Della verità e dell'urgenza.
12 agosto 2007 ore 09:40 segnala
Riflettevo su un mio commento ad alcuni versi scritti da altra persona. Sul perché avevo pensato: “Ecco, queste parole, queste frasi, ciò che esprimono mi sembrano così vere…”. Poi un altro commento è giunto, lucido, ineccepibile: ma cosa si può definire verità nelle parole scritte da uno sconosciuto? Sempre che si possa parlare di verità in assoluto, quando si parla d’arte.
Eppure io sentivo che quella valutazione, fatta con poca riflessione, aveva un significato per me: talvolta mi capita di restare delusa, dalla lettura di racconti o versi ispirati a fatti reali o persino a esperienze personali, non perché scritti male, ma perché mi appaiono come il pretesto per un esercizio di stile.
Non che vi sia nulla di sbagliato nel curare lo stile, lungi da me anche il solo pensarlo, anzi direi che“avere stile” sia una componente fondamentale per uno scrittore talentuoso, e tuttavia, metaforicamente parlando, non c’è nulla di più disturbante del bere una bibita dall’ottimo sapore, che non riesce a toglierti la sete!
Così sono giunta alla conclusione che in realtà avevo sbagliato termine, non era la verità del testo o meno ancora del suo contenuto ad avermi colpito (del resto cosa potevo mai saperne io, ignara lettrice dietro ad uno schermo così come dietro alla pagina di un libro?) ma la sua urgenza!
Che mai c’è di vero, per assurdo, nella “Metamorfosi”, nel “Castello”, in “America” o ancor meno nel “Processo”? Pagine spettacolari ed oniriche, che deformano la realtà come la camera degli specchi, come il caleidoscopio, eppure come negare l’urgenza di quelle pagine? Come negare la scossa che le attraversa, oltre i limiti temporali, e ti colpisce nel punto più fragile dell’anima, lasciandoti sconvolto?
L’urgenza, credo, o almeno così a me piace chiamarla (ma se qualcuno trova un termine migliore, esteticamente più piacevole, ben venga!) è quella misteriosa spinta che può costringere chiunque a lanciare il suo “messaggio nella bottiglia”, non importa da dove, non importa perché e forse importa ancor meno il fatto che sia scritto bene, benino o addirittura in modo pessimo.
Questa sera, mentre una madre distratta terminava di bere il suo caffè chiacchierando con un’amica, un bimbo di sei o sette anni si è avvicinato al banco, ed a preso di nascosto una bustina di zucchero… quando si è accorto che lo stavo osservando, vistosi scoperto e alla mercé, se vi piace pensarla così, della mia omertà, senza esprimere verbo, mi ha guardato con uno sguardo che non ammetteva fraintendimenti né repliche, uno sguardo che esprimeva fino in fondo l’urgenza di un messaggio senza parole!
Ecco, questa è per me l’urgenza ed è ciò che credo di ritrovare nelle pagine dei libri che amo, un bisogno irrefrenabile di comunicare, tanto elementare da potersi scoprire anche tra le pagine di un diario scolastico, talmente forte da farti sentire che la vita pulsa ancora sotto i segni neri dell’inchiostro…
8003354
Riflettevo su un mio commento ad alcuni versi scritti da altra persona. Sul perché avevo pensato: “Ecco, queste parole, queste frasi, ciò che esprimono mi sembrano così vere…”. Poi un altro commento è giunto, lucido, ineccepibile: ma cosa si può definire verità nelle parole scritte da uno...
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12/08/2007 09:40:59
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Commenti
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Mr.Adelphi 12 agosto 2007 ore 11:44
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Ack13 14 agosto 2007 ore 11:59
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