Ho usato parole inutilmente infiammate per descrivere la passione, solo per scoprire poi che la mia anima era sprofondata nelle paludi della solitudine. Spesso mi sono ritrovato a dover dare un senso al distacco, forzando la mia volontà e costringendomi a interrompere legami che credevo autentici ma che, in realtà, erano vuoti, privi di quella consistenza che riconosciamo nelle cose reali che viviamo. Per questo mi sono visto costretto a strapparmi l’amore dal cuore, ingannato dalla convinzione che fosse qualcosa che valesse la pena vivere.
Così, dopo tutto quel dolore, sono lentamente tornato sui miei passi, ripercorrendo antiche tracce disseminate nel tempo, tra le dune dell’esperienza accumulata. Alcune erano segnate da una finta intensità, volte a compiacere chi mi stava avvelenando con l’inganno; altre provenivano da mondi così lontani e irreali da sembrare irraggiungibili, come miraggi nel deserto. Ho capito che ognuno è solo quando sceglie di esserlo, per propria incapacità o volontà. Chi comprende questo sa che non c’è mai stata una cospirazione contro di lui, poiché quella solitudine di vagabondo senza patria era soltanto una scelta consapevole.
Alla fine, ho deciso di lasciare che la luce della ragione illuminasse il mio cammino, alleggerendo il peso della vita per quel cuore che credevo perduto, ma che in realtà era solo temporaneamente assopito. Distanza ed emozione, il senso del distacco e i sorrisi nascosti sono diventati parole prive di significato, non più quelle lame sottili che una volta penetravano fino all’osso nella mia carne viva, ferita a morte.
Ho scritto tutto questo per lasciare una traccia di me a quei fantasmi che, pur presenti, rimangono nascosti e distanti. A loro dedico le mie parole. A loro, che sono state luci intermittenti sul mio cammino, accese solo per scrutare ciò che resta della mia anima, dedico il mio pensiero di uomo rinato, redento e finalmente felice per la loro scomparsa, fatta anche di silenzi. A questi spiriti inquieti e senza futuro lascerò solo il ricordo del mio passaggio, perché non saranno mai più degni della mia presenza.
Così, dopo tutto quel dolore, sono lentamente tornato sui miei passi, ripercorrendo antiche tracce disseminate nel tempo, tra le dune dell’esperienza accumulata. Alcune erano segnate da una finta intensità, volte a compiacere chi mi stava avvelenando con l’inganno; altre provenivano da mondi così lontani e irreali da sembrare irraggiungibili, come miraggi nel deserto. Ho capito che ognuno è solo quando sceglie di esserlo, per propria incapacità o volontà. Chi comprende questo sa che non c’è mai stata una cospirazione contro di lui, poiché quella solitudine di vagabondo senza patria era soltanto una scelta consapevole.
Alla fine, ho deciso di lasciare che la luce della ragione illuminasse il mio cammino, alleggerendo il peso della vita per quel cuore che credevo perduto, ma che in realtà era solo temporaneamente assopito. Distanza ed emozione, il senso del distacco e i sorrisi nascosti sono diventati parole prive di significato, non più quelle lame sottili che una volta penetravano fino all’osso nella mia carne viva, ferita a morte.
Ho scritto tutto questo per lasciare una traccia di me a quei fantasmi che, pur presenti, rimangono nascosti e distanti. A loro dedico le mie parole. A loro, che sono state luci intermittenti sul mio cammino, accese solo per scrutare ciò che resta della mia anima, dedico il mio pensiero di uomo rinato, redento e finalmente felice per la loro scomparsa, fatta anche di silenzi. A questi spiriti inquieti e senza futuro lascerò solo il ricordo del mio passaggio, perché non saranno mai più degni della mia presenza.