno la scelta di Aleida.

Questo post nasce da un gioco di scrittura praticato tra amici ed è un post "a tema" su elementi dati, suggeriti a turno dai vari partecipanti e pubblicati ogni 15 giorni sul blog del profilo Ilpassaparole. Sullo stesso blog potrete trovare, nei commenti, i link ai racconti degli altri partecipanti. E... siete invitati a partecipare anche voi!!!

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« immagine » Greco il naso, greco il profilo, greco di nascita, il suo nome Hector. Capelli neri corvini, alto, slanciato, due occhi neri come il carbone e profondi come il gran canyon. Quegli occhi adesso la stavano guardando, la stavano soppesando, la stavano spogliando. Aleida, la ragazza cuba...
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Indiana Jones e il ragno nel candeliere di cristallo

03 marzo 2014 ore 14:51 segnala

Questa è l'ultima puntata della trilogia su Indiana Jones
Le precedenti puntate le trovate a questi link
http://blog.chatta.it/kel_tika/post/i-predatori-dell-unguento-perduto.aspx
http://blog.chatta.it/kel_tika/post/indiana-jones-e-il-talismano-maledetto.aspx

Tutto era ormai pronto per il grande evento. L'orchestrina suonava all'ombra del gazebo posizionato al centro del prato dove si sarebbe svolta la cerimonia. Gli invitati gironzolavano qui e là formando vari capannelli e discutendo animatamente fra di loro in attesa dell'arrivo della sposa: Virgilio e Dante stavano disquisendo del dolce stil novo; accanto a loro Desdemona e Beatrice ciarlavano allegramente dell'arredamento della casa che era stato rinnovato totalmente; poco più in là D'artagnan, Orlando furioso e Cesare commentavano le ultime battaglie a cui avevano partecipato, vantandosi ognuno delle proprie gesta; il capitano Nemo e Cristoforo Colombo stavano litigando perché l'uno sosteneva che navigare sotto il mare era molto più interessante, mentre l'altro, che soffriva di claustrofobia, osannava l'uso delle vele e il vantaggio di respirare aria fresca ricca di salsedine rispetto a quella stantia e satura di gasolio dei sottomarini; Diogene gironzolava fra un capannello e l'altro sempre cercando il suo uomo; la governante era indaffarata a controllare che il gorgonzola, che troneggiava sulla tavola imbandita dai camerieri del catering, non fosse il suo; Don Abbondio, in attesa della sposa, aveva iniziato anzitempo a tracannare il vino destinato alla messa ed era già leggermente alticcio; lo sposo passeggiava nervosamente avanti e indietro.
L'orchestrina smise di suonare musica di intrattenimento quando vide arrivare la sposa e l'organo attaccò la marcia nuziale di Mendelsshon. I capannelli si sciolsero all'unisono e gli invitati si sistemarono nei loro posti. Lo sposo attese con ansia l'incedere della sposa e finalmente la cerimonia ebbe inizio.
Tutto procedeva secondo i piani, finché Don Abbondio pronunciò:
“Se qualcuno ha qualcosa in contrario a questa unione parli ora o taccia per sempre.”
Dal fondo del giardino una voce si udì:
“Mi consenta. Questo matrimonio non si farà né ora né mai.”
Tutti si girarono per osservare chi avesse parlato.
Due bravi uomini vestiti in doppio petto, l'uno, il meno basso, con i capelli stampati sul cranio, l'altro, il più basso, con un sorriso ebete stampato sul volto, avanzarono lungo due ali di folla.
“Chi siete voi?” disse Don Abbondio con voce tremante.
“Io sono il cavaliere, detto il Griso e lui è Brontolo il mio aiutante. Siamo due bravi, sì, due bravi picciotti, e vi ripeto, caro il mio Don Abbondio, che questo matrimonio non si farà né ora né mai, cribbio.”
Don Abbondio in evidente stato confusionale, sentendosi arrivare addosso un uragano di guai, indietreggiava pronto alla fuga, ma due nuove figure comparvero dal fondo del giardino. L'uno era un frate cappuccino e l'altro, totalmente nudo, era seguito da un certo numero di lupi, uccelli e altri animali.
“E voi chi siete?” chiese Don Abbondio abbassando gli occhi e arrossendo per il costume adamitico del secondo uomo.
“Io sono fra Cristoforo.” rispose il cappuccino.
“Io mi chiamo Francesco, e sono il primo frate francescano.”
“Ma i francescani non camminano nudi.” ribatté Don Abbondio.
“Avete ragione, ma purtroppo non ho avuto il tempo di ritirare il saio in lavanderia.”
Giunti davanti l'altare i due bravi e i due frati si guardarono; dall'alto in basso i frati e dal basso in alto i due bravi. Fra Cristoforo infilò la mano dentro la sua bisaccia e tirò fuori una statuetta del duomo di Milano con la quale colpì il Griso. Francesco prese un candeliere di cristallo dal tavolo che aveva accanto e lo spaccò in testa a Brontolo.
Dal candeliere rotto uscì un enorme ragno che iniziò a tessere una tela intorno ai due malcapitati.
Un lungo applauso coronò le gesta dei due frati.
Don Abbondio rinfrancato dalla presenza dei due religiosi terminò velocemente la funzione.
“Vi dichiaro marito e moglie. Lo sposo può baciare la sposa.”
Otello abbracciò Indiana e si esibì in un bacio appassionato fra gli applausi degli invitati.
“E ora gorgonzola per tutti.” urlò la sposa.
Fra la gioia generale iniziarono a scorrere i titoli di coda.

