Che Stato è?

11 giugno 2013 ore 19:08 segnala


Già...che Stato è il nostro?
Uno Stato di Diritto?
Uno Stato Sociale?
Uno Stato di Polizia?
O uno Stato che dello Stato non ha nulla, se non solo una mera parvenza?

Sono domande che già mi ponevo da tempo, e che ora, dopo la sentenza del caso Stefano Cucchi, riemergono con voce ancora più forte.
Si perchè una sentenza scandalosa e vergognosa come quella di qualche giorno fa, in cui i fatti vengono non solo contestati ma quasi sconfessati e rivoltati, come se il povero Stefano non avesse subìto un vero e massacrante pestaggio in carcere ma si fosse fatto tutto da sè, con la conseguente assoluzione di tutti gli agenti della Polizia Penitenziaria e l'incredibile condanna dei soli i medici (neanche gli infermieri) e per omicidio semplicemente colposo (e non doloso), pone queste e tante altre domande miei cari amici...

Fermiamoci un attimo.
Un semplice esempio...

Art. 3

"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali".


Pari dignità sociale?
Uguali davanti la legge?
Senza alcuna distinzione?
Senza considerare le condizioni personali e sociali?


I casi sono due...

O mi sbaglio, ed erroneamente non ho preso il dettato costituzionale del nostro paese...
O, purtroppo, c'è da prendere atto di una distanza immensa, quasi siderale, tra il dettato e l'applicato.

Ancora una volta, tra la Carta Costituzionale intesa come mero documento, come legge fondamentale dello Stato italiano, e la reale portata dei suoi 139 articoli (5 abrogati), la loro cioè reale applicazione nella vita concreta di ogni giorno.
Tra "Stato di Diritto", quale il nostro Paese si professa storicamente di essere, sancendo diritti e doveri dei suoi cittadini, tutti sulla carta uguali davanti la legge, e "Stato Sociale", volto a realizzare nel concreto l'uguaglianza, fornendo e garantendo diritti e servizi sociali.
Tra parole, di cui i libri di scuola e gli almanacchi son pieni, e fatti, che invece sono tanto più rari quanto più importanti...

Come si fa, ancora, a credere in questo Stato?
A sperare in questo Stato?
Ad avere fiducia in questo Stato?

Che Stato è quello che amministra una giustizia a modo proprio, mandando in carcere innocenti, non comminando le adeguate pene ai colpevoli, facendo uscire per scadenza dei termini i peggiori killer mafiosi, sconvolgendo a proprio piacimento gli iter processuali, facendo aspettare anche decenni per una semplice sentenza civile?
Che Stato è quello che lascia inermi i suoi servitori contro la criminalità organizzata, permettendo che saltino in aria come pupazzi senza far nulla perchè divenuti scomodi e pericolosi?
Che Stato è quello che tutela sempre i più forti, le toghe, le uniformi, le caste, i potenti, che permette di sedere in Parlamento a gente pluricondannata, che vede innocenti esasperati togliersi la vita come oggi, sul balcone di un municipio, davanti a tutti, per mancanza di lavoro e senza che nessuno li ascolti???


No, mi spiace...ma io non credo più nè spero più in questo Stato.
Perchè i fatti mi hanno dimostrato, con amarezza, che lo Stato non c'è, o se c'è, non è tra noi, gente comune...
E la Giustizia somma è solo un puro ideale Platonico.
Qui vige solo la legge del più forte...


Dichiaro di possedere tutti i diritti sulle immagini caricate, che il contenuto di questo messaggio non lede alcun diritto di terzi e che non viola alcuna legge vigente; dichiaro inoltre di essere titolare di ogni diritto morale e patrimoniale d'autore e manlevo Chatta da tutte le responsabilità, dai costi e dagli oneri di qualsivoglia natura che dovessero essere sostenuti a causa del contenuto che sto inserendo. Sono altresì consapevole che l'uso improprio degli strumenti offerti da Chatta potrà portare alla cancellazione del mio account ed essere perseguito civilmente.


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Allonsanfon…mais les infants?

02 giugno 2013 ore 17:08 segnala






Con il sì definitivo arrivato dall'Assemblea di Parigi, dal 26 aprile 2013 in Francia gli omosessuali potranno sposarsi e chiedere l'adozione di un bambino.
Sull'opportunità di dare in adozione bimbi a coppie gay, si levano voci autorevoli, sia a favore sia contro.
L’Associazione Italiana di Psicologia si è espressa a favore, affermando che non sono né il numero né il genere dei genitori a garantire di per sé le condizioni di sviluppo migliori per i bambini, bensì la loro capacità di assumere questi ruoli e le responsabilità educative che ne derivano.
Lo stesso orientamento ha l’American Psychoanalytic Association: “E’ nell’interesse del bambino sviluppare un attaccamento verso genitori coinvolti, competenti e capaci di cure. La valutazione di queste qualità genitoriali dovrebbe essere determinata senza pregiudizi rispetto all’orientamento sessuale”.
L’American Academy of Pediatrics che rappresenta il 99,9% dei professionisti statunitensi, è a sostegno delle famiglie omogenitoriali.


Dal lato opposto, decise sono le prese di posizione degli esperti del settore, soprattutto cattolici, circa l’adozione per persone dello stesso sesso: questi professionisti affermano di concentrarsi sul benessere del bambino, invece che sul diritto alla genitorialità della coppie omosessuali, escluse dalla natura stessa alla procreazione.
In USA, da una ricerca condotta da Mark Regnerus, professore di Sociologia presso l’Università di Austin, emergerebbe che quanti sono cresciuti in famiglie omosessuali sono dalle 25 alle 40 volte più svantaggiati dei loro coetanei cresciuti in famiglie normali. I primi, infatti, sono risultati tre volte più soggetti alla disoccupazione (solo il 26 per cento dei ragazzi cresciuti all’interno delle coppie omosessuali ha un lavoro fisso contro il 60 per cento della media); quattro volte più soggetti a ricevere assistenza pubblica; e sono molto più inclini ad essere arrestati, a dichiararsi colpevoli di atti criminali, a drogarsi, a pensare al suicidio.
E voi, che ne pensate?



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23 Maggio 1992

26 maggio 2013 ore 11:20 segnala
...


Eppure, Tommaso Buscetta glielo aveva detto:

"L'avverto, signor giudice. Dopo quest'interrogatorio lei diventerà forse una celebrità, ma la sua vita sarà segnata. Cercheranno di distruggerla fisicamente e professionalmente. Non dimentichi che il conto con Cosa Nostra non si chiuderà mai. E' sempre del parere di interrogarmi?".


