Favola (quasi) d'amore
25 febbraio 2008 ore 01:33 segnala
Era un amore “burlesque”quello che era toccato loro in dono. Forse qualcuno per ingannare il tempo, li aveva disegnati a matita sul bordo di un foglio, come una caricatura, uno schizzo veloce, con pochi, rapidi tratti. Li aveva disegnati incompleti, probabilmente perchè nel frattempo era arrivato il caffè che aspettava, quindi li aveva lasciati così. Senza sapere che a volte le idee prendono vita propria, affermano la propria volontà di esistere a prescindere dal fatto che qualcuno le neghi, le dimentichi, le ignori o volutamente le soffochi.
Uno di fronte all’altro i due disegni si guardavano per tutto il giorno, in mezzo a loro lo spazio bianco di un foglio che li separava.
Nell’immaginario di un disegno incompiuto, lo spazio bianco di un foglio può essere qualsiasi cosa, acquista una valenza simbolica, metafisica quasi, ma resta comunque sempre troppo bianco, quasi a marcare una distanza, a sottolineare un vuoto, una separazione, una barriera invisibile. Sarebbe bastato tracciare a matita un filo che univa i due personaggi per rendere il disegno più semplice. Sarebbe bastato far loro delle braccia, anche deformi o sproporzionate, che mimassero il gesto di un abbraccio, di un incontro per veder comparire sui loro visi un sorriso, sebbene a matita, sebbene non tracciato dal disegnatore.
Non si innamorarono subito i due disegni. Ma certe volte pensavano di essersi innamorati perché non avevano altro da guardare tutto il giorno. Come certe cose che hanno bisogno di tempo: la semina di un fiore, l’invecchiamento di un vino, la nascita di un figlio, fu proprio l’attesa a caricare di significato ogni più piccolo particolare. Restava a entrambi il dubbio doloroso che forse vivendolo realmente quell’amore solo pensato, messo alla prova con la vita vera, si sarebbe sfracellato come Icaro al suolo, avrebbe smesso di sembrare così perfetto, così speciale. Restava a entrambi il rammarico di non potersi realmente mettere alla prova, in tal modo il loro dubbio sarebbe rimasto intatto, idealizzato. Non lo avrebbero mai veramente saputo come sarebbero potuti essere fuori da quel foglio.
Il disegnatore distratto ad una delle figure aveva fatto con attenzione gli occhi, dimenticandosi tuttavia la bocca. Così essa poteva solo guardare da lontano l’altra immagine, è così che imparò ad amarla: senza parole. Perché il suo orgoglio non poteva ammettere quanto dolorosa pesantezza ci fosse nella loro distanza. L’altra figura era venuta fuori con l’aria passionale e triste di certi eroi da romanzo o da opera, dove la sensibilità si intrecciava indistinguibilmente a un certo senso della tragedia, del destino, della sopportazione. Qualcosa che rendeva quell’immagine disperata e forte allo stesso tempo, dolce e crudele, sensuale e distante.
Il loro era un amore burlesco perché dell’amore aveva tutti i sintomi, come di certe malattie che si manifestano, ma nessuno dei due voleva ammettere di essere malato, né cercava un rimedio per guarire. Semplicemente si lasciava consumare.
Era un amore burlesco perché dell’amore aveva tutti gli indizi, come accade nei delitti, ma mancava proprio il corpo del reato: l’amore consumato o almeno il suo cadavere, dov’era?
Dell’amore vero però aveva tutti gli inconvenienti, i malintesi, le conseguenze, la ridicolezza dell’esporsi, la facilità nel ferirsi, la sensazione di nudità senza l’altro. Eppure l’altro non c’era mai se non sul foglio, se non di fronte immobile e muto come un’icona, un idolo muto.
Era un amore burlesco perché come tutti gli amori era ridicolo, avrebbe suscitato il riso di una persona cinica e il sarcasmo del disincantato, avrebbe suscitato malinconia come certi clown durante il loro spettacolo fatto di una comicità pensosa. Certe volte pensavano di non esistere veramente, forse erano il sogno di un innamorato deluso o solo ombre di amanti clandestini proiettate sul muro dalla falsa luce della luna. La mimica delle ombre nel teatrino cinese del loro cuore era perfetta, era proprio quella dell’amore. Si muovevano come si conviene, eppure non c’era alcun copione da seguire, nessuna coreografia. Recitavano a braccio, ogni volta inciampando nella battuta dell’altro o muovendosi impacciati nello stesso silenzio che faticava a farsi parola.
Era un amore burlesco il loro perché era la caricatura a matita di un amore vero. Non potevano esserci baci, né le consuete promesse che si fanno gli amanti. Non avevano mani da intrecciare, né parole sottovoce e nemmeno sospiri. Era un amore senza corpo il loro, tutto interiore, tutto cerebrale, muto, immaginato. Non per questo però meno doloroso di un amore vero, e certamente molto più reale del disegno incompiuto che li intrappolava, senza neanche rappresentarli fedelmente.
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Era un amore “burlesque”quello che era toccato loro in dono. Forse qualcuno per ingannare il tempo, li aveva disegnati a matita sul bordo di un foglio, come una caricatura, uno schizzo veloce, con pochi, rapidi tratti. Li aveva disegnati incompleti, probabilmente perchè nel...
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