To Be Yourself

05 maggio 2024 ore 21:54 segnala


"Walt Whitman ha scritto 'Contengo Moltitudini'.
Beh sembra che avesse ragione. La personalità è davvero una collezione di varie e distinte reti neurali tutte in questa goccia gelatinosa che abbiamo tra le orecchie.
E ci sono differenti versioni di noi stessi che fluttuano nel cervello.
Qual'è allora il tuo vero tu?
Sei il chitarrista che suona il rock una sera a settimana?
O è il tuo lavoro dalle nove alle cinque che ti definisce veramente?
Una di queste personalità può essere una sposa devota e l'altra una bugiarda, ladra, maniaca senza controllo?
Puoi desiderare Amore ed essere condannato dalla genetica e dall'ambiente a restare sempre lo stesso figlio di puttana di sempre?
E anche solo cambiando qualcosa di te stesso, il volto, il nome, il posto in cui vivi, ti puoi sentire diverso, puoi persino ingannare le persone...per un po'....
Ma puoi cambiare davvero quello che sei in realtà?
"
Perception - 01x02

Audioslave - Be Yourself

To be yourself is all that you can do
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« immagine » "Walt Whitman ha scritto 'Contengo Moltitudini'. Beh sembra che avesse ragione. La personalità è davvero una collezione di varie e distinte reti neurali tutte in questa goccia gelatinosa che abbiamo tra le orecchie. E ci sono differenti versioni di noi stessi che fluttuano nel cerve...
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05/05/2024 21:54:15
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Blue Eyes

05 maggio 2024 ore 21:51 segnala
Cielo limpido e terso
Cielo tempestoso e minaccioso
Cielo grigio con un velo di tristezza

Profondità da esplorare e in cui perdersi
Dolcezza e Sensualità da cui farsi inebriare
Rabbia e Passione da cui farsi travolgere
Candore di cui prendersi cura

Occhi Blu, in cui non potrò mai specchiare i miei,
ma che Amo, da quel momento, in ogni loro piccolissima sfumatura.


Marco Mengoni - Sai Che

Don't Play With Madness

01 maggio 2024 ore 19:46 segnala
Blue Stahli - The Devil

Maurice premette il tasto "Invio" sogghignando. Quell'email avrebbe generato il caos presso il cliente di cui doveva occuparsi a malavoglia e conseguentemente la sua truffa sarebbe andata a buon fine, facendogli guadagnare di nuovo un bel po' di sonanti dollaroni alle spalle di persone oneste.
Inviata quella comunicazione attese, ma il telefono non squillò nè un cenno di risposta scritta sembrò arrivare.
Si spinse con la schiena sullo schienale della sua poltrona e poggiò i piedi sulla scrivania. Come sempre non aveva alcuna voglia di lavorare, ma con le spalle ben protette dal suo Direttore, poteva permettersi di ciondolare per ore, giorni, mesi.
Passò diverso tempo. Maurice sonnecchiava quando il cellulare cominciò a suonare.
Guardò il display. Era sua moglie. "Pronto?" "Ciao! A che ora torni a casa? Ricordi che abbiamo un appuntamento per cena questa sera?" "Ho ancora molto da fare, ma non tarderò, tranquilla".
Il suo atteggiamento non era soltanto lavorativo. Era intrinseca nel suo DNA la voglia di non fare niente, di rubare tempo e soldi al prossimo, di cercare sempre un escamotage per truffare gli altri.
Alle 18.30 decise che la sua giornata lavorativa era giunta al termine, spense il computer portatile, lo infilò nella valigetta, chiuse la porta e scese in strada per recuperare la sua auto dal parcheggio e tornare a casa.
Le giornate successive trascorsero più o meno nello stesso modo, ma invece di restare in ufficio dovette raggiungere alcuni clienti siti nel raggio di qualche centinaia di miglia dalla sede della compagnia per cui lavorava, la Evil Corp.
Passarono due settimane e ancora non aveva avuto riscontri a quella comunicazione. Cominciava a preoccuparsi che il suo gioco non avesse avuto l'esito sperato quando ricevette una telefonata da un numero a lui sconosciuto, ma recante il prefisso telefonico della zona in cui si trovava il grosso cliente che voleva fregare.
"Si pronto?" "Buongiorno, parlo con Mr. Mc Farlock?" "Si, sono io" "Bene. Mi presento, sono Mr. Frank Mine, il nuovo responsabile della Salus Corp. Abbiamo ricevuto la sua email qualche giorno fa" "Si, mi sembrava strano non avervi ancora sentiti" disse Maurice con un ghigno sulla faccia. "Ecco, vorremmo fissare un incontro per il prossimo 1 marzo qui da noi, lei sarebbe disponibile a raggiungerci?" "Raggiungervi? Oltre a lei, che immagino sarà presente, chi altro ci sarà? Sa, è per prepararmi meglio" "Saremo soltanto io, lei e il nostro responsabile tecnico, Mr. Dark". Maurice fece una smorfia pensando che non ci voleva. Mr. Dark non era facile da aggirare come tutti gli altri, aveva già fermato ogni suo tentativo di truffa verso quel cliente in passato. "D'accordo. Siccome sa, vengo dalla Pennsylvania ci vorranno 4-5 ore di viaggio prima di essere a Boston. Possiamo fissare per le 11? E in quale ufficio devo presentarmi?" "Va bene per le 11. Ci ritroviamo nell'ufficio di Mr. Dark" "Va benissimo, ci vediamo mercoledì allora" "Grazie Molte. Arrivederci"
Maurice riagganciò soddisfatto. "Dovrò solo fare attenzione a Dark, per il resto andrà tutto come ho pianificato".

