Reduce da una seratina niente male in cui vecchi amici si uniscono ai nuovi, una di quelle spiritate per via della birre e delle anime che si incrociavano, mi ritrovo ad ascoltare.
Un’occhiata distratta, un’imprecazione veloce che ho lasciato nella mia testa perchè stavo troppo bene per concedermelo, il tipo dall’aria maschia che evito di proposito perchè è troppo figo e mi sta sul culo per questione di principio, una sigaretta accesa perchè era come se non fumassi da anni seppur con la sensazione, dopo averla finita, che fosse durata troppo e troppo poco.
Senza che me ne accorgessi, mentre facevo scintillare quel sorriso di facciata che spesso mi appiccico addosso contro parole che non voglio ascoltare e intenta a fissare delle facce che diventavano sempre più confuse, iniziavo a perdermi dentro quelle note.
E mentre mi muovevo, ormai neanche troppo annoiata, pensavo che doveva esserci qualcosa di strano nell’aria perchè avevano tutti un’identica espressione: in estasi.
Il cielo era lì, sopra la mia testa, aperto a squarci di blu misto a nero scintillante; l’aria era rovente ma qualche sbuffo d’aria bianco ghiaccio produceva bagliori alternati a brividi; il pavimento sotto di me era diventato molle e io, nel corso della mia orbita instabile attorno a me stessa, mi muovevo su di una nebulosa priva di consistenza riuscendo quasi ad avvertire il velluto porpora delle pareti.
Tutto questo mentre me ne stavo con gli occhi quasi completamente chiusi, la mano poggiata su un tavolo e i piedi ben piantati per terra, visto che le uniche parti del corpo che avevo mosso, impercettibilmente, erano state le spalle e la testa.
Ero, in effetti, un corpo in equilibrio. Almeno fin quando la tipa, da dietro il bancone, si allunga cercando di poggiare la sua mano sopra la mia spalla e mi chiede se è tutto ok. Avrei voluto dirle che sì, prima che arrivasse era sul serio tutto ok.
Dannazione. Dalle mie parti, se stai male chiedi aiuto, altrimenti vuol dire che è tutto a posto.
-Tutto ok?
Dentro di me deve essersi prodotta una supernova; l’involucro esterno, invece, è rimasto intatto nonostante il reiterato tutto ok di lei. La guardo e le dico che andrebbe meglio con un mojito. In attesa che me lo servisse mi do un’occhiata intorno ma, finita la musica e una volta aperti gli occhi, era scomparso quasi tutto: un soffitto verdastro al posto del cielo, l’aria viziata per via del fumo e della calca, mattonelle e pareti dal colore indistinto. Anche le facce, adesso, erano più inebetite di quello che avevo immaginato io.
Dannazione.
Se un corpo è soggetto ad un sistema di forze a risultante zero, allora esso rimane in quiete o in moto rettilineo uniforme. Tale corpo si dirà in equilibrio.
Cara barista, ricordatelo la prossima volta.
Un’occhiata distratta, un’imprecazione veloce che ho lasciato nella mia testa perchè stavo troppo bene per concedermelo, il tipo dall’aria maschia che evito di proposito perchè è troppo figo e mi sta sul culo per questione di principio, una sigaretta accesa perchè era come se non fumassi da anni seppur con la sensazione, dopo averla finita, che fosse durata troppo e troppo poco.
Senza che me ne accorgessi, mentre facevo scintillare quel sorriso di facciata che spesso mi appiccico addosso contro parole che non voglio ascoltare e intenta a fissare delle facce che diventavano sempre più confuse, iniziavo a perdermi dentro quelle note.
E mentre mi muovevo, ormai neanche troppo annoiata, pensavo che doveva esserci qualcosa di strano nell’aria perchè avevano tutti un’identica espressione: in estasi.
Il cielo era lì, sopra la mia testa, aperto a squarci di blu misto a nero scintillante; l’aria era rovente ma qualche sbuffo d’aria bianco ghiaccio produceva bagliori alternati a brividi; il pavimento sotto di me era diventato molle e io, nel corso della mia orbita instabile attorno a me stessa, mi muovevo su di una nebulosa priva di consistenza riuscendo quasi ad avvertire il velluto porpora delle pareti.
Tutto questo mentre me ne stavo con gli occhi quasi completamente chiusi, la mano poggiata su un tavolo e i piedi ben piantati per terra, visto che le uniche parti del corpo che avevo mosso, impercettibilmente, erano state le spalle e la testa.
Ero, in effetti, un corpo in equilibrio. Almeno fin quando la tipa, da dietro il bancone, si allunga cercando di poggiare la sua mano sopra la mia spalla e mi chiede se è tutto ok. Avrei voluto dirle che sì, prima che arrivasse era sul serio tutto ok.
Dannazione. Dalle mie parti, se stai male chiedi aiuto, altrimenti vuol dire che è tutto a posto.
-Tutto ok?
Dentro di me deve essersi prodotta una supernova; l’involucro esterno, invece, è rimasto intatto nonostante il reiterato tutto ok di lei. La guardo e le dico che andrebbe meglio con un mojito. In attesa che me lo servisse mi do un’occhiata intorno ma, finita la musica e una volta aperti gli occhi, era scomparso quasi tutto: un soffitto verdastro al posto del cielo, l’aria viziata per via del fumo e della calca, mattonelle e pareti dal colore indistinto. Anche le facce, adesso, erano più inebetite di quello che avevo immaginato io.
Dannazione.
Se un corpo è soggetto ad un sistema di forze a risultante zero, allora esso rimane in quiete o in moto rettilineo uniforme. Tale corpo si dirà in equilibrio.
Cara barista, ricordatelo la prossima volta.
