Ci vediamo in Primavera.

26 marzo 2021 ore 21:19 segnala
In Giappone, dicono che le farfalle bianche siano le anime dei nostri Cari, defunti, che ritornano, tornano a salutarci........
Quando l'ho vista l'ho guardata nei suoi occhi di farfalla e ho capito che era lei.
Ha fatto tre giri attorno a me, "tornerò in Primavera", poi di corsa in mezzo al verde, sempre di corsa, come prima.
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In Giappone, dicono che le farfalle bianche siano le anime dei nostri Cari, defunti, che ritornano, tornano a salutarci........ Quando l'ho vista l'ho guardata nei suoi occhi di farfalla e ho capito che era lei. Ha fatto tre giri attorno a me, "tornerò in Primavera", poi di corsa in mezzo al verde,...
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La Vera bellezza.

23 luglio 2020 ore 18:38 segnala

Ecco la Vera bellezza.
Quella che non ha età, non ha tempo, quella in cui si riflette l'anima. Siamo circondati di bellezze corporali, che esibiscono tutto quello che possono esibire, ma dentro hanno poco di interessante, dopo cinque minuti o poco più si è già stanchi di ascoltare, di vedere, di parlare, tanto che passare da una bellezza ad un'altra quasi quasi non ce se ne accorge. Ma questa Donna ha già lasciato il suo corpo da un pezzo, ha già vissuto il materiale, ha capito che si deve andare oltre, è già oltre. Per questo la sua bellezza è indescrivibile. La sua bellezza è Pura. Questa Donna ha la Vita da raccontare.
Di fronte a tanta bellezza, io rimango incantata, rimarrei a contemplarla per ore, come di fronte ad un dipinto eterno.
Foto di: Roberto Pazzi ©
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« immagine » Ecco la Vera bellezza. Quella che non ha età, non ha tempo, quella in cui si riflette l'anima. Siamo circondati di bellezze corporali, che esibiscono tutto quello che possono esibire, ma dentro hanno poco di interessante, dopo cinque minuti o poco più si è già stanchi di ascoltare, di...
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Tutto è vuoto...un immenso Vuoto.

22 luglio 2020 ore 21:40 segnala




Qohelet:
Il libro più originale e scandaloso dell'Antico Testamento.
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« immagine » « immagine » Qohelet: Il libro più originale e scandaloso dell'Antico Testamento.
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Poesia: "Fotografia dell' 11 settembre".

11 settembre 2019 ore 22:07 segnala
Poesia di Wislawa Szymborska: "Fotografia dell'11 settembre"


Sono saltati giù dai piani in fiamme
uno, due, ancora qualcuno
sopra, sotto.
La fotografia li ha fissati vivi,
e ora li conserva
sopra la terra.
Ognuno è ancora un tutto
con il proprio viso
e il sangue ben nascosto.
C'è abbastanza tempo
perché si scompiglino i capelli
e dalle tasche cadano
chiavi, spiccioli.
Continuano ad essere nella sfera dell'aria,
nell'ambito dei luoghi
che si sono appena aperti.
Due cose solo posso fare per loro,
descrivere quel volo e non aggiungere l'ultima frase.



La morte è una gran brutta cosa...sempre.
E mentre tu muori, un altro muore, le chiavi di casa rimangono, le monetine per il caffè, il vecchio portamonete, tutte le possibili probabili cazzate quotidiane rimangono.
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Poesia di Wislawa Szymborska: "Fotografia dell'11 settembre" Sono saltati giù dai piani in fiamme uno, due, ancora qualcuno sopra, sotto. La fotografia li ha fissati vivi, e ora li conserva sopra la terra. Ognuno è ancora un tutto con il proprio viso e il sangue ben nascosto. C'è abbastanza...
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Deborah Turbeville

17 agosto 2017 ore 00:45 segnala
... giusto perchè ho appena visto una foto di Deborah Turbeville.

per chi non la conoscesse, posto le seguenti foto...

nel corso della sua carriera ne ha scattate moltissime.

se a qualcuno piacesse il genere, consiglio di andare a vedere ... molto altro.

Deborah Turbeville è stata una grande fotografa per riviste di moda, come ad es. Vogue.

Ha scattato però ritratti, situazioni, scene, ecc. che hanno lasciato un segno nel mondo della fotografia.

chiedo scusa ma sto postando con il cell per cui ho qualche difficoltà.

















