
Era un giorno sincero, come tanti altri, un'estate un po' calda, come quelle passate.
Il sole rideva, il mare sbadigliava le sue prime onde allegre, la sabbia stropicciava i suoi occhi, i gabbiani inoltravano le loro danze celesti.
Tutto taceva. L'umano movimento era in quiete. Il vento assonnato, privo di compagni di gioco, spazzava qua e là qualche grano di polvere.
Ed ecco il mio cuore gridare, in lunghi e spaventosi ruggiti; "egli" sanguinava, perdendo ad ogni battito litri d’odio, voglia di distruggere ed esser distrutto.
Diveniva tutto così buio, quando "lui" versava quelle atroci lacrime cosparse di dolore; e in un attimo il sole si spegneva, e gabbiani e mare e sabbia sparivano.
Poi tutto tornava come prima, tranne il silenzio ormai disperso dietro l'orizzonte. Il vento correva impazzito in assordanti respiri, portava con se le urla dei gabbiani, il mare si univa al coro tuonando con impeto verso la sveglia e pungente sabbia che ormai era in ogni dove.
Il cielo dipintosi di grigio e nero, aprì le sue fauci e ammonendo tutt'intorno con lampi di luce improvvisi, lanciò grandine al suolo.