Parodia di vita - tentativo n.4

08 gennaio 2012 ore 22:01 segnala
(c'era una volta un blogger. in altri lidi virtuali raccontava, semiserio, questo episodio. sono passati secoli. "riciclare" è l'ultimo stadio della deriva creativa. poi verrà "copiare"...)

Le mani sudano, le guance avvampano ("avvampare" e' un bel termine). Mi perseguita l'idea che possa esserci qualcosa di grave. In me. E piu' passa il tempo, piu' l'ipotesi muta in certezza. Dentro di me sono gia' in fin di vita, sfigurato per sempre, senza piu' uno straccio di donna disposta a concedermisi, nemmeno a pagamento. Oltre la porta, la porta della stanza degli orrori, sento distintamente il chiacchiericcio femminile, quel futile discorrere di cose futili, saltuariamente arricchito (ma mai interrotto) da una voce maschile, calma, piatta, anonima. La voce che potrebbe avere la Morte, se parlasse. La mia ansia m'impedisce persino di star seduto. Sto valutando l'ultima occasione di fuga: tre passi, una maniglia, quattro scalini, un cancelletto. Ma so che il senso di liberazione sarebbe immediatamente sostituito dalla vergogna, dal senso di colpa, dalla paura elevata all'ennesima potenza, dall'impossibilita' di ammettere il fallimento. E' in situazioni come quelle, mi dico, che taluni maturano l'idea del suicidio come unica via d'uscita. Controllo maniacalmente tutti gli oggetti che ho nelle varie tasche, e' una tecnica che mi aiuta a distogliere la mente dall'evento imminente (certo, ha delle controindicazioni, gli psicologi li chiamerebbero disturbi ossessivo compulsivi, ma talvolta si e' costretti a scegliere il male minore). Sto sudando ora. Non sono piu' solo le mani. Ogni mio poro sta urlando. Due passi a destra, la porta degli orrori scompare momentaneamente alla mia vista. Guardo la parete. Non avrei dovuto farlo. Un piccolo quadro infarcito di sadismo. Vi si ritrae la caricatura di un uomo orribilmente spaventato; il suo aguzzino sta per avventarsi su di lui. E ride, il maledetto. Mi accorgo che di immagini simili ve ne sono almeno altre quattro, tutt'intorno. Una parte di me non puo' che congratularsi idealmente con colui che avuto l'idea di appenderle: genialmente sadico. Il chiacchiericcio aumenta di volume, una improvvisa paura, mai provata prima, m'avviluppa. Percepisco le prime formule di commiato, le donne che iniziano, tra una chiacchiera e l'altra, a salutarsi. Ancora qualche pettegolezzo, due o tre dritte sui saldi, poi l'inevitabile "Arrivederci", piu' volte ripetuto, con la voce della Morte che si unisce ai saluti, un po' piu' vispa ora, quasi pregustasse il piacere della prossima vittima. Il sinistro suono della maniglia. Figure indistinte lasciano la scena. Le noto appena. Il mio cuore batte all'impazzata, ogni muscolo, ogni nervo, ogni cellula all'erta. Sento i battiti del mio cuore nelle orecchie, e non serve a niente ripetermi che sono adulto. Una voce femminile m'invita ad entrare. Con immane sforzo le mie gambe si muovono. Varco la soglia. Dello studio dentistico.

