Memorie sfuggenti

21 aprile 2020 ore 18:02 segnala

Nelle giornate silenziose della quarantena il tempo smette di essere importante. Non ci sono impegni, non ci sono appuntamenti, non ci sono nemmeno le persone. La vita da sola non mi dispiace per nulla, forse perché ci ho messo così tanto tempo a guadagnarmela che ora sembra davvero il paradiso. Mi mancano le persone, mi manca il suono di una risata inaspettata, mi manca la luce in fondo agli occhi di uno sguardo diverso, la parola inaspettata a fior di labbra.

Mi manca il contatto fisico. Come una scossa elettrica sulla pelle, come una scarica di adrenalina. Mi drogo di memorie, rivivendo certi ricordi come le repliche dei classici del cinema che passano in tv. Anche io, a tarda notte, un po' in bianco e nero, un po' a colori sbiaditi. Mi ricordo che avevo i capelli corti, cortissimi come non li ho mai avuti in vita mia, e lui diceva che mi stavano bene anche se non mi piacevo. Mi guardavo sempre allo specchio, contorcevo il collo per trovare l'angolo giusto, e c'era sempre qualche linea che non quadrava, qualche ciuffo in piedi contro vento.

Lui sorrideva e mi diceva che non era vero, e che dovevo smetterla. Mi avvicinava alle spalle, cingendomi la vita con le mani, chinandosi a sfiorarmi dietro la nuca. Altissimo lo è sempre stato, robusto quanto io ero fragile, di corpo e spirito in quell'anno maledetto. Lui una roccia, sempre tranquillo, il vento incapace di smuoverlo neanche di un millimetro.

Così è molto più facile baciarti il collo mi ripeteva, e dolcemente iniziava a vincere la mia insicurezza, la mia resistenza e la mia tristezza, con una dolcezza che non avrei mai immaginato nelle sue mani grandi e ruvide.

Io mi donavo a lui con gioia ma senza desiderio, come lontana, distaccata dal mondo da uno strato di nuvole. Lui lavorava al piacere di entrambi senza lamentarsi, accompagnandomi dolcemente e senza irritarsi della mia assenza.

Quella primavera strana di tanti anni fa mi ricorda quella di oggi. Allora solo io stavo male, e ero isolata dal mondo psicologicamente, oggi lo siamo tutti, affrontando una cosa insieme seppur soli coi nostri pensieri.

La sera del suo compleanno mi portò a cena fuori, e io feci un grande sforzo e mi preparai al meglio, mettendo il tubino nero leggerissimo che avevo comprato appositamente e la giacca di Chanel sopra, solo per coprire le spalle. Lui mi guardava e sorrideva. Candele al tavolo, porzioni non esagerate e un po' troppo vino. Aveva un vestito grigio bellissimo ma troppo pesante, era una delle prime serate calde dell'anno e aveva un po' sudato.

Aveva un odore, caratteristico, un uomo troppo attento per farsi cogliere a puzzare, solo sapeva di lui, della sua concentrazione e della sua fatica, e lo sentivo benissimo quando mi stringeva, con il mio naso schiacciato contro il petto gonfio, il bottone della camica che mi premeva sulla guancia.

Tornati a casa sentivo il suo respiro pesante nelle mie orecchie, e le sue mani che avevano perso la consueta gentilezza. La giacca era volata via all'ingresso e mi ero piegata per slacciare le cinghiette dei tacchi quando sentii la sua forza contro di me e capii che non c'era più tempo. Mi posò sul bordo del letto, il tubino ridotto a una fascia, e mi prese con una forza inaspettata.

Mi fece male, ma venni, forte, velocemente, la prima scossa dopo lunghe settimane di calma piatta, e iniziai a piangere.

Prima sommessamente, poi a dirotto, come se fosse crollata la diga delle mie emozioni.

Lui ne restò sorpreso, interrotto, e interdetto, e si allontanò da me, restando in piedi al centro della stanza, lo sguardo triste e il sesso ancora in mano.

Io, con il trucco sfatto e i capelli schiacciati piangevo a dirotto, sdraiata sul bordo del materasso da cui mi aveva fatto quasi cadere con le sue bordate, aggrappata con le unghie al lenzuolo, il vestito arrotolato a stringermi le cosce.

Mi ricordo che gli sorrisi, piangendo sempre, che strana visione che devo essere stata per lui in quel momento, gli dissi no, tranquillo, va tutto bene, è tutto perfetto, e per la prima volta lo pensavo veramente.

Rovesciai la testa all'indietro, oltre il bordo del letto, e la sentii libera e leggera, sospesa sopra il pavimento. Lui torreggiava sopra di me, enorme e svettante, e riavvicinandosi lentamente mi cinse il collo con le mani e mi riempì la bocca spingendo con forza, immergendosi fino a perdere il controllo.

La notte scorsa, in preda all'insonnia ho scalciato via i cuscini dal letto e ho cercato di ritrovare quella stessa posizione, precaria, appoggiata sul bordo, la testa che penzola di fuori, e mi sono toccata inseguendo le memorie.
4048f04c-b6c9-49aa-9e1c-a583eb33d10d
« immagine » Nelle giornate silenziose della quarantena il tempo smette di essere importante. Non ci sono impegni, non ci sono appuntamenti, non ci sono nemmeno le persone. La vita da sola non mi dispiace per nulla, forse perché ci ho messo così tanto tempo a guadagnarmela che ora sembra davvero i...
Post
21/04/2020 18:02:28
none
  • mi piace
    iLikeIt
    PublicVote
    17
  • commenti
    comment
    Comment
    10

La percezione del cambiamento

04 ottobre 2019 ore 11:31 segnala

Alla mia età si inizia ad avere paura di restare fermi. Se ti siedi per più di un attimo ti assale il pensiero, inesorabile, che poi non ti rialzerai mai più. Così ho deciso di cambiare, iniziando dal look, dal superficiale per arrivare al profondo.

Ho lentamente lasciato che i miei capelli si allungassero, tornassero al loro colore originale e poi diventassero ancora più scuri. Un cambiamento che è stato graduale, impercettibile a chi mi vedeva ogni giorno, ma netto per gli altri, quelli che mi hanno lasciato col caschetto biondo in primavera per ritrovarmi con lunghi capelli corvini dopo l'estate.

Quello che ho notato è che con l'estetica della mia acconciatura è cambiata, sottilmente, la percezione di me come donna. Meno signora, meno angelica, meno seria. Più giovanile, più intrigante, più sexy.

