Ho trent'anni e sono ancora senza istinto materno.
Di conseguenza, ancora non so cosa spinga una donna, ed un uomo, a voler mettere al mondo un figlio.
Ma poi c'è mia nipote che quando siamo insieme mi strapazza di baci.
Mi si accoccola vicina e mi fa le carezzine sul braccio.
Mi guarda per dirmi "Zia, da uno a zero ti voglio bene centomille; anzi, all'infinito!", e spalanca le sue braccine per dimostrarmi l'immensità del suo amore. Genuino. Spontaneo.
E lo ammetto, cedo anche all'emozione.
Allora rimugino.
Penso che forse sia questo, che il segreto sia tutto qui, nell'accogliere un'incondizionata reciproca forma d'amore.
Ma sento che non mi basta. Che per me non è abbastanza saperla amare a piccole dosi e che più di così, nonostante mi sforzi, io non ci riesco.
Io, forse, sono ancora troppo egoista per lasciarmi amare in modo così totale, senza riserve.
Io, forse, sono ancora troppo presuntuosa nel credere che non sia neanche mia esigenza.
E torno a domandarmi cosa spinga gli esseri umani a lasciare in eredità altri esseri umani.
Cosa li spinga ai sacrifici.
Alla devozione.
All'abnegazione.
Al barattare la propria esistenza, se necessario.
E mi rendo conto che io ancora non ci vedo nulla di altruistico nella procreazione.
Ci vedo solo l'esigenza di voler appagare se stessi, di legare a sè qualcuno per l'eternità, di alimentare il bisogno di sentirsi amati perchè –si sa– un compagno potrebbe lasciarti ma un figlio ti resta per sempre.
Non so, a me sembra che questo non basti.
A me sembra che questo non sia giustificato, o giustificabile.
Ma a me, ancora, l'istinto materno non è venuto e quindi io, ancora, forse, la mia risposta giusta non ce l'ho.