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... giusto perchè ho appena visto una foto di Deborah Turbeville. per chi non la conoscesse, posto le seguenti foto... nel corso della sua carriera ne ha scattate moltissime. se a qualcuno piacesse il genere, consiglio di andare a vedere ... molto altro. Deborah Turbeville è stata una grande...
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Forse non erano tre, e forse non erano re.

06 gennaio 2017 ore 13:02 segnala
La storia dei Re Magi
la conoscono tutti.
Esistono diverse varianti,
ma press'a poco si
somigliano tutte.

I Magi, I Grandi Saggi,
sapevano
che sarebbe nato un nuovo Re,
un Re giusto, il Re dei Re,
che avrebbe salvato il mondo.
Una cometa, al momento,
li avrebbe condotti al luogo della
nascita.
All'apparire dell'annunciata cometa
i Magi partirono.



Non sapevano cosa avrebbero trovato,
ma di sicuro una Reggia, un piccolo Re
nato in mezzo all'oro, all'incenso, e
alla mirra.
Un futuro Re circondato da lusso e feste
nel Palazzo,
un Re circondato da schiavi e servitù.

Non immaginavano di certo di finire
in una stalla...in una bicocca...
in una grotta...
e ne furono sconcertati, all'inizio,
ma la cometa lì si era fermata, non c'era
nemmeno una possibilità di errore,
loro Magi pieni di conoscenza astronomica,
non si erano sbagliati mai.

Il Re era quello adagiato nella mangiatoia,
nella paglia, scaldato dal fiato degli
animali che lo circondavano...

Era Lui, e quello che emanava
la sua persona
era di gran
lunga superiore alla Regalità,
quella tutta terrena;
se ne resero subito conto,
appena lo videro.
C'era qualcosa in lui di irreale,
di magico,
di profondamente divino,
di soprannaturale,
che entrava nei loro cuori,
e ne furono illuminati.
E ne furono consapevoli.

Appoggiarono i loro miseri doni e se ne
vergognarono,
non era quello di cui aveva bisogno
quel Re, quel Salvatore del Mondo.
Gli avrebbero volentieri regalato
qualcos'altro,
come stavano facendo
gli umili pastori,
gli umili abitanti di quel luogo,
richiamati anche loro dalla Cometa,
ferma in cielo, sopra quella stalla.

Ma il dono che gli fecero,
fu quello di portare
la notizia della sua nascita
presso i loro regni, alle
loro genti, al loro popolo.

Capirono subito che un Re nato in
quelle condizioni doveva essere un Re
illuminato,
...ma così diverso da come se l'erano
immaginato...!
Le loro certezze, le loro sicurezze
materiali svanirono all'istante,
di fronte a quel bambino,
nei loro cuori si era insinuato il
dubbio,
il dubbio di non aver considerato
il senso dell' essere Re.
E questa era quasi una morte, per loro.
Il Re della Salvezza sarebbe stato
un Re diverso, non arebbe avuto ori,
incensi, mirre...
niente di tutto questo.
Non avrebbe avuto servitù, schiavi,
ricchezze materiali,
sarebbe vissuto in povertà.

Ora, dovevano dare un senso a tutto
questo.

Tornarono, sì.
E come se tornarono nei loro Palazzi!
Tornarono ad annunciare una nascita.
Ma non furono più gli stessi di prima.
Per loro, forse, fu una morte,
ci sono cose che nessuno
potrà mai riportare indietro.
..... E una rinascita.

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La storia dei Re Magi la conoscono tutti. Esistono diverse varianti, ma press'a poco si somigliano tutte. I Magi, I Grandi Saggi, sapevano che sarebbe nato un nuovo Re, un Re giusto, il Re dei Re, che avrebbe salvato il mondo. Una cometa, al momento, li avrebbe condotti al luogo...
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Questa è una mia fotografia - Margaret Atwood

02 gennaio 2017 ore 21:09 segnala
Questa è una mia fotografia


È stata scattata qualche tempo fa.
A prima vista sembra
una copia
sciupata: contorni sfocati e chiazze grige
fuse nella carta:

poi se la esamini,
vedi nell’angolo a sinistra
qualcosa come un ramo: parte di un albero
(balsamina o abete) che affiora
e a destra, a metà di
quello che appare un dolce
declivio, una piccola casa di legno.

Sullo sfondo vi è un lago,
e oltre questo, basse colline.

(la foto è stata scattata
il giorno dopo che annegai.

Io sono nel lago, al centro
dell’immagine, appena sotto la superficie.

E’ difficile dire dove
con precisione, o dire
quanto grande o piccola io sia:
l’effetto dell’acqua
sulla luce inganna

ma se guardi abbastanza a lungo,
alla fine riuscirai a vedermi).