Il mio ex marito, incontrato una mattina di Settembre per motivi burocratici non è riuscito a dissimulare un certo stupore. Non conoscendolo non vi sareste accorti di nulla mentre parlavamo del più e del meno firmando carte di cui non importa veramente più a nessuno, ma una certa luce nei suoi occhi non poteva passare inosservata a me, la prima moglie di quella che sembra una vita fa.

La sera stessa mi manda il più prevedibile dei messaggi pretestuosi, giusto nel momento in cui rientro a casa e mi chiudo la pesante porta alle spalle. Tanto per essere chiari, sono anni che non mi manda un messaggio del genere, le nostre chat erano via sms, per farvi capire quante ere tecnologiche fa. Mi viene da fare un sospiro, e sbuffare anche, tanto. I motivi sono due. Gli uomini sono proprio stupidi certe volte. E poi c'è questa lunga estate che non accenna a finire e che rende il rientro al lavoro in città più simile a una spedizione nella giungla.

Per i cinesi c'è una quinta stagione, la tarda estate, caratterizzata dall'umidità, come se il bicchiere del tempo atmosferico fosse ormai colmo del caldo estivo e stesse solo aspettando di travasarsi nell'autunno tempestoso. Un periodo di incertezza, che può durare qualche giorno o qualche settimana, in cui si sta sospesi come in una bolla, aspettando il cambiamento.

E si suda parecchio. Di prendere sul serio il mio ex marito non ne ho proprio voglia, però posso cercare di fargli passare la voglia giocandoci un po', come il gatto con il topo.

Inizio a raccontargli in una serie di audio messaggi una situazione noiosissima di lavoro parlando di colleghi pigri e di rogne da sbrigare. Un tipo di discorso che, nei nostri anni insieme, lo ha sempre annoiato mortalmente, e che ha probabilmente contribuito a mettere almeno un paio di chiodi nella bara del nostro matrimonio. Sentirlo annuire e sforzarsi di fare qualche domanda è una sensazione incredibile, mi sembra di tenerlo stretto per le palle, di sentire la sua voce strozzarsi e farsi più acuta di un'ottava.

Per non perderlo definitivamente però cerco di buttare là ogni tanto qualche dettaglio interessante. Mi lamento della tarda estate cinese, ammetto di essere tutta sudata, di non vedere l'ora di buttarmi nella doccia, o ancora meglio un lungo bagno di schiuma. Ci sono anche una serie di suoni che riescono a passare la barriera dell'audiomessaggio, grazie alla fedeltà dei microfoni dei nuovi smartphone. Inconfondibile per esempio è quello delle scarpe col tacco tolte e lanciate sul parquet con sprezzo, una serie di colpi secchi come un assolo di batteria, seguiti da un lungo sospiro soddisfatto di chi finalmente ha liberato i piedi stanchi.

Poi i bottoni che scoppiettano come popcorn, i braccialetti che tintinnano sul portagioie, il fruscio della gonna che scende lungo i fianchi. La voce che si ovatta e si confonde mentre la maglietta mi passa sopra la testa, scivolando via dal mio corpo. Il brevissimo attimo di incertezza mentre mi allungo a sganciare il reggiseno sulla mia schiena.

Mi sembra di sentire deglutire, un certo silenzio nell'ultimo messaggio, una certa distrazione.

Metto il telefono vicino al rubinetto, la manopola che cigola, gli faccio sentire l'acqua che scroscia, un getto forte, una cascata.

Nemmeno finisco il mio racconto, così noioso che ha stancato anche me.

Scusami gli dico, sto veramente morendo di caldo, ho proprio bisogno di sentire la doccia. Il getto rinfrescante sferzare sulla mia pelle bollente.

Chiudo il messaggio e rido, di gusto, a crepacuore.

Mi guardo allo specchio, nuda, sudata, sorridente e felice.

I capelli neri mi incorniciano il viso, mi fanno la faccia diversa.

Possibile che le mie labbra sembrino più grandi?

La risposta arriva immediata, Il telefono vibra sul marmo del lavandino.

Fai pure la doccia, scusa il disturbo, magari ci sentiamo più tardi?

No mi spiace, gli dico brevemente, stasera ho già un impegno.

Riappoggio il telefono. Sorrido al mio fedele specchio. Sbuffo via un ciuffo nero dalla faccia, come una piuma di corvo. Ho veramente bisogno di raffreddarmi. Lo scherzo mi ha surriscaldato anche più dell'umidità. Entro nella vasca, l'acqua appena tiepida è come uno shock, mi siedo, respiro, prendo il telefono della doccia e punto il getto su di me.
76c3c53b-a1db-47fd-89d6-d0ccb3404b12
« immagine » Alla mia età si inizia ad avere paura di restare fermi. Se ti siedi per più di un attimo ti assale il pensiero, inesorabile, che poi non ti rialzerai mai più. Così ho deciso di cambiare, iniziando dal look, dal superficiale per arrivare al profondo. Ho lentamente lasciato che i miei ...
Post
04/10/2019 11:31:46
none
  • mi piace
    iLikeIt
    PublicVote
    20
  • commenti
    comment
    Comment
    17

Sfogare la frustrazione

30 maggio 2019 ore 18:45 segnala

Sono ancora un po’ scioccata e su di giri dalla scena di pochi minuti fa, non mi era mai capitato di spiare una coppia in intimità, sensazioni opposte si rincorrono nella mia mente. Cerco di calmarmi all’aperitivo, la musica, il rumore, qualsiasi cosa per distrarmi. Le risate delle amiche mi rallegrano, ma arrivo sulle battute sempre con mezzo secondo di ritardo. Ho qualcosa che non va, mi chiedono. Ovviamente no, rispondo.

il drink mi rilassa, ma rinforza la sensazione di calore. Controllo i like alla foto che ho postato, civetto nei commenti come una ragazzina. Una serie di saluti, abbracci e baci mi riscuotono. C’è un gruppo di colleghi della mia amica Cristiana. Gente della finanza, noiosa all’apparenza. Lui l’ho conosciuto una volta, amico di amici, presentato una volta da qualcuno che neanche ricordo. Moro, belloccio, giovanile, elegante, ma con qualcosa che non quadra nell’insieme. La faccia da bambino con le rughe da adulto. L’orologio di lusso, il sorriso accennato, gli occhi nervosi.