Arrivò il giorno dell'incontro. Mr. Dark fece entrare i suoi ospiti nella sua stanza. Li fece accomodare e iniziò la riunione. Maurice era in evidente difficoltà. Non aveva mai visto Mr. Dark così gentile e di buon umore. Azzardò quindi una serie di proposte ulteriori rispetto a quelle che si era prefigurato, pensando che avrebbe potuto ottenere ancora di più dal suo piano.
Mr. Dark sorrise, rifiutando cortesemente le sue aggiunte e poi si alzò, porgendogli un documento contenente una lunga lista di attività. Si assicurò che Maurice lo afferrasse dalla parte inferiore e che il foglio toccasse la tastiera del portatile che teneva sulle ginocchia. "Maurice, vorrei per favore che venissero terminati questi lavori prima di affidarvene degli altri".
Mr. Mine ascoltava i due conversare cortesemente un po' stupito. Il suo predecessore l'aveva informato del fatto che tra Dark e Mc Farlock non correva buon sangue e che anzi, se avessero potuto si sarebbero presi a pugni. Intervenne "posso dare un'occhiata anche io?". Mr. Dark sgranò gli occhi "aspetti, ne stampo una copia anche per lei" "No, lasci stare, guardo di qua e la restituisco immediatamente a Mr. Farlock. Posso vero?". Maurice gli porse la lista. Mr. Dark cercò di non far trapelare i suoi pensieri, ma era turbato e leggermente infastidito.
L'incontro si concluse dopo un paio d'ore con accordi apparentemente positivi. Maurice lasciò la stanza. Mine lo seguì a ruota. Mr. Dark si alzò e salutò entrambi, senza stringere loro la mano.

Maurice salì in auto. Riaprì il portatile e prese alcuni appunti che gli sarebbero serviti per mettere in atto la sua truffa. La sua svogliatezza si estendeva anche al suo strumento di lavoro. La tastiera era impolveratissima e comunque, per la pigrizia di pulirla, lui continuava a battere sui tasti così. Mise in moto e si avviò verso l'ingresso dell'autostrada. Ritirò il biglietto e accelerò.
"Dark era strano, ma mi ha comunque lasciato ampio margine di manovra. Porterò a termine il mio piano e avrò di nuovo le tasche piene" pensava sogghignando mentre addentava un panino guidando. Si leccò le dita dalla maionese. Allungò la mano sul sedile del passeggero e prese un tovagliolino di carta che gli avevano dato al Mc Donald's. Si pulì alla bene meglio mani e bocca.
Dopo un paio d'ore di viaggio, inspirando, si sentì il fiato corto. Cominciò a tossire, sempre più forte. Una stretta alla gola. Sgranò gli occhi non riuscendo più a respirare. Era in corsia di sorpasso e non poteva fermarsi. Cercò di tenere in carreggiata l'auto, ma la vista si annebbiò. In 30 secondi la macchina si ribaltò urtando fortemente il guardrail.

Cinque giorni dopo la Salus Corp. venne contattata Evil Company per la quale lavorava Maurice. Una lunga lettera in cui veniva comunicato che Mr. Farlock era improvvisamente deceduto e che i suoi clienti, Salus Corp. compresa, erano stati affidati a Mr. Carl Grimes.
Mr. Dark venne informato al telefono dall'Amministratore Delegato della Salus Corp. in persona. Lo stesso gli riferì anche che Mr. Mine aveva avuto un attacco cardiaco e versava in gravi condizioni all'Ospedale di Portland. Pertanto, non avendo al momento un altro candidato, l'AD lo nominò nuovo Responsabile pro tempore.
Mr. Dark ringraziò dell'opportunità sorridendo e rilassandosi sulla propria poltroncina. Riagganciò ed estrasse dalla tasca interna della giacca una piccola ampolla contenente una polverina bianca. Fissò quel piccolo contenitore di vetro per qualche minuto ridendo.