Non sempre però, uomo avvisato mezzo salvato: Giovanni Falcone non fu salvo né del tutto, né a metà: anzi, il magistrato finì in mille pezzi insieme alla moglie e agli uomini della sua scorta, a causa di circa una tonnellata di tritolo piazzata in un sottopassaggio dell'autostrada, fatta brillare con un telecomando a distanza.
Strano che gli assassini conoscessero il percorso se, come ricordò il cardinale
Pappalardo nell'omelia durante i funerali

"... il giudice Falcone si muoveva in via e con mezzi che dovevano rimanere coperti dal più sicuro riserbo. Chi li conosceva? Chi li ha rivelati ai nemici dei giudici? Mandante ed esecutori."


A distanza di 21 anni, del mandante ancora non si sa nulla.

Restano le parole profetiche di un uomo coraggioso, a epitaffio di una vita al servizio di uno Stato che non lo ha saputo ricambiare:

"Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande".

Lo disse Giovanni Falcone.

O si muore perché chi dovrebbe proteggerti, di questo gioco è ingranaggio essenziale.
Aggiungerei, senza troppo timore di essere smentita.


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... « immagine » Eppure, Tommaso Buscetta glielo aveva detto: "L'avverto, signor giudice. Dopo quest'interrogatorio lei diventerà forse una celebrità, ma la sua vita sarà segnata. Cercheranno di distruggerla fisicamente e professionalmente. Non dimentichi che il conto con Cosa Nostra non si...
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26/05/2013 11:20:33
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Eutanasia, una difficile scelta di civiltà

22 maggio 2013 ore 01:20 segnala
...
“Ho rischiato girando un film non provocatorio. Il mio film non è contro la politica o contro le leggi: ma penso che sia giusto gestire il proprio corpo e la propria vita”. Valeria Golino parla di Miele, il suo primo film da regista, uscito in sala il 1° maggio. Il film, liberamente ispirato al romanzo ‘A nome tuo’ di Mauro Covacich, racconta la storia di una ragazza che opera suicidi assistiti su malati terminali. “Miele si pone delle domande, esattamente come facciamo noi, non dà delle risposte. Credo però che la mia posizione sia piuttosto chiara: io credo che gli esseri umani debbano poter decidere della propria sorte. Nel caso in cui soffrano è ancora più evidente per me: quel dolore fa diventare la vita impossibile. Non l'ho girato per piacere a tutti, io volevo seguire la mia natura. Non sono contro la chiesa, non volevo farne una bega. L'argomento contiene abbastanza dolore, mistero, il nostro senso di inadeguatezza. Non volevo essere maestra di opinione”.




In questi giorni, al Festival di Cannes, è in programmazione “Miele”, il film che vede come regista al suo esordio Valeria Golino. Il film era uscito nelle sale italiane il primo maggio scorso e si è inserito benissimo nel dibattito che da tempo anima la società italiana anche grazie alle Associazioni Luca Coscioni, Uaar, Exit, Amici di Eleonora che da tempo si battono, insieme ai Radicali per legalizzare l'eutanasia e che hanno presentato ufficialmente il 4 Maggio scorso la petizione d’iniziativa popolare che chiede la legalizzazione dell’eutanasia e il riconoscimento del testamento biologico.




Ma perché in alcuni Paesi è possibile ed in Italia no, generando quel penoso fenomeno che è chiamato “turismo dell’eutanasia” e chi si va sempre più affermando? La risposta è quasi ovvia: la mancanza di una legislazione che consenta il suicidio assistito e in generale il testamento biologico, il NO della Chiesa cattolica e un generale tabù nell’affrontare la questione in Italia. Solo che così facendo, anche questo cosiddetto ‘turismo’ resta un privilegio per fasce sociali “forti”, sia in denaro che in strumenti mentali, mentre la gran parte della popolazione ne resta esclusa.
Avete presente la situazione di coloro che, a seguito di un incidente, una malattia, sono ridotti a tronchi vegetanti? Oppure sono ridotti ad una situazione senza speranza,con la sola certezza di un progressivo degrado,una progressiva dipendenza in tutto e per tutto dagli altri, una sempre maggiore sofferenza oltre a quella fisica? Può capitare a chiunque. Ciascuno dovrebbe essere libero di decidere, per sé, se, in tali condizioni, vorrebbe porre fine ad uno stato che considera non dignitoso oppure restare, anche se in una condizione di assoluta mancanza di possibilità di relazioni umane.
Oggi questa scelta ci è negata, il testamento biologico non esiste.
Come diceva la Golino nel brano di intervista riportato, avere la libertà di poter scegliere non è una azione contro la Chiesa Cattolica (chi non ricorda il caso Welby, cattolicissimo, cui furono negati i funerali religiosi quando decise di far staccare le macchine che lo tenevano in vita) , è solo un rivendicare una scelta, il poterla fare quando si è possibilmente in salute, fisica e psichica. Perché caricare di un così pesante fardello , se ci dovesse succedere qualcosa che ci impedisca di poter decidere, parenti che non saprebbero cosa fare e, soprattutto, che dovrebbe decidere al nostro posto?
Dal quattro maggio, dunque, è possibile fare qualcosa di concreto.
Giovedì 23 maggio è giornata nazionale per raccogliere firme sull'Eutanasia legale negli uffici comunali di tutti gli oltre 8.000 Comuni e Municipi (o "Zone" delle grandi città) d'Italia. Basterebbero 7 firme per ogni Comune a raggiungere l'obiettivo delle 50.000 firme!
Personalmente sono a favore dell’eutanasia legale, ho vissuto indirettamente le indicibili sofferenze cui era costretta una mia zia malata di Alzheimer allo stadio terminale, una situazione che non vorrei per me nella malaugurata ipotesi potesse capitarmi qualcosa di simile. Inoltre ho seguito la vicenda, con i forti interrogativi che ha posto, del caso che è stato sotto gli occhi di tutti: Papa Giovanni Paolo II°. Nessuno lo dice a gran voce ma Karol Wojtyla, il papa polacco, alla fine chiese di “staccare le macchine”.
Mi piacerebbe leggere le vostre opinioni, confrontarmi con voi.
Intanto vi segnalo tre siti per saperne di più, qualora lo vogliate, basta cliccarci sopra.

