E poi ricomincio: creo turbini, aspetto la quiete.
Mi perdo nel profumo caldo come faccio con le nuvole di fumo di sigaretta che espiro dalla bocca sempre con la stessa potenza.
La stessa dose, la stessa distanza da coprire.
Soffio via e, insieme, ubbie, che resto a guardare mentre distrattamente spero vengano disperse dal vento senza lasciare traccia.
Temo sia una malattia.
Dalla quale non so se voglio guarire.
Nella mente il caos si dipana lungo labirinti di siepi ghiacciate entro cui mi aggiro furtiva.
So che c'è una via d'uscita che non mi importa di seguire.
E scopro di avere misure solo mie.
Del tempo, dei sentimenti, delle attese, delle parole, della voglia di capire, trattenere, fuggire.
Sempre autentiche, mai nel giusto mezzo, e quandanche nette mai nitide.

Io voglio tutto.
E lo voglio come dico io.
E se non posso averlo, preferisco niente.