L’amore riesce ad infilarsi con la stessa disinvoltura in un ufficio postale di Canicattì o nel bel mezzo di una rivoluzione socialista.
Con la Storia, quella importante, che martella alle porte o in un tranquillo e anonimo pomeriggio di sole.
Nel cuore generoso e tormentato di un eroe o in quello ordinato e pacifico di un commesso di un negozio. Ed entrambi sono persi allo stesso modo. Il mio amore è uguale a quello di tutti gli altri. Non profuma di più, non vale di più degli altri.Il mio amore attraversa strade tutto il giorno, va al lavoro come quello di tutti.Il mio amore impreca qualche volta e barcolla,il mio amore suda come tutti e la sera gli dolgono i piedi.
Non è perfetto il mio amore se non nel fatto che esiste. Il mio amore è reale sì, ma come certe cose che non si possono toccare, è come una febbre, come le stelle, come le nuvole forse. Il mio amore è salito così tanto in alto che posso vederlo senza più toccarlo. Forse ne ho fatto un’idea, un sogno. Forse aspetto che si riempia di pioggia e che mi piova addosso con la furia di una tempesta, con la fretta di un temporale estivo. Sono lì che aspetto con i palmi rivolti verso il cielo cercando di raccogliere quanta più pioggia posso. Perché l’acqua non ha forma e sa assumere solo quella che gli dà il suo contenitore. Il mio amore potrebbe essere dovunque in questo momento, con chiunque. Perché non mi riconosce, non mi sta neanche cercando. Io l’ho già visto altre volte l’amore nei luoghi più improbabili. Era ad una fiera di paese una volta negli occhi competenti e affabili di un allevatore che guardava come un satiro quelli vacui e indifferenti di una vitella. Quell’uomo desiderava ardentemente acquistare quella vitella, possederla, marchiarla, farne una cosa sua. Dovevate vederlo quello sguardo nulla in meno di un Romeo, avrebbe pagato qualsiasi cifra per quell’animale.Non era il mio amore questo ma era il mio stesso amore. Cosa lo differenziava se non l’oggetto su cui riversava i suoi desideri?
Un’altra volta l’ho visto negli occhi di un anarchico così accecato dalla propria “missione”, da guardare con tutto l’amore di cui era capace la bomba che lo avrebbe fatto saltare in aria qualche minuto dopo, con la stessa devozione con cui si guarda un’ immagine sacra, una Madonna.
L’ho visto anche, l’amore, negli occhi di un assassino che aveva appena ucciso la propria donna per gelosia, la stringeva a sè con le mani ancora sporche della sua vita che sfuggiva e c’era nel suo sguardo come una pace, come fosse quasi felice di aver potuto dare a lei e a se stesso un finale preciso, un punto. L’amore l’ho visto anche negli occhi di un ragazzino che correva dietro una palla di stracci confuso in un nugolo di altri ragazzini tutti come lui eccetto per il fatto che loro avevano due gambe. Quell’amore è stato il migliore che io abbia mai visto, e che potrò mai comprendere, perchè era amore per la vita, malgrado quello che le avesse fatto. Il mio amore invece l’ho visto entrare in un locale fumoso una volta, di quelli con le luci al neon che cambiando colore sembrano cambiare anche i contorni alle persone. Io il mio amore lo trovai lì. Per pochi dollari potevi toccarle le tette. Aggiungendone pochi di più ,ti avrebbe chiamato col nome che preferivi sui sedili posteriori della tua macchina parcheggiata fuori. Andavo tutte le sere a ferirmi in quel locale con la sua indifferenza. All’inizio pensavo mi sarebbe bastato vederla per essere felice, era come per un bambino riuscire a placare la fame, o un pianto incompreso che viene consolato. Una succhiatina al capezzolo della sua dolcezza, qualche birra calda, noccioline stantie e molte cicche da spegnere male in posacenere troppo pieni. Sono andato avanti così un paio di settimane, mi trascinavo fino a quel locale, mi sedevo sempre allo stesso tavolo, che ormai lasciavano per me. Non parlavo con nessuno, non litigavo con nessuno. Volevo solo vederla. Facevo quasi automaticamente il percorso fino al locale, come certi cani che imparano a memoria dove preferisci portarli a pisciare. Così io ogni sera portavo la mia voglia triste e il mio desiderio stanco, disilluso, fino a lei. Fino a quel locale. Dovevo vederla, ne avevo una necessità fisica, ma non credevo di volere altro. Farmi chiamare Jack o Alfred sui sedili in finta pelle di una machina, che peraltro