Post che potrebbe narrare di un torbido passato da serial killer, di incubi da eccessi alimentari o di conseguenze di abusi di sostanze psicotrope. E invece come al solito si parla di tutt'altro. In un certo senso, una riflessione filosofica sull'arte di trovarsi in posti sbagliati al momento sbagliato. Non dovevo essere lì. Non avrei dovuto essere lì.
Sono in un piccolo supermercato, va bene ? Sono entrato in quel supermercato per tutt'altro motivo che fosse fare la spesa, e non è rilevante quale fosse quest'altro motivo. Se fosse che le cassiere sono molto carine ed entro appositamente per occhieggiarle, sarebbe un motivo rilevante e non avrei problemi a dirvelo, quindi smettetela di malignare. Non è così. Non nel senso che non sono carine, anzi. Fatto sta che uscendo passo davanti ad una scansia e vedo una fila di bottiglie di vino, è la stagione giusta, una giornata grigia. Mi viene voglia di prenderlo, e lo prendo. Non ho il carrello, figuriamoci, e nemmeno il cestino. Cambio l'itinerario solito e mi dirigo verso le casse.
Ci arrivo da una corsia perpendicolare, mentre in diagonale arriva una signora col suo carrello. Alla cassa, un'altra signora sta finendo di riempire le sporte e si accinge a pagare. La signora in diagonale arriva una frazione di secondo prima di me. Ci fermiamo. Sventolo discretamente la mia unica, singola, leggera bottiglia di vino. Messaggio subliminale da parte mia, "Ho solo questa, signora, una stramaledetta bottiglia, e ho i soldi contati. Non perderò nemmeno tempo col Bancomat, ci metterò cinque secondi, giusto il tempo di battere lo scontrino. E lei signora non mi farà stare qui ad aspettare lo svuotamento del suo fottutissimo carrello strapieno, vero ?". Messaggio subliminale da parte della signora, "Me ne frego". E appoggia senza alcuna pietà un vasetto di marmellata di bacche del Nagorno-Karabath sul nastro della cassa.
E io sento un velo grigio striato di rosso scendermi attorno guardando quanto cazzo di roba ha la tizia nel carrello. Comincia il lento trasloco di guanti per doccia in pelo di yak, succo di mirtilli di Orione, farina di segatura di abeti canadesi, ricotta di capra albina con due lauree. Ma non è tutto qui. Scopro che le due signore si conoscono, sono insieme, e la prima proprio lì alla cassa ha avuto un buono sconto che però deve spendere tutto oggi superando un determinato importo. Nasce quindi un dibattito tra le due su come ripartire la spesa della seconda caricandola sulla prima in modo da usufruire del buono sconto. Il conteggio si rivela complesso.
E nel velo rosso-grigio sgocciolante odio in cui sono immerso, lo spirito di Jack lo Squartatore si materializza davanti alle casse d'acqua ed entra lentamente in me. E mentre vi guardavo con aria assente spostando gli occhi dall'una all'altra, voi forse pensavate che stessi seguendo i vostri discorsi sulla differenza di ventun Euro per raggiungere la soglia dello sconto. No, signore mie. Non ero interessato allo sconto. E il conto che stavo facendo non era per niente quello. Le mie nocche bianche che stringevano spasmodicamente il collo della bottiglia avrebbero dovuto rivelare qualcosa. Non vi è passato nemmeno per l'anticamera del cervello che quell'uomo alto con la barba e il giaccone verde stesse facendo una conta da bambini (1) per decidere a quale delle due fracassare per prima la testa a bottigliate, e meno ancora che stesse riflettendo sull'angolazione da dare ai colpi in modo che gli schizzi di sangue, Pinot Nero e materia cerebrale non raggiungessero la cassiera.(2)
Sarebbe stato un movimento circolare, una leggiadra elegante danza appoggiata prima su un piede poi sull'altro, col rumore sordo di ossa craniche che si frantumano. Ma prima che la danza abbia inizio un rumore secco mi ferma, e vi salva la vita. Il tonfo leggero della barra "Cliente Successivo" sul nastro. Che a prima vista per te, signora, separa l'ammasso di schifezze vegano natural dietetiche che hai comprato dalla mia solitaria bottiglia. Ma in realtà separa ben altro. Separa vita e morte. Mentre Jack lo Squartatore esce dal mio corpo, scuote la testa al mio indirizzo, indica la bottiglia, mormora "prosit" e scompare.