La sua è una maschera da cumenda, nasconde insicurezza. Mi sta facendo il filo raccontandomi di quanto ha lavorato e di quanto stressante è stata la sua giornata, ma basta uno sguardo alla camicia ancora perfettamente stirata per capire che sta mentendo. Il nodo alla cravatta non è stato allentato neanche un po'. Tutto quello che ha fatto durante la giornata è stato programmare questo aperitivo. Sicuramente però nel frattempo si sarà arricchito più di tutti qui dentro.
Che ingiustizia la vita a volte.

Sorrido cortese, ma lascio morire la conversazione. Lui fa finta di niente, si mette a parlare con qualcun altro, io ne approfitto per ritornare nel mondo social, ma commetto l'errore di non coprire lo schermo.
Lo sento commentare con un fischio sommesso. Mi sta sbirciando da sopra la spalla, e non si è perso la foto dei miei tacchi. Che sono gli stessi che ho su in questo momento, ma la posa è diversa, e il contesto della foto fa di più.

Ora mi dà le spalle, e tutto il tavolo sta parlando di vacanze, sempre i soliti piani, sempre le solite idee ogni anno, persone ricche con la casa sulla spiaggia da qualche parte hanno perso il ricordo di andare in giro zingari con solo uno zaino in spalla. Mi metto anche io nel gruppo, la vita comoda ha cambiato anche me.
E mentre le parole scorrono banali lui, in segreto, mi commenta via web. Giovanni si chiama. Chi se lo sarebbe mai ricordato senza la tecnologia.

"complimenti per l’eleganza, bei tacchi."
"ti piacciono?"

"molto. io non mi intendo di moda donna, ma mi piacciono davvero molto. di chi sono?"
"Ferragamo."

"Bellissimi. Ma sembrano un po’ fragili. Non hai paura che si rovinino?"
"Fa parte della vita. Se una cosa mi piace, la metto, e pazienza."

"Già. Poi se si sporcano beh. Io li pulirei con la lingua, volentieri"
"Anche la suola?"

"Ovvio"
"Non seguirmi subito"

Mi alzo, chiedo scusa, devo andare un attimo in bagno, e mi allontano in fretta, schiena dritta, passi lunghi, tacchi che risuonano sul pavimento.
Allo specchio triste del bagno delle donne guardo il mio viso riflesso, le labbra umide, le gote arrossate, le narici leggermente dilatate. Questa eccitazione non è merito suo, non darò soddisfazione a questo stronzetto, arrivare all’ultimo e prendersi tutto il merito.

La porta si apre e Giovanni sguscia dentro con fare circospetto, guardandosi intorno. Appena è sicuro che siamo soli si avventa su di me, mi cinge i fianchi da dietro e inizia a strusciarsi. Le sue mani avide esplorano il mio corpo, la sua bocca è sul mio collo, e il suo membro eretto si fa sentire nonostante gli strati di stoffa.

"Non ti stai dimenticando qualcosa?" gli dico, staccandomi a fatica. Lo vedo dubbioso nello specchio, incrocia il riflesso del mio sguardo deciso, fa un paio di passi indietro.

Mi volto, allungo leggermente la gamba davanti a me, faccio ondeggiare il piede. Lui sembra nervoso.

"Ma sono pulite."
"Non più. Il pavimento del bagno fa davvero schifo. Guarda come è sporco."

Sporco. Enuncio la parola sillabando, con la voce che si affievolisce in un sussurro, schioccando le labbra esageratamente sulla c. La mia lingua fa capolino tra i denti e Giovanni si inginocchia.
"Vedi quelle borchiette sul cinturino? Succhiale bene, a una a una.”

Annuisce, e si inchina il più possibile, nello spazio angusto del bagnetto, per portare la faccia sul mio piede.

Apre la bocca e io, improvvisamente, gli tiro un calcio in faccia. Non forte, ma improvviso. Uno schiaffo. Lo sento trasalire, lanciare un urlo di sorpresa. Lo colpisco ancora e allora si gira, cercando di coprirsi il volto con le mani.

"Pensavi di scoparmi, e invece ti sei sbagliato, capisci?"
Giovanni annuisce, piagnucolando.
"Dimmelo!"
"Sì, ho sbagliato. Ti prego…"
"Ora apri la bocca, e inghiotti il tacco fino in gola, da bravo."

Resto lì, a pompargli il tacco a spillo in gola finché non sento bussare alla porta del bagno. Poi gli passo sopra, camminando sulla camicia stirata e me ne torno al mio aperitivo.
bbaaec10-ddf4-4d6d-8be2-2b9986d67799
« immagine » Sono ancora un po’ scioccata e su di giri dalla scena di pochi minuti fa, non mi era mai capitato di spiare una coppia in intimità, sensazioni opposte si rincorrono nella mia mente. Cerco di calmarmi all’aperitivo, la musica, il rumore, qualsiasi cosa per distrarmi. Le risate delle am...
Post
30/05/2019 18:45:26
none
  • mi piace
    iLikeIt
    PublicVote
    10
  • commenti
    comment
    Comment
    3

Al momento sbagliato

15 maggio 2019 ore 18:59 segnala

Mi spiace deludere tutti i miei amanti che si sono offerti di farmene negli anni ma devo ammettere che il massaggio migliore della mia vita me lo ha fatto Elena della spa, e non mi è costato neanche una fortuna, un vizio che mi sono sempre concessa con piacere.

Dopo mezz’ora sotto le sue mani mi è sempre sembrato di volare, le mie povere ossa si alleggeriscono e i muscoli sono morbidi e elastici. Cammino con la schiena dritta, non mi fa male più niente e mi sembra quasi di non toccare terra. Per non parlare del piacere fisico che mi provoca la sensazione delle sue dita che distendono i muscoli e li rilassano, e l’olio profumato che diffonde la sua fragranza.

La settimana scorsa è stata davvero magica. Avevo il collo bloccato dopo una giornata in ufficio e l’umore nerissimo, mentre dopo il massaggio tutto sparito, anche la stanchezza. Mi sono fatta una doccia breve in spogliatoio, e mentre mi rivestivo e truccavo pensavo a cosa avrei potuto fare della mia serata vista la ritrovata vitalità. Ho messo anche i tacchi che avevo nella borsa, invece delle ballerine, tanto mi sentivo ringiovanita.
Intanto però ho pensato che sarebbe stato giusto salutare e ringraziare Elena di nuovo, così sono rientrata nei corridoi della spa per cercarla, magari aveva un attimo di pausa anche lei, oppure no, e allora mi sarei accontentata di un semplice pollice alzato con un gran sorriso.