Una scelta di civiltà.
http://www.eutanasialegale.it/

La crescita del sostegno all’eutanasia legale
http://www.uaar.it/news/2013/05/06/crescita-sostegno-eutanasia-legale/

Eutanasia: lasciatemi libera di scegliere. Una testimonianza.
http://nuovavenezia.gelocal.it/cronaca/2013/05/19/news/eutanasia-lasciatemi-libera-di-scegliere-1.7088239


Dichiaro di possedere tutti i diritti sulle immagini caricate, che il contenuto di questo messaggio non lede alcun diritto di terzi e che non viola alcuna legge vigente; dichiaro inoltre di essere titolare di ogni diritto morale e patrimoniale d'autore e manlevo Chatta da tutte le responsabilità, dai costi e dagli oneri di qualsivoglia natura che dovessero essere sostenuti a causa del contenuto che sto inserendo.
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Firma: ClarissaDalloway
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... “Ho rischiato girando un film non provocatorio. Il mio film non è contro la politica o contro le leggi: ma penso che sia giusto gestire il proprio corpo e la propria vita”. Valeria Golino parla di Miele, il suo primo film da regista, uscito in sala il 1° maggio. Il film, liberamente ispirato al...
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22/05/2013 01:20:08
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Zena, Genova

19 maggio 2013 ore 08:54 segnala
Non sopporto i giornalisti che non sanno fare il proprio mestiere. Odio gli imbrattacarte che per non fare fatica pescano nel web video o immagini che ben si addicono ad un servizio, ma che non hanno niente in comune con la realtà.
A Genova ho perso un collega. Un amico. Michele era il pilota di quella nave che ha sconvolto i cuori non solo di Genova, ma di tutta la gente di mare. Non è il luogo adatto, questo, per personalismi. Ma devo a lui ed a quelli che non ci sono più un piccolo tributo di conoscenza in più.



PILOTA.

Chi è il Pilota del Porto? In tutti gli scali del mondo, in cui può attraccare una nave mercantile, ve n’è uno. In Italia sono ex naviganti che hanno conseguito almeno il titolo di Primo Ufficiale di Coperta e che, dopo concorso, diventano quelle figure professionali che sono d’ausilio al Comandante di una nave nelle manovre di entrata ed uscita dai porti. Sono preziosi per la loro conoscenza dei fondali, correnti e qualsiasi altra nozione importante relativa allo scalo a cui sono preposti. Non sostituiscono il Comandante in quei frangenti. No. Lo consigliano. La responsabilità ultima della manovra è e sarà sempre del Capitano della nave.

Cosa fa un Pilota che sale a bordo? Per prima cosa domanda al Comandante se la nave è a posto ed i sistemi di governo e propulsione sono operativi. Poi chiede come si comporta il mezzo in manovra. Se l’elica è sinistrorsa, destrorsa. Se è a passo variabile. Se c’è l’elica di manovra di prua. Chiede soprattutto se vuole altri rimorchiatori, oltre a quelli obbligatori. Una volta che si è accertato di tutto questo, e deve fidarsi della parola del Capitano, inizia la manovra. Se il Pilota ha il minimo sentore di qualcosa che non sia al posto giusto, deve immediatamente sospendere le operazioni ed avvisare la Capitaneria di Porto che invierà gente preposta a bordo per effettuare i controlli necessari.


RIMORCHIATORI.

Nel nostro Paese non c’è una legge unica per tutti i porti. Ogni Capitaneria decide l’obbligatorietà o meno per l’uso di uno, due o più rimorchiatori. A seconda della stazza della nave, della zona del porto in cui deve avventurarsi e molti altri fattori, non esclusi quelli climatici. Ma generalmente l’obbligo c’è sempre. Curiosamente, per il tipo di navi che conduco io, a Genova, non c’è costrizione. Solo su richiesta. E sinceramente non so se la Jolly abbia avuto l’obbligo di rimorchio o meno.
In molti paesi esteri, come l’Olanda ad esempio, i "tugs" sono solo un optional a richiesta. Il canale di Amsterdam, lungo 16 chilometri, con le sue chiuse l’ho percorso senza il loro ausilio.
Una volta deciso il numero di rimorchiatori da usare, ci sono ulteriori soluzioni. Possono rimanere a fianco della nave in assistenza (e magari frapporsi, ad esempio, tra la banchina e lo scafo per evitare urti, perché comunque la velocità di manovra è bassissima) oppure "darle il cavo". Così come sulla Jolly.

Ed è questo il punto cruciale. Lo scopo del rimorchiatore è quello di trainare una nave. E questa dovrebbe avere i motori in moto (per sicurezza) ma eliche ferme. Quello che succede invece spesso è che per "aiutare" lo sforzo dei rimorchi, si mette un minimo di "macchina" avanti o indietro a seconda della direzione da prendere. Si guadagna tempo, sicuramente, ed in una società in cui il tempo è denaro (il costo di un rimorchiatore può arrivare fino a mille euro l’ora in giornate feriali e in orari diurni. Duplicate o triplicate la somma in giornate festive e orari notturni) tutto aiuta.
Ma è una pratica che funziona se tutto va bene e tutto funziona.

Cosa succede se la nave ha un’improvvisa avaria ai motori? Se le eliche si bloccano a marcia avanti o addietro? In fin dei conti sono delle macchine e sono soggette a guasti anch’esse.

Succede che il rimorchiatore per evitare collisioni con banchine o altre navi deve "tirare" dalla parte opposta in cui sta "vogando" la nave. Con il risultato che, nel migliore dei casi, si spezzi il cavo di rimorchio. Ma può succedere di peggio. Che si stacchi la bitta sulla nave in cui il cavo è legato, facendo danni ancor più gravi. E soprattutto il "colpo di frusta" che dà il cavo al momento che si spezza può uccidere qualcuno dell’equipaggio (della nave e del rimorchiatore) che disgraziatamente si trovi nei paraggi.

Perché si spezza il cavo? Provate ad immaginare Golia che gioca al tiro alla fune con una cordicella di cotone con Davide. O si spezza la cordicella o Davide, che la tiene saldamente, viene trascinato da Golia.

Provate a trainare, in acqua, qualcuno che nuota in senso contrario e fate la prova con qualcuno che invece sta a galla a peso morto.

I rimorchiatori hanno la forza di trascinare una nave in capo al mondo se questa galleggia solamente. Ma non avrà mai la stessa forza di una nave di quelle dimensioni che rema in senso contrario. 5 o 6.000 cavalli di potenza contro 30.000 cavalli. Una lotta impari. E tutta la forza e potenza concentrata su un cavo di nylon, che per quanto grosso non avrà mai la resistenza necessaria.

