miracoli

24 giugno 2011 ore 15:53 segnala
Secondo alcuni autorevoli testi di tecnica Aeronautica,
il calabrone
non può volare, a causa della forma
e del peso del proprio corpo in
rapporto alla superficie alare.
Ma il calabrone non lo sa e perciò
continua a volare..
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Secondo alcuni autorevoli testi di tecnica Aeronautica, il calabrone non può volare, a causa della forma e del peso del proprio corpo in rapporto alla superficie alare. Ma il calabrone non lo sa e perciò continua a volare..
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24/06/2011 15:53:12
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lento lento

08 aprile 2011 ore 00:41 segnala
bisogna essere lenti....sentire la stanchezza...invidiare la magia dolce di chi inventa momento per momento la strada...andare col vento in una barca...andar lenti e conoscere le mille differenze della propria forma di vita...
io sono nato povero e sotto un cielo felice....
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bisogna essere lenti....sentire la stanchezza...invidiare la magia dolce di chi inventa momento per momento la strada...andare col vento in una barca...andar lenti e conoscere le mille differenze della propria forma di vita... io sono nato povero e sotto un cielo felice....
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L'ape inviperita

24 marzo 2011 ore 15:12 segnala
Inviperita
l'ape regina
cacciò la testa
...in un vespaio
tutto quel miele
...le dava nausea
La tenue fragranza
di un polline blasfemo
profumò l'istante
di quell'orgasmo inconsueto
L'impulsività del gesto
ne colse il respiro ultimo

Salsicce sul fuoco

23 febbraio 2011 ore 00:02 segnala





S'era tutti in campagna

E maggio era vergine e fecondo

Salsicce sul fuoco

E bianco fumo profumato

La damigiana di rosso cantava

I miei giovani giorni lampeggiavano

Generosi e smaniosi

Giocavamo ai pavoni

Come uccelli del paradiso

Sotto il pergolato

Rosina rideva mangiando

Ed un raggio di sole traverso

Scintillava sui morbidi peli

Come grano appena germinato

Sulle gambe sincere.

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S'era tutti in campagnaE maggio era vergine e fecondoSalsicce sul fuocoE bianco fumo profumatoLa damigiana di rosso cantavaI miei giovani giorni lampeggiavanoGenerosi e smaniosiGiocavamo ai pavoniCome uccelli del paradisoSotto il pergolatoRosina rideva mangiandoEd un raggio di sole...
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contatto

02 febbraio 2011 ore 22:06 segnala
Sguardo spettinato,
lacrime di piacere,
brividi e brina,
...fiamme in disordine.

Calze di rete,
pescano sguardi,
scaldano rapide
risposte proibite.

Vertigine lucida,
coraggio al pudore,
graffi nei timpani,
rimpianto e rumore.

Ritmo costante,
pelle sintetica,
corpi sospesi,
labbra curiose.

Termine estremo,
lago e vulcano,
caldo rifugio...
orgasmo spartano.
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Sguardo spettinato, lacrime di piacere, brividi e brina, ...fiamme in disordine. Calze di rete, pescano sguardi, scaldano rapide risposte proibite. Vertigine lucida, coraggio al pudore, graffi nei timpani, rimpianto e rumore. Ritmo costante, pelle sintetica, corpi sospesi, labbra curiose. Termine... (continua)
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quesiti

28 gennaio 2011 ore 15:39 segnala
Mi chiedi, ti chiedi, e non ci diciamo un bel nulla. Il discorso approfondisce il piacere di ascoltarci, paga il conto e ci rispedisce puntualmente al punto di partenza. Ognuno nella propria illusione di separatezza. Una domanda che ci insegue, persiste e ormai sappiamo che non andrà via. Non è mai andata via.

LA MERCE INVENDUTA PIANGE

27 gennaio 2011 ore 18:23 segnala
La merce invenduta piange


Io se fossi un pannolino avrei bisogno della merda di un bambino per esistere
perché la merce invenduta piange
e non capirei perché un bambino nella sua vita caga
migliaia di pannolini ma non me
che sono un pannolino normale come gli altri
con il mio codice a barre normale
sulla scatola.

