Un rosso di papaveri che mi lascia smarrito…

17 agosto 2009 ore 22:56 segnala


Mi  tocchi con la sapienza antica di un bucato di cenere.                                                                                       Del lino dolce che distendi sopra il cielo come vele.
E io che non so niente che ho appena quattro piume credo che lì sia il mondo
E mi batte così forte il cuore che tu l’ascolti con la punta dell’ala e poi sorridi.
 
Mi tocchi con la sapienza antica del pane.
Delle piccole mani dolci come nidi  che lo impastano lo fanno lievitare.
In un silenzio di celesta.
Di grani di rosario.
Io faccio il gioco dei colori e per farti arrabbiare dico che sei di un violetto sbiadito
Però lo so sei bianco.
Bianco come il latte.
Come un fiocco misterioso di cotone.
Poi somigli un po’ all’azzurro perché lo so che rubi pezzi di cielo perché tua madre
con la pazienza di una santa possa cucirti i calzoncini nuovi.
Tingerti i sandali consumati con l’occhio.
Io dal mio stelo di petali mi piego su di te e rido.
Un rosso di papaveri che ti lascia smarrito…
 
Mi tocchi con la sapienza antica del sale.
Delle vele che raccolgono il vento.
Il mare.
Mi porti il gioco dei gabbiani sul filo dell’acqua.
Il bianco degli ossi di seppia.
Segui il mio sonno come un attento guardiano perché lo sai che è l’orlo delle ciglia il mio confine.
Là dove sotto la palpebra il fondo di me comincia.
In una trina di sirene.
D’oro.
Di meduse bambine dolci come gocce d’acqua.
 
Mi tocchi con la sapienza antica dei lunghi corridoi dove i tuoi passi di zoccoli bianchi lasciano un filo di amorevoli cure.
Di  carezze non date.
Con la trama dolcissima di agonie misteriose distese tutte nel palmo della mano che tu conservi come pietre preziose.
Col sudore .
Col sangue.
Che nelle vene ha percorsi inesplicabili che tu non rinunci a seguire.
Come sono bianche le tue braccia Nausicaa…chissà se con la punta dell’ago troverei  il rosso
del sangue…
Io rido...No tu cerchi la via lattea e con la punta dell’ago sentiresti il respiro delle stelle.
Come è dolce il tuo cuore di gazzella….è il tuo cuore capisci….è il tuo cuore…
E lo dici con un tale sgomento.
E i tuoi occhi sono così liquidi e fondi che ci potrei annegare.
Ma mi scivolano sul palmo della mano come lacrime…

Ecco….raccolgo il tuo cuore.
(Fillide)

Un padre

23 maggio 2009 ore 23:44 segnala
Ciao...

tra poco avrai 16 anni....ricordi quando io ero....il tuo babbo?

Quando, uscito dall’ospedale quella notte....disteso a pancia sotto tra il palmo della mia mano e la metà dell’avambraccio davi fondo a tutta la tua vitalità.....piangevi a dirotto forse in preda alle colichine d’aria...o forse ancora....non accettavi che questa strana natura ti avesse strappato da quel caldo ed ovattato mondo che era la pancia di mamma, nel quale avevi sguazzato felice come un pesciolino assoluto Re del suo mondo?

Ricordi quando....imbracato sulle mie spalle...osservavi dall’alto che ancora non ti competeva, le bellezze del mondo: il cielo azzurro, gli alberi maestosi, i cavalli alla rete venuti a farsi accarezzare il muso....e tutto era sorpresa ed emozione espressa con risate davvero felici?

Ricordi quel librino con una favola che non riuscivi a mandare giù! Quel soldatino di piombo zoppo che visse l’amore più tenero per una bellissima e leggera ballerina di carta finiti insieme nel fuoco.... per quell’amore fusi insieme in un cuoricino....e tu, sensibile tra i sensibili, con le tue manine che appena afferravano cose, riponesti con cura il librino sopra le immondezze gettate nel sacchetto della spazzatura?