“Ti è piaciuto questo film?”
“Insomma non è stato all'altezza delle mie aspettative. Andiamo via prima che tutti escano altrimenti ci troviamo ingolfati nel traffico.”
“No aspetta un attimo. Voglio vedere i titoli di coda per sapere chi sono gli attori e soprattutto il regista di questa boiata.”

I due amici rimasero seduti in sala mentre scorrevano i titoli di coda.

Cast in ordine di apparizione
MorganaMagoo Indiana Jones
il passaparole Virgilio
malenaRM Dante
rigalizius Otello
salyma Desdemona
Antelao D'Artagnan
Eleanor.Peacock la governante
69leone69 Orlando furioso
kaagainput don Abbondio
PollAstro.MI Cesare
Pianeta.Errante Diogene
chatta Cristoforo Colombo
ClarissaDalloway Nemo
dealma Beatrice
Silvio Berlusconi il Griso
Renato Brunetta Brontolo
tyha fra Cristoforo
Aria59 Francesco
regia di Kel.tika

The end



I due amici uscirono dal cinema e andarono a mangiare due panini al gorgonzola nella vicina paninoteca.

Questo post nasce da un gioco di scrittura praticato tra amici ed è un post "a tema" su elementi dati, suggeriti a turno dai vari partecipanti e pubblicati ogni 15 giorni sul blog del profilo Ilpassaparole. Sullo stesso blog potrete trovare, nei commenti, i link ai racconti degli altri partecipanti. E... siete invitati a partecipare anche voi!!!

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« immagine » Questa è l'ultima puntata della trilogia su Indiana Jones Le precedenti puntate le trovate a questi link http://blog.chatta.it/kel_tika/post/i-predatori-dell-unguento-perduto.aspx http://blog.chatta.it/kel_tika/post/indiana-jones-e-il-talismano-maledetto.aspx Tutto era ormai pronto p...
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La paura scatena rabbia e vendetta.

20 febbraio 2014 ore 17:05 segnala

Di colpo ritornò alla realtà. Inspirò a fondo un'aria stantia e fredda. Rabbrividì. Aprì gli occhi e fu inghiottita dal buio. Si sollevò lentamente. Picchiò la testa contro una parete. Sollevò le mani esplorando il soffitto posto a pochi centimetri sopra la sua testa. Spostò le mani lateralmente. Pareti a destra e pareti a sinistra. Sollevò le mani sopra la testa e toccò la parete superiore. Spinse le mani allungando le braccia. Con i piedi toccò l'ennesima parete. Il freddo aumentò. Si tastò il corpo con le mani, scoprendo di essere completamente nuda. Nuda dentro una bara. Come era arrivata lì? Non riusciva a ricordare nulla. Tremava per il freddo e per la paura. Urlò con quanto fiato aveva in gola. Nessuno venne in suo aiuto. Il tempo passava. Il freddo aumentava. In più si aggiunse una sete insopportabile. Per scaldarsi iniziò a frizionare il corpo con le mani. Casualmente toccò con le dita il suo collo. Due piccoli buchi sulla giugulare squarciarono il velo dei ricordi.
***

Era entrata in quel bar per caso. Aveva ordinato un bicchiere di vino bianco. Stava sorseggiando la sua bevanda quando lo scorse. La osservava con quegli occhi color acciaio. Alto almeno un metro e novanta. Capelli impomatati alla mascagna. Spalle larghe. Fisico atletico. Sguardo animale. Si sentì spogliare con lo sguardo. L'uomo si avvicinò al bancone. Posò il suo bicchiere sul banco, le prese la mano e senza pronunciare alcuna parola la condusse fuori. Il contatto della mano le provocò un brivido lungo la schiena. Era totalmente soggiogata dallo sguardo magnetico dell'uomo. Come in trance lo seguì per stradine tortuose e buie. Il cuore galoppava dentro il suo petto. Entrarono in un portone. L'uomo la attirò a sé e poggiò le sue labbra sul suo collo. La fitta che seguì le diede il più grande orgasmo della sua breve vita. Poi il nulla.
***