Parodia di vita - tentativo n.3

15 novembre 2010 ore 17:36 segnala

Le 18 di un umido e buio lunedì pomeriggio. Uno di quei tardo pomeriggi in cui Milano brulica. Sembriamo tanti piccoli insetti isterici, fermamente determinati a conquistarci lo spazio vitale. E così l'auto avanza a scatti e scossoni, e le luc'intorno si fann'indefinite. L'arancione del semaforo pare particolarmente ammonitore, mentre minacciosi i fari dell'auto che mi segue m'invitano a non badarvi, spingendomi all'infrazione (ma chi, io?). Ho un appuntamento. Uno di quelli che speri saltino all'ultimo minuto. Ed anzi, più s'avvicina il momento più la speranza diventa ansia. Dovrei appuntarmi un post it davanti agli occhi, con scritto in stampatello minuscolo e con tre punti esclamativi "prendi tempo, non accettare subito!!!".  Perchè sono innumerevoli le occasioni in cui mi son pentito di non averlo fatto. Comunque, ormai è fatta, non posso certo tirarmi indietro, sarebbe inconcepibile per il mio modo di stare al mondo. E così eccomi qua, nel dramma metropolitano, attento a non peggiorare la situazione. Lei m'attende in un caffè. Sarà il solito impaccio da primo incontro. E dire che sarei potuto essere placidamente a casa, svaccato sul letto e col bicchiere in mano, e invece no, son qui nel delirio, con lo stomaco chiuso e poca voglia. Tutto perchè l'idea di avere a che fare con un esemplare femminile (manco fossimo allo zoo) che pare addirittura interessante oltre che di aspetto non rivoltante, è qualcosa di troppo seducente lì per lì, quando non devi ancora veramente farlo. Comunque, oramai è fatta, qui sono e si va fino in fondo, sempre che io riesca a passare questo maledetto semaforo. Che poi... tanto lo so che alla fine mi ringrazierò per aver detto sì. Che la solitudine di casa propria sarà anche rassicurante ma è di gran lunga preferibile l'adrenalina a mille, quello scrutarsi senza darlo troppo a vedere, l'emozione di un essere umano con cui condividere tempo, spazio, calore e poesia. No, non me ne pento quasi mai alla fine.

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Le 18 di un umido e buio lunedì pomeriggio. Uno di quei tardo pomeriggi in cui Milano brulica. Sembriamo tanti piccoli insetti isterici, fermamente determinati a conquistarci lo spazio vitale. E così...
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15/11/2010 17:36:59
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Parodia di vita - tentativo n.2

15 ottobre 2008 ore 11:04 segnala

La pioggia sottile lo torturava. Come se non bastassero la fatica, il sudore, il cuore che viaggiava a ritmi pericolosi. Jack non guardava intorno a se', non voleva vedere nulla. L'unica cosa su cui desiderava concentrarsi era la strada, e con essa, il respiro. Mancava ancora molto al traguardo. Erano partiti che il sole si lasciava lentamente coprire dalle nubi. Dopo dieci kilometri il cielo era completamente coperto e l'odore dell'aria lasciava intendere che ci sarebbe stata dell'acqua. Ora la pioggia stilettava sul cranio, sul volto, sulle spalle, senza tregua. Minuscoli aghi che si conficcano a migliaia, gelidi. E l'asfalto duro sotto i piedi, reso ancor piu' insidioso dall'acqua. Quando corri in queste condizioni i vestiti si fanno piu' pesanti, l'aria non entra nei polmoni come dovrebbe, sei costretto a guardare a terra e la cosa ti manda in confusione... Maledici tutto quel che hai mangiato nelle quarantott'ore precedenti, comprese le briciole che hai raccolto dalla tavola. E' che Jack non sapeva abbandonare. Sarebbe piuttosto morto li', con gl'aghi in testa e il sudore misto a pioggia misto a sangue misto a vomito a coprire ogni centimetro del suo corpo. Pur di non dover affrontare la consapevolezza di aver mollato. Si puo' anche non ascoltarli gli organi urlanti, ma non si puo' non ascoltare i rimpianti. Jack era zombescamente barcollante, lo superavano pseudo atleti muniti di pancetta, ritmicamente rumorosi, beffardamente sorridenti. Lui cercava di concentrarsi sul respiro, un passo dopo l'altro. Sarebbe scesa la notte e l'avrebbe trovato li', ad avanzare lento, costantemente sul punto di cadere ma sempre in piedi. Se ne sarebbero andati tutti, persino il traguardo avrebbero smontato. Ma tutto questo a Jack non sarebbe importato. L'unica cosa che contava era restare su'.