Ricordi quel Babbo Natale con la barba storta che assomigliava tanto al tuo nonno ma...non era...non era!

Ricordi le tue attese di piccolo eroe incompreso....seduto in panchina a bordo campo in un giacchettone dalle cui maniche non spuntavano mai le tue mani.....guardavi verso me sperando nel tuo turno in campo...ed io ti sorridevo, ti strizzavo l’occhio, alzavo il pollice per dirti...OK, OK.....e soffrivo della tua delusione.....?

Ricordi i lunghi inverni quando a sera seduto a tavola ti servivo pietanze cucinate per stimolare il tuo appetito....e i vetri della finestra si coprivano di vapore....e parlavamo, ridevamo o subivi i miei paterni sermoni per il tuo votaccio a scuola?

E le estati passate in riva al mare steso  tra le mie gambe mentre la schiuma fresca delle onde marine ci ricopriva e rideva con noi e poi....stanchi e salati tornavamo a casa tra un concerto assoluto di cicale mentre il mare di lontano ci salutava col suo blu profondo?

Ricordi il giorno che...mi  vedesti partire da casa con la macchina piena delle mie cose....e non capivi....e ..... probabilmente ........ mai capirai.....

Ero il tuo babbo.....

Oggi.....sono tuo padre.

Idolatria di se stessi

07 aprile 2009 ore 16:52 segnala

Mentre ci adoperiamo, idolatri di noi stessi, nella ricerca di un benessere fatto di cose che ci riempiono gli occhi, la pancia e le case.....mentre i problemi nazionali ed  internazionali sono...l'indice Mibtel, la crisi delle borse asiatiche, il caro vita, la moralità o l'immoralità degli pseudo abitanti della casa del Grande Fratello....mentre si susseguono le saghe dei G (3,6, 7, 8) e c'è chi esalta i "grandi della terra", chi li ostenta con violenza....mentre si appresta la bella stagione e il riprendere battente degli sbarchi disperati a Lampedusa......mentre dell'Iraq, dei suoi centinaia di migliaia di morti, dello Tsunami ormai nessuno si ricorda più......decretato l'oblio dal potere mediatico di CNN, Rai, Roiter e di tutte le altre voraci bocche che divorano informazione e sputano brandelli di carne ed ossa ormai dissanguati......la natura ci riporta alla nostra vera identità........"POVERE FORMICHE OPERAIE IN BALIA DEL COSMO"........se davvero non perdessimo questa consapevolezza, come le formichine probabilmente ci sembrerebbe normale, naturale ridimensionare la nostra identità e il nostro posto nell'universo....con un anelito di solidarietà costante che non emerge solo in concomitanza dei grandi disatri.

 

LA BELLEZZA

23 marzo 2009 ore 23:40 segnala
Non di solo pane...... .....citando un famosissimo verso della bibbia che al di là della motivazione religiosa imprime un senso profondo di saggia riflessione sull’esistenza mi domando se camminando per strada ci sentiamo appagati dal semplice guardare  o se invece tutto istantaneamente non venga mediato dal sitema di valori cui ognuno di noi fa riferimento. Quando osserviamo ciò che riteniamo "bello" per quanto tempo riusciamo semplicemente a guardarlo prima che il complesso riferimento ai propri valori non cerchi di approfondire il significato dell’immagine che riceviamo....30 secondi? ....forse meno? E vi sono valori acquisiti come imposti dall’esterno, piuttosto monotematici e riduttivi nel senso del diverso....e lo sappiamo....ma sfuggirgli è faticoso, richiede continuamete uno sforzo di riflessione, come se rivolgendoci verso una finestra per guadare fuori e vedere nitidamente i dettagli esterni ci toccasse ogni volta scanzare il velo di una tenda....alla fine ci si stufa e si accetta di guardare le cose in modo offuscato....e ci si convince che quello è il massimo dei dettagli che possiamo acquisire. No, non è affatto distorcente ed ipocrita cercare la bellezza al di là dell’estetica anzi, è il contrario.....ma è faticoso farlo sempre....tuttavia........"Non di solo pane vive l’uomo....."