Alla paura di essere chiusa viva in una bara si sostituì una rabbia crescente. Posò le mani sul coperchio e dal profondo delle sue viscere uscì un urlo di animale ferito. Il coperchio della bara esplose in mille pezzi e fu libera. Si sollevò lentamente. Nonostante il buio fosse sempre totale percepì una presenza. Una corrente d'aria fredda le fece comprendere che il suo misterioso uomo era lì accanto a lei. Gli occhi si abituarono al buio e lo intravide seduto a pochi passi da lei.
“Ben risvegliata, mia cara. Come ti senti?”
“Ho tanta sete.”
“Dovrai pazientare ancora un paio d'ore. Quando il sole tramonterà potremo uscire e allora potrai bere a volontà.”
Uscì dalla bara. Si diresse verso la porta. Si girò verso di lui e sussurrò.
“Non posso aspettare.”
Poggiò le mani sull'uscio e lanciò il suo urlo beluino.
La porta esplose in mille pezzi. I raggi del sole calante invasero la stanza.
Lei si tuffò dietro la colonna posta alla sua destra riparandosi dalla luce.
L'uomo fu colpito in pieno dai raggi solari. Riuscì solo a sollevarsi dalla sedia. Lo sentì urlare mentre il suo corpo iniziava a bruciare come un tizzone finché non si ridusse ad un mucchio di cenere. Il sole era nel frattempo tramontato. La donna si alzò, raccolse il mantello dell'uomo e se lo avvolse intorno al corpo. Uscì nel buio della notte per placare la sete che le bruciava la gola.
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« immagine » Di colpo ritornò alla realtà. Inspirò a fondo un'aria stantia e fredda. Rabbrividì. Aprì gli occhi e fu inghiottita dal buio. Si sollevò lentamente. Picchiò la testa contro una parete. Sollevò le mani esplorando il soffitto posto a pochi centimetri sopra la sua testa. Spostò le mani l...
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Corruzione

18 febbraio 2014 ore 17:22 segnala
Lasciate ogni speranza o voi che entrate...in Italia.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/04/corruzione-no-problem/868243/

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/18/corruzione-che-passione/883928/
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Lasciate ogni speranza o voi che entrate...in Italia. http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/04/corruzione-no-problem/868243/ http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/18/corruzione-che-passione/883928/
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Indiana Jones e il talismano maledetto

10 febbraio 2014 ore 10:33 segnala

Questa è la continuazione di 'I predatori dell'unguento perduto' che potete leggere qui http://blog.chatta.it/kel_tika/post/i-predatori-dell-unguento-perduto.aspx

