Il mio passato era talmente malinconico , talmente da film , da sceneggiato che non potevo assolutamente morire portando tutto quello con me senza ricavarci una ricompensa.
Incominciavo a sentire qualcosa, qualcosa che mi diceva che non potevo andare avanti senza farmi conoscere in qualche modo ma chissà in quanti avevano lo stesso pensiero.
Chissà, magari tutte quelle quattro persone in metropolitana sedute l'una accanto all'altra pensavano di essere diversi, speciali e unici.
Mi rendevo conto di far parte dello stesso gruppo di merda e forse il segreto stava solo nel far brillare la propria merda e venderla come oro.
Sentivo una rabbia , una rabbia da spargere ovunque.
Volevo raccontare di mia madre , di quanto la detestavo e di come si arriva a quel punto di non ritorno, volevo che anche il più sempliciotto di fronte al mio odio abbassasse la testa e mi avesse dato ragione piuttosto che liquidare il tutto con " ma è pur sempre tua madre ".
Volevo raccontare di mio padre che cercava di recuperare anni di assenza , apprezzavo ma non riuscivo a ricambiare ma con lui non ero arrabbiata. L'avrei abbracciato dicendogli che mi spiaceva di non riuscire a volergli bene nonostante avesse un conto alla rovescia sulla sua testa.
Volevo raccontare della mia merda ma non come sfogo, non ero più un'adolescente , volevo riprendermi una specie di rivincita.
Barattare il mio passato con un futuro migliore.
Desideravo creare un personaggio su carta, orribile e cinico a cui la gente volesse bene. Oppure più personaggi, donne possibilmente, diverse molto diverse dalle classiche eroine delle favole , volevo personaggi distrutti che poi si costruivano da soli.
Poi però la vita mi rimetteva al mio posto e mi faceva comprendere che ero come il passante che si credeva unico e speciale che mi passava accanto.