Ma quando ho aperto la porta della sua stanzetta mi si è presentata una scena che non mi aspettavo proprio.
Elena stava facendo sesso con un uomo, un collega a giudicare dalle divise che avevano entrambi ancora addosso, una classica sveltina sul lavoro. Lei era sdraiata a pancia in su sul lettino, appoggiata al bordo, gli ampi pantaloni azzurri calati sotto le cosce, le gambe rannicchiate al petto, le piante dei piedi premute sul torace di lui.
Già lui, un massaggiatore che non avevo mai visto, in piedi, le braghe calate, le braccia forti con i tendini tesi intorno ai fianchi di lei, la bocca aperta, gli occhiali da vista appannati per la foga e il cazzo ben piantato dentro la sua donna.
Il lettino da massaggi, assolutamente inadatto a sostenere quel peso e quel tipo di movimenti cigolava a ritmo dei colpi, tremando e oscillando in maniera preoccupante, quasi sul punto di rovesciarsi.

I due non si erano neanche accorti di me, talmente presi dall’enfasi, il che mi faceva capire che ero arrivata proprio al momento meno opportuno. Del resto io mi ero pietrificata, non avevo detto nulla né mosso un passo, stavo trattenendo anche il respiro, la mano aggrappata alla maniglia della porta. Non che mi sia mai piaciuto fare la guardona, però un po’ mi bloccava lo shock, un po’ anche il mio sincero desiderio di non rovinare questo momento di amore rubato. Ero venuta per salutare Elena, non si meritava certo questo tipo di ringraziamento, rovinarle il climax dell’incontro con il suo amante. Chissà se erano una coppia segreta per via di regole del posto di lavoro, o se in realtà c’era di mezzo l’infedeltà? Elena mi aveva mai parlato di un marito? Non mi sembra, ma in questo momento facevo davvero fatica a ricordare.

Lei aveva gli occhi chiusi e emetteva gemiti sottili a ogni affondo, e muoveva le piante dei piedi sotto la casacca di lui, a contatto con il suo petto. Lui affondava fino alle palle e intanto le sorreggeva le gambe tra le mani: la stava penetrando profondamente, rompendole il fiato ogni volta.
Poi ovviamente, la catenella che fa da tracolla alla mia borsa di Gucci mi era scivolata giù dalla spalla, facendo un tintinnio sommesso ma perfettamente udibile.
In quell’attimo mi sono sentita morire. Ho deglutito con un suono assordante nel silenzio improvviso. Non sapevo dove guardare, abbassando lo sguardo incrociavo pelle sudata e muscoli tesi. Lui mi ha guardato per un attimo a bocca spalancata, e mentre cercava di ritrarsi ho visto Elena afferrarlo per tenerselo stretto, le unghie delle sue mani graffiare gli avambracci di lui, per trattenerlo dentro ancora un po’.

Elena, di solito sempre gentile e sorridente, con la coda di cavallo alta e perfetta, in questo momento era tutto l’opposto. Madida di sudore, rossa in viso, scarmigliata, con gli occhi appena socchiusi e velati, si mordeva il labbro inferiore con il fiato rotto. Respirava piano, ansimando, e mi fissava, cercando di capire cosa volessi forse, o quale sarebbe stata la mia reazione.
Ma io non riuscivo a fare nulla, la fissavo anche io, e mi sentivo sopraffatta dall’eccitazione. Un’eccitazione che non avevo meritato, saltando tutti i preliminari e il riscaldamento, eppure tanta era la forza del loro sesso animalesco che travolgeva anche me senza avermi neanche sfiorato.
Osservavo tutto, le mie labbra si schiudevano, inumidite dalla lingua, e le cosce impercettibilmente si allargavano.

Elena aveva ricominciato a muoversi, piano, sempre fissandomi, protendeva il bacino verso il suo amante, e tirava con le mani, lasciando graffi rossi di sangue sulla pelle di lui.
Poi ho visto lui darle un colpo secco, rientrando fino alle palle, e lei ha sospirato forte, ma sempre guardando me.
Non ce l’ho fatta più, sono uscita dalla stanza, chiudendo la porta. Mi sono fermata qualche passo più avanti, nel corridoio, e con la schiena appoggiata alla parete ho acceso una sigaretta, nonostante il divieto, ascoltando il lettino che riprendeva a cigolare.

Fumavo nervosamente ascoltando i rumori dell’amplesso, e mi sono scattata una foto civettuola alle scarpe col tacco che avevo messo, da postare, per reclamare anche io un po’ di attenzione dai follower ignari della tempesta che avevo dentro.
Me ne sono andata solo quando ho sentito l’urlo strozzato dell’orgasmo, e poi, il silenzio.

Chissà se loro hanno sentito i miei tacchi nel corridoio, chissà se hanno capito.
a375ee42-cebf-44cf-a873-7025194d8b63
« immagine » Mi spiace deludere tutti i miei amanti che si sono offerti di farmene negli anni ma devo ammettere che il massaggio migliore della mia vita me lo ha fatto Elena della spa, e non mi è costato neanche una fortuna, un vizio che mi sono sempre concessa con piacere. Dopo mezz’ora sotto le...
Post
15/05/2019 18:59:26
none
  • mi piace
    iLikeIt
    PublicVote
    20
  • commenti
    comment
    Comment
    13

Chopin

01 febbraio 2019 ore 17:22 segnala

Il recital di pianoforte non sembra il modo più interessante di passare il venerdì sera, però quando hai amiche colte e intelligenti certe volte non ti puoi proprio esimere. La sala è piccola e siamo in pochi, lo Steinway nero e lucido è l'unica cosa illuminata bene. Beviamo un prosecco di aperitivo e chiacchieriamo del più e del meno aspettando.

Il pianista entra in scena con passo deciso tra timidi applausi, lo sguardo concentrato, il pensiero all'esecuzione di un pezzo difficile. Mi fermo a guardarlo in questo breve momento di silenzio. Non vola una mosca. I suoi occhi scuri sono lucidi, le braccia importanti tendono la stoffa della giacca, le dita affilate sfiorano i tasti del pianoforte.
La mia mente fantastica mentre mi faccio cullare dalle note dolci e malinconiche. Chissà che uomo è il pianista, nella vita di tutti i giorni, nell'intimità. Chissà se è sempre così serioso, chissà cosa si prova a sentirle sulla pelle quelle mani veloci e precise.

Ora siamo al crescendo, e le note si fanno più forti, più veloci, più spigolose. Risuonano per tutta la sala. Prima di un passaggio particolarmente impegnativo il pianista ha un sussulto, cambia posizione, sposta una gamba indietro e si siede più avanti, quasi sul bordo dello sgabello, tutto proteso sopra la tastiera.