Il Pilota a bordo in quel momento ha fatto migliaia di manovre. E forse si è fidato troppo di quella nave che spesso in passato ha condotto in sicurezza.

Io, da Comandante, manovre simili le avrei fatte ad eliche ferme e con il solo ausilio dei rimorchiatori visto che c’erano. E forse la stessa cosa avrebbe dovuta farla il Capitano della Jolly. Anche lui ingannato dalla sua stessa creatura.
Perché non posso comunque credere ad un errore di manovra. Nemmeno ad un’avaria già conosciuta. E’ stato solo il fato.


LA TORRE.

Costruita a picco sulla banchina.
Vogliamo parlare anche di Genova Multedo, dove in 200 metri e forse meno di linea d’aria si trovano un aeroporto, colossali petroliere e depositi di carburante?
Parliamo di aerei che atterrano in molte città del mondo a pochi metri sopra i tetti delle abitazioni?
Di ristoranti posti a fianco i tornanti di salite al 16 percento in cui un TIR potrebbe causare una strage se gli vengono a mancare i freni?
E' inutile sputare ipocrisia se è lo stesso uomo che nel nome del "Dio Lucro" costruisce o dispone in maniera dissennata. Per poi piangere quando accadono tragedie simili.

Dicono che nessuno poteva prevedere un disastro simile. Io dico di si. Basta affacciarsi da quella banchina, guardare le immense navi che vi passano accanto e chiedersi...ma se...?

Non è la prima e non sarà l’ultima lacrima che verseremo per delle morti evitabili. Purtroppo.


CONCLUSIONE.

La mia convinzione è che l’urto della nave alla torre sia stata causata da un’avaria ai motori della stessa. Nel momento e nel punto sbagliato. Che i rimorchiatori nulla potevano, nemmeno fossero stati 4 o 6.

Spero vivamente non si sia trattato di errore umano.

Si poteva evitare? Col senno di poi si, se i rimorchiatori avessero trascinato la nave con le sue eliche ferme fin dall’inizio. La manovra sarebbe stata sicuramente più lunga e complessa, ma forse più sicura.


Ma col senno di poi, son piene le fosse.

Alla memoria di Michele e Daniele.

Semper Fidelis

Dichiaro di possedere tutti i diritti sulle immagini caricate, che il contenuto di questo messaggio non lede alcun diritto di terzi e che non viola alcuna legge vigente; dichiaro inoltre di essere titolare di ogni diritto morale e patrimoniale d'autore e manlevo Chatta da tutte le responsabilità, dai costi e dagli oneri di qualsivoglia natura che dovessero essere sostenuti a causa del contenuto che sto inserendo.
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Firma: Odirke
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Non sopporto i giornalisti che non sanno fare il proprio mestiere. Odio gli imbrattacarte che per non fare fatica pescano nel web video o immagini che ben si addicono ad un servizio, ma che non hanno niente in comune con la realtà. A Genova ho perso un collega. Un amico. Michele era il pilota di...
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19/05/2013 08:54:49
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Quel Diavolo di Belzebù

15 maggio 2013 ore 10:13 segnala


"Crede nel diavolo al quale è stato tante volte politicamente paragonato?"
"Mi astengo..." (ridacchiando).
"Per conflitto di interessi?".
"Ah no...Speriamo di non vederlo mai nell'Aldilà. Di qua, un certo numero di allievi ce l'ha...Se ne avesse meno, sarebbe meglio...".



Sono solo alcune battute di un'intervista del 2008 fatta da Bruno Vespa, in quel di Porta a Porta, al Senatore a vita Giulio Andreotti, recentemente scomparso alla veneranda età di 94 anni.
E' stato, il Divo Giulio, certamente, l'uomo di governo e di partito italiano più blasonato.
7 volte presidente del Consiglio dei Ministri, 19 volte Ministro, Senatore a vita dal 1991, l'unico ad essere stato in Parlamento per tutta la storia della Repubblica Italiana, oltre che fondatore della Democrazia Cristiana, nel dopoguerra, insieme ad Alcide De Gasperi.
Ma per nemici e detrattori, tanti, tantissimi, al punto da farne uno degli uomini più controversi della Storia d'Italia, era semplicemente "Belzebù".
Il Diavolo...fermo...convinto...mai un passo indietro...con un'indomita forza di volontà...capace anche di negare l'evidenza pur non macchiare, anche in minima parte, quella Storia che lui, il Divo Giulio, aveva contribuito in prima persona a costruire, anche a costo di farsi odiare dai democristiani della generazione precedente.

Ma era davvero Belzebù l'uomo che entrava nelle stanze di Pio XII senza farsi annunciare, che con Moro era il braccio politico di Paolo VI, che seppe in anteprima dell'elezione di Papa Giovanni XXIII, che strinse un rapporto talmente forte con Papa Wojtila da meritarsi un abbraccio ed un sostegno pubblico allorquando era indagato per mafia?
E' possibile.
Perchè è difficile restare al centro della vita politica italiana senza avere fatto un patto col diavolo o averne assunto le sembianze.
Ma se Andreotti è stato un diavolo, aveva ragione lui nel sostenere che si trovava, certamente, in buona compagnia. Perchè tante ne ha fatte, ma tante ne ha anche subite.
Il problema è se giustamente o meno.



Il suo iter giudiziario parla chiaro.
-Condanna in appello, a Perugia, a 24 anni come mandante dell'omicidio del giornalista Mino Pecorelli (poi annullata in Cassazione).
-Condanna come mafioso in servizio permanente effettivo retrodatata (e quindi prescritta) agli anni precedenti il 1980.
Il "Processo alla storia d'Italia", come venne definito, con una mole investigativa mai vista (oggi, forse solo la Boccassini può permettersi tanto quale novella Don Chisciotte...), da punta di diamante per lo stravolgimento di fatti ormai certi e con un potenziale effetto domino sullo scacchiere interno e non solo, si sgonfiò così, senza appello, rimanendo nei canoni e nei termini del limbo chiaroscuro della certezza incerta e del buio luminoso ed accecante.

Scoprire il vaso di Pandora e poi decidere di richiuderlo con del nastro adesivo trasparente.
Più o meno si è fatto questo a rileggere la sentenza del 2 Maggio 2002, a chiusura del processo di appello.
Andreotti viene Dichiarato non colpevole, ma con una formula molto particolare, e che ha suscitato polemiche mai sopite.
Prosciolto per prescrizione dall'accusa di associazione per delinquere semplice, per i fatti avvenuti fino al Marzo 1980
Assolto con formula piena per i fatti successivi, inquadrati sia come associazione "semplice", sia come associazione "mafiosa", reato istituito solo nel Settembre 1992, con la legge Rognoni-La Torre.