Ricordò quella mattina. Arrivò presto in ufficio. Mandò in stampa la lista di attività che avrebbe porto a Maurice. Vi sparse la polverina bianca facendo molta attenzione a non toccarla nè inalarla. Posizionò il foglio sul bordo del tavolo, con la parte di testata rivolta verso sè stesso, in modo da essere sicuro. Fu molto gentile durante l'incontro, sorrise perchè quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto quella faccia e sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe tentato di truffare lui e l'azienda per cui lavorava. Al momento giusto porse il documento a quell'imbecille di Maurice. Egli lo afferrò esattamente dove Mr. Dark aveva messo la polvere. Facendo toccare la tastiera del portatile al momento della consegna, la sostanza si sparse anche sul computer. Conoscendo quell'uomo da tempo, Mr. Dark era sicuro che non avrebbe mai spolverato il notebook e che anzi, l'avrebbe usato così. La polvere "magica" era una sostanza che scompariva una volta immessa nell'organismo, pertanto non era assolutamente rintracciabile dai classici esami di laboratorio. Provocava un soffocamento lento e doloroso, fino a condurre la vittima ad un attacco di cuore e a morte certa. Ovviamente doveva essere inalata e toccata nelle giuste quantità per essere efficace. Alzò gli occhi guardando il soffitto. Mr. Mine? Un trascurabile ed insignificante dettaglio.


Il Giorno in cui....

01 maggio 2024 ore 14:55 segnala
Si svegliò molto presto quella mattina, come ogni mattina quando era a casa sua, ma quel giorno era diverso. La luce che entrava da quella finestra priva anche soltanto di una tenda al sorgere del sole lo infastidiva. Si girò verso di lei. Poteva sentire l'odore di alcol nel suo respiro, come ogni volta o quasi che avevano dormito insieme. Dormiva profondamente, in parte arrotolata nelle coperte. La parte scoperta mostrava una gamba sinuosa ed il suo bel sedere. Con lo sguardo lui percorreva quella pelle che sapeva essere morbida salendo poi su, sulle coperte, fino ad arrivare al viso. Non l'aveva mai guardata così, così oggettivamente. Era stato incantato immediatamente dal suo sorriso, ma non aveva notato quegli occhi così duri, quasi cattivi, non da subito. Ora quegli occhi erano chiusi, il sorriso spento. La guardava insistentemente, come a dirle "Svegliati, parlami, fammi spegnere il cervello". Ma il sonno di chi ha bevuto è davvero profondo e nemmeno quell'insistenza le avrebbe fatto aprire gli occhi.



E allora mille ed un pensiero cominciarono ad affollare la sua mente.
Gli aveva dato un abbraccio o un bacio senza aver bevuto 1 o 2 bicchieri di vino piuttosto che 1 o 2 birre? Raramente.
Sapendo che era in viaggio, aveva mai pensato di aspettarlo al punto d'incontro invece di farlo aspettare in un luogo a lui sconosciuto? Mai.
Aveva mai cucinato per lui a parte un piatto di basta in bianco? Mai.
Aveva mai dimostrato le parole che ostentava e di cui si riempiva la bocca? Quasi mai.
Quando realmente era in uno stato di bisogno, in una notte di terrore puro, lo aveva abbracciato e rassicurato? No, si era girata dall'altra parte pronunciando parole impastate, quasi incomprensibili.
Si sentiva un estraneo in una prigione fatta di promesse estorte per non litigare.
Le era affezionato, aveva provato delle emozioni con lei, ma era davvero quella la donna con cui voleva stare? La risposta fu chiara all'improvviso.

Non poteva scappare perciò affrontò quelle ore che lo separavano dalla partenza cercando di sembrare il meno infastidito possibile. Cucinò, lavò i piatti, si preparò, uscirono, fecero una passeggiata, si salutarono. Sperò fino all'ultimo in un gesto che segnasse un cambiamento. Ma nemmeno fino ad un secondo prima di salire in macchina nulla accadde. Non sarebbe mai accaduto.

Quello fu il giorno in cui decise che avrebbe lasciato il certo per l'incerto.
Quello fu il giorno in cui capì che tutto ciò che desiderava non era lì.
Quello fu il giorno in cui, nel viaggio di ritorno a casa, si disse che non sarebbe mai più tornato da lei.
E infine quello fu il giorno in cui capì che "casa" non è un posto fatto di mura, ma il posto in cui risiede il cuore. Ed il suo cuore era a centinaia di chilometri da lì.