La mia amica si avvicina a dirmi una cosa nell'orecchio, mi tira per un braccio per avvicinarmi, e sento la sua voce calda e un po' emozionata. "Sembra che se lo stia scopando quel piano".
Non me l'aspettavo, non da lei, e queste parole mi danno una scossa. Mi sorprendo, salto via, e il mio braccio nudo urta contro il suo petto, sento il suo seno schiacciarsi contro di me sotto la stoffa del vestito.
"Sei eccitata come una ragazzina!" le dico.
"Dai che anche tu ci hai pensato. Guarda le mani, guarda la posizione che ha adesso, secondo me fa anche apposta!" ora quasi gesticola lei, alza un po' troppo la voce, e qualcuno vicino a noi ci intima di fare piano, di stare zitte.
Siamo due oche, una figura pessima.
Devo ricompormi. Ma non è semplice. Sarà il prosecco, sarà Chopin, ma mi sto eccitando un po' anche io.
"Certo comunque, dico, ci starebbe anche"
"Cosa?"
"Dopo tutto il tempo che ci avrà passato dietro a quel piano, ci mancherebbe che non se lo porti a letto".
Dopo questa pessima battuta vedo un sorriso spuntare sulle labbra della mia amica, sorpresa dalla mia sfacciataggine, incuriosita e incoraggiata, si avvicina di nuovo al mio orecchio e mi sussurra:"io gliela avrei data molto prima".

Ridiamo, ma piano. E la musica ci culla. E la mente vaga.
Chissà cosa potrei fare per distrarre il pianista dal suo strumento. Dovrei salire a cavalcioni sul suo grembo, tra la tastiera e la sua faccia, renderglielo proprio impossibile.
Oppure appoggiare il culo sui tasti, sedermici sopra, tirando fuori una cacofonia che metterebbe fine a qualsiasi sinfonia.
Intanto il pezzo è finito veramente, e applaudiamo tutti con grande entusiasmo.

Madonna che bravo.
efa95b8e-119e-4bdc-88ed-bafbc9bd00de
« immagine » Il recital di pianoforte non sembra il modo più interessante di passare il venerdì sera, però quando hai amiche colte e intelligenti certe volte non ti puoi proprio esimere. La sala è piccola e siamo in pochi, lo Steinway nero e lucido è l'unica cosa illuminata bene. Beviamo un prosec...
Post
01/02/2019 17:22:53
none
  • mi piace
    iLikeIt
    PublicVote
    17
  • commenti
    comment
    Comment
    3

le notti dell'assenza

16 settembre 2018 ore 14:23 segnala

Una notte di fine estate calda e umida che non mi fa dormire. Le sigarette chiuse a chiave nel comodino perche ne ho già fumate troppe. Sola, indipendente, libera, ovviamente penso e ripenso a un sacco di cose.
Penso al mio amante francese, anche se non l'ho più visto da mesi. Certi uomini ti entrano dentro e ti portano via qualcosa, e ti mancherà per sempre.
Certo che un messaggio in cui chiedo sei sveglio alle 3:22 è proprio da stronze.
Ci mette dieci lunghissimi minuti a rispondermi.
Adesso sì, mi dice, adesso è sveglio anche lui.
Gli racconto della mia insonnia, del caldo, della noia, dei pensieri.
Tante parole, lunghi messaggi. La luce del display, bianco nella camera buia.

'Tu che fai?' gli chiedo
'Devo pisciare' mi risponde.

sigh. uomini.

Sempre troppo prosaici.

'dai smettila'
'dico sul serio, altrimenti non sarei sveglio'

Mi arriva un video, ovviamente, scema io.
La sua faccia addormentata, i capelli spettinati, è bellissimo anche in piena notte, sotto la luce implacabile dell'applique del bagno. Poi l'inquadratura scende, tremante, sul suo torace nudo, sulla v perfetta dei fianchi e degli obliqui, e finalmente sul suo pene penzolante, sospeso sopra la tazza.
Un video diretto, osceno, che dovrebbe farmi schifo, ma mi lascia li attaccata allo schermo a seguire il gorgogliare lungo e fragoroso.
Poi un lungo sospiro, di soddisfazione, e il video finisce.

Mi fa trasalire. Ora sicuramente non dormirò fino all'alba.

'come fai senza bidet' gli chiedo.

Passa un altro minuto, e arriva un altro video. Stavolta è davanti al lavandino, mi sorride dallo specchio, gli occhi dietro il telefonino, lo sguardo tronfio e soddisfatto si capisce comunque benissimo. si sciacqua con una mano, lentamente, passa la saponetta lungo l'asta, con precisione, e inizia a stimolarsi, piano, poi piu vigorosamente mentre cresce la sua voglia.

il video finisce e sono con il fiato corto, eccitata a letto, con una mano che inconsapevolmente è finita tra le mie cosce. scalcio via le mutandine e il lenzuolo, allargo le gambe per un amante che non c'è.

'mi manchi' gli scrivo.

'voglio scoparti' gli scrivo.

'fammi morire' gli scrivo.

e nessuna risposta.

poi arriva una video chiamata. sussulto e il cellulare mi cade sul letto, lo recupero, rispondo, mordendomi le labbra.

Una camera buia, nero pesto, interferenze, poi finalmente, le sue mani si allontano dal display. il telefono è appoggiato su un mobile, riprende il letto in penombra, una luce fioca dal bagno dipinge ombre lunghe in tutta la stanza.

Lui si allontana, nudo, bellissimo, sempre sorridendomi, e strappa le lenzuola dal suo letto, dove vedo che non è solo.

Un colpo al cuore.

Una ragazza dorme, sul fianco, dandomi le spalle. La luce le disegna un sedere rotondo, giovane e perfetto, coperto da un tanga striminzito. Lei non è ancora sveglia, e non sa nulla.
Lui si avvicina a quel sedere con la bocca aperta, inizia a baciare e mordicchiare, fa di tutto per intrufolare la testa tra le sue cosce.

Io ho smesso di respirare, non riesco a staccare gli occhi dalla scena.

Lei ora è sveglia e cerca di scappare, girarsi, ritrarsi. Afferra il cuscino e lo colpisce in testa, ma così facendo si gira e gli lascia campo libero. Lui la tiene stretta ai fianchi con le forti mani, le mutandine sono scostate quel tanto che basta, e lei ben presto inarca la testa.

Chiudo gli occhi, mi concentro sul mio piacere, il cuore mi batte all'impazzata nel petto, sudo ancora di più.