Il viaggio era ormai giunto alla fine. Era stato un miracolo essere usciti vivi dal maelstrom che aveva inghiottito il suo Nautilus lungo le coste norvegesi, come un immenso buco nero inghiotte persino la luce. L'unica cosa che era riuscito a salvare era stato quel talismano che si era materializzato sotto i suoi occhi da quella strana pergamena trovata per caso in fondo al mare.
Non sapeva a cosa potesse servire, ma sapeva che gli avrebbe portato fortuna. Approdò nell'insenatura di uno degli innumerevoli fiordi della costa e a piedi raggiunse la più vicina cittadina. Si recò in un internet café e telefonò in America al suo amico Indiana Jones(telefonata a carico del destinatario). Si erano conosciuti in una libreria alcuni anni prima, erano vicini di scaffale, lui nella sezione libri per ragazzi e Indiana nella sezione DVD. La notte, per passare il tempo, si raccontavano a vicenda le loro avventure.
Indiana, da poco ripresosi dall'ultima allucinante esperienza, fu molto contento di risentire il suo amico Nemo. Il capitano gli raccontò cosa fosse successo al suo Nautilus e chiese l'aiuto di Indiana perché, non avendo il becco di un quattrino, non sapeva come lasciare quel paesino sperduto vicino al circolo polare artico. Fra le righe gli accennò della pergamena che aveva trovato in fondo al mare e del talismano che ne era scaturito.
Indiana saltò dalla sedia dove stava comodamente seduto e, avendo riconosciuto dalla descrizione la sua pergamena, inviò un bonifico bancario e un biglietto aereo per Chicago a Nemo.
Il capitano, con i soldi arrivatigli, acquistò una valigetta dove ripose il talismano e un paio di occhiali scuri perché, dopo aver navigato per ventimila leghe sotto i mari, non era più abituato alla luce del sole. Il giorno dopo Nemo atterrò in America e, presa la navetta alla stazione metro, arrivò in centro a Chicago. Indiana lo aspettava al bar seduto ad un tavolino appartato. Dopo essersi abbracciati si sedettero e ordinarono due frappé. Indiana non stava nella pelle. Era eccitato come un bambino la notte prima di Natale.
“Posso vederlo?” chiese con voce emozionata.
“Certo” rispose Nemo.
Aprì la valigetta e la girò per mostrare il talismano al suo amico.
Indiana sbiancò in volto e deglutì.
All'interno della valigetta un pezzo di gorgonzola puzzolente lasciava intravedere al suo interno un talismano di un verde brillante.
“Cosa significa? Perché lo hai messo all'interno del gorgonzola?”
Nemo si tolse gli occhiali trasformandosi in D'Artagnan che, sfoderato il suo fioretto, gli trapassò la gola.
Si svegliò in un mare di sudore. Ancora una volta aveva fatto quel terribile sogno.
Accanto a lui una voce impastata di sonno disse:
“Nuovamente lo stesso incubo?”
“Sì” ansimò Indiana.
“Ieri sera hai di nuovo mangiato del gorgonzola?”
“Sì, lo sai che ormai ne sono dipendente.”
“Devo farti lo stesso trattamento dell'altra volta per farti riaddormentare?”
“Sì, ti prego. È l'unica maniera per riuscirci, e poi lo sai che mi piace.”
“Quante ne vuoi oggi?”
“Almeno quindici, di meno ormai non mi fanno più effetto.”
Lo scudiscio saettò nell'aria sferzando la schiena di Indiana per quindici volte, fino a provocarne lo svenimento.
Otello posò la frusta e scese giù in biblioteca.
Intorno al tavolo rotondo Dante Virgilio e Beatrice stavano giocando a tre sette con il morto.
“Posso unirmi alla compagnia?”
“Solo se porti fuori da qui Desdemona (il morto), nonostante abbia bruciato quasi tutti gli incensi che ho portato dal Paradiso, l'aria è diventata irrespirabile.”
Non la sopportava proprio Beatrice, sempre così perfettina. Era sicuro che Dante doveva passare una vita d' Inferno a vivere con lei.
Anche lui però non aveva molto da sorridere da quando si era messo con Indiana. Si era convinto che gli incubi che diceva di avere erano solo una scusa per soddisfare le sue tendenze masochiste. Prima o poi avrebbe strozzato anche lui.

Questo post nasce da un gioco di scrittura praticato tra amici ed è un post "a tema" su elementi dati, suggeriti a turno dai vari partecipanti e pubblicati ogni 15 giorni sul blog del profilo Ilpassaparole. Sullo stesso blog potrete trovare, nei commenti, i link ai racconti degli altri partecipanti. E... siete invitati a partecipare anche voi!!!

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10/02/2014 10:33:32
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Il sarchiapone

09 febbraio 2014 ore 20:07 segnala

Gli davo la caccia da tanto tempo.
Oggi finalmente l'ho catturato.
Ecco a voi il rarissimo sarchiapone.
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La noia di Dio