Sono in un piccolo supermercato, va bene ? Sono entrato in quel supermercato per tutt'altro motivo che fosse fare la spesa, e non è rilevante quale fosse quest'altro motivo. Se fosse che le cassiere sono molto carine ed entro appositamente per occhieggiarle, sarebbe un motivo rilevante e non avrei problemi a dirvelo, quindi smettetela di malignare. Non è così. Non nel senso che non sono carine, anzi. Fatto sta che uscendo passo davanti ad una scansia e vedo una fila di bottiglie di vino, è la stagione giusta, una giornata grigia. Mi viene voglia di prenderlo, e lo prendo. Non ho il carrello, figuriamoci, e nemmeno il cestino. Cambio l'itinerario solito e mi dirigo verso le casse.
Ci arrivo da una corsia perpendicolare, mentre in diagonale arriva una signora col suo carrello. Alla cassa, un'altra signora sta finendo di riempire le sporte e si accinge a pagare. La signora in diagonale arriva una frazione di secondo prima di me. Ci fermiamo. Sventolo discretamente la mia unica, singola, leggera bottiglia di vino. Messaggio subliminale da parte mia, "Ho solo questa, signora, una stramaledetta bottiglia, e ho i soldi contati. Non perderò nemmeno tempo col Bancomat, ci metterò cinque secondi, giusto il tempo di battere lo scontrino. E lei signora non mi farà stare qui ad aspettare lo svuotamento del suo fottutissimo carrello strapieno, vero ?". Messaggio subliminale da parte della signora, "Me ne frego". E appoggia senza alcuna pietà un vasetto di marmellata di bacche del Nagorno-Karabath sul nastro della cassa.
E io sento un velo grigio striato di rosso scendermi attorno guardando quanto cazzo di roba ha la tizia nel carrello. Comincia il lento trasloco di guanti per doccia in pelo di yak, succo di mirtilli di Orione, farina di segatura di abeti canadesi, ricotta di capra albina con due lauree. Ma non è tutto qui. Scopro che le due signore si conoscono, sono insieme, e la prima proprio lì alla cassa ha avuto un buono sconto che però deve spendere tutto oggi superando un determinato importo. Nasce quindi un dibattito tra le due su come ripartire la spesa della seconda caricandola sulla prima in modo da usufruire del buono sconto. Il conteggio si rivela complesso.
E nel velo rosso-grigio sgocciolante odio in cui sono immerso, lo spirito di Jack lo Squartatore si materializza davanti alle casse d'acqua ed entra lentamente in me. E mentre vi guardavo con aria assente spostando gli occhi dall'una all'altra, voi forse pensavate che stessi seguendo i vostri discorsi sulla differenza di ventun Euro per raggiungere la soglia dello sconto. No, signore mie. Non ero interessato allo sconto. E il conto che stavo facendo non era per niente quello. Le mie nocche bianche che stringevano spasmodicamente il collo della bottiglia avrebbero dovuto rivelare qualcosa. Non vi è passato nemmeno per l'anticamera del cervello che quell'uomo alto con la barba e il giaccone verde stesse facendo una conta da bambini (1) per decidere a quale delle due fracassare per prima la testa a bottigliate, e meno ancora che stesse riflettendo sull'angolazione da dare ai colpi in modo che gli schizzi di sangue, Pinot Nero e materia cerebrale non raggiungessero la cassiera.(2)
Sarebbe stato un movimento circolare, una leggiadra elegante danza appoggiata prima su un piede poi sull'altro, col rumore sordo di ossa craniche che si frantumano. Ma prima che la danza abbia inizio un rumore secco mi ferma, e vi salva la vita. Il tonfo leggero della barra "Cliente Successivo" sul nastro. Che a prima vista per te, signora, separa l'ammasso di schifezze vegano natural dietetiche che hai comprato dalla mia solitaria bottiglia. Ma in realtà separa ben altro. Separa vita e morte. Mentre Jack lo Squartatore esce dal mio corpo, scuote la testa al mio indirizzo, indica la bottiglia, mormora "prosit" e scompare.
(1)Se cogliete la citazione cinematografica, vi amo.
(2)Effettivamente è carina e gentilissima, mi sarebbe spiaciuto.
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