Quando ero bambina avevo un’amichetta che abitava nel mio stesso palazzo, era la figlia della nostra vicina di casa. Credo che non avessimo assolutamente nulla in comune eccetto l’età, ma questo bastava a giustificare il fatto che giocassimo di tanto in tanto insieme. Ero più spesso io ad andare da lei. Mi ricordo poche cose in realtà di quei pomeriggi e di quella casa. Ricordo per esempio una biscottiera rossa poggiata sopra la tv che io spostavo quasi con la telepatia dopo i cartoni al centro del tavolo perché significava che era ora della merenda.
Liana, era questo il nome della ragazzina, era già una vera signorina rispetto a me. Sedeva sempre composta, portava le treccine e sbuffosi vestitini pieni di volant. Aveva le lentiggini come Candy Candy e non alzava mai la voce. A dirla tutta non ero entusiasta all’idea di giocare con lei, anche se era sempre gentilissima con me. Ma mia mamma si fidava della nostra vicina e quando era al lavoro e voleva dare un po’ di sollievo a mia nonna mi invitava ad andarla a trovare. Non è che Liana non mi piacesse affatto, ma quei modi garbati e quel comportamento sottovoce mi facevano sentire fuori posto, inadatta. Liana possedeva un inquietante servizio da the di plastica rosa con i fiorellini bianchi, credo sia cominciata lì la mia avversione per questo colore.
Quando lo tirava fuori sapevo che ero spacciata, che mi toccava scimmiottarla, imitare i suoi modi da comare in visita di cortesia e “giocare ai grandi”. Quando tirava fuori il servizio di tazzine, automaticamente guardavo fuori dalla finestra sospirando, sperando in un segnale del cielo, nel soccorso di mio fratello, in una chiamata della nonna o estrema ratio nell’incendio della casa. Il mio principale compagno di giochi, il mio solo riferimento del concetto di bambino fino ad allora era sempre stato mio fratello. Per me era normale che i cuscini del salone fossero cavalli lanciati al galoppo, che il divano si trasformasse in una nave dei pirati, che dopo aver guardato insieme l’Uomo Tigre si facesse la lotta cercando di imitare la presa di Antonio Inoki. Io ero cresciuta con queste convinzioni, come poteva competere con tutto questo il servizio da the di Liana? Cercavo comunque di capire quale sottile piacere potesse procurare il versare un liquido inesistente, che tu fingevi di bere scambiandosi chiacchiere e convenevoli ugualmente inventati. Continuavo a pensare quale gusto ci fosse a “giocare ai grandi” se tanto grandi lo saremmo diventati comunque.
Pensavo anche che io ero l’eccezione e Liana la regola, perché non molto tempo dopo quando la mia conoscenza del concetto di Altri Bambini e del mondo si estese e io scoprii che c’erano eserciti di ragazzine con treccine e lentiggini di ordinanza come fosse una divisa e con lo stesso angosciante servizio da the in camera. Cominciai anche a pensare che c’era qualcosa di sbagliato in me se non apprezzavo queste raffinatezze. Così per molti pomeriggi accettai di buon grado di prendere il the con lei, volevo essere come tutte le altre bimbe, volevo entrare anch’io nell’èlite selezionatissima delle vere signorine. Tradì i giochi con mio fratello e le gare di corsa a chi arrivava prima al muro. Ma mi muovevo con la grazia di un pachiderma in quella stanza satura di un ordine maniacale, dopo giocato con ogni cosa Liana metteva immediatamente a posto ogni gioco nella giusta scatola e senza nemmeno che la mamma si affacciasse sulla porta con aria minacciosa. Avevo davvero troppe cose da imparare. Quella ragazzina mi angosciava. Poi un giorno capì tutto. Nei suoi giochi non esisteva mai l’imprevisto, l’avventura, il colpo di scena. Mai una volta il the le si rovesciava sulla tovaglia immacolata, mai una volta una piegolina turbava l’inamidata rigidità dei suoi vestitini. Liana non giocava affatto, Liana si preparava alla vita futura. Il suo era un rigido addestramento, una catechesi, una disciplina militaresca. A sei anni, mentre pettinava la sua Barbie SposaBella Liana mostrò di avere anche doti di chiaroveggenza e vaticinio. A sei anni, mentre io mi chiedevo se il giorno dopo non avrei dovuto farmi venire mal di pancia per non andare a scuola, lei stava tratteggiando nei minimi particolari, davanti alle mie orecchie incredule, il suo matrimonio. Aveva già deciso come sarebbe stato il suo vestito, che occhi avrebbe avuto suo marito,che pettinatura avrebbe esibito e, senza alcuna esitazione, mi elencò tre diverse qualità di fiori per il suo bouquet. L’unica concessione che fece alla propria infanzia fu immaginare il particolare di arrivare in chiesa su di una carrozza con i cavalli bianchi, ma ancora oggi penso con terrore che possa aver realizzato anche quell’idea. Perché mi è venuta in mente Liana in questo grigio pomeriggio di febbraio? Forse perché invidiavo e invidio solo una cosa a Liana. Non i suoi vestitini vaporosi, non la collezione di Barbie né tanto meno l’orrendo servizio old British in plastica rosa. La sola cosa che invidio a tutte le Liane del mondo è la capacità di pianificare fin nei minimi particolari le loro esistenze, di sapere con esattezza dove saranno tra 1 anno o tra 10, anche se non si avvererà come immaginavano ma hanno almeno la capacità di immaginarselo. Che si tratti della meta delle prossime vacanze, o di cosa cucinare per cena a Capodanno del 2012, di quanti figli avere e quando averli e con chi. Non è importante il contenuto dei loro progetti, che risulto alla fine banali come quelli di tutti noi. Non è il contenuto che mi interessava, la materia dei loro progetti ma è la modalità, è la capacità di formularli con tale incrollabile e feroce precisione, come Sun Tzu e l’arte della guerra, come strateghi, come investitori finanziari. Io non riesco mai a immaginare il mio futuro, non ci riuscivo a sei anni e non ci riesco ancora adesso. Ed è un mio grosso limite. Oggi è un limite che mi dà addirittura fastidio; non progetto mai perché la Vita è troppo imprevedibile e sfuggente, ma se non progetti mai ti limiti a vivere forse troppo un giorno per giorno, ti sfugge il gusto di immaginare. So che non voglio un servizio di the in plastica rosa, ma direi che non basta.