31 gennaio 2014 ore 14:46 segnala

Dagli albori della comparsa dell'uomo sulla terra i filosofi si sono interrogati sulle origini del mondo.
Oggi finalmente dopo studi approfonditi condotti personalmente dimostreremo senza ombra di dubbio che Dio creò il mondo per noia.
Secondo l'Enciclopedia dantesca l'etimologia della parola noia è:
noia(nuta). - Probabilmente derivata dal provenzale noja, enoja(v. NOIARE),n. Mostra spesso in antico un senso più forte che non oggi, indicando “dolore” nei suoi vari gradi.
Questo valore di “pena grave”, “tormento”, manifesta in If I 76 Ma tu perché ritorni a tanta noia?, dove allude alla selva, e quindi alla condizione del peccato.
Con gradazione appena meno intensa, in Vn XV 4 4 quand'io vi son presso, i' sento Amore / che dice: “Fuggi, se 'l perir t'è noia”; in Fiore CXX 6 tropp'è gran noia l'andar travagliando!, e CLXXVIII 8 non faccia mostranza / ched è' le paia né oltraggio.
Nel Detto e nel Fiore è senz'altro l'opposto di 'gioia' (v.): suo' gioie e noie per lui fur ricevute, / né ma' su' viso non andò cambiando (Fiore XLIV 7); è troppo corta e breve / la gioia e la noia lunga (Detto 95); o designa lo stato di una vita senza amore: ché sanza amor non è altro che nuia (Fiore XXXVIII 11); sanz'Amor sì è nuia (Detto 153).
Nel brano di Vn XII 6 ricorre due volte col valore di “biasimo”, “danno alla reputazione”: Quella nostra Beatrice odio da certe persone di te ragionando, che la donna la quale io ti nominai nel cammino de li sospiri, ricevea da te alcuna noia; e però questa gentilissima, la quale è contraria di tutte le noie, non degnò salutare la tua persona, temendo non fosse noiosa.
Correlativamente ad argomenti o problemi intellettuali, denota l”impaccio”, il “turbamento” da questi arrecato alla mente che non riesce a chiarirli o risolverli: E per queste parole, se ricolte / l'hai come dei, è l'argomento casso / che t'avia fatto noia ancor più volte (Pd IV 90).
Infine rientra in due locuzioni verbali: 'recarsi a n.', che equivale a “considerare offesa” (l'un di lor...si recò a noia / forse d'esser nomato sì oscuro, If XXX 100); 'essere a n.', corrispondente a “rincrescere”, “riuscir grave”: ed a la fine falle umil preghero, / lo perdonaré se le fosse a noia, / che mi comandi per messo ch'eo moia, / e vedrassi ubidir ben servidore (Vn XII 13 32).

Reprimete i primi sbadigli e continuate a leggere.

Studi più recenti da noi personalmente condotti ci portano a ritenere che 'noia' derivi dall'unione di due forze opposte come lo yin e lo yang orientali.La parola è infatti composta da due sillabe in cui la prima NO è manifestamente la negazione assoluta, mentre la seconda IA, di chiara derivazione tedesca, è incontrovertibilmente l'affermazione assoluta.
In questa antinomia si genera uno stallo che blocca qualsiasi movimento, che induce alla stagnazione dell'azione.
La nostra ipotesi è d'altronde suffragata dai sinonimi di noia: asperità, barba, bega, fastidio, grattacapo, grigiore, incomodo, inedia, molestia, monotonia, tedio, difficoltà, disagio, pizza, seccatura, tran tran, tristezza, uggia, zuppa, insofferenza, palle, grana, lagna, inconveniente, problema, dispiacere, disturbo, pesantezza, rottura, scocciatura, rogna, disgusto, nausea, sazietà, noiosità, rompimento di scatole, impaccio.

Non potendo trattare tutti i sinonimi, per ragioni di brevità e per non rischiare di annoiare troppo il malcapitato lettore prenderemo solo due termini: il primo è tedio.
Anch'esso formato da due sillabe: Te Dio, invocazione salita alle labbra dei primi uomini, indica che la noia ha antichissime origini risalenti alla cosmogonia: se per un istante osserviamo quest'ultimo termine notiamo che il suo significato è 'nascita del cosmo'.
E qui avviene la quadratura del cerchio: gonia sinonimo di generazione o nascita ha radice comune con le 'gonadi', elemento indispensabile alla generazione. (vedi articolo sugli speramotozoi di recente pubblicazione). Se riandiamo a vedere l'elenco dei sinonimi di noia noteremo la parola 'palle' sinonimo di gonadi. Noia, palle, gonadi tre parole un solo significato, quasi una trinità.
In conclusione Dio ha creato il mondo perché si annoiava a non fare niente tutto il santo giorno.
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La tenerezza in foto

24 gennaio 2014 ore 21:32 segnala
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I predatori dell'unguento perduto

21 gennaio 2014 ore 14:49 segnala


Dopo mesi di scavo finalmente anche l'ultimo muro sarebbe stato abbattuto. Indiana Jones scese dentro la tomba egizia per dare il colpo di piccone definitivo che avrebbe permesso l'ingresso nella stanza dove si trovava la tomba che aveva cercato per tanti anni.
Secondo i suoi calcoli si trattava della tomba del grande sacerdote Resus, famoso alchimista vissuto durante il regno del faraone Ramses. Nei papiri venuti in suo possesso si affermava che, all'interno della tomba era custodito il grande segreto che Resus morendo aveva portato con sé. Un segreto che in vita gli aveva dato grandissima potenza tanto da essere temuto persino dal faraone in persona. Di più i papiri non dicevano.