(traduzione di Francesca Valente)





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Questa è una mia fotografia È stata scattata qualche tempo fa. A prima vista sembra una copia sciupata: contorni sfocati e chiazze grige fuse nella carta: poi se la esamini, vedi nell’angolo a sinistra qualcosa come un ramo: parte di un albero (balsamina o abete) che affiora e a destra, a metà...
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Solo alla vista ... - olga sedakova

16 ottobre 2016 ore 19:09 segnala
da: Viaggio in Cina.

6

Solo alla vista
della veste chiara del viaggiatore, bianca –
che possiamo fare, dove nasconderci?
Solo alla vista,
della veste bianca, delle vecchie spalle –
avrei voluto che i miei occhi diventassero di pietra,
il cuore – di acqua.
Solo alla vista
di cosa succede all'uomo –
io gli andrei dietro, piangendo:
per tutto il suo cammino, gli andrei dietro, marciando
con il suo stesso passo misurato.

traduzione: Francesca Chessa

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da: Viaggio in Cina. 6 Solo alla vista della veste chiara del viaggiatore, bianca – che possiamo fare, dove nasconderci? Solo alla vista, della veste bianca, delle vecchie spalle – avrei voluto che i miei occhi diventassero di pietra, il cuore – di acqua. Solo alla vista di cosa succede all'uomo...
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Dentro, qualcosa balla - Valerio Magrelli.

15 ottobre 2016 ore 17:42 segnala
°°°°°°°°°°

Amo i gesti imprecisi,
uno che inciampa, l’altro
che fa urtare il bicchiere,
quello che non ricorda,
chi è distratto, la sentinella
che non sa arrestare il battito
breve delle palpebre,
mi stanno a cuore
perché vedo in loro il tremore,
il tintinnio familiare
del meccanismo rotto.
L’oggetto intatto tace, non ha voce
ma solo movimento. Qui invece
ha ceduto il congegno,
il gioco delle parti,
un pezzo si separa,
si annuncia.

°°°°°°°°°°


il ritratto capovolto di Adele
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°°°°°°°°°° Amo i gesti imprecisi, uno che inciampa, l’altro che fa urtare il bicchiere, quello che non ricorda, chi è distratto, la sentinella che non sa arrestare il battito breve delle palpebre, mi stanno a cuore perché vedo in loro il tremore, il tintinnio familiare del meccanismo...
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PROCESSO A SOLITUDINE di Bruno Domenichelli

04 ottobre 2016 ore 22:08 segnala



L’aula era quella grigia ed oppressiva di un tribunale.
Sul banco degli imputati sedeva Solitudine. Era giovane, sorridente e aveva occhi luminosi. Nonostante la spietata arringa del pubblico ministero contro di lei, appariva stranamente tranquilla.

L’imputata non sembrava godere di molte simpatie fra la gente.
La guardavano con diffidenza, come affetta da una malattia contagiosa, da un male oscuro venato di asocialità. Una vita, la sua che molti ritenevano motivata da narcisismo e che l’avrebbe portata - dicevano - al rifiuto di ogni possibile relazionalità.

Intanto il pubblico ministero continuava ad accanirsi, portando contro Solitudine testimonianze apparentemente inappellabili. Contro il vivere solitario – disse – si pronuncia anche la Bibbia, che afferma che: “Due stanno meglio di uno… Guai a chi cade quando non c’è chi lo rialzi” (Ecclesiaste 4, 9-10).

Alla successiva citazione di Cechov, secondo il quale “i solitari spesso vedono il diavolo dove non c’è”, fra il pubblico, che aveva fiutato odore di zolfo, ci fu un conato di applauso, subito sedato dal giudice.

Poi si dilungò a trattare gli inquietanti rapporti fra la solitudine e la depressione nervosa, sostenendo che la tristezza indotta dall’indugiare nella solitudine, apre le porte alla depressione. E a riprova citò Ovidio: “Tristis eris si solus eris”. Nelle psicosi la solitudine si aggira lungo le vie labirintiche di alienazioni senza uscita. Luoghi dolorosi dove i pensieri si aggrovigliano in percorsi inestricabili. E citò la testimonianza di Cesare Pavese che, prima di cedere al disperato epilogo della sua vita, aveva confidato al suo diario che: “la vera solitudine è una cella insopportabile” e che “ la massima sventura è la solitudine”.

