Parole (... non so parlare d'amore...)

13 novembre 2009 ore 09:37 segnala

La serie continua, quattro mani, pensieri sovrapposti. Questa volta però un punto di insanabile discordia. Il video di accompagnamento. Per rispetto reciproco, ciascuno di noi pubblicherà il video dell'altro.

Io non scrivo mai commenti, ne pareri, ne opinioni, ho sempre creduto e continuo a credere che non stia a noi dare giudizi: sono una giornalista, non un giudice e nemmeno un magistrato, io mi limito a narrare i fatti, i fatti come stanno, come sono, sembra la cosa più facile e invece qui è la più difficile. E’ un prezzo altissimo, quale prezzo? Che non fai più un mestiere, tu combatti una guerra, ti senti in lotta, e a 47 anni sono stanca, non impaurita, non scoraggiata, solo stanca, stanca di leggere ogni giorno sui giornali politici che sono una pazza, Politvscaja la schizofrenica, Politkvscaja la paranoica, stanca di spiegare ai miei figli perché chi dice la verità è un pazzo, e chi dice la menzogna fa carriera; stanca di ricevere dalle 10 alle 15 minacce di morte a settimana, compaiono sul mio computer, a volte anche al telefono, stanca di sentirmi una criminale. Ogni 6 giorni quando esce un articolo, vengo convocata in procura, tra i ladri, i delinquenti, chi sta li per rapina, chi per furto chi per stupro, io per giornalismo. Conosco i corridoi, le sale d’aspetto, la scrivania degli uffici, entro e mi siedo; la domanda è sempre la stessa, perché ha scritto cose false e chi le ha passato queste informazioni, segue interrogatorio 2, 3 ore 4, a volte mi hanno trattenuta a volte mi hanno lasciata. Sono stanca di spiegare ai miei figli perché passo la notte in galera, stanca di pensare che l’informazione libera qui non esiste; il 90% dei giornalisti in Russia ha una tessera politica, se hai una tessera politica non sei un giornalista, sei un portavoce. Funziona così, la stampa si divide in chi è per la Russia e chi non è per la Russia; se sei per la Russia dopo 5-6 anni ti fanno deputato, se non sei per la Russia non devi fare il giornalista, punto. La tua è propaganda contro lo stato, punto. La propaganda contro lo stato si punisce con la morte, prima o poi, punto.” (Anna Politkvscaja) 

 

Non so parlare d'amore. 

 

Non sono neppure come Anna Politvscaja, non ho il suo coraggio, non ho figli a cui dover spiegare alcun perché, non ricevo minacce di morte, non passo le mie giornate negli uffici della questura a rispondere a domande sempre uguali. La domanda sorge spontanea: “Ma allora... che c... vuoi?”.

 

Non so parlare d'amore.

 

Non ho una porta da chiudermi alle spalle per chiudere fuori il mondo, fingendo di non sapere che esiste, non ho nessuno tra le cui braccia abbandonarmi e rifuggire le cose che vedo intorno a me, non mi basta chiudere gli occhi per credere che sia sempre buio.

 

Non so parlare d'amore.

 

Eppure sento mia la stanchezza della Politvscaja, e forzando l'interpretazione di una sua frase la ripeto “Io non scrivo mai commenti, ne pareri, ne opinioni, ho sempre creduto e continuo a credere che non stia a noi dare giudizi: … io mi limito a narrare i fatti, i fatti come stanno, come sono, sembra la cosa più facile e invece qui è la più difficile.” Scatta inevitabile la seconda domanda “E allora che c... ci fai qui?”

 

Non so parlare d'amore.

 

Ma mi piacciono le parole. Mi piace il loro suono, la loro forma, il loro significare. Sì, perché le parole hanno un significato, un peso specifico, e per delle parole si può anche morire. Non è il caso mio, le parole che io scrivo sono senza peso, non lasciano traccia, non colpiscono nessuno. I fatti di cui a volte racconto sono sotto gli occhi di tutti, di tanto in tanto mi limito a usarli per riflessioni private, alternativa a quel parlar d'amore di cui non sono capace. Alle volte racconto strambe storie, che servono più a me che ai malcapitati lettori.

 

Non so parlare d'amore.

 

Ho un rispetto profondo per le parole, e il solo sapere che ve ne solo più di 2400 che sono ormai dimenticate mi ferisce, perché anche io ne ho dimenticate molte, perché anche io ho perso qualcosa, e il mio vocabolario personale si sta restringendo sempre più, e allora provo a cercarle, leggendo, ascoltando. Ma le parole scritte hanno ormai assunto forme strane, ridotte a simboli matematici o a strani codici fiscali che rendono il linguaggio scritto ormai simile a un codice cifrato, e quelle dette il più delle volte sono urlate, con gran spregio dei congiuntivi e delle forme grammaticali, e spesso echeggiano vuote.

 

Non so parlare d'amore.

 

 

E allora parlo di quello che vedo, che sento, che leggo. Parlo delle sensazioni che provo di fronte al mondo che mi entra in casa o che a volte vado a cercare. Racconto quello che vedo, cercando di non giudicare, senza pretesa di voler cambiare le cose che non mi garbano, cercando però di evitare di farle mie. Racconto quello che colpisce il mio immaginario, cercando di dare un senso a quello che vedo. Non mi piace la gente che ferma la propria auto per guardare l'incidente appena accaduto con gusto morboso, alla caccia di un cadavere che dia un brivido. Se invece il cadavere è “sparato” lo si scavalca, senza vederlo. Scatta qui la terza domanda “E questo cosa c... c'entra?”

 

Non lo so, ma non so parlar d'amore.

Rechel72

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La serie continua, quattro mani, pensieri sovrapposti. Questa volta però un punto di insanabile discordia. Il video di accompagnamento. Per rispetto reciproco, ciascuno di noi pubblicherà il video dell'altro. “Io non scrivo mai commenti, ne pareri, ne opinioni, ho sempre creduto e continuo a...
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13/11/2009 09:37:59
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Commenti

  1. cosillo 15 novembre 2009 ore 12:30

    fin troppi che "parlano" d'amore.

    Va bene così.

    Mi piace leggerti.

    buona domenica

    adriano

  2. Crayon.Bleu 23 novembre 2009 ore 10:48
    ...non scrivo mai commenti, ne pareri, ne opinioni, ho sempre creduto e continuo a credere che non stia a noi dare giudizi: sono una giornalista, non un giudice e nemmeno un magistrato, io mi limito a narrare i fatti, i fatti come stanno, come sono, sembra la cosa più facile e invece qui è la più difficile..."
    (Non si scrive Anna Politkovskaja?)

    Secondo me è impossibile narrare i fatti così come sono realmente. Ogni evento, ogni situazione è il risultato di molteplici avvenimenti e nessuno può avere un quadro completo e oggettivo delle cose.
    Ognuno vede o legge dei fatti e li interpreta, li elabora. E anche senza volerlo esprime giudizi, trae conclusioni. Ognuno di noi racconta la sua realtà delle cose. Niente è oggettivo e trovo più corretto dire: io la vedo così! E anche questo è un giudizio. Il giudizio non è di per se negativo. E' un punto di vista e spesso è importante per risvegliare le coscenze, per aiutare gli altri ad aprire gli occhi sulla realtà. Ma rimane sempre e comunque un giudizio, un parere personale su una situazione. La cosa difficile è cercare con sincerità di scavare a fondo. Ma per quanto ci sforziamo di essere sinceri e obbiettivi, nessuno ci impedirà di sbagliare a nostra volta.
    Grazie per avermi fatto conoscere Anna Politkovskaja.

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