La stanza era piccola e bassa con un forte odore di umidità. La tomba posta al centro recava delle incisioni. Indiana sollevò la torcia e la bocca gli si aprì in un largo sorriso. I geroglifici incisi sulla tomba non lasciavano alcun dubbio: si trattava proprio di Resus. Ad un suo segnale gli operai iniziarono a spostare con molta cura il coperchio del sarcofago. Il cuore di Indiana accelerò. L'adrenalina che gli scorreva in corpo era sempre la stessa di quando era giovane ed inesperto, segno che la passione che lo aveva animato in tutta la sua vita non era ancora scemata.

L'interno del sarcofago conteneva solo un mucchietto di cenere. Il corpo non era stato mummificato e quindi nulla era rimasto del grande Resus. La delusione si stava velocemente sostituendo all'euforia di pochi istanti prima. Tanto lavoro per nulla. Diede un ultimo sguardo all'interno prima di risalire in superficie e, solo allora, notò un lembo di papiro che fuoriusciva dal cumulo di cenere. Il papiro era molto rovinato, ma con infinita cura riuscì ad estrarlo senza che si sbriciolasse in minuscoli coriandoli. Lo poggiò sopra una lastra di vetro e lo ricoprì con un'altra lastra. Poi sigillò il tutto per impedire che l'aria potesse rovinare quel prezioso documento e risalì in superficie.

Il volo di rientro a Chicago fu del tutto tranquillo. Appena mise piede dentro casa si recò subito in biblioteca. Sulla sua scrivania erano ammucchiati diversi libri. Poggiò delicatamente la valigetta con il prezioso reperto sulla sedia e con un colpo di mano liberò la scrivania buttando a terra i libri che vi erano sopra. Aprì la valigetta e depositò sul tavolo il papiro racchiuso fra le due lastre di vetro. Con una lente di ingrandimento cercò inutilmente di decifrare i simboli. Provò allora a mettere il tutto sotto il microscopio elettronico. Miracolo dei miracoli: come per magia i simboli incisi sul papiro cominciarono a comporsi in una sequenza ben definita di formule chimiche. Indiana prese appunti. Dopo diverse ore aveva decifrato tutto il documento. La scoperta era sensazionale. Gli antichi egizi conoscevano la tavola degli elementi e sapevano scrivere formule chimiche meglio di uno scienziato dei nostri giorni.

Stanco per il viaggio e per lo sforzo di quella decodifica, Indiana verso le due di notte spense la luce e si andò a coricare lasciando tutto sulla scrivania. Il giorno dopo sarebbe andato dal professore di chimica e gli avrebbe fatto combinare tutti gli elementi della formula per vedere il risultato.

Nel buio della biblioteca una luce brillò, dapprima tenue poi sempre più fosforescente. In questa luminosità, i geroglifici del papiro presero a danzare e, balzando fuori dal vetro, iniziarono a mischiarsi. Ben presto sulla scrivania si materializzò una sostanza morbida e pastosa, di colore verde fosforescente. L'unguento prese a scivolare sulla scrivania come un lumaca strisciante. Giunto al bordo del tavolo si divise in tre rivoli e iniziò a gocciolare sul pavimento. Le prime gocce vischiose caddero su uno dei libri finiti per terra. Si trattava della Divina Commedia di Dante Alighieri. Il libro nella caduta si era aperto sull'inizio del Purgatorio. L'unguento colpì la figura della montagna che Dante scalò insieme a Virgilio.
Il secondo rivolo atterrò su un altro libro. Anche questo aveva delle figure. Il fluido verdastro si posò su una di queste colpendo la testa di un moro che strangola una donna riversa sopra un letto. Il libro era infatti l'Otello di W. Shakespeare e la figura rappresentava proprio Otello nell'atto di uccidere Desdemona.
Il terzo e ultimo rivolo colpì la copertina di un libro rimasto chiuso. Non vi era alcuna figura e l'unguento continuò il suo andamento strisciante e bavoso insinuandosi all'interno del libro. Il bagliore che aveva illuminato questa scena pian piano si affievolì e tutto tornò buio.

