
Pioggia di primavera, fresche gocce, furbe inquisitrici solleticano i capelli e la pelle nuda, assecondano movimenti, superano dislivelli, riempiono piccole cavità, lavano via il sudore e il sangue.
Sul prato di margherite la spada, l'elmo, la corazza, i guanti, le mie lacere vesti. Sul sentiero per essere trovate, ogni briciola di sofferenza e rancore, benessere e gioia che ho lasciato cadere per essere l'avida terra umida, l'usignolo innamorato e il suo canto, il carico e la generosità della formica. Ogni briciola di carne ed anima che ho riconquistata, strappandola alla terra, all'usignolo e alla formica per essere come fragrante pane tra le tue forti, sapienti mani, tra le tue provocanti labbra. Per godere della tua fame, delle tue voglie, per gustare il tuo sapore, per saziarti di dolce, capricciosa impudenza. Bocconi di passione, morsi e gemiti, il nostro pasto consumato tra l'erba bagnata, il frastuono della guerra e ululati lontani, i ricordi e il presente.
Ai margini del bosco, del sogno, della follia, lupi di noi stessi; giorno dopo giorno, secolo dopo secolo, vincitori e vinti, aguzzini e vittime, rivali e complici. Ancora e sempre prede dell'immutabile natura dell'amore, dell'indissolubile legame, dell'atavica scintilla, implacabile fuoco della vita.