Poi la sento, mugolare, gemere, dire con la voce strozzata in gola

'baise-moi. baise-moi!'

Ora è prona sul letto, con gli occhi chiusi, i capelli neri sulla fronte e i denti bianchissimi a mordere il cuscino.

Lui è sopra di lei, con i muscoli delle spalle tirati, e quel movimento di bacino inconfondibile che mi fa andare a fuoco. Mi guarda anche, alzando la testa, mi sorride, la sua lei non sa nulla di tutto questo.

Io lancio il telefono all'altro capo del letto, e vengo, a lungo, sola oscenamente sdraiata e aperta, nel mio letto, in una lunga notte di fine estate.

Il telefono gracchia ancora, lei sta ancora urlando, ma io stanca e spossata mi addormento così.
f800d10c-ef94-42e5-91d5-2b88fe3fdf51
« immagine » Una notte di fine estate calda e umida che non mi fa dormire. Le sigarette chiuse a chiave nel comodino perche ne ho già fumate troppe. Sola, indipendente, libera, ovviamente penso e ripenso a un sacco di cose. Penso al mio amante francese, anche se non l'ho più visto da mesi. Certi u...
Post
16/09/2018 14:23:51
none
  • mi piace
    iLikeIt
    PublicVote
    24
  • commenti
    comment
    Comment
    4

Non c'è mai tempo.

23 maggio 2018 ore 11:54 segnala

Il mio nuovo amante non è vecchio, è maturo.
Non è dolce, non è romantico, non è tenero.
Ci vediamo solo di pomeriggio, perché la sera è troppo stanco.
Ci vediamo raramente, perché è sempre impegnato.
Ma quei pochi momenti sono diversi.
Lui è attaccato a me, teso, concentrato.
Dopo averlo fatto mi stringe, mi blocca, non mi lascia.
Lo sento respirare, stanco, a bocca aperta, l'alito sul mio collo. Fino a quando non crolla in un sonno profondo e pesante.
L'orgasmo lo ha mandato ko.

Quando riprende i sensi, un'ora dopo, mi trova in bagno. Io mi sono lavata, asciugata, e mi sto guardando allo specchio. Ho rimesso l'intimo nero che avevamo lanciato in tutta fretta lungo il corridoio.

'Già te ne vai?'

'Sì, te l'ho detto, ho una cena a casa di Elisabetta'

Lo guardo nello specchio, è spaesato, gli occhi ancora semichiusi, le occhiaie e la pelle stanca. Dovrebbe perdere qualche chilo, ma ha le gambe solide, una struttura sicura e forte che assorbe la pancia senza farlo notare più di tanto.

'Puoi farti la doccia, io non ne ho più bisogno, mi devo solo truccare'

Lo sento chiudere il box e aprire l'acqua mentre mi concentro sulla dolorosa e lunga opera di restauro della mia faccia.
Lui inizia a farmi una serie di domande, sulla serata.
Dove abita Elisabetta, com'è la casa, cosa si mangia, quante persone.
Innocenti prima, più insistenti poi.
Chi ci sarà, chi sta con chi, come non lo sai, quanti non li conosci.
Ora è proprio geloso, lo sento nel tono della voce, più acuto, strozzato.

'E come ti vesti?'

'Con la gonna nera, che avevo prima. Con la giacca bianca, che avevo prima. Con i tacchi, che avevo prima'

'Ti vesti come ti sei vestita per venire da me?'
Emette un sospiro che sa di tradimento.

L'acqua smette di scorrere. Un improvviso silenzio.

'Sì. Sei geloso?' E rido, perché mi piace troppo giocare.

Esce dalla doccia, sbattendo la porta del box.
Io sono ancora lì, in mutandine e reggiseno, mi metto il mascara e lo guardo nello specchio, grondante, avvicinarsi a me.

'Ti daranno fastidio i tacchi, sono tutto il giorno che li porti'

'Me li toglierò dopo, tanto dopo cena finiamo sempre sul divano a bere e fumare. Svaccati, a piedi nudi, senza pensieri'

'Non mi piace per nulla questa cosa'

'Perché? Cosa c'è di male, è soltanto una cena tra amici'

'Molto informale. Ma non capita che qualcuno ci provi?'

'Beh sai com'è, qualcuno che beve un bicchiere di troppo c'è sempre'

Sento le sue mani, bagnate, sulla mia schiena. Mi afferrano i fianchi, stretti..

'Non farmi sbagliare, stai fermo'

Ora la sua voce la sento vicinissima, gutturale, nell'attaccatura dei capelli.

'Hai messo anche il profumo che mi piace tanto'

'Non posso mica presentarmi col tuo odore addosso no?'

'Invece sì'

Improvvisamente sento il suo corpo bagnato aderire al mio, la sua erezione premere con forza sul mio bacino.
Lancio un gemito di sorpresa, anche se avevo già messo tutto in preventivo. Dovrò farmela di nuovo la doccia.
Le sue mani scostano le mie mutandine di lato e poi lo sento entrare senza tanti complimenti.
Il mascara mi cade e rotola nel lavandino lasciando una spirale nera sul bianco candido. Faccio appena in tempo ad aggrapparmi alla ceramica, è liscia e fredda così come il suo corpo è caldo e ruvido.
Vorrei godermi lo spettacolo dei suoi colpi rabbiosi allo specchio, ma resisto poco, le palpebre si abbassano e la mia bocca si spalanca nell'urlo.
732825c1-c769-43bd-8a8b-dfc631305f57
« immagine » Il mio nuovo amante non è vecchio, è maturo. Non è dolce, non è romantico, non è tenero. Ci vediamo solo di pomeriggio, perché la sera è troppo stanco. Ci vediamo raramente, perché è sempre impegnato. Ma quei pochi momenti sono diversi. Lui è attaccato a me, teso, concentrato. Dopo av...
Post
23/05/2018 11:54:57
none
  • mi piace
    iLikeIt
    PublicVote
    18
  • commenti
    comment
    Comment
    3

pioggia primaverile

12 aprile 2018 ore 17:32 segnala
Questa primavera che non arriva proprio non la sopporto. Piove ancora, a dirotto, e io sono in giro a piedi come al solito. Annoiata e infastidita.
Entro in un caffè nuovo e troppo fighetto, alle quattro del pomeriggio ci sono studenti tra libri e macbook, un signore anziano che legge il giornale con grandissima concentrazione e una marea di tavoli vuoti.
Lascio l'ombrello che gronda acqua nel portaombrelli di ottone all'ingresso, l'impermeabile lo appendo a sgocciolare. I capelli sono un disastro, ho l'acqua anche negli stivali.
Tutti gli altri sono asciutti e perfetti, li odio con tutto il cuore.