Stella Morente

18 febbraio 2009 ore 01:49 segnala
STELLA MORENTE

 

A sera all'imbrunire

quando i cittadini di strade e uffici,

di ospedali e tram

quando i cittadini di questo mondo

che cammina e non si ferma mai

che dimentica tutto in fretta

che brucia amore

come le caldaie del Titanic bruciavano carbone

e scansa iceberg ma non trova porto …

spettro tra le nebbie nei mari del nord.

Queste anime irrequiete in cerca di un Itaca

sfilata ogni notte in segreto dalla sua tela

mentre nei cuori senza cera nelle orecchie

cantano le sirene incessanti, ammaglianti.

Quando, cittadini di questo universo

assolto ed evoluto in materia pulsante

esplosi in mille voci stridenti

profuse da radiotelescopi

in ascolto di una NOVA

stella morente ….

e tutto vive

e tutto tace

e tutto, tutto

diventa ancora.....

LEI!

 

OTTOLUX’09

Corri verso il mare sentirai cantare.....

12 febbraio 2009 ore 18:36 segnala

......è alta nel cielo la musica che ci hai dato tu
e nessuno può più cancellare
e mai più dimenticare... adesso...
corri verso il mare sentirai cantare
questa musica dolce che non morirà mai
E ancora... la tua forza è il mare libero senza catene.......

A tutti coloro che amano il mare.....

che amano la poesia e la forza che esso emana....

A tutti coloro che ascoltando il mare sanno ricordare...

A tutti coloro che hanno conosciuto la mia città...

....dedico questa musica.....


 

L'amore è stupendo....

10 febbraio 2009 ore 01:57 segnala

.... ma l’amore, che della vita è il figlio maggiore non è mai certezza....è  anche ....mistero. Quando un amore finisce ci si attorciglia in mille riflessioni, cento analisi...spesso si trova il modo di ferire, lasciarsi ferire e ferirsi....spesso ci si auto incolpa, o non si può fare a meno di andare a scovare  cause intellettualmente sofisticate, filosofiche o sociali circa la natura umana.....ma qualcosa sfugge sempre al tutto, qualcosa nella comprensione della fine di un amore non trova mai compimento nella consapevolezza....l’amore è un mistero, come figlio maggiore della vita, che ha un inizio ed una fine, anch’esso misteriosamente finisce in un modo che nessuno e niente possono decretare...se non lo stesso amore. Aggiungete  questa consapevolezza alla vostra riflessione....è il dono che ho ricevuto dal dolore per un amore finito dopo tanto vagare in cerca di un perchè.

 

Vedo che la morte si ispira alla carne

che la luce martella di leggero.

In queste donne sporte sulla freschezza

veemente dell’illusione,

in loro – avvolte dal loro roseto di fiamma –

vedo i mesi che respirano.

I mesi forti e pazienti.

Vedo i mesi assorbiti dai mesi più giovani.

Vedo il mio pensiero che muore nella scoscesa

tenebra delle donne.

E dico: loro cantano la mia vita.

Queste donne strangolate da una bellezza

incomparabile.

Cantano l’allegria di tutto, la mia

allegria

dentro il grande dolore maschile.

Queste donne rendono felice e vasta

la morte della terra.

Esse cantano l’eternità.

Cantano il sangue di una terra esaltata

 

Herberto Helder

Voglio spezzare una lancia!

04 febbraio 2009 ore 18:59 segnala

Voglio spezzarla in favore della mia professione!!! Dopo una dura mattinata di lavoro mi sento così....come la mia collega della foto: DELUSO! Dopo anni di preparazione ed esperienza.....anni di lavoro speso accanto alla sofferenza....perchè questa è la mia identità professionale, alla fine fusa con la mia identità personale.....mi sento come canna sbattuta al vento da un'organizzazione sanitaria che ci relega come operatori ai margini decisionali.