Verso le quattro di notte Indiana si svegliò in preda ad una tremenda fame. La fretta di rientrare e di tradurre quel papiro gli avevano fatto dimenticare che erano due giorni che non toccava cibo. Si alzò dal letto e scese giù in cucina. Aperto il frigorifero constatò il vuoto totale che regnava all'interno dello stesso. Solo nel cassetto dei formaggi riuscì a trovare dei rimasugli di gorgonzola rimasti lì appiccicati da chissà quanto tempo. Allungò due dita e raccolse il raccoglibile. Infilò le dita in bocca e assaporò con infinita gioia quella crema ormai divenuta rancida e putrescente. Si diresse verso la dispensa dove riuscì a trovare una scatola di biscotti scaduti e li ingoiò con voracità. Bevve infine un lungo sorso d'acqua dal rubinetto e si avviò su per le scale che conducevano verso la stanza da letto. Era giunto a metà della prima rampa quando sentì un rumore di mobili rovesciati e ansimi e gemiti provenire dalla biblioteca. Scese rapidamente i gradini e corse a prendere la sua fidata frusta. Qualcuno si era introdotto in casa sua, forse per rubare la preziosa reliquia. Giunto davanti alla porta della biblioteca, prese un lungo respiro e aprì di colpo l'uscio accendendo la luce.
La biblioteca non esisteva più. Al suo posto c'era un paesaggio grigio e montuoso. Due uomini con lunghe vesti osservavano un combattimento fra altri due uomini. Uno dei due era di carnagione scura, l'altro aveva i capelli lunghi, baffetti e pizzetto ed era armato di un fioretto con il quale tentava di sbudellare il moro, che, per sfuggirgli, girava intorno ad un letto dove una donna osservava la scena angosciata. Indiana, ripresosi dallo sgomento iniziale, fece saettare la frusta giusto in tempo per disarmare il giovane spadaccino che stava per dare la stoccata finale al moro.
“Buon Dio, ma voi chi siete e cosa fate nella mia biblioteca?” urlò con quanto fiato aveva in gola.
“Virgilio e Dante ai piedi del Purgatorio” rispose uno dei due uomini che osservavano il duello.
“Io sono Otello e stavo per uccidere la mia Desdemona se non fosse intervenuto questo pazzo ch'io non conosco.”
Il giovane, massaggiandosi la mano per il colpo di frusta ricevuto, si tolse il cappello e, fatto un inchino verso la bella Desdemona, rispose.
“Il mio nome è D'artagnan e stavo salvando questa dolce signora dalle grinfie di questo bruto. Ci sarei riuscito se non foste arrivato voi con la vostra frusta. Presentatevi affinché io possa sfidarvi in duello.”
Poi rivolgendosi a Virgilio e Dante aggiunse.
“Messeri vorreste farmi da padrini?”
Il cervello di Indiana stava per spappolarsi. Come era possibile che la sua biblioteca si fosse trasformata in un campo di battaglia? Non era razionale. Chiuse gli occhi e pensò
'Forse sto solo sognando e quando li riaprirò sarò nel mio letto e sarà stato solo un incubo.'
Quando li riaprì era tutto come prima anzi peggio perché D'Artagnan, recuperata la sua spada, si dirigeva a grandi passi verso di lui. Chiuse di colpo la porta e diede una doppia mandata. Mentre risaliva velocemente le scale udì i colpi sulla porta che quel guascone tentava di abbattere per poterlo raggiungere. Aveva appena varcato la soglia della sua stanza da letto per prendere la pistola che teneva nel cassetto, quando D'Artagnan si materializzò davanti a lui e con una precisa stoccata gli trafisse il cuore.

La mattina dopo verso le otto venne la governante. Indiana non l'aveva avvertita del suo rientro per cui lei, credendo che la casa fosse vuota, si diresse in cucina per riprendersi la coltura di funghi allucinogeni che aveva lasciato nel frigorifero il giorno prima. Il frigorifero era vuoto. Eppure li aveva lasciati lì la sera precedente, dentro il cassetto dei formaggi. Per maggiore sicurezza li aveva messi dentro una cucchiaiata di gorgonzola vecchio ed ammuffito che aveva in casa. Se durante il trasporto qualcuno l'avesse fermata non avrebbero di certo sospettato che dentro quella confezione di formaggio ci poteva essere uno degli allucinogeni più potenti al mondo. Tornata all'ingresso si accorse della valigia che Indiana aveva lasciato lì la sera prima. Salì le scale e cercando di non fare rumore aprì la porta.
Indiana giaceva per terra in una posizione scomposta. La donna soffocò un grido e si accovacciò sul corpo inerte dell'archeologo. Lo rigirò con cautela. Un filo di bava biancastra gli colava dalla bocca. Lo scosse delicatamente chiamandolo.
“Signor Jones, signor Jones.”
Indiana sbarrò gli occhi iniettati di sangue e balzò a sedere di colpo mandando a gambe all'aria la povera governante.
“Sono morto, sono morto!”
urlò Indiana.
“Ma no, non siete morto. State tranquillo fra qualche ora starete bene ma ora rimettevi a letto e dormite.”
Lo tirò su e lo riaccompagnò a letto. Gli rimboccò le coperte e scese giù per preparargli un caffè doppio. Passando davanti la biblioteca notò la porta sfondata. Diede un'occhiata veloce all'interno e restò sconvolta. Una sostanza verde e appiccicosa invadeva tutti i libri degli scaffali e dai libri uscivano personaggi in carne ed ossa. Vide Orlando furioso che menava a destra e a manca colpi con la sua durlindana, Don Abbondio che si inchinava ossequioso davanti ai due bravi, Cesare che varcava il Rubicone, Diogene tutto nudo che camminava dentro una botte, Cristoforo Colombo con le sue caravelle in un oceano in tempesta e tanti e tanti altri ancora.
Allucinazione o realtà? La verità sta scritta nella formula del papiro che ora giace in fondo all'oceano. Forse un giorno riaffiorerà dalle profondità marine insieme al capitano Nemo alla guida del suo Nautilus.