Scrive Riccardo Arena:

"Prosciolto non significa assolto: vuol dire anzi che non ci sono elementi sufficienti per scagionare. Ma nel caso del Divo Giulio si andò oltre: nella motivazione la prima sezione della Corte d'appello scrisse infatti a chiare lettere che Andreotti sarebbe stato a disposizione della mafia fino a quando non prese coscienza della sua pericolosità, dopo l'omicidio di Piersanti Mattarella (6 Gennaio 1980) e quando venne convocato dal boss stefano Bontate per essere "ripreso", visto che Mattarella "non era stato fermato". Da quella primavera di 33 anni fa sarebbe cominciato l'Andreotti-2, il politico Dc che la mafia la combattè".




Sentenza all'italiana, quindi...di assoluto compromesso.
Sentenza, confermata poi dalla Cassazione il 15 ottobre 2004.
Il che significa verità giudiziaria passata in giudicato.
Scrive ancora Riccardo Arena:

"A nulla valsero i tentativi dell'imputato di farla annullare, per far "rivivere" la decisione - pure controversa - con cui il tribunale lo aveva assolto, il 23 Ottobre 1999, utilizzando la formula che un tempo era dubitativa. meglio quel minimo "mascariamento" che quell'aperto attacco alla sua storia politica. Fatti, in fondo, sempre attuali, se si considera che il 27 Maggio si aprirà il processo sulla trattativa Stato-mafia, in cui si parte proprio dall'omicidio del proconsole andreottiano in Sicilia, Salvo Lima".



Una cosa è certa.
In un momento storico delicatissimo, in cui un' intera classe politica aveva assistito passivamente a un'aggressione mafiosa allo Stato, spazzando via giudici, giornalisti, rappresentanti delle Istituzioni, prefetti, poliziotti, carabinieri, gente comune, con le bombe, le stragi, il piombo ed il tritolo che dilagavano, con un pool di uomini coraggiosi come Chinnici, Caponnetto, Falcone, Borsellino che dai bunker sotterranei guidavano la riscossa dello Stato, Giulio Andreotti è stato colpito, dato anche nel nel turbillon di Tangentopoli non gli fu trovato neanche uno spillo, nei processi per mafia.
Sentenze che non lo condannarono ma quasi.

Amicizie sbagliate si è scritto, in primis quella con Salvo Lima, che dal vivo - in verità - non fu mai condannato per mafia, ma che ne portava un odore fortissimo.
Gli furono scaraventati addosso decine di pentiti.
Ma quando essi citavano la data di un incontro sospetto, le infallibili agende del Divo Giulio documentavano l'alibi.
Eppure, nonostante queste agende e la meticoloso precisione, quelle 2 sentenze rimangono scritte.
E, paradossalmente, quella di condanna a 24 anni per l'omicidio Pecorelli fu quasi indolore, perchè cancellata del tutto in Cassazione.
Quella di Palermo, invece, con la formula "è vero ma è prescritto", di una "condanna-non condanna", è rimasta e rimarrà per sempre un'ombra incancellabile.

E del resto, come detto, non si resta ininterrottamente sulla scena politica di un Paese come il nostro per cinquant'anni se non si è un pò Belzebù...
Con annessi e connessi vari...


Dichiaro di possedere tutti i diritti sulle immagini caricate, che il contenuto di questo messaggio non lede alcun diritto di terzi e che non viola alcuna legge vigente; dichiaro inoltre di essere titolare di ogni diritto morale e patrimoniale d'autore e manlevo Chatta da tutte le responsabilità, dai costi e dagli oneri di qualsivoglia natura che dovessero essere sostenuti a causa del contenuto che sto inserendo.
Sono altresì consapevole che l'uso improprio degli strumenti offerti da Chatta potrà portare alla cancellazione del mio account ed essere perseguito civilmente.


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« immagine » "Crede nel diavolo al quale è stato tante volte politicamente paragonato?" "Mi astengo..." (ridacchiando). "Per conflitto di interessi?". "Ah no...Speriamo di non vederlo mai nell'Aldilà. Di qua, un certo numero di allievi ce l'ha...Se ne avesse meno, sarebbe meglio...". Sono ...
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TRANS…