Dopo anni di lavoro e passione spesa mi sento come canna sbattuta al vento davanti all'idea distorta ed autolesionistica che la gente comune ha dell'infermiere....."insensibili scaldabanchi"....giustificata da una politica di indifferenza che ci snobba e ci rende durissima la vita.

Dopo anni di gesti e sguardi accompagnati da competenza e rischio professionale disconosciuto....mi sento come canna sbattuta al vento....eppure....chi verrebbe in un ospedale senza infermieri?

Perdonate lo sfogo.

Il branco brucia un uomo

02 febbraio 2009 ore 20:08 segnala

Di chi sono figli?.......facile fuggire....eppure, i nostri figli li vediamo...a volte distanti, distratti....annoiati di vivere, indifferenti all'amore. A volte non vogliamo vedere, non vogliamo sentire....il compagno col temperino, l'amico che si riempie di Happy Hour, la fidanzatina che parla di suicidio. E noi li proteggiamo...li invitiamo spesso ad allontanarsi dal pericolo e non pensarci più...a non denunciare.....a farsi gli affari propri...e la coscienza cresce.... orfana di civiltà.

 

Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l'inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno li a guardare (Albert Einstein).

 

 

ODE ALLA PACE

 

Sia pace per le aurore che verranno,
pace per il ponte, pace per il vino,
pace per le parole che mi frugano
più dentro e che dal mio sangue risalgono
legando terra e amori con l’antico
canto;

e sia pace per le città all’alba
quando si sveglia il pane,
pace al libro come sigillo d’aria,
e pace per le ceneri di questi
morti e di questi altri ancora;
e sia pace sopra l’oscuro ferro di Brooklin, al portalettere
che entra di casa in casa come il giorno,
pace per il regista che grida al megafono rivolto ai convolvoli,
pace per la mia mano destra che brama soltanto scrivere il nome
Rosario, pace per il boliviano segreto come pietra
nel fondo di uno stagno, pace perché tu possa sposarti;
e sia pace per tutte le segherie del Bio-Bio,
per il cuore lacerato della Spagna,
sia pace per il piccolo Museo
di Wyoming, dove la più dolce cosa
è un cuscino con un cuore ricamato,
pace per il fornaio ed i suoi amori,
pace per la farina, pace per tutto il grano
che deve nascere, pace per ogni
amore che cerca schermi di foglie,
pace per tutti i vivi,
per tutte le terre e le acque.
Ed ora qui vi saluto,
torno alla mia casa, ai miei sogni,
ritorno alla Patagonia, dove
il vento fa vibrare le stalle
e spruzza ghiaccio
l’oceano. Non sono che un poeta
e vi amo tutti, e vago per il mondo
che amo: nella mia patria i minatori
conoscono le carceri e i soldati
danno ordini ai giudici.
Ma io amo anche le radici
del mio piccolo gelido paese.
Se dovessi morire mille volte,
io là vorrei morire:
se dovessi mille volte nascere,
là vorrei nascere,
vicino all’araucaria selvaggia,
al forte vento che soffia dal Sud.
Nessuno pensi a me.
Pensiamo a tutta la terra, battendo
dolcemente le nocche sulla tavola.
Io non voglio che il sangue
torni ad inzuppare il pane, i legumi, la musica:
ed io voglio che vengano con me
la ragazza, il minatore, l’avvocato, il marinaio, il fabbricante di bambole
e che escano a bere con me il vino più rosso.
Io qui non vengo a risolvere nulla.

Sono venuto solo per cantare
e per farti cantare con me.

Pablo Neruda

NON COINVOLTO

01 febbraio 2009 ore 10:33 segnala

A tutti coloro che si sentono dei....NON COINVOLTI, da non credente cito questi versi tratti dall'Apocalisse:

 

Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca”.