Questo post nasce da un gioco di scrittura praticato tra amici ed è un post "a tema" su elementi dati, suggeriti a turno dai vari partecipanti e pubblicati ogni 15 giorni sul blog del profilo Ilpassaparole. Sullo stesso blog potrete trovare, nei commenti, i link ai racconti degli altri partecipanti. E... siete invitati a partecipare anche voi!!!

http://www.chatta.it/community/ilpassaparole/
09421725-dbf9-46f5-91df-33a98ca520ff
« immagine » Dopo mesi di scavo finalmente anche l'ultimo muro sarebbe stato abbattuto. Indiana Jones scese dentro la tomba egizia per dare il colpo di piccone definitivo che avrebbe permesso l'ingresso nella stanza dove si trovava la tomba che aveva cercato per tanti anni. Secondo i suoi calcoli...
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21/01/2014 14:49:30
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S.M.S. virus

18 gennaio 2014 ore 20:57 segnala

S.M.S.
Sicura Morte Scrittura

C'era una volta un paese chiamato Grammatica della lingua Italiana.
I suoi abitanti erano divisi in tre tribù e ogni tribù era suddivisa in tanti clan: c'era la tribù delle vocali con cinque clan, la tribù delle consonanti con ventuno e la tribù dei segni d'interpunzione, detti anche caratteri speciali, con circa una quarantina di clan.
Presi singolarmente gli abitanti di Grammatica della lingua Italiana non sapevano esprimere alcun pensiero. Per loro era fondamentale riunirsi per potere comunicare delle idee sia astratte che concrete. La loro religione si basava sulla parola. I loro Dei si chiamavano uomini. Erano questi ultimi che creavano le parole e i vari clan si mischiavano fra di loro per formarle. Le singole tribù non comprendevano il significato del loro riunirsi, era un atto di fede. Loro si sentivano chiamare e automaticamente si allineavano uno dietro l'altro per formare parole che solo gli uomini riuscivano a capire.
C'erano delle regole da rispettare: p.es. Quando due N si trovavano vicine e da sole iniziavano a chiacchierare fra loro disturbando tutti gli altri, così si decise che era necessario che una O della tribù delle vocali si frapponesse fra le due N per NON farle parlare.
Un'altra regola serviva il clan delle C: erano troppo dolci con i clan delle E e delle I. In loro soccorso arrivò la H che le rese dure.
Vivevano felici e contente da tanto tempo ma un brutto giorno un virus prese a circolare nella Grammatica della lingua Italiana. Sembrava che gli Dei uomini fossero impazziti tutti quanti. Il virus venne denominato SICURA MORTE della SCRITTURA , il cui acronimo era S.M.S.
Le N si coalizzarono fra di loro ed espulsero le O e così NN ci fu più silenzio.
Le K che erano un piccolissimo clan iniziarono ad assassinare tutti i CH KE incontravano.
L'accento, un clan dei caratteri speciali, cadde colpito da questo virus mortale e attualmente pare essersi estinto dato che non E stato avvistato da molto tempo.
Anche l H versa in gravi condizioni sia per la prepotenza dei K sia XKE lo ANNO eliminato confiscandogli ogni suo AVERE.
Le ultime H rimaste, per il dolore subito, sembra che abbiano perso la favella e son diventate mute.
Riusciranno gli uomini a sconfiggere questo virus o SARA IL VRS A VNCR?
FH GJDJC FJDKCD!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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« immagine » S.M.S. Sicura Morte Scrittura C'era una volta un paese chiamato Grammatica della lingua Italiana. I suoi abitanti erano divisi in tre tribù e ogni tribù era suddivisa in tanti clan: c'era la tribù delle vocali con cinque clan, la tribù delle consonanti con ventuno e la tribù dei segn...
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