12 maggio 2013 ore 01:57 segnala


Premetto, con poca importanza del resto, che nonostante il disperato bisogno di maschere impersonali a giustificare l’ipocrisia, quanto si scrive non è necessariamente biografico. Secondo antefatto è una breve considerazione lessicale.
Trans è suffisso che indica passaggio, al di là, mutamento, attraversamento, un andare oltre che trasferisce. Si aggiunge poi la radice di un sostantivo o di un aggettivo e il gioco è fatto, transalpino, transatlantico, trans..oceanico significa che va oltre l’oceano, fino alla semantica per eccellenza limitata al solo suffisso e dove non serve null'altro. TRANS ha in realtà un significato a senso unico, provate a digitare sul motore di ricerca trans e vedrete una valanga di pagine dove il termine richiama esclusivamente i transessuali. Nel vocabolario il significato sta ad indicare chi non accetta il proprio sesso e si identifica in altra esteriorità, cercando di assumerne gli atteggiamenti e l’aspetto. Parlo del terzo sesso chirurgicamente avanzato per assolvere ruoli opposti o intermedi, dico terzo, ma sappiamo di molti altri giocati fra gli equilibri sottili di psiche, fisiologia, anatomia, farmacologia.Sgombero il campo immediatamente da ogni considerazione etica, coppie di fatto, omosessualità e altro quando rappresentano comportamenti consenzienti fra persone adulte vincono nel diritto ogni limite o tabù, quindi piaccia o meno anche lo stesso incesto. Il trans per molti aspetti rappresenta il mistero e l’ambiguità della sessualità latente che costituisce soglia alla normalità e da un punto di vista del business erotico contribuisce oltre il trenta per cento della torta. La duplice natura del trans, per quanto artificiale, accompagna la trasgressione grazie ad una sfumata inversione dei ruoli superando più facilmente concetti religiosamente tenebrosi come la sodomia e il peccato. Diventa contemporaneamente stimolo e assoluzione per contrasto e vicinanza degli opposti, è anche curiosità e ricerca di artificiose bellezze nelle recondite interpretazioni delle pulsioni. Dei Trans hanno anche rappresentato in tempi recenti un incidente di governo ad un collaboratore di Prodi, un ennesimo exploit del minus habens Lapo Agnelli e una prima pagina che ha scosso alle radici la Regione Lazio per il caso Marrazzo, tutti argomenti di cui la pletora italiota ha lungamente pettegolato, distratta dal precipizio verso cui intanto camminava il paese. Altre varianti edulcorate come transgender, ovvero trans a tempo, o a scadenza, o a periodi, sono state degnamente rappresentate ai massimi livelli dell’ufficialità politica moralmente accettabile, quindi dopo la storica Cicciolina a suo tempo pornostar parlamentare, a Montecitorio fece la sua comparsa un certo Vladimiro Guadagno detto Luxuria.
Di lui o di lei, dipende appunto dal "gender", ricordo interminabili presenza in TV dove indubbiamente dimostrava cervello, le liti a Montecitorio sull’uso improprio dei bagni femminili al posto di quelli maschili e una progressiva trasformazione fisica che lo portò da una competizione TV tipo grande fratello, a pensionato della politica con un aspetto di orribile vecchia avvizzita. Credo che la normalizzazione pacificamente accettata del suo personaggio,come è giusto che sia, faccia tuttavia parte di quella discriminazione a rovescio che trova la propria giustificazione nel modo esasperato in cui vengono forzosamente proposti a tutti i costi strani personaggi, in una conclamata e apparente normalità. In realtà, spesso le autentiche e silenziose ragioni della diversità continuano ad essere discriminate da una maggioranza ciarliera e superficiale che nello spettacolo artificiale del "volemose bene", ostenta quasi la gioiosa, falsa colpevolezza di non essere minoranza.
In altri termini credo la cosa più importante della vita sia capire ciò che siamo e di conseguenza esserlo, in un ambito reciproco di comprensione e rispetto, tutto quanto eccede è un inutile casino. Trans è certamente un aspetto della privacy con la tensione liberatoria del proibito, uno spinello a porte chiuse, un sexy shop che mantiene l’imbarazzo dell’ingresso, è anche e soprattutto una scelta più o meno razionale che interiorizza uno status non sempre del tutto cosciente. I cambiamenti fisici, anche radicali e in parte irreversibili, non sono sempre sostenuti da una psicologia in grado di sopportarli con l'andare degli anni e con l'abuso sistematico di farmacologie contrastanti, quali possono essere l'uso di ormoni femminili che spesso si rivelano in contrapposizione alla necessaria funzionalità del caso. Di vero e proprio mercato, o se vogliamo di autentiche scuole si può parlare guardando al mondo sudamericano e orientale, dove l'apparente perfezione estetica riesce a stravolgere gli stessi canoni della bellezza naturale, in un effimero di cui non è chiaro l'esito finale. Rimane comunque un fenomeno di uomini e di donne e delle loro storie di cui parlare senza falsi moralismi, sia qui come altrove.



Dichiaro di possedere tutti i diritti sulle immagini caricate, che il contenuto di questo messaggio non lede alcun diritto di terzi e che non viola alcuna legge vigente; dichiaro inoltre di essere titolare di ogni diritto morale e patrimoniale d'autore e manlevo Chatta da tutte le responsabilità, dai costi e dagli oneri di qualsivoglia natura che dovessero essere sostenuti a causa del contenuto che sto inserendo. Sono altresì consapevole che l'uso improprio degli strumenti offerti da Chatta potrà portare alla cancellazione del mio account ed essere perseguito civilmente.


Firma: Alexander Nevsky
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Giustizia "virtuale"

08 maggio 2013 ore 00:39 segnala
Evviva, evviva!!! Finalmente il virtuale entra a pieno titolo nella giusrisdizione.
E' dell'altro ieri la notizia che la Cassazione ha confermato la condanna per una donna che aveva divulgato volutamente il numero di telefono della sua ex datrice di lavoro, con la quale era in lite.
L'antefatto: Una datrice di lavoro aveva con una sua dipendente un rapporto amicale fatto, ovviamente, anche di confidenze intime e di notizie personali.
Come talvolta succede, il rapporto amicale si incrina e la datrice di lavoro licenzia la sua dipendente.
Questa, animata da rancore, livorosa verso chi l'aveva messa alla porta, ha pensato bene di vendicarsi sfruttando l'anonimato del web, creandosi un nickname con le iniziali della sua datrice di lavoro, diffondendo in rete le confidenze che quest'ultima le aveva fatto e diffondendo il suo numero di telefono.
La datrice di lavoro si è vista, così, farsi oggetto di telefonate con le quali le chiedevano incontri sessuali, si è vista inviare MMS con immagini pornografiche e si è vista insultare pesantemente. Stanca, si è rivolta alla polizia postale che ha rapidamente individuato l'autrice della spregevole situazione che è stata denunciata e condannata.





Cose di ordinaria, squallida, vendetta umana, dunque. Lascio alla vostra sensibilità l'inevitabile giudizio sul profilo psicologico che possa avere una persona che divulga - in qualsiasi maniera - confidenze ricevute (che per quanto esecrabile, è al momento solo afferente alla dignità -sigh!- di chi compie l'azione) e sposto l'attenzione sull'importanza che questa sentenza avrà sulla regolamentazione dei rapporti virtuali.
La Suprema Corte di Cassazione, con questa sentenza, stabilisce che "non può non rilevarsi al riguardo che il reato di sostituzione di persona ricorre non solo quando si sostituisce illegittimamente la propria all'altrui persona, ma anche quando si attribuisce ad altri un falso nome o un falso stato ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, dovendosi intendere per 'nome' non solo il nome di battesimo ma anche tutti i contrassegni di identità"
La Cassazione sottolinea, così, la necessità di dare un'interpretazione estensiva del reato (articolo 494 del Codice penale) imposta dai rivoluzionari cambiamenti dovuti all'evoluzione tecnologica, pena l'impunità delle aggressioni on line.





Io plaudo a questa sentenza poiché una regolamentazione dei rapporti virtuali è assolutamente necessaria e quindi credo che questa sentenza sia importantissima poiché il mondo virtuale sta diventando sempre più importante nella vita di tutti noi visto che sta condizionando, e modificando, i nostri comportamenti e il nostro modo di pensare.
E' un provvedimento che dovrebbe tendere a tutelare il proprio nome, considerato che il nickname sta diventando il nostre nome virtuale, con sempre più indicatori di identificabilità, e la propria dignità, che al nome è inscindibilmente legata.
Un provvedimento che auspico venga esteso a chi si cela dietro a un presunto anonimato, rendendolo sempre meno tale, per falsare il proprio profilo prendendo " a prestito" foto reperite sul web di ignari utenti cercando, in tal maniera , di rendere più credibile il proprio di profilo, spesso profilo fake; che venga esteso anche a chi usa fotografie che sono state inviate loro da chatter - magari ingenuamente, magari pensando di inviarle a persone amiche - e che poi sono inviate , ritoccate, su siti porno.



