
Hotel Supramonte - 20 aprile 2010 h.21.39
"Finalmente comincio a capire e distinguere quali sono le cose importanti nella vita e come posso gestire questa situazione.
Qui ho tanti amici, ma anche fuori...
Dovrò stare qui almeno una settimana, ma la prendo come una vacanza, dalla quale non avrò alcun danno."
Ogni volta che prendo in mano questa cartellina torno con la memoria a quell' albergo scalcinato nel quale ero arrivato il giorno prima.
Quando scrissi queste parole avevo dormito a lungo, mangiato e avevo appena finito di fare le mie rimostranze alla direzione per l' accoglienza che lasciava alquanto a desiderare.
A cominciare dalla reception.
L' uomo davanti a me fumava seduto, nella stanza campeggiava un cartello enorme "VIETATO FUMARE".
Era la prima stanza non blu che vedevo dal mio arrivo.
Era tutto così paradossalmente surreale che a stento trattenni una risata mentre mi accomodavo.
Di fronte a me c' era lo stesso uomo che un attimo prima, nel corridoio blu oltremare, non aveva fatto assolutamente nulla per salutarmi o sorridermi.
Lo stesso uomo che, il giorno prima, solo con un cenno del capo aveva deciso che meritavo anch' io una suite all' Hotel Supramonte.
Volevo solo un bicchiere d' acqua.
Mi ascoltava.
Ma io non potevo fare a meno di osservarlo fumare e usare la stessa espressione che si usa con i bambini quando vuoi fargli credere che li stai ascoltando con vivo interesse…
"Perchè lei si trova qui?"
"Perchè lo ha deciso lei"
Lo odiavo con tutto me stesso, ma avevo avuto tutto il tempo di prepararmi con calma... masticando in silenzio durante la cena fuori orario nella sala da pranzo tutta per me.
E in fondo il mio cameriere personale era simpatico.
Nessuno mi aveva spiegato niente e non conoscevo la lingua del luogo, ma il tempo scorre diversamente all' Hotel Supramonte e in breve un modo per capirsi lo si trova.
E poi lo avevo visto... avevo visto il ponte sul fiume e delle persone grandi come formiche camminarci sopra.
C'era una strada per lasciare l' Hotel Supramonte.
Forse pensavo tutto questo quando scattò in me la scintilla che mi fece per un attimo abbandonare il sorriso accondiscendente e fissare negli occhi l' uomo di fronte a me.
"Perchè penso che lei sia un arrogante? Perchè mi sta fumando in faccia in una stanza dove è vietato fumare, perchè ha fatto finta di non vedermi mentre aspettavo fuori da questa porta e lei entrava davanti a me e perchè ci ha messo meno di 30 secondi a decidere che avevo intenzione di fermarmi nel vostro albergo. Ah, io mi chiamo Marco... proprio come lei"
Alle mie spalle sentii una ragazza che tratteneva a stento lo scoppio di una risatina e una penna scattare più volte, quasi a ricomporsi, quando l' uomo spostò lo sguardo dai miei occhi a un punto imprecisato dietro di me.
Ma io non spostai il mio... e quando i suoi occhi tornarono nei miei vidi la sua espressione cambiare, la mano armeggiava con una sigaretta troppo lunga per essere finita... cercò di offrirmene una... rifiutai... goffamente spense male la sua... colpetto di tosse.
Alla fine abbassò lo sguardo.
Tornai a sorridere, lo dovevo a me stesso.
Le parole non furono esattamente queste e forse il posto non si chiamava nemmeno Hotel Supramonte... forse non era nemmeno un albergo e quello non era il direttore, ma un semplice uomo.
Proprio come me. Ma non se lo ricordava.
Alla fine del nostro colloquio, mentre fumavo dove potevo farlo e conoscevo qualcuno degli ospiti... cominciai a scrivere.
E anche se a volte ricordare fa male, l' Hotel Supramonte sarà per sempre un ricordo agrodolce per me.
E ci sono notti in cui torno a dormirci.