Of Mice & Men - Another You
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Si svegliò molto presto quella mattina, come ogni mattina quando era a casa sua, ma quel giorno era diverso. La luce che entrava da quella finestra priva anche soltanto di una tenda al sorgere del sole lo infastidiva. Si girò verso di lei. Poteva sentire l'odore di alcol nel suo respiro, come ogni...
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01/05/2024 14:55:12
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Incontro Tra Anime

01 maggio 2024 ore 14:08 segnala


Nella penombra due oscure anime
si incontrano, si studiano,
si sfiorano, si toccano
Baci intensi e profondi,
Cuori in tumulto,
Respiro affannato
Amore intenso che sboccia
All'improvviso l'oscurità risplende
Anime Unite
Dolcezza Infinita
Un istante è passato
Un sogno stupendo si è vissuto
L'angelo nero spiega le ali
e abbracciando l'Amore
Vola in alto fino al sole
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« immagine » Nella penombra due oscure anime si incontrano, si studiano, si sfiorano, si toccano Baci intensi e profondi, Cuori in tumulto, Respiro affannato Amore intenso che sboccia All'improvviso l'oscurità risplende Anime Unite Dolcezza Infinita Un istante è passato Un sogno stupendo si è vi...
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Un Sogno, per Caso

01 maggio 2024 ore 12:51 segnala



Nonostante tutto il tempo trascorso su questa terra, ancor oggi i pensieri tormentano le mie notti. L'insonnia mi impedisce un riposo costante.
Quella mattina, approfittando della fresca brezza portata dal temporale della sera precedente, uscii di casa e raggiunsi la caffetteria.
Scelgo da sempre luoghi puliti, sufficientemente curati, con colori vivaci, ma delicati. Osservo molto le persone e quindi, un altro dei motivi che mi spingono ad entrare in un posto piuttosto che in un altro sono anche i modi, i gesti che vedo in chi, quel posto, lo gestisce o semplicemente lo rappresenta.
Mi sistemai sulla sedia di ferro lavorato al di fuori del locale, poggiai le sigarette ed il cellulare sul tavolino di marmo retto da un altrettanto lavorato supporto.
Leggevo il giornale distrattamente, in attesa dell'ordine che avrei fatto alla ragazza che serviva ai tavoli: un caffè macchiato ed un cornetto alla marmellata.
In quell'istante svogliato sentii involontariamente una voce di donna che ordinava esattamente la stessa cosa al bancone. Mi voltai. Nello stesso preciso momento si girò anche lei. Incrociai i due occhi azzurri più belli che io abbia mai visto. Un mare in tempesta, ma profondo ed immenso, un luogo in cui perdersi per non ritrovarsi più.



Mi sorrise, ricambiai quel sorriso continuando a guardarla, come un ebete.
Prese la tazzina ed il piattino con la sua brioche e si sedette al tavolo con me. Strabuzzai gli occhi vedendola arrivare, non potevo crederci. Mi salutò, come se ci conoscessimo da sempre, continuando a sorridermi. Si presentò: "Ciao, mi chiamo Katherine e tu?"
Ma ormai io ero naufragato nel suo profondo e risposi quasi sussurrando, senza per nulla utilizzare la galanteria che m'era propria: "Sono Andrew".
"Non ti ho mai visto qui, è la prima volta?"
"No, vengo spesso, probabilmente ad orari differenti dai tuoi"
"Beh" disse bevendo il caffè e dando un morso al suo cornetto "io ci vengo ogni mattina, prima di andare al lavoro, ma anche quando sono in vacanza, per fare colazione"
"Capisco", sempre più incantato dai suoi occhi.
"Oggi faccio soltanto mezza giornata, tornerò per un caffè dopo pranzo" disse facendomi l'occhiolino. Era un chiaro segnale che anche lei voleva rivedermi. Eppure non avevo proferito quasi parola, l'avevo guardata intensamente per tutto il tempo e null'altro.
Nella mia testa cominciarono a scorrere fiumi interi di pensieri. Uno su tutti era prevalente: dovevo tornare per rivederla. Non aveva però detto l'orario in cui l'avrei trovata. Decisi quindi che sarei uscito anche io prima dal lavoro, dovevo essere lì al rintoccare del mezzogiorno e sarei andato via non prima delle tre del pomeriggio qualora non fosse arrivata.
Così feci. E lei venne.