Dichiaro di possedere tutti i diritti sulle immagini caricate, che il contenuto di questo messaggio non lede alcun diritto di terzi e che non viola alcuna legge vigente; dichiaro inoltre di essere titolare di ogni diritto morale e patrimoniale d'autore e manlevo Chatta da tutte le responsabilità, dai costi e dagli oneri di qualsivoglia natura che dovessero essere sostenuti a causa del contenuto che sto inserendo.
Sono altresì consapevole che l'uso improprio degli strumenti offerti da Chatta potrà portare alla cancellazione del mio account ed essere perseguito civilmente.

Firma: ClarissaDalloway
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Evviva, evviva!!! Finalmente il virtuale entra a pieno titolo nella giusrisdizione. E' dell'altro ieri la notizia che la Cassazione ha confermato la condanna per una donna che aveva divulgato volutamente il numero di telefono della sua ex datrice di lavoro, con la quale era in lite. L'antefatto:...
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08/05/2013 00:39:23
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Piccoli Killer crescono

05 maggio 2013 ore 16:47 segnala


Caroline Starks, due anni appena, è morta per una ferita da arma da fuoco.
Ad ucciderla, il fratellino di cinque anni.
L’arma del delitto è un lungo fucile calibro 22 della Crickett progettato apposta per i bambini; un fucile vero, munito di proiettili letali, con cui il bimbo giocava regolarmente .
Gli inquirenti hanno stabilito di non procedere contro la madre del bambino, perché non è emersa alcuna negligenza da parte sua.
Insomma, una tragica fatalità, lastricata di buone intenzioni, esattamente come le vie che conducono all’inferno?
Oppure una strategia mirata a creare eserciti di giovani assassini?



L'azienda che produce il fucile che ha colpito a morte la bimba, è la Keystone Sporting Arms, che si trova a Milton, in Pennsylvania.
Produce circa 60,000 armi di quel tipo destinate ai bambini, con l’ottima intenzione, secondo loro, di insegnare la sicurezza nel maneggiare armi, incoraggiandoli ad aver rispetto per ogni attività che necessiti del loro uso.
A tale scopo nasce "My first rifle", "Il mio primo fucile" pubblicizzato in una sezione apposita del sito della Keystone denominata "L'angolo del bambino", con numerose foto di ragazzini intenti a colpire bersagli di vario genere sotto gli occhi orgogliosi dei genitori.
Una volta compiuto il primo passo necessario, se il bimbo così ben svezzato sarà sopravvissuto alle sparatorie con i coetanei, nella preadolescenza, potrà proseguire la sua educazione guerresca usufruendo del servizio delle Lobbies, che a tale scopo spendono milioni di dollari.
Uno studio condotto nel 2012 dalla National Shooting Sports Foundation e dallo Hunting Heritage Trust, afferma che sebbene la legge proibisca la vendita di armi vere ai minori di 18 anni, le industrie sfruttano immagini di adolescenti che le imbracciano, diventandone di fatto testimonial per fare proseliti tra gli amichetti.
In ogni dove proliferano le scuole di tiro ed i siti che incoraggiano i giovani shooters a provare gratuitamente modelli di armi rese famose dai massacri che hanno provocato.
Nel 2009 è nata la Scholastic Steel Challenge, versione per i bambini della Steel Challenge, la più importante gara di tiro al bersaglio che si tiene ogni anno negli Usa, a Piru, in California: in palio ci sono 60 pistole semiautomatiche calibro 9 gentilmente offerte dalla Nssf, Smith&Wesson e Glock focalizzando l’attenzione sull’uso sicuro delle armi da fuoco.
L’altro fronte è quello della legge: ogni anno milioni di dollari vengono investiti in attività di lobbying per abbassare l’età minima in cui si può cominciare a sparare nei poligoni. In molti Stati i risultati sono arrivati: in Michigan, l’età è scesa da 12 a 10 anni e in Wisconsin non c’è più limite d’età quando il ragazzino è accompagnato da un genitore.
Se a questo aggiungiamo l’iperattività dei costruttori ( sul proprio sito Bushmaster offre uno sconto di 350 dollari sull’AR-15, il fucile usato a Newtown), ci rendiamo conto del perché Il Presidente Obama abbia perduto la propria battaglia al Congresso.
All’interesse economico, infatti, si unisce il mai sopito spirito pionieristico americano, convinto per DNA di non dover derogare a nessuno la tutela di sé, della propria casa, dei propri figli.
Poi, certo, alcuni di questi figli uccidono le sorelline per gioco, o, appena più grandi, entrano in una scuola facendo di chi incontrano carne da macello.
E l’America si stupisce e piange…



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Firma: malenaRM
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« immagine » Caroline Starks, due anni appena, è morta per una ferita da arma da fuoco. Ad ucciderla, il fratellino di cinque anni. L’arma del delitto è un lungo fucile calibro 22 della Crickett progettato apposta per i bambini; un fucile vero, munito di proiettili letali, con cui il bimbo gioca...
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05/05/2013 16:47:02
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Effetto Rapa Nui

01 maggio 2013 ore 19:40 segnala


Una ventina di anni fa un film hollywoodiano ha reso popolarmente noto il nome originario dell'Isola di Pasqua. Ma ciò che il film ci ha rivelato è lo strano, assurdo destino toccato in sorte ai suoi abitanti che, giunti su imbarcazioni leggerissime dalla lontanissima Polinesia, son riusciti a distruggere completamente l'equilibrio naturale dell'isola nel giro di un paio di secoli. Se al loro arrivo l'isola si presentava come un'estesa e fitta foresta di palme, ora essa è ridotta a una distesa di erbe e cespugli battuta incessantemente dal vento e priva di alberi ad alto fusto.
La deforestazione selvaggia aveva provocato una rapida desertificazione del territorio, a fronte di una popolazione sempre più estesa. E così la riduzione graduale ma costante delle risorse naturali aveva provocato gravi carestie e lotte intestine tra gli abitanti, in lotta costante per il controllo delle sempre più scarse risorse.