E se fossi uno di quei cosi con la neve e con padre Pio
Penserei di essere meglio di un soprammobile di Giò Pomodoro perché
Tutte le merci sono uguali di fronte a Dio
E starei male a essere messo in vendita
Alla Stazione centrale di Milano
In un angolino della vetrina del tabaccaio
tra un cazzo finto e un portasigarette di plastica con lo stemma del Milan
languendo per giornate deriso
perché la merce invenduta piange.

Io conosco il dolore delle pile dei sacchi della spazzatura nascosti dietro le scope
nel reparto casalinghi
del supermercato, sacchi della spazzatura
verdi un tempo imposti per la raccolta differenziata dal comune e adesso
negletti e impolverati, decaduti
plastica più sola di un’anima a marcire.

E conosco quel senso così umano
di imbarazzo solo nell’esserci, nell’invadere lo spazio
dello sguardo di una casalinga frettolosa di certe
imitazioni di creme per il volto famose
che non sanno perché ancora stanno lì esposte
come due anziani che si stringono su una panchina al parco
il giorno prima di morire.

Io conosco il dolore della “gelatina per dolci
già detta colla di pesce” sommersa
da bustine di lieviti Bertolini e sacchetti di zucchero in scaglie per le guarnizioni.
Lo conosco e se io fossi lei mi chiederei perché
sono una “gelatina per dolci già detta colla di pesce”
e non, ad esempio, una fulgida appetitosa scatola
di mezzo chilo di mezze penne Barilla,
di quelle che si vendono a migliaia
nei supermercati di tutto il mondo.
Io penserei questo tutto il giorno e continuerei a piangere
perché la merce invenduta piange
e il suo dolore è tanto simile al nostro
biologico stare sul mercato fino a che c’è domanda
fino a che l’articolo che siamo non deperisce

come un diplomato di 52 anni alla ricerca del primo lavoro
come un corridore automobilistico amputato

oppure esattamente come una ragazza in Giappone
che a 25 anni nessuno l’ha sposata
è fuori catalogo
inutile
imbarazzata sugli
scaffali della vita raggelata miscela
Leone scaduta nel reparto
caffè o sugo di cinghiale con l’etichetta scollata,

scatola di sale dietetico schiacciata.

lycra

25 gennaio 2011 ore 23:25 segnala
A nulla vale
l'accoppiamento insano
ma
rovistami il cuore
copri la luce al neon
...con la lycra delle mie calze
indaga piano
con la punta delle dita
della tua lingua aratro
stasera mi porto l'odore.

Un'alba

01 novembre 2010 ore 13:20 segnala
Com'è spoglia la luna, è quasi l'alba.
Si staccano i convogli, nella piazza
bruna di terra il verde dei giardini
trema d'autunno nei cancelli.
È l'ora fioca in cui s'incide al freddo
la tua città deserta, appena un trotto
remoto di cavallo, l'attacchino
sposta dolce la scala lungo i muri
in un fruscìo di carta. La tua stanza
leggera come il sonno sarà nuova
e in un prato da campagna al sole
roseo d'autunno s'aprirà. La fredda
banchina dei mercati odora d'erba.
La porta verde della chiesa è il mare
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Com'è spoglia la luna, è quasi l'alba. Si staccano i convogli, nella piazza bruna di terra il verde dei giardini trema d'autunno nei cancelli. È l'ora fioca in cui s'incide al freddo la tua città deserta, appena un trotto remoto di cavallo, l'attacchino sposta dolce la scala lungo i muri in un...
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Inverni

01 novembre 2010 ore 02:28 segnala

Ci sono inverni che non cadono e non finiscono mai come guanciali aperti sopra la menzogna del sonno, inverni miserevoli, inverni nemmeno iniziati in cui le foglie cadono pesantemente a terra come pietre miliari, alberghi in cui tutto trema e tutto si dissolve in un peregrino passaggio verso la notte, così noi ci siamo inalberati e nella nostra nudità di esseri siamo finalmente fuggiti con la bramosia della vita per stare soli, mentre la pazza della porta accanto ancora occhieggia dietro la grata oscura di quel silenzioso albergo dove le tendine basse i preti frettolosi e i borghesi ansimano sul pavimento scuotendo l'interno, e la polverosa strada della via.