Giocava contro l’imputata anche un pesante immaginario collettivo che vede la solitudine come rifugio passivo costruito volontariamente nell’animo, nel quale alimentare sprezzanti indifferenze nei confronti del prossimo.

Il pubblico ministero chiuse così la sua requisitoria. In aula il pubblico prese a rumoreggiare, ormai palesemente convinto della pericolosità sociale dell’imputata.


*****

In un’ atmosfera di crescente ostilità, si alzò allora il difensore.
Esordì citando il recentissimo parere di un famoso psichiatra, il prof. Eugenio Borgna. Il brusio del pubblico si placò. E nel silenzio morboso dell’aula il luminare spiegò che, è innanzitutto necessario distinguere “fra la solitudine interiore, o solitudine creativa, e la solitudine-isolamento o solitudine dolorosa, due immagini radicalmente diverse dell’essere solo… La solitudine interiore o creativa (fig. 1) è premessa di ogni colloquio… con la propria coscienza…, aperta alla trascendenza…, che ci aiuta a vivere meglio la vita di ogni giorno, facendoci distinguere le cose essenziali della vita…”. Luogo dove: ”avvertiamo l’importanza della riflessione e della meditazione…” La solitudine interiore “ci porta… ad essere in consonanza con i valori della vita e della solidarietà.. Come oasi nella quale rinasce e si rinnova ogni volta il dialogo infinito con se stessi e con gli altri. La solitudine-isolamento o solitudine dolorosa (fig. 2) invece… non è scelta volontaria, ma conseguenza di malattie del corpo o psicopatie…, lutti o perdite di relazioni umane. E’ una forma negativa di solitudine, caratterizzata dall’indifferenza verso il destino degli altri-da-sé… in cui l’io diviene monade senza porte e senza finestre in un deserto emozionale senza rimedio…”.

Sarebbero state sufficienti le parole dello psichiatra ad ottenere per Solitudine almeno le attenuanti generiche?
Poi riprese a parlare l’avvocato difensore, e il suo tono si fece solenne. Rivolto provocatoriamente verso il pubblico, disegnò un quadro impietoso degli stili di vita degli uomini che nell’attuale società si ritengono vincenti. “Una società nella quale ognuno crede di essere maestro nel sapere come comportarsi nella vita per raggiungere il successo sociale, ma non si accorge di essere stato privato di ogni libertà decisionale. Una società composta da automi ordinatamente in marcia verso la totale massificazione dell’essere, pronti a sacrificare ogni originalità del pensiero al vitello d’oro del conformismo. Vittime inconsapevoli dell’omologazione intellettuale, di un’acritica infatuazione per miti collettivi i cui idoli sono gli eroi vuoti ed effimeri di un quotidiano troppo affollato, che giorno dopo giorno consuma ogni residuo di individualità.

E il difensore proseguì.
“E’ proprio per resistere all’avvilimento di questa progressiva rinuncia a se stessa che la mia assistita si è coerentemente attenuta al proprio stile di vita, che la portava a ricercare nella solitudine interiore i sensi più autentici dell’individualità dell’essere. Solitudine come stato d’animo privilegiato per provare la vertigine delle proprie profondità, altrimenti insondabili. Per percorrere controcorrente il flusso omologato delle idee che sembra essere oggi la via maestra per il successo. Per essere fedele all’ammonimento di Leonardo da Vinci che raccomandava: Sii solo e sarai tutto tuo…. Una solitudine intellettuale che non è invito alla rinuncia del mondo, ma a costruire la propria vita senza condizionamenti.”

“Persino i dittatori - proseguì l’avvocato - temono la solitudine, alla quale preferiscono le adunate oceaniche, perché sanno che nella solitudine viene alimentato l’orgoglio dell’indipendenza del pensiero e che è nel silenzio della propria interiorità che maturano i germi della ribellione.”
Un brivido serpeggiò fra il pubblico. La linea difensiva dell’avvocato appariva infatti essersi avviata lungo una china pericolosa. Era infatti ben noto che la lunga detenzione preventiva di Solitudine nelle carceri di Stato aveva assunto anche inconfessate valenze politiche.

“E per quanto riguarda l’accusa di pericolosità sociale – proseguì l’avvocato - visto che l’accusa ha citato la Bibbia, è stato anche scritto: Amate il prossimo come voi stessi. Ma per riuscire meglio ad amare il prossimo dovremo innanzitutto conoscere ed amare noi stessi, riscoprendoci nei momenti della solitudine. Conoscere se stessi, anche nelle proprie debolezze, è premessa per aprirsi all’altro.”



fig 1



fig 2



Nell’aula era sceso un irreale silenzio.
Molti stavano forse cominciando a capire che la solitudine può anche essere il luogo sacro dove finalmente riprendere il dialogo con la propria anima, interrotto tanti anni prima, quando ancora la vita aveva il gusto della primavera.


