Girovagando per la rete,
mi sono imbattuta in un
articolo scritto sulla
Stampa , in maniera
eccelsa , vi posto il
suo testo .
“IL PIANETA DISTRUTTO DAL NOSTRO EGO "
Quella del 2022 non è l'estate più calda che abbiamo
mai affrontato, ma la più mite tra quelle che ci
restano da vivere. Basterebbe questo rovesciamento
di prospettiva per farci sentire sul serio il
cambiamento climatico come una delle sfide più
difficili davanti a cui l'homo sapiens si è trovato
nel corso della sua avventura. Ciò nonostante,
siamo ancora troppo poco coinvolti dal problema:
l'informazione, in noi, non diventa conoscenza.
Per anni gli scienziati ci hanno messo sotto il
naso la prova inconfutabile di un disastro
imminente. Abbiamo a lungo restituito il messaggio.
Adesso però cominciamo a sentire i primi
scricchiolii e la puzza di fumo. Nonostante
l'evidenza si sia fatta sensibile – ma è solo
l'inizio – qualcosa in noi (in un abisso di
specie dove arroganza e stupidità si mescolano
per ritornare a galla in forma di falsa
intelligenza) rifiuta l'idea che l'umanità
rischi di estinguersi per propria mano.
Siamo davvero così idioti? O siamo solo
terrorizzati, simili a quei gatti che si
inchiodano nel centro della strada, davanti
a due fari che si fanno sempre più grandi?
Con la paradossale differenza che investito e
investitore qui coincidono. “Dove sono tutti?”
È la domanda che si dice abbia rivolo
Enrico Fermi ai suoi colleghi nel 1950, quando
lavorava a Los Alamos. L'oggetto del discorso
erano le forme di vita extraterrestri.
Se ci sono miliardi di galassie non è difficile
immaginare che esistano altre forme di vita,
alcune delle quali più progredite di noi.
E allora perché non ci hanno mai raggiunto
coi loro potenti mezzi? Tra le possibili risposte
c'è quella secondo cui le civiltà evolute avrebbero
vita breve. Se ad esempio una civiltà tende per
sua natura ad annientarsi, non esiterà a farlo
quando disporrà della tecnologia necessaria.
Si può controbattere che la razza umana, pur
potendo autodistruggersi da circa settant'anni,
ancora non l'ha fatto. Ma settant'anni di messa
alla prova sono pochi, e se per dare inizio a
una guerra nucleare (ipotesi da qualche mese
non più impossibile) è necessario che qualcuno
si faccia avanti e “prema il bottone”, affinché
il cambiamento climatico si abbatta su di noi
basta non fare nulla. Consideriamo Faust tra i
nostri miti fondativi, ma non bisogna dimenticare
quanto il più antico spettro di Ponzio Pilato ci
rappresenti. Il 2022 è cominciato con Don’t Look Up,
in cui si immagina la distruzione della Terra
che l'uomo, a causa della sua stupidità, non
riesce a sventare. Il film ha avuto un grande
successo, ma noi non siamo diventati più consapevoli.
Don’ Look Up è arrivato dopo la pandemia che
avrebbe dovuto renderci migliori, ed è stato
seguito dalla più spettacolare manifestazione
della nostra pulsione di morte: una guerra. Non
dunque la forza dell'arte (se la narrativa
funzionasse come monito avremmo deposto le armi
ai tempi dall'Iliade), non il silenzio mortifero
della pestilenza e nemmeno il fragore delle bombe:
come potremo svegliarci dall'incubo in cui siamo
finti?Il disastro cui andiamo incontro non riguarda
più l'informazione (sappiamo bene cosa sta succedendo)
e non è solo la conseguenza di una crisi culturale,
ma anche antropologica e spirituale. Come uscirne?
Sono preoccupato come tanti, amo la vita come tanti,
non ho risposte come quasi tutti. Mi limiterò a
pochi spunti di riflessione. Il primo riguarda il
nostro rapporto con la scienza. Non siamo alfabetizzati.
La separazione tra discipline umanistiche e
scientifiche, che in Italia è clamorosa, è un
problema che riguarda tutto il mondo. Una vera
formazione scientifica dovrebbe farci sentire le
cose a livello astratto, controintuitivo, molto
prima che il dato sensibile ce ne dia conferma,
perché allora è troppo tardi. Se i radar dicono
che stiamo andando contro un iceberg dobbiamo
“saperlo vedere”, non solo per evitare l'impatto
ma perché, quando il disastro poi arriva, trae da
noi il peggio: i naufraghi sulla zattera di Medusa
si divorano tra loro. Il secondo spunto riguarda
il ruolo che ci siamo dati. Come ha scritto di
recente Ugo Morelli, dobbiamo sfrattare l'uomo
dal centro del mondo. La modernità ci ha emancipato
dai secoli bui, facendo sì che a ciascuno venissero
riconosciuti (almeno in teoria) una dignità e dei
diritti prima impensabili. Portarci al centro della
scena ha causato tuttavia anche una sorta di
frattura psichica. Crediamo di essere accesi
dall'occhio di bue nel gran teatro del mondo, ma
siamo il frutto della continua interazione con
ciò che ci circonda (e di cui siamo la periferia),
comprese le piante e gli altri animali. Facciamo
parte dal creato come tutti, il centro che abbiamo
immaginato non esiste. Se l'uomo avrà un futuro non
sarà perché fuggirà dal pianeta, come crede Elon Musk,
ma perché saprà evadere ben prima dalle gabbie di
un ego malato. L'ultimo spunto riguarda ciò che ci
trascende. Persuadersi che siamo stati generati dal
caso non impedisce di pensare che abbiamo abbandonato
Dio con troppa disinvoltura. Non torneremo indietro.
L'uomo tuttavia è troppo stupido e violento per non
avere bisogno di aggrapparsi a qualcosa che lo
sovrasti, di riconoscere una forza da non contrastare,
una musica preesistente a cui accordare, nel futuro,
il proprio spirito. Lo abbiamo fatto in passato,
siamo costretti a rifarlo più velocemente: prima che
il deserto lambisca i nostri usci dobbiamo avvolgerci
in un altro universo interiore e, lì dentro, trovare
la nostra nuova forma.”
- Nicola Lagioia, La Stampa, 14/07/2022 -