Passammo l'intero pomeriggio a raccontarci. Il tempo passò senza che noi ce ne rendessimo conto. Complici, vicini, senza conoscerci, ma avendo l'impressione di essere sempre stati magicamente uniti dal fato. Cenammo, continuando a raccontarci di noi, del nostro passato, del nostro presente. Camminammo l'uno a fianco all'altra in una lunga passeggiata e ci ritrovammo a casa mia. Le offrii da bere un vino dolce ed inebriante, come inebriante era la persona che avevo davanti. Mi lasciai scrutare, poco a poco, l'anima. Scrutai la sua attraverso quegli occhi tristi e magnetici. Quella notte ci ritrovammo a fare l'amore. Sapevo esattamente ciò che desiderava, come desiderava essere toccata, amata e lei sapeva come coinvolgermi completamente. Arrivò l'alba e noi eravamo ancora insieme, abbracciati, eccitati e completamente presi dal nostro angolo di mondo. Il turbinio di emozioni che ci aveva travolti ci accompagnò fino al mattino seguente. Mi salutò con la promessa di rivederci, presto. Ma non fu così. Andai in quella caffetteria ogni giorno, attendendo il suo ritorno, chiedendo di lei al personale. Era come svanita. Passò un lasso di tempo relativamente breve, ma a me sembrò un'eternità. E lei ricomparve. Un sabato pomeriggio, appena passate le 14. Seduto al mio solito tavolino la vidi arrivare. Lo sguardo un po' cupo, sembrava preoccupata. Si sedette con me. Litigammo. Volevo delle spiegazioni e lei non voleva darmene. Me ne andai lasciandola lì, arrabbiato tornai a casa. Non molto dopo suonò il campanello. La feci accomodare, ancora imbronciato. Lei mi fissò con quei suoi occhi tempestosi e mi disse: "Voglio fare l'amore con te, te lo volevo dire anche prima". Stupito dalle sue parole rimasi per un attimo attonito, ma la passione per lei prese il sopravvento. La spinsi contro al muro, la baciai intensamente ed in un attimo ci ritrovammo avvinghiati ad ascoltare il nostro respiro che all'unisono crebbe fino all'estasi.
Il cuore sembrava scoppiarmi nel petto per quanto ero felice di averla ancora tra le braccia, di sentirla soltanto mia. Dopo qualche ora si alzò dal letto, si rivestì e, guardandomi come se fosse dispiaciuta si rivolse a me dicendo: "Perdonami, non dovevo farlo, non posso". Cercai di fermarla, le confessai ciò che provavo: l'amavo, così profondamente da esserne spaventato. Di un amore puro. Mai e poi mai avrei voluto perderla, mai e poi mai avrei pensato di provare così in fretta quei sentimenti che, in passato e per via di esso, avevo evitato come la peste. Eppure sentivo di amarla, fortemente. Ciò non bastò a trattenerla, se ne andò e non tornò più da me.

All'improvviso una voce tuonò nelle mie orecchie: "Signore? Signore?". Scossi la testa. Era la cameriera. "Vuole ordinare?". La guardai confuso e mi guardai attorno. Era ancora mattina, era presto, ero seduto al tavolino della caffetteria. "Un caffè macchiato ed un cornetto alla marmellata, grazie". "Arrivano subito".
Al bancone del bar c'era quella donna. Non mi aveva notato mentre gustava la sua colazione. La vidi ogni giorno da quel momento, ma mai ebbi il coraggio di parlarle e mai lei parlò con me. Capii che la mia era stata un'illusione, che avevo soltanto sognato e che, come tutti i sogni, anche questo era giunto alla fine quando l'alba aveva fatto capolino.

Rumori e Silenzi

27 aprile 2024 ore 11:19 segnala
Bruce Springsteen - Sad Eyes

Gocce di Pioggia, Soffio di Vento,
Tristezza, Paura, Sgomento...

Stelle Cadenti, Foglie Danzanti,
Dolci Melodie, Musica, Canti...

Brivido Caldo, Cuore Pulsante,
Amore Latente, Passione, Sole Cocente...

Pensieri, Parole, Baci Rubati,
Sogni, Promesse, Cieli Stellati...

Sentieri Bui, Strade Ghiacciate,
Nebbia Fitta, Acque Gelate...

Anima Sola, Sorriso Forzato,
Tristezza, Buio, Silenzio Pacato...

Tempo che Fugge, Ricordi Lontani,
Passato, Presente, Niente Domani...

21 gennaio 2008 ore 18:31 - 17 aprile 2018 ore 20:48
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« video » Bruce Springsteen - Sad Eyes 21 gennaio 2008 ore 18:31 - 17 aprile 2018 ore 20:48 Gocce di Pioggia, Soffio di Vento, Tristezza, Paura, Sgomento... Stelle Cadenti, Foglie Danzanti, Dolci Melodie, Musica, Canti... Brivido Caldo, Cuore Pulsante, Amore Latente, Passione, Sole Cocente... P...
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27/04/2024 11:19:27
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Atelophobia

27 aprile 2024 ore 11:02 segnala


Ci sono momenti in cui il silenzio è così rumoroso da far riemergere tutti i più bui pensieri, tutte le fobie che col tempo, accuratamente, abbiamo cercato di nascondere in fondo a noi stessi.
Questo è uno di quei momenti, sarà per via della settimana pesante che è appena trascorsa o sarà semplicemente perchè questi pensieri non se ne sono andati via mai, ma tutto questo rumore sta assordando la mia testa, costantemente.
A volte riesco a tenere a bada i miei demoni, a volte invece riescono ad uscire e a farmi tremendamente male.
Hai mai pensato, tu che mi leggi ora, al fatto che se una paura cresce dentro di noi forse è perchè qualcuno ha spinto talmente tanto sulle nostre debolezze da farla diventare fobia? Non siamo sempre noi gli stessi artefici di quel che siamo o il motivo.
Non nasciamo con la paura del buio, del vuoto, dei ragni, di innamorarci, di prendere decisioni, dei posti affollati o troppo chiusi e via dicendo.
Forse, quando si è affetti da Algofobia, è perchè si è davvero sofferto troppo nella vita.
Forse, quando si diventa amartofobici o si è affetti da Atychifobia, è perchè qualcuno ha sempre puntato il dito contro facendo credere che qualunque cosa si faccia sia sbagliata o un fallimento.
Forse, quando si soffre di Anuptafobia, è perchè si è rimasti soli troppo a lungo.