*****

Infine parlò lei, Solitudine, con voce calma e decisa.

“Alcune delle gioie più intense della mia vita - esordì - le ho vissute in esaltante solitudine; momenti in cui ogni avvenimento assumeva colori più nitidi e vibranti. La mia migliore difesa di oggi è il fare partecipe ognuno di voi di questi momenti.
I momenti dell’amore, nei quali essere soli coincide con l’essere Noi, nel paradosso apparentemente contraddittorio di una solitudine che attinge la sua perfezione solo se vissuta insieme.
I momenti della lettura e della creatività, vissuti in una solitudine capace di moltiplicare gli echi del pensiero; in cui il silenzio scandisce il flusso delle idee. Momenti dello stupore dell’anima, nel dialogo solitario con la voce interiore che mi confidava cose sconosciute anche a me stessa. Momenti di estrema lucidità, in cui osservavo ogni idea emergere dal profondo e assumere nuova vita, cristallizzata sul foglio.
Momenti in cui incontravo la poesia, che mi aiutava a trovare anche nel quotidiano bellezze insperate e verità insospettate. Momenti in cui imparavo ad entrare in risonanza con le voci di chi nella vita danzava e soffriva accanto a me. E a piene mani riportavo alla luce tesori scoperti inaspettatamente negli angoli più nascosti dei miei spazi interiori, da condividere col prossimo.
Momenti in cui riuscivo a scrollarmi di dosso il peso delle stereotipie che rendono la gente sempre più succube del pregiudizio generale.
Con l’aiuto della solitudine ho anche combattuto i momenti dell’ansia del vivere. Ne ho fatto filtro alla frenesia del quotidiano, per ricaricare l’accumulatore estenuato delle energie consumate dall’urgenza del tempo e dalla fatica di esistere.
Nei giardini della mia solitudine ho coltivato fantasia e sentimenti, amore ed amicizia, religione e libertà. Dagli spazi della solitudine ho preso lo slancio per il colloquio con l’oltre intuito sopra di me. Trampolino di quiete interiore da cui prendevo l’abbrivio verso le stelle. E nella solitudine ho scoperto deserti in cui costruire cattedrali aperte al Mistero.
Tutto questo è stata per me la solitudine, sentimento che ho sempre cercato di condividere come un dono con chi mi amava. Terra dove riscoprire radici dimenticate. Serra amniotica della mente in cui assistere con continuo stupore a fioriture inaspettate di motivi per vivere.


E talora rifugio segreto, dove piangere lacrime che aiutavano l’anima.”

*****

Quando si sedette, Solitudine aveva gli occhi umidi, ma ancor più luminosi. E d’improvviso il silenzio dell’aula fu interrotto da un applauso infrenabile. Anche il giudice e i giurati, pur se poco protocollari, corsero ad abbracciarla.


*****

Della notizia della trionfale assoluzione, si impadronì la stampa. E al Movimento internazionale che ne seguì e che travolse ogni sussulto di reazione da parte del Potere Omologante, fu dato il nome di “Primavera della Solitudine”. Nel suo nome scesero pacificamente in piazza in tutto il mondo folle di giovani, che intravedevano nella testimonianza di vita di Solitudine e nel suo coerente coraggio una via privilegiata di salvezza contro il dilagare dell’omologazione del pensiero.
I Tiranni del conformismo delle idee di tutto il mondo furono esiliati in un’isola sperduta, preclusa ad ogni contatto telematico con l’esterno, dove in breve si estinsero, nell’impresa impossibile di prevaricarsi l’un l’altro.

Ed ogni anno, a maggio, fu celebrata la “Festa della Solitudine e del Pensiero Individuale”, durante la quale ognuno poteva orgogliosamente celebrare dentro di sé la libertà di pensare, senza i condizionamenti che secoli di indifferenza collettiva o di prepotenza del potere avevano insensibilmente costruito nel cuore dell’uomo.


*****
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« immagine » L’aula era quella grigia ed oppressiva di un tribunale. Sul banco degli imputati sedeva Solitudine. Era giovane, sorridente e aveva occhi luminosi. Nonostante la spietata arringa del pubblico ministero contro di lei, appariva stranamente tranquilla. L’imputata non sembrava godere di...
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