non possedevo, non mi interessava. Avrei preferito schiattare di crepacuore lì in mezzo a tutta quella gente, come certe donnine fragili nei romanzetti per signorine perbene di fin siècle, piuttosto che comprarla per poche ore. Le avrei messo più volentieri in mano il mio cuore ancora pulsante che 20 dollari chiedendole di seguirmi, e dove poi? Fino al primo sgabuzzino buio in cui avrei finto, con desiderio maltrattenuto, un acrobatico e frettoloso amplesso e lei invece non avrebbe neanche finto un piacere che non le davo? Così mi limitavo a guardarla, ogni sera. Che si dondolasse su un’ improbabile altalena vestita da angelo, in mezzo agli occhi avidi dei clienti o che si strofinasse con abilità contro un palo in mezzo al palco, godendo degli sguardi che le si fermavano addosso, insieme ai biglietti da 5 dollari, insieme alle mani callose, ruvide o a quelle morbide e umidicce. Ci tornai tutte le sere per un mese in quel posto dimenticato da Dio e neanche una volta le chiesi il suo nome. E neanche una volta lei domandò il mio. Speravo che il mio amore mi riconoscesse, come io avevo riconosciuto lui. E mi chiedevo come era possibile che non sentisse la stessa cosa? Che non le si seccasse la gola quando mi vedeva, che non le tremasse la voce quando mi guardava, che non sentisse un desiderio doloroso come lo sentivo io di prenderla lì davanti a tutti su un tavolo o contro una parete? L’ultimo giorno del mese lei non c’era. Sentii dentro me come un rumore di stoviglie che vanno in frantumi, o il crepitio di qualcosa che brucia in fretta, feci quello che avrebbe fatto chiunque con un po’ di dignità: presi la più grossa sbronza della mia vita e piansi come un bambino fino all’alba del giorno dopo. Come tutti gli innamorati, il cui sentimento egoistico tiene prigionieri, io ero infelice perché non sapevo dove cercarla, non sapevo neanche che nome invocare nella mia disperazione. Soltanto mesi dopo pensai veramente a lei. Pensai che dovevo essere felice di non averla trovata in quel posto a vendersi per pochi dollari. Pensai che forse la sua nuvola si era riempita d’acqua fino a non poterne più e adesso lei, il mio amore, era piovuta addosso a qualcuno che le seccava la gola per davvero e le fermava il respiro. Per un breve attimo sono stato felice di questo pensiero, forse non ero io il suo contenitore. * Considerazioni: Il mio amore è come una giostra di un luna park itinerante. Per poche monete chiunque può salirci e fare un giro, oppure guardarlo ballare e saltare come un vecchio orso ammaestrato, è talmente tanto tempo che quell’orso è lì dentro che neanche ricorda più i boschi a cui apparteneva e forse neanche sogna più o spera di poterci ritornare. Il mio amore ha la grazia di una ballerina minuta e soffocata da tutto quell’inutile tulle vaporoso indossato per far scena. A me invece piace soltanto l’essenziale bellezza dei suoi gesti, le chiederei di spogliarsi da tutto il resto e danzare per se stessa e basta.Il mio amore non vale molto ai suoi stessi occhi, non si regala per poco, ma si chiude in casa a sognare, forse è se stessa solo lì lontana dalle luci che deformano, dalle birre calde, dall’odore nauseante delle troppe cicche spente male.
Solo qualche volta qualcuno bussando piano alle sue finestre l’ha fatta sentire importante, l’ha fatta sentire necessaria. Ma è andato via per quel gioco strano di passi che fa il destino, per quell’ironico giro di walzer della vita. Il mio amore non si affaccia mai a quella finestra per paura. Paura che quel desiderio feroce di riavere quelle dita che bussavano piano contro i suoi vetri non si realizzi, paura che non venga più a cercarla. Così tiene socchiuse le gelosie della sua finestra, fa finta di niente lì dentro, fa altro, si tiene occupata. Ma ad ogni colpo di vento sui battenti sobbalza, lo sa il mio amore in cuor suo che sta di nuovo aspettando.
Il mio amore non ha un solo viso, una forma, una bocca. Non è solo del mio amore che parlo. E’ tutte queste cose che vi ho raccontato, è tutte queste storie, e queste persone così diverse, tutti noi siamo cuciti insieme come in un pacth work riuscito male, tutti siamo tenuti insieme dal filo rosso dell’amore. Di quello dato a piene mani, di quello ricevuto, di quello soltanto sognato, di quello andato in pezzi, di quello atteso, di quello finalmente ritrovato.