
Secondo uno studio pubblicato di recente sulla Review of General Psychology, le persone intelligenti tendono a bere più alcolici della media. A sostegno di questa singolare tesi ci sono i risultati di un'indagine condotta su un gruppo di 1.500 volontari (bevitori abituali e non) a cui sono stati somministrati dei test d’intelligenza, al fine di valutarne le performance intellettuali. A sorpresa, quelli più dotati intellettualmente sono risultati essere quelli con il vizio dell’alcol. Non vi posto alcun link perchè mi annoia, in rete ce ne stanno una marea e se non ci credete ve li potete cercate da soli.
Secondo lo psicologo John D. Mayer della Western Reserve University "le persone più intelligenti tenderebbero a fare maggiormente proprie le esperienze evolutive, ed il consumo di alcolici, unitamente a quello di sostanze stupefacenti e tabacco, sarebbe parte integrante di quest’ultime."
Ora, a parte che è ben lungi dall'essere stato individuato cos'altro possa evolvere in chi beve e fuma oltre al tumore ai polmoni e alla cirrosi epatica, e trascurando il riferimento alle sostanze stupefacenti il cui grado di serietà è talmente elevato da inibire ogni forma di sarcasmo in qualunque essere umano non affetto da cinismo cronico, andrebbe anche osservato che se da un lato la fredda logica matematica non ha uno scontato diritto di cittadinanza in quella mocciosa disciplina chiamata psicologia (basti pensare al "nella psiche 2 + 2 quasi mai fa 4" con cui solitamente uno psicoterapeuta si guarda il culo dal paziente che razionalizza anche le mutande che indossa), dall'altro non si può certo sfrattare così su due piedi da quel maestoso monumento che risponde al nome di metodo scientifico. E quindi, ammesso (e non concesso) che un test possa misurare l'intelligenza di un essere umano (o possa comunque misurare qualcosa), e che (nemmeno questo concesso) un solo esperimento possa partorire una qualsiasi conclusione degna di apparire su una rivista scientifica (ahimè), l'amico Giovanni al limite avrebbe dimostrato che, dati un bevitore e un astemio, le probabilità che il primo batta a scacchi il secondo (da sobrio si capisce) sono maggiori delle probabilità complementari. Ma non avrebbe affatto dimostrato che, date due anime candide inizialmente astemie e di cui una oggettivamente più intelligente (?) dell'altra, una volta entrambe liberate dalle gabbie la prima ha più probabilità della seconda di apprezzare vodka e zibibbo o di essere sedotta da una bionda fumantina subendo la cacciata dal paradiso terrestre (Ah a proposito... non è da escludere che per la sua ricerca quel genio di Giovanni sia stato ispirato, oltre che da qualche bicchierino di rabarbaro "zucca", anche dal riferimento biblico secondo cui Eva, innegabilmente più intelligente di Adamo, è stata in realtà la prima, ma che dico la prima, l'unica e vera estimatrice delle virtù nutrizionali del succo di mela, solo che poi ti ci voglio a scrivere su una rivista scientifica la conclusione che, in base a come è iniziata tutta la storia, l'essere più intelligente del regno animale è il serpente).
Insomma è spesso equivocando sul concetto di condizione necessaria ma non sufficiente che cercano di darcela a bere (anvèdi che metafora azzeccata), oltre che approfittando della generosa ospitalità di alcune riviste scientifiche a stelle e strisce tra i cui "pregi" ci sono anche sospetti vincoli editoriali con certe università, per di più private. Che poi lo sanno pure i criceti che in casi come questo l'obiettivo finale è una pubblicazione che ostenti prestigio non tanto agli occhi dello stesso mondo accademico, quanto a quelli del grande pubblico (quello per intenderci che se gli chiedi il nome di una rivista scientifica ti risponde cose tipo "focus"), in realtà estremamente vitali, economicamente parlando, per le proiezioni sul campo di "determinati" settori scientifici (Soffri perchè lui ti ha lasciata? Guarda, io dopo sì e no un mese di terapia...).
Nella fattispecie inoltre, se è facile che dal lettore distratto l'immagine del bevitore venga estremizzata e fatta collassare in quella dell'alcolista, ci penserà poi la sempre fascinosa associazione dannato-intelligente a rendere emotivamente più plausibile la tesi di Giovanni (per il fumatore però non funziona, è da tempo che escono più barzellette sui tabagisti che sui carabinieri, una per tutte quella del tizio che sul pacchetto di sigarette datogli dal tabaccaio legge "il fumo provoca l'impotenza" e spaventato glielo restituisce protestando "no scusi preferisco quello per il cancro").
Si sarà capito, credo, che nutro seri dubbi sul che sia "intelligente" dar credito a certe chicche tese a renderci consapevoli degli algoritmi che frullano nel processore più raffinato del pianeta terra. Non ho alcun dubbio invece sul che sia intelligente promettere, a quel simpaticone di Giovanni, di diventare molto meno intelligenti gettando via le sigarette. Molto meno certo, ma fino ad un certo punto. Perchè se se ne apprezza il gusto e li si regge senza problemi, ad una birretta o un grappino ogni tanto non si può certo rinunciare, ancorchè in compagnia di amici.
Meno, anzi molto meno intelligenti, ha detto Giovanni. Non cretini.
Prosit!