Non ho mai saputo davvero cosa volesse dire “realizzazione”, per lo meno nell’accezione comune. Troppi dubbi, tanti interrogativi. Non ho mai saputo delinearmi nel futuro, era ed è la mia kryptonite.
Credo di essermi sempre solo accontentato di esistere provando a sublimare i più naturali impulsi di una vita semplice (alcuni direbbero mediocre), cercando il degno senso di ogni suo lato cieco e credendo che in esso avrei trovato la mia definitiva pace. Negli anni ho imparato ad apprezzare stimoli che altri considerano spiacevoli, o non considerano affatto. Il vento gelido che scava le gote e intorpidisce le mani in uno di tanti mattini d’inverno, mentre le montagne arrossiscono alla spunta del sole?! Sì, ecco, ad esempio; o Luna che, senza averne cognizione, con la sua sola ed unica presenza è in grado di condensare l’attimo presente. Io quel tempo, solo quel tempo posso contemplarlo e provare a rendergli giustizia fissandolo alla bell’e meglio nei ricordi; ma ancor più in ciò che sono, perché sebbene sia rassegnato a perdere i dettagli di tutte queste camminate all’alba, sebbene sia destinato a perderne ogni memoria, è l’aver interiorizzato ogni passo, e ogni brivido, ogni sorriso, rincorsa, fatica, sguardo, dolore, carezza, spavento, ogni più affabile emozione… ciascuna di queste avrà comunque tinteggiato il mio animo come un’artista del tempo in divenire, vivranno in me fino alla mia scadenza.
Penso sia questo a farmi andare avanti “nonostante”, una sorta di palliativo a un futuro sempre più a perdere che non regala alternative, ma tanto dovrà – bastarmi e – continuare a resistere.
Finché potrà resistere.