
Una ventina di anni fa un film hollywoodiano ha reso popolarmente noto il nome originario dell'Isola di Pasqua. Ma ciò che il film ci ha rivelato è lo strano, assurdo destino toccato in sorte ai suoi abitanti che, giunti su imbarcazioni leggerissime dalla lontanissima Polinesia, son riusciti a distruggere completamente l'equilibrio naturale dell'isola nel giro di un paio di secoli. Se al loro arrivo l'isola si presentava come un'estesa e fitta foresta di palme, ora essa è ridotta a una distesa di erbe e cespugli battuta incessantemente dal vento e priva di alberi ad alto fusto.
La deforestazione selvaggia aveva provocato una rapida desertificazione del territorio, a fronte di una popolazione sempre più estesa. E così la riduzione graduale ma costante delle risorse naturali aveva provocato gravi carestie e lotte intestine tra gli abitanti, in lotta costante per il controllo delle sempre più scarse risorse.
Obsolescenza programmata.
Ma ora veniamo a noi e ai nostri giorni.
In uno stipo della cucina io conservo alcuni piccoli elettrodomestici che utilizzo saltuariamente, ma che hanno età ragguardevoli. Come uno sbattitore elettrico, acquistato 35 anni fa (e forse più) da mia madre e che lei mi cedette 25 anni fa, dopo che ricevette in dono uno sbattitore/frullatore a immersione con vari altri accessori. Bene, sia lo sbattitore 35enne che lo sbatti-frullatore 25enne sono tuttora perfettamente funzionanti e in uso. Al punto che ogni tanto, quando gironzolo per gli ipermercati, mi capita di occhieggiare qualche nuovo sbatti-frulla-tritatore dall'aria più trendy, e penso che potrei comprarne uno nuovo giusto perché son stufa di vedere quello vecchio. Che non muore mai!
E vogliamo parlare del mio vecchio televisore a tubo catodico acquistato di terza mano e scartato a quasi 40 anni? Apparecchio sostituito con un televisore sempre a tubo catodico che dopo due anni, una sera, senza alcun precedente segnale di malessere, con una quasi impercettibile pernacchietta, si spense per non più riaccendersi. 40 anni il primo, due anni il secondo...
Questo fenomeno, che porta i vari apparecchi elettronici o elettrici che abitano le nostre case, a morire rapidamente, si chiama obsolescenza programmata.
È una delle innumerevoli deformazioni della nostra esistenza che il Moloch comunemente chiamato Libero Mercato ha introdotto per poter dapprima fiorire e ormai sopravvivere.
Tu lavori e produci, lavorando guadagni denaro che utilizzerai per acquistare nuovi beni. Ma se a un bene ti affezioni, se non consumi a sufficienza, non si potrà produrre abbastanza da garantirti il lavoro e quindi il denaro... eccetera eccetera eccetera.
È un sistema produttivo basato sul consumo di beni non essenziali. Beni costosi, che richiedono un certo investimento per chi li acquista, e per questo poco adatti a un sistema che sopravvive solo grazie al continuo consumo di nuovi beni. E così, visto che parecchia gente è capatosta e compra solo se costretta, ecco che fior di ingegneri si sono impegnati per decenni a mettere a punto oggetti destinati a morire entro un certo numero di ore. Inoltre, visto che l'assurda mentalità contadina di un tempo portava a riparare gli oggetti piuttosto che a ricomprarli, si fa in modo che una riparazione costi quanto o più dell'acquisto del prodotto nuovo. Che ha una garanzia più o meno equivalente alla durata prevista dell'oggetto.
E quando non è l'oggetto a rompersi, allora sarà qualcos'altro a spingerci a sostituirlo.
Chi ha la mia età ricorda benissimo i dischi in vinile, e poi l'avvento delle mangiacassette, e poi i cd e ora i riproduttori di mp3. Insomma, ogni nuovo sistema di memorizzazione dei suoni esige un nuovo sistema di riproduzione. E se per caso hai un'estesa collezione di musicassette ma il tuo riproduttore si rompe, puoi solo sperare che un anziano rigattiere ne possieda uno funzionante in un angolo del negozio, da venderti a prezzo di un'antichità. Oppure getti tutte le tue musicassette. E questo vale per ogni cosa.
Ci sono alternative?
Se penso all'infanzia di mia madre, vissuta tra stalle e notti rischiarate da lanterne a petrolio, o lampadine a 30 candele, se penso all'incredibile velocità dei cambiamenti tecnologici a cui assistiamo e che invadono la nostra vita in ogni ambito del quotidiano, se penso a quante cose oggi irrinunciabili fossero inimmaginabili anche solo 15 anni fa, mi rendo conto di quanto sia difficile fermare la giostra, o scenderne senza rompersi le ossa. La corsa è così rapida da rendere difficile anche solo pensare a un'alternativa per modificare l'andazzo, e mi chiedo se anche gli abitanti di Rapa Nui si fossero resi conto della direzione suicida presa dalla loro società e se, nonostante ciò, non fossero stati in grado di fermare quella corsa folle.
Loro distrussero l'ambiente in cui vivevano sfruttando senza freno le risorse limitate dell'isola, e noi? Come gli abitanti di Rapa Nui stiamo rosicchiando senza requie e senza badare alla capacità di ripresa naturale del pianeta le nostre risorse. E se loro lo fecero in nome delle loro divinità, i Moai, noi lo facciamo in nome delle nostre divinità: il Libero Mercato e il Denaro.
Il nostro pianeta è come un'isola che fluttua nell'universo, le sue risorse sono limitate, e noi stiamo correndo come folli verso l'esaurimento delle risorse. Abbiamo permesso al Libero Mercato di depredare le popolazioni più povere, quelle che non comprano ma a cui si possono sottrarre le risorse, e di succhiare sangue ed energia a quel 20% della popolazione mondiale che ha la fortuna di comprare senza freno, possedere cose, desiderare, nutrendo così il Moloch del consumismo.
"Nel 2008, l’overshoot day, il giorno del sorpasso, è caduto il 23 settembre. Quel giorno la nostra voracità ha superato la capacità di rigenerazione della Terra. Finiti i frutti, abbiamo chiuso l’anno a spese del “capitale naturale”: invece che vitelli abbiamo cominciato ad abbattere mucche, invece che pesci figli, abbiamo mangiato pesci madre, invece che raccolti agricoli, abbiamo consumato i semi". (cit. da http://www.cnms.it/sites/default/files/altravia.pdf).
Il cambiamento è possibile? Che può fare il singolo individuo di fronte a un andamento globale?
Come al solito la risposta non è univoca: è necessaria un'azione collettiva ma basata sulla coscienza e la costanza individuale. Dipende da noi, sia continuare la corsa che cercare di fermarla, ma anche dagli altri.
Dipende da tutti, ma ognuno deve agire nel piccolo della propria quotidianità. Se vogliamo rallentare questa corsa dobbiamo agire individualmente e pensare collettivamente, e sempre secondo coscienza.
"Bisogna che al bene-avere di pochi si sostituisca il bene-essere e il bene-vivere di tutti, umanità e ambiente." Francesco Gesualdi, uno dei fondatori del Centro Nuovo Modello di Sviluppo di Vecchiano (http://www.cnms.it)
Buona lettura!

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