Ciò che voglio dire è che se io sono quel che sono, non è tutta colpa mia.
Cerco di essere sempre al massimo, di fare tutto ciò che posso per non deludere chi mi sta intorno, in qualunque ambito, affetti, lavoro, amore.
Eppure, se ora sono Atelofobico, Athazagorafobico, Eremofobico e molto altro non credo sia perchè me la sono cercata.
Se, nonostante tutto ciò che faccio, mi sento sempre un gradino sotto agli altri è perchè qualcuno non mi mette mai al primo posto. Cerco la perfezione in qualunque cosa e non ci arrivo mai, perchè qualcuno fa sempre meglio di me e/o viene premiato al posto mio.
Se ho il timore costante, quando mi affeziono a qualcuno, che questo qualcuno se ne vada è perchè non ho visto altro che persone di spalle nella mia vita e perchè la Signora dei Demoni mi ha portato via l'unica persona che le spalle invece non me le ha mai voltate.

E potrei continuare ancora un bel po', ma non voglio annoiare nessuno.

In questo periodo (sicuramente mi direte "è solo stress"), si è acuita questa...


...e davvero non ne posso più!


Ho scritto questi pensieri l’11 settembre 2016. Alcuni di essi sono ancora attuali, ma la paura di non essere abbastanza no, quella non c’è più. Io sono davvero tanto, posso, voglio, desidero ed ottengo. Nessuno mi può più calpestare facendomi pensare di non essere all’altezza. Semmai, alla mia altezza, non ci sono quelle persone grette e meschine che nella loro piccolezza, hanno cercato di farmi sentire molto meno.
Nella mia oscurità io risplendo, non ho bisogno di togliere luce agli altri per emergere.
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« immagine » Ci sono momenti in cui il silenzio è così rumoroso da far riemergere tutti i più bui pensieri, tutte le fobie che col tempo, accuratamente, abbiamo cercato di nascondere in fondo a noi stessi. Questo è uno di quei momenti, sarà per via della settimana pesante che è appena trascorsa o...
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27/04/2024 11:02:13
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La Fretta

27 aprile 2024 ore 10:48 segnala


Nella Grecia antica, in un mondo di armonia e di, favolosa bellezza, viveva Orfeo, figlio della musa Calliope.
Musicista e poeta sensibile accompagnava i suoi versi con il dolcissimo suono della lira. Tutti lo ascoltavano estasiati. Al suo canto le fiere uscivano dalle tane e diventavano mansuete e le forze devastatrici della natura perdevano la loro furia.
Un giorno Orfeo vide una ninfa bellissima mentre era in giardino intenta a raccogliere fiori per farse ne una ghirlanda. Il cantore divino le si avvicinò e le parlò: "Chi sei tu oh soave fanciulla?". La ninfa gli rispose che il suo nome era Euridice. Orfeo, colpito dalla sua grazia, se ne innamorò perdutamente. Le chiese di sposarlo ed Euridice, commossa, accettò.
Le nozze si celebrarono in un bosco della Tracia, ma un triste presagio si verificò durante il rito nuziale: un denso fumo accompagnato da un sordo sfrigolio offuscò la luce delle fiaccole. La felicità dei due giovani era però tale che non vollero badare all'oscura predizione.
All'improvviso Euridice emise un urlo terribile e cadde a terra senza vita: una vipera velenosa l'aveva morsa. Orfeo accorse disperato, si chinò sulla sposa che giaceva esanime. La chiamò con tutte le sue forze, ma Euridice era morta.
Il giovane, come impazzito, andò a nascondersi nei boschi. Vagò senza meta per giorni e giorni. Pregò inutilmente le fiere affinché lo uccidessero. Cantò la sua angoscia agli alberi, agli uccelli, ma niente riuscì a placare il suo dolore. Fu allora che Orfeo decise di tentare un'impresa disperata. "Scenderò nell'Averno e pregherò le potenze infernali di restituirmi la mia dolce sposa".
La notte stessa il giovane iniziò il suo viaggio verso gli oscuri regni della morte.
Su un fianco del monte Olimpo c'era una caverna che, secondo gli antichi, era l'ingresso dell'oltretomba. Qui Orfeo cantò il suo inconsolabile dolore e ottenne dal tenebroso dio degli inferi di varcarne la soglia.
Camminò a lungo negli spazi proibiti; al suo canto non soltanto le anime dei defunti, ma anche le Furie provavano commozione. Giunse alfine in un luogo coperto da una fitta nebbia dove vide un unico punto luminoso: una sorgente, da cui nasceva un fiume che diventava sempre più ampio e melmoso, l'Acheronte. Sulle nere acque apparve una barca, guidata da un vecchio. Il suo volto era scuro, mentre gli occhi brillavano come carboni accesi. Era Caronte che conduceva le anime morte alla cupa reggia di Ade, dio dell'oltretomba. Il vecchio rimproverò Orfeo di trovarsi in quel luogo. Ma, placato dalla sua musica melodiosa, lo condusse alla dimora del sovrano.
Al centro di una sala buia come la notte c'era il trono su cui sedeva il dio che aveva al suo fianco la bellissima regina Persefone. A lei Orfeo rivolse la sua invocazione: "Oh dolce Regina che dal volto emani il chiarore della luna" cominciò "abbi pietà del mio dolore. Il fato crudele ha strappato alla vita la mia sposa diletta. Ho cercato di placare la mia disperazione, ma invano. Abbi pietà di me. Esaudiscimi, ti prego, rendimi Euridice oppure trattieni anche me quaggiù. Preferisco morire piuttosto che vivere senza di lei."
L'invocazione del giovane impietosì la dea che pianse sommessamente, guardò per un istante il suo sposo, lo implorò in silenzio. Ade l'amava moltissimo e non sapeva rifiutarle nulla. E anch'egli, intenerendosi, esclamò: "Il tuo canto, Orfeo, ha commosso la regina e me.
Voglio accontentarti: Euridice tornerà con te sulla terra. Sarai tu stesso a condurla fuori dall'Averno. Ma bada: non dovrai né guardarla né toccarla finché non avrai raggiunto la luce del sole. Se ti volterai, la perderai per sempre."
Il poeta, col volto trasfigurato dalla felicità, si inchinò al sovrani e si avviò verso l'uscita.
Una forma di donna coperta da un velo si alzò dai piedi del trono e lo seguì silenziosamente. Camminarono a lungo, ma il pensiero di Orfeo era per lei che gli stava dietro. Con gli occhi fissi davanti a sé, lottava disperatamente con il desiderio di voltarsi a guardare il viso della sposa adorata. All'improvviso un dubbio atroce gli attanagliò il cuore: Euridice era lì che lo seguiva o Persefone l'aveva ingannato?
E proprio quando la luce del sole cominciava a filtrare tra le tenebre, Orfeo non fu più capace di resistere. Si girò. La fanciulla gli stava di fronte e con le mani si tolse il velo che ancora la ricopriva. Era bella più che mai, ma gli occhi erano tristi. Fu un attimo. Una nebbia fitta e grigia l'avvolse e scomparve negli abissi per sempre.