Parodia di vita - tentativo n.1

14 ottobre 2008 ore 16:12 segnala

La scacchiera se ne stava languida in disparte. Ammiccava come a richiamare la nostra attenzione. Senza chieder nulla la misi in mezzo al tavolo, abbassai le luci, stappai una bottiglia di Morellino ed attesi. Jack come al solito si stava compiangendo, ma non seppe resistere al richiamo del gioco (o a quello della bottiglia, poco cambia). Lasciai che prendesse i bianchi. I suoi occhi parvero mettere a fuoco i pezzi uno alla volta. Forse stava finalmente iniziando a distrarsi. Brutta razza le ex mogli, mentalmente mi ripromisi di non procurarmene mai una. Le sue dita esitarono un poco, poi presero il pezzo e lo calarono con apparente decisione. Apertura di cavallo. Aprire di cavallo, per giocatori inesperti come noi, e' un po' come sfidare la morte; somiglia ad una corsa ad occhi chiusi di traverso l'autostrada in piena notte. Tenendomi gli occhi inchiodati addosso, in gesto di sfida, prese il suo bicchiere. Io ero consapevole del mio martirio ed accettai in silenzio. Con Jack il gioco era sempre lo stesso: lasciarlo sfogare, nella vita come negli scacchi. Inutile qualsiasi argomentazione. Io, invece, son sempre stato della specie opposta, quella degli attendisti, scrutatori dell'altro, dediti alla riflessione e quasi mai inclini all'esuberanza. Piu' facili alle accelerazioni che alle esplosioni. Accettai quindi di buon grado quell'apertura violenta e presi a macinare il mio gioco. Forse avrei tentato una sortita offensiva di donna, mai piu' opportuna, ma solo al momento giusto, quando il suo gioco spregiudicato lo avrebbe inevitabilmente portato a scoprirsi troppo. L'alfiere impertinente mi punto' sul lato mancino; sapevo che era solo una manovra per intimorirmi e lo ricacciai immediatamente indietro. A quel punto una smorfia di disappunto baleno' sul viso di Jack... ancora una volta stava lentamente rinsavendo.

E' tempo di un nuovo post...

14 ottobre 2008 ore 09:23 segnala

...e di mattutino abbandono al torpore. Con il picci' in scalpitante attesa, ed i progetti e piani da portare avanti, e riempi quella casella excel oldboy che non ti si paga per giocare con le parole! E quella stupida sensazione di non essere parte integrante di tutto questo, bensi' soltanto uno spettatore, i gomiti poggiati sul davanzale a reggere un malinconico mento. In attesa che mi venga voglia d'interrompere l'attesa, forse. Questo rifugio virtuale mi e' congeniale. Qui ho la sensazione di essere in vetrina. Ed ho sempre desiderato starmene in vetrina. Negli uffici metropolitani il brusio s'alza costante. La mattina presto solo rari colpi di tosse, e porte del bagno che s'aprono; l'ascensore che ti accompagna, placido e comprensivo, al ritrovo del caffeinomane fumatore. Ma gia' quando discendi (piu' arzillo questa volta e' l'ascensore, quasi si destasse anch'egli dal torpore) avverti il brusio che cresce, ed i primi perentori trilli. E sai che tra poco tocchera' anche a te. E' ufficiale: questo post non mi piace ma lo lascio qui perche' non ho voglia di scriverne un altro!

...

30 settembre 2008 ore 11:04 segnala

Fate oggi quel che avreste sempre desiderato fare...due post lo stesso giorno... non vi e' alcun dubbio, la fine del mondo e' vicina, non dovremo attendere il 21 dicembre del 2012 e nemmeno la riaccensione dell'acceleratore di particelle del CERN.

Ci tenevo a dire che e' sempre con un po' di fastidio che mi rendo conto di quanto bene scriva qualcuno. Invidia, ammirazione e fastidio. Perche' non le ho scritte io quelle cose? Perche' non e' uscita dalle mie dita quella sequenza di parole? In fin dei conti di parole si tratta. Ed io ci gioco da molto tempo. Non fosse che c'e' quel qualcosa in piu', la scintilla che rende una semplice sequenza di parole un concentrato di emozioni. E' l'arte che si fa apostrofo. Chi ha messo sugli scaffali della libreria gli scribacchini contemporanei indebitamente accanto a Fedor?? Un'insulto del tempo, ed una scoria, ritrovi ogni notte sul viso la donna che s'e' resa colpevole di tale scellerata azione! (basta citazioni, d'ora in avanti mi limitero' ad autocitarmi)

Non al denaro...