Voglio un cappuccino.

Il barista è giovane, rasato in testa ma con una folta barba. Mi sorride.
"Piove fuori?"
Sorrido anche io, non me l'aspettavo questa.
"Ma mi prendi per il culo?"
Adesso ride anche di più. Ha un bel sorriso, sotto tutta la barba. Porta un grembiule nero sopra la divisa, gli sta stretto, lo ingoffa, insomma sta malissimo. Ma il cappuccino lo sta preparando con grandissima perizia, e grandissima lentezza. Fa un gioco infinito con il pentolino del latte. ha un tatuaggio di una rosa sul polso, sale su sotto la camicia, chissà come va a finire.
Finalmente mi porge la tazza, con il cuore di panna disegnato ad arte sulla schiuma. E un cioccolatino sul piattino.
Bevo, avida.
Mi sporco le labbra, ho i baffi di latte. Lui mi guarda ancora, mentre ci passo la lingua sopra, sfacciatamente.
"Tu come fai, con la barba così?"
"Più o meno allo stesso modo, ma non è così sexy"
Ci guardiamo, di nuovo. A lungo.
Mi guardo allo specchio dietro il bancone. Ho la faccia sconvolta, i capelli bagnati e selvaggi, la bocca sporca.
Mi metto un po' di lucidalabbra. Attira una certa attenzione.
"Se vuoi c'è il bagno, di là"
Lo guardo, seria, sopracciglio leggermente inarcato, per capire meglio cosa mi stia dicendo.
"Dico, se hai bisogno... cioè...per asciugarti"
Un po' in difficoltà, che tenero. Prendo la borsa e vado in bagno. Bello, piastrelle blu, una piantina sulla finestra, il Dyson per asciugarsi le mani. E anche pulito, incredibile.
Mi guardo di nuovo allo specchio, ho acqua ovunque. I polsini del maglione sono bagnati, me lo tolgo, lo stendo sopra il Dyson. Mi chino a slacciare la zip dello stivale.
Sento un rumore da fuori. Apro la porta e lui è lì, che sbircia, con un cassa di bottiglie di minerale in mano.
Come un bambino con le mani nella marmellata.
"No scusa, non è che... è che dovevo portare su l'acqua... e..."
Come no penso, certo.
"Aiutami allora, già che sei qua"
Mi appoggio con il sedere sul lavandino e alzo una gamba verso di lui, porgendogli lo stivale.
Lui molla la cassa di minerale e nervosamente mi aiuta con le cerniere e le fibbie. Sembravano tanto belli questi Chanel sopra al ginocchio un po' da cavallerizza, peccato non siano comodissimi.
"Quel grembiule ti sta malissimo" Gli dico.
"Hai ragione, ma è troppo stretto, non ne hanno più grandi"
"Toglitelo, e anche la camicia"
Mi guarda un po' sorpreso, e poi esegue. Robusto, non grasso. Ha le spalle larghe, i muscoli gonfi, ma non tirati da culturista. Il tatuaggio continua su tutto il braccio. Come una siepe di rose che sale su fino alla spalla, con fiori e spine.
Ha una canottiera attillata che si muove a ogni suo respiro.
"Ho anche le calze bagnate, la punta dei piedi"
Mentre lo dico, struscio il piede sui suoi pantaloni. Ha le cosce large come tronchi d'albero. Mi prende un piede in mano, e me lo accarezza.
Mi sorride.
Questi Dyson asciugano benissimo, ma fanno un casino della madonna. Preme il pulsante, parte il motore e improvvisamente nel bagno c'è solo rumore.
Si avvicina e lo bacio avidamente, slacciandogli la cintura dei pantaloni.
Mi cinge le cosce con le braccia forti, mi stringe, mi solleva come se fossi una foglia secca.
E sono ancora bagnata.
2b906629-cc26-4f39-9e84-93bbd3c10f80
« immagine » Questa primavera che non arriva proprio non la sopporto. Piove ancora, a dirotto, e io sono in giro a piedi come al solito. Annoiata e infastidita. Entro in un caffè nuovo e troppo fighetto, alle quattro del pomeriggio ci sono studenti tra libri e macbook, un signore anziano che legge ...
Post
12/04/2018 17:32:45
none
  • mi piace
    iLikeIt
    PublicVote
    15
  • commenti
    comment
    Comment
    6

fumare fa male

07 febbraio 2018 ore 16:00 segnala


Mi sveglio di soprassalto, e in quel primo lungo momento dopo il buio ho la testa completamente vuota. Non mi ricordo di essermi addormentata. Non mi ricordo nulla anzi, non so nulla. Sono sudata, sporca e nuda. E felice. Ora mi ricordo. Ho fatto sesso con uno sconosciuto, in vacanza, nella mia camera d'albergo. Lui è ancora qui, lo sento respirare piano accanto a me.
Non so cosa fare, sono ancora confusa, nervosa, mi alzo, e il mio corpo è fatto tutto di molle. Ogni passo manda sensazioni dalla punta delle dita dei piedi fino alla radice dei capelli. La moquette è morbida, e ne percepisco ogni dettaglio. Il pavimento del bagno è gelido, e mi fa sentire viva.

Mi guardo allo specchio e quasi non mi riconosco. I capelli spettinati ed elettrici, tutti in piedi sulla mia testa. Il trucco colato, l'aria stanca ma soddisfatta.
Mi sembro bellissima, e mi faccio anche schifo.
Ho chiazze rossastre e segni ovunque sulla pelle: sul collo, sul seno, sul fianco. Ho un livido dietro al ginocchio, non ho idea di come sia finito lì. Sono una donna svuotata di tutto, ma vera.
Ho bisogno di una sigaretta.

La fumo così, nuda, in piedi, spostando un poco la tenda e aprendo di un paio di dita la finestra.

La luce e i rumori, improvvisi, fanno svegliare anche lui. Ci mette un po' ad aprire gli occhi, forse ha avuto un momento di amnesia come me. Mi volto per dargli le spalle, ma sento lo stesso il suo sguardo su di me.

"Fumer est mauvais pour la santé" dice, con una voce profonda e roca di chi ha la bocca ancora completamente impastata dal sonno. Chiaro che con un fisico così fosse un salutista sfegatato, magari anche vegano, ma non me ne importa molto.

