oltre i margini del dire,
tra sillabe spente
e luci in ritardo.
Mi poso su immense rocce
davanti al mare fermo del pensiero,
dove non serve scegliere
tra silenzio e rumore.
A volte
mi muovo come metallo tiepido,
un gesto dopo l’altro,
senza memoria,
senza urto.
I pensieri,
un tempo tumulto,
ora giacciono fermi,
come foglie d’acqua
che non osano il fondo.
Pensare brucia,
e allora spengo tutto.
Un clic,
un interruttore invisibile.
Mani che non cercano,
occhi senza domande,
giorni filtrati da tende chiuse.
Mi attraversano
senza lasciare suono.
Più leggera,
in sottrazione.
Con un sogno muto
che mi tiene qui:
vedere, un giorno,
la pace in occhi che amo.