30 settembre 2008 ore 09:13 segnala
..non all'amore ne' al cielo. Vado di pari passo con la noia, oggi piu' che mai. E ascolto litanie ossessive, oggi piu' che mai. Ma non sono colpevole, se non di eccessiva aspettativa. E mentre aspetto che tu sia piu' di un'idea sollevo obiezioni all'ottimismo.

Il senso di vuoto che mi coglie...

29 settembre 2008 ore 09:50 segnala
...ogniqualvolta termino una faticosa lettura. E piu' lenta, prolungata e zoppicante e' la lettura, piu' devastante sara' il vuoto che mi lascia. E' successo ieri, tardo pomeriggio dell'ennesima stanca domenica, riempita di Noia (della quale ho gran rispetto). M'assopivo intellettualmente, come spesso accade in questi frangenti, lasciandomi violentare dalla comunicazione massiva, inerme e lobotomizzato. Ero ad un passo dal canticchiare gli slogan pubblicitari. Forse per una tardiva e disperata ribellione inconscia mi destai dal torpore e balzai in piedi. Preda di un furore spesso avvertito ma quasi mai degnato d'attenzione, mi spostai all'aperto. L'astro tramontante tento' (illuso) di scaldarmi un poco. Fu allora che lo ripresi, dopo lunga pausa. E lessi appunto, alle volte le coincidenze tramortiscono, il passo nel quale s'ipotizza (macche', si sentenzia!) che l'artista sia in grado di compiere certe imprese, riprendere la lettura di un libro nel punto in cui lo si era abbandonato anche dieci anni prima e riprenderne il filo, come se nulla fosse successo, come se il quotidiano fosse stato poco piu' che un vago torpore, una pausa fisiologica tra una consapevolezza e la successiva. A voce alta bruciai le ultime venti pagine, conscio come non mai della grandezza dell'autore, vagamente dispiaciuto di non aver saputo cogliere in pieno il senso di quelle pagine, se non a tratti, ma in ogni caso orgoglioso, come spesso capita, d'essere arrivato a sentirle in qualche modo mie. Terminai che il sole era gia' scomparso, e col naso attaccato al libro, a cogliere l'ultima tenue luce. Lo chiusi e lo tenni poggiato al petto, per un minuto. Poi lo riposi, stanco involucro. Tornai al quotidiano lasciando defluire l'emozione. Egli era Henry Miller. E scrisse il Tropico del Capricorno.

Le parole tornano, le persone un po' meno

15 settembre 2008 ore 08:55 segnala
E' passato quasi un anno dal mio ultimo post, eppure il blog non e' ancora morto, solo ibernato. E nemmeno il profilo ha l'encefalogramma piatto, ogni tanto una scintilla di vitalita', un barlume d'attivismo s'impossessa di lui (dubbio: in questo contesto la ingua italiana prevede il singolare, due soggetti equivalenti che compiono la stessa azione, oppure il plurale, due distinti soggetti). Ecco, questo e' il genere di questione con cui si perde la mia mente... e poi mi chiedo come mai le mie domeniche pomeriggio siano solitarie! Come primo post del 2008 puo' bastare. Potrei tornare tra un anno, oppure domani, molto piu' probabilmente lo faro' piu' tardi nel corso della giornata. E' cosi' triste essere coerenti ed abitudinari in queste cose! Impensabile per me impormi di scrivere a scadenze prestabilite...

I Morti m'han sempre portato bene...

05 novembre 2007 ore 10:32 segnala
e dai su'... inutile tentare di darsi un tono, pretendendo che questo spazio virtuale sia un luogo d'incontro per intellettuali illuminati che si ritrovano a disquisire sulle implicazioni filosofiche delle teorie sul...bla bla bla... il tutto contestualizzato in un crescendo di bla..bla...bla... e non ultimo bla..bla..bla... E' un blog, ed oggi lo tratto come tale :-p  Fuoriesco non dalla tomba bensi' da un lungo ponte, trascorso in caput mundi, in compagnia di una persona notevolissima. A te, mia cara amica che mai leggerai questo post, i miei piu' sinceri ringraziamenti per tutte le sensazioni vissute insieme.