Non rispondo, e continuo a fumare, ma sento che si sta alzando, il rumore delle lenzuola che si spostano è un trigger spietato per la mia memoria a breve termine, e non posso fare a meno di voltarmi a guardarlo.

Sorride, perché lo sa, e il suo sorriso da stronzo è un lampo nella penombra della camera. Le sue gambe, i suoi muscoli, il suo sesso molle che penzola tra le cosce mandano una serie di scariche elettriche al mio cervello. La sigaretta mi pare buonissima.

Improvvisamente è alle mie spalle, e sento le sue labbra salate e umide sul mio collo, le sue mani, ancora calde, sulla schiena.

Mi sussurra parole dolci e sconce che neanche capisco.
Ho la pelle d'oca.
E quando lo sento crescere contro di di me, diventare duro, grande, enorme, allora capisco che mi prenderà così, in piedi alla finestra, con la foga di chi non ha tempo, e io non vorrei sentirmi così impotente, ma non ce la faccio e mi abbandono a questo abisso.
a85e11aa-44c8-429b-9a0d-8dcd52770d6c
« immagine » Mi sveglio di soprassalto, e in quel primo lungo momento dopo il buio ho la testa completamente vuota. Non mi ricordo di essermi addormentata. Non mi ricordo nulla anzi, non so nulla. Sono sudata, sporca e nuda. E felice. Ora mi ricordo. Ho fatto sesso con uno sconosciuto, in vacanza...
Post
07/02/2018 16:00:31
none
  • mi piace
    iLikeIt
    PublicVote
    14
  • commenti
    comment
    Comment
    7

Microcosmi

09 gennaio 2018 ore 13:09 segnala

Passo spesso parte delle vacanze d'inverno in montagna anche se non mi piace sciare. Sembra una contraddizione, anzi forse lo è proprio, ma le abitudini si prendono per tanti motivi, amici, compagnia, tradizioni, e eccomi qua anche quest'anno, in mezzo a tantissima neve e senza nulla da fare durante il giorno.
Ce ne sono altri come me, non tanti, e si conosce un po' tutti, finendo sempre a contatto nei pochi spazi comuni di alberghi e resort. Tra la spa, il bar, la palestra, la piscina e il ristorante, nei luoghi non luoghi dove si sta tutti insieme ma ognuno da solo.
Si crea un microcosmo fatto di poche persone, ma con le sue regole, una specie di piccolo mondo, una commedia con tutti i personaggi, protagonisti e comprimari.
Quest'anno il centro del microcosmo è lui, un uomo bellissimo che non ho potuto fare a meno di notare fin dal primo momento.
Alto, sui 35, con la mascella prominente, il naso aquilino gli occhi azzurri e un ciuffo di capelli da ragazzino.
Lo osservo meglio, cercando di farmi notare il meno possibile, e scopro che la mia prima impressione era giusta ma anche sbagliata, non è veramente bello, è perfetto.
Esce dal bagno turco mostrando un fisico asciutto e armonioso, le braccia forti, le cosce possenti, gli addominali di una statua greca.
Corre sul tapis roulant e fa pesi senza neanche sudare.
Passa i pomeriggi leggendo un libro dopo l'altro, con gli occhiali da vista che chiaramente gli donano tantissimo.
La gravità del nostro luogo non luogo si incurva intorno a lui come a una stella. Tutti smettono di parlare quando arriva, gli uomini lo odiano, le donne trovano ogni scusa possibile per avvicinarsi e rivolgergli la parola.
Lui risponde con cortesia, parlando sommessamente.
In francese.
Anche il suo accento è perfetto.
Il primo premio della lotteria della genetica.
La compagna ogni tanto lo raggiunge e passano del tempo insieme a ridere e scherzare, tra l'invidia generale delle altre donne.
Non è manco tanto bella, sento una signora dire dietro di me, sussurrando, alla sua amica, e poi giù di pettegolezzi più o meno sconci. Sicuramente ha un sacco di soldi, sicuramente ha delle qualità nascoste.
Un giorno me lo ritrovo in sauna, entra, chiude la porta e si siede di fronte a me, e perfortuna che fa già talmente caldo da sudare, altrimenti andrei subito in evidente difficoltà.
Mi accorgo, innervosendomi, di aver inconsciamente cambiato completamente il linguaggio del corpo per impressionarlo. Accavallo le gambe, inarco il torace, schiudo le labbra. Mi sembra di essere tornata una ragazzina.
Lui mi sorride.
Io gli chiedo cosa si prova.
Cosa si prova a essere così.
Fa finta di non capire, eppure il mio francese non è così male.
A essere così perfetti.
A essere il centro del mondo di tutti.
Ride, profondamente, rovesciando la testa all'indietro, guardando il soffitto.
Sta seduto così, a gambe divaricate, con gli addominali che guizzano per le risate, le gocce di sudore che scendono lente tra le valli e le colline della sua pancia, inesorabilmente attratte in quella V perfetta del suo bacino, esattamente come i miei occhi.

Lo sai.
Lo sai anche tu mi dice.
Perché sei una bella donna.
Lo sai cosa si prova.

Credo che tornerò in camera. Ho bisogno di una doccia fredda, gelata. Glielo dico, e poi mi alzo, lentamente, mi giro, raccolgo il mio asciugamano. Nello spazio stretto della sauna non può esimersi dal guardarmi, e gli mostro tutto.
Mi accompagni? gli chiedo, con una mano sulla porta
Come scusa? Mi fa, un po' incredulo.
Ripeto, annoiata.
Vado in camera, ho bisogno di farmi una doccia.
Vuoi venire con me?
Vuoi scoparmi?
Lui mi guarda, e ride ancora, di gusto.

Poi si alza, distendendosi per tutta la sua lunghezza fino a torreggiare su di me. Si avvicina, mi stringe il collo, ha le mani grandi, le dita lunghe, tutto intorno alla mia gola, un po' troppo forte.
Come ti chiami? Mi sussurra all'orecchio.
Chiamami Lola, gli rispondo io.
b8ccfa72-6064-4ac5-acf2-46a153a8113b
« immagine » Passo spesso parte delle vacanze d'inverno in montagna anche se non mi piace sciare. Sembra una contraddizione, anzi forse lo è proprio, ma le abitudini si prendono per tanti motivi, amici, compagnia, tradizioni, e eccomi qua anche quest'anno, in mezzo a tantissima neve e senza nulla ...
Post
09/01/2018 13:09:29
none
  • mi piace
    iLikeIt
    PublicVote
    14
  • commenti
    comment
    Comment
    17