Obsolescenza programmata.
Ma ora veniamo a noi e ai nostri giorni.
In uno stipo della cucina io conservo alcuni piccoli elettrodomestici che utilizzo saltuariamente, ma che hanno età ragguardevoli. Come uno sbattitore elettrico, acquistato 35 anni fa (e forse più) da mia madre e che lei mi cedette 25 anni fa, dopo che ricevette in dono uno sbattitore/frullatore a immersione con vari altri accessori. Bene, sia lo sbattitore 35enne che lo sbatti-frullatore 25enne sono tuttora perfettamente funzionanti e in uso. Al punto che ogni tanto, quando gironzolo per gli ipermercati, mi capita di occhieggiare qualche nuovo sbatti-frulla-tritatore dall'aria più trendy, e penso che potrei comprarne uno nuovo giusto perché son stufa di vedere quello vecchio. Che non muore mai!
E vogliamo parlare del mio vecchio televisore a tubo catodico acquistato di terza mano e scartato a quasi 40 anni? Apparecchio sostituito con un televisore sempre a tubo catodico che dopo due anni, una sera, senza alcun precedente segnale di malessere, con una quasi impercettibile pernacchietta, si spense per non più riaccendersi. 40 anni il primo, due anni il secondo...
Questo fenomeno, che porta i vari apparecchi elettronici o elettrici che abitano le nostre case, a morire rapidamente, si chiama obsolescenza programmata.
È una delle innumerevoli deformazioni della nostra esistenza che il Moloch comunemente chiamato Libero Mercato ha introdotto per poter dapprima fiorire e ormai sopravvivere.
Tu lavori e produci, lavorando guadagni denaro che utilizzerai per acquistare nuovi beni. Ma se a un bene ti affezioni, se non consumi a sufficienza, non si potrà produrre abbastanza da garantirti il lavoro e quindi il denaro... eccetera eccetera eccetera.
È un sistema produttivo basato sul consumo di beni non essenziali. Beni costosi, che richiedono un certo investimento per chi li acquista, e per questo poco adatti a un sistema che sopravvive solo grazie al continuo consumo di nuovi beni. E così, visto che parecchia gente è capatosta e compra solo se costretta, ecco che fior di ingegneri si sono impegnati per decenni a mettere a punto oggetti destinati a morire entro un certo numero di ore. Inoltre, visto che l'assurda mentalità contadina di un tempo portava a riparare gli oggetti piuttosto che a ricomprarli, si fa in modo che una riparazione costi quanto o più dell'acquisto del prodotto nuovo. Che ha una garanzia più o meno equivalente alla durata prevista dell'oggetto.
E quando non è l'oggetto a rompersi, allora sarà qualcos'altro a spingerci a sostituirlo.
Chi ha la mia età ricorda benissimo i dischi in vinile, e poi l'avvento delle mangiacassette, e poi i cd e ora i riproduttori di mp3. Insomma, ogni nuovo sistema di memorizzazione dei suoni esige un nuovo sistema di riproduzione. E se per caso hai un'estesa collezione di musicassette ma il tuo riproduttore si rompe, puoi solo sperare che un anziano rigattiere ne possieda uno funzionante in un angolo del negozio, da venderti a prezzo di un'antichità. Oppure getti tutte le tue musicassette. E questo vale per ogni cosa.

Ci sono alternative?
Se penso all'infanzia di mia madre, vissuta tra stalle e notti rischiarate da lanterne a petrolio, o lampadine a 30 candele, se penso all'incredibile velocità dei cambiamenti tecnologici a cui assistiamo e che invadono la nostra vita in ogni ambito del quotidiano, se penso a quante cose oggi irrinunciabili fossero inimmaginabili anche solo 15 anni fa, mi rendo conto di quanto sia difficile fermare la giostra, o scenderne senza rompersi le ossa. La corsa è così rapida da rendere difficile anche solo pensare a un'alternativa per modificare l'andazzo, e mi chiedo se anche gli abitanti di Rapa Nui si fossero resi conto della direzione suicida presa dalla loro società e se, nonostante ciò, non fossero stati in grado di fermare quella corsa folle.
Loro distrussero l'ambiente in cui vivevano sfruttando senza freno le risorse limitate dell'isola, e noi? Come gli abitanti di Rapa Nui stiamo rosicchiando senza requie e senza badare alla capacità di ripresa naturale del pianeta le nostre risorse. E se loro lo fecero in nome delle loro divinità, i Moai, noi lo facciamo in nome delle nostre divinità: il Libero Mercato e il Denaro.
Il nostro pianeta è come un'isola che fluttua nell'universo, le sue risorse sono limitate, e noi stiamo correndo come folli verso l'esaurimento delle risorse. Abbiamo permesso al Libero Mercato di depredare le popolazioni più povere, quelle che non comprano ma a cui si possono sottrarre le risorse, e di succhiare sangue ed energia a quel 20% della popolazione mondiale che ha la fortuna di comprare senza freno, possedere cose, desiderare, nutrendo così il Moloch del consumismo.
"Nel 2008, l’overshoot day, il giorno del sorpasso, è caduto il 23 settembre. Quel giorno la nostra voracità ha superato la capacità di rigenerazione della Terra. Finiti i frutti, abbiamo chiuso l’anno a spese del “capitale naturale”: invece che vitelli abbiamo cominciato ad abbattere mucche, invece che pesci figli, abbiamo mangiato pesci madre, invece che raccolti agricoli, abbiamo consumato i semi". (cit. da http://www.cnms.it/sites/default/files/altravia.pdf).
Il cambiamento è possibile? Che può fare il singolo individuo di fronte a un andamento globale?
Come al solito la risposta non è univoca: è necessaria un'azione collettiva ma basata sulla coscienza e la costanza individuale. Dipende da noi, sia continuare la corsa che cercare di fermarla, ma anche dagli altri.
Dipende da tutti, ma ognuno deve agire nel piccolo della propria quotidianità. Se vogliamo rallentare questa corsa dobbiamo agire individualmente e pensare collettivamente, e sempre secondo coscienza.
"Bisogna che al bene-avere di pochi si sostituisca il bene-essere e il bene-vivere di tutti, umanità e ambiente." Francesco Gesualdi, uno dei fondatori del Centro Nuovo Modello di Sviluppo di Vecchiano (http://www.cnms.it)
Buona lettura!



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Firma: Dealma
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« immagine » Una ventina di anni fa un film hollywoodiano ha reso popolarmente noto il nome originario dell'Isola di Pasqua. Ma ciò che il film ci ha rivelato è lo strano, assurdo destino toccato in sorte ai suoi abitanti che, giunti su imbarcazioni leggerissime dalla lontanissima Polinesia, son ...
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