La fretta di ritrovar l'amore, la voglia di tenerezza e di sentirsi parte di qualcosa ancora, a volte è cattiva consigliera. Si è talmente avidi di quella effimera felicità, da volerla afferrare immediatamente, senza attender i tempi dovuti. Ed ecco che la Signora dei Demoni, beffarda, sta lì a ricordarci immediatamente che a voler troppo e subito, non si ottiene alla fine nulla.
Le esperienze dovrebbero aiutar a capire come è necessario procedere, con passo sicuro, ma circospetto. E invece no, ci si mette di mezzo il dannato cuore, che fa scaturir emozioni e gaudio, così da indurre il nostro intelletto a sragionar completamente.
A volte buttarsi a capofitto, coglier l'attimo, può esser d'uopo, ma non certo quando d'amor si tratta perchè in tal caso, solo una giusta attesa, alla fin ci premia. Forse è meglio metter da parte lo strumento di tortura, cosicchè con ragione e pazienza, ovunque si possa arrivare, trovando, infin, la gioia che dura.

Dr. Soul & Mr. Dark

27 aprile 2024 ore 10:42 segnala
Nightcore - Jekyll and Hyde

Per tutti era un giovedì qualunque di una settimana qualunque in un mese e in un anno qualunque.
Ma non lo era per lui. In quel giorno avrebbe dovuto affrontare uno dei suoi demoni, il più pericoloso e sapeva che non sarebbe finita bene.
Si vestì con un completo nero, adatto all'occasione. Barba fatta, come sempre, gli piaceva essere sempre impeccabile e curato. Capelli in ordine, con un po' di gel per dar loro un effetto bagnato. Raggiunse i suoi famigliari, che attendevano davanti alla chiesa.
Il carro funebre arrivò poco dopo. I quattro becchini posizionarono la bara sul sagrato in modo che la piccola folla riunitasi per l'evento potesse raccogliervisi intorno.
Stava fermo ed immobile, osservava tutti quanti e sapeva che tutti quanti avrebbero osservato lui. Abbassò lo sguardo in segno di rispetto e seguì la processione in chiesa. Dovette sedersi nei primi banchi perchè anche lui era parte di quel contesto purtroppo.
Conosceva quel luogo che da bambino aveva dovuto frequentare. Mentre la cerimonia funebre cominciava cercava di estraniarsi guardando le statue, i dipinti, i capitelli, i rosoni. Erano ancora tutti nello stesso posto, da più di 40 anni, era cambiato poco eppure non vi era nemmeno un granello di polvere o una ragnatela.
Non credeva più in ciò che gli avevano impartito da piccolo, forse non ci aveva mai creduto. Un essere sovrannaturale che governava il mondo e che predicava la pace, ma poi permetteva che ci fossero guerre, omicidi di massa, femminicidi... Colui che era vita, ma che la toglieva a suo piacimento spesso a chi non lo meritava affatto. Il libero arbitrio degli uomini di cui parlavano i preti era soltanto una giustificazione per nascondere il fatto che quell'essere non esiste.
Ed era sempre più convinto del suo pensiero man mano che il parroco recitava la sua predica sulla vita eterna, sulla resurrezione, sul fantomatico premio che attendeva gli uomini dopo la morte.
Mentre tutto ciò accadeva i suoi demoni si stavano risvegliando, si stavano aggrappando ai suoi pensieri, lo stavano divorando.
Ed ecco che l'organo intonò quel particolare motivo. Le lacrime cominciarono a rigargli il viso, il ricordo cominciò a riaffiorare, vivido. Esattamente come 14 anni prima si ritrovò in quell'immenso dolore, in quella sofferenza, in quell'angoscia.
Riaccendere la sua umanità non era certo sua intenzione, piangere a quello specifico evento nemmeno. In fondo, pur essendo un parente stretto, con il defunto aveva sempre avuto un rapporto volutamente distaccato e contrastante.
Eppure non riusciva a trattenere quel tormento. Quattordici anni prima aveva perso quella che era stata sua madre nei primi 16 anni della sua vita, colei che gli aveva insegnato a fare qualunque cosa, colei che l'aveva amato al di sopra di ogni cosa, al di là del suo essere strano da sempre, al di là del suo carattere molto particolare. Si chiama madre colei che cresce un figlio, non colei che lo genera. La perdita era stata tragica e gli aveva segnato la vita. Aveva dovuto implodere tutto il dolore, aveva dovuto spegnere la sua parte umana per riuscire ad andare avanti. Ma quel suono, quel particolare suono che veniva musicato in quella chiesa in quelle occasioni risvegliò tutte le emozioni negative che aveva dentro. Singhiozzava e non si dava più pace, non poteva lasciare la cerimonia anzitempo perchè "non stava bene" e quindi si rifugiò nel bavero dell'impermeabile, vi si strinse dentro quasi per nascondersi.
Dopo circa un'ora, un'ora interminabile, tutto quanto finì. Uscì da quel luogo, prese una grande boccata di quell'aria gelida, guardò il cielo e a grandi passi cercò di andarsene. Ma venne trattenuto, da colei che lo aveva generato, da colei che per tutta la vita non aveva fatto altro che farlo sentire in colpa per qualunque sua scelta, per qualunque sua decisione, per quello che era, per l'uomo che era diventato, per qualunque cosa andasse in contrasto con quanto lei pensasse. E con il cuore accelerato dall'ansia dovette dispensare strette di mano e finti sorrisi di circostanza alle persone intervenute. Appena gli fu possibile corse via, salì in macchina e tornò a casa.
In quel momento avrebbe voluto accanto la persona che amava e avrebbe voluto che lei capisse senza fare domande il suo stato d'animo tormentato.
Sembra impossibile che anche le persone che dicono di comprendere, di non fermarsi davanti a determinati "no", che tranquillizzano col loro "non fa niente, non importa", alla fine siano totalmente incapaci di dire o fare la cosa giusta per la persona che dicono di amare. Allontanò chiunque lo cercò per un motivo o per l'altro. Doveva riprendere immediatamente il controllo, doveva assolutamente spegnere quel dannato interruttore e tornare ad essere l'uomo glaciale che tutti temevano e rispettavano, quello misterioso che non si lasciava andare alle emozioni, quello duro ed inattaccabile.
Tentò per giorni di riprendersi, ma inevitabilmente aveva dei contatti umani che in qualche modo non poteva (nè voleva) evitare. Voleva tornare nella sua oscurità, protetto da quei muri alti ed invalicabili, da quel buio in cui i difetti non si vedono, in cui nemmeno i mostri sono riconoscibili, ma solo percettibili.
Si rese conto, in quella sua fragile vulnerabilità così esposta, che nessuno, nemmeno chi amava con tutto se stesso, accettava la sua stranezza, la sua estrema sensibilità. Si rese conto che la sua umanità gli creava aspettative che non poteva permettersi, sogni a cui non poteva dedicarsi, capì che doveva assolutamente impedire a quel demone di riemergere ancora. Perchè la sua parte più emotiva e delicata non veniva tollerata nè tanto meno trattata con la dovuta delicatezza.
"Un giorno ancora" si disse "e tu, Dr. Soul, scomparirai per sempre!". Seduto sulla sua poltrona di pelle, cominciò a sorseggiare il suo Bourbon, attendendo